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Autore: AnnabelleTheGhost    23/10/2014    5 recensioni
Avete mai avuto quell'insano desiderio di uccidere qualcuno che odiate, ma siete stati ovviamente fermati dalla vostra legge morale?
In questo mondo alternativo, nel 2006 è passato l'Atto del Terrore, che legalizza l'omicidio.
Quello che potrebbe sembrare un normale ragazzo è invece uno dei maggiori sostenitori di questo regime e qui sono raccolte le sue memorie.
[NOTA: Il primo è un mero capitolo introduttivo senza alcuna scena scabrosa; aspettatevi il peggio dal secondo in poi. Se siete persone facilmente impressionabili, questa non è una storia adatta a voi]
Genere: Erotico, Horror, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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10 dicembre 2006.
La data memorabile in cui il presidente Kaewprasert fece passare l’atto 2459a-bis, meglio noto come “La grande legalizzazione” in Parlamento, come “Atto del terrore” tra le genti comuni.
Non parliamo della legalizzazione della Maria. Questo sarebbe potuto succedere nel 2008 se solo due anni prima non fosse passato l’atto di Kaewprasert.
Parliamo della legalizzazione dell’omicidio.
Il presidente lo fece passare come il cambiamento del secolo, che avrebbe spezzato le catene che ci rendevano passivi cittadini repressi. Era il trionfo della libertà, dell’anarchia. Un’anarchia presidenziale. Che ossimoro!
Era il regalo perfetto sotto l’albero di natale di qualsiasi serial killer. Qualcosa capace di mandare nell’oblio le Barbie e gli Action Men tanto desiderati nell’infanzia.
Abbiamo fatto tutti jackpot con questo atto: gli assassini, il Presidente, gli oppressi cittadini… E crème de la crème si riusciva ad eliminare in un colpo solo uno dei problemi più importanti del terzo millennio: la sovrappopolazione. La popolazione sarebbe calata, le finanze dello Stato sarebbero state oppresse da meno stipendi e pensioni da elargire, più benessere per i pochi eletti.
Era quella brezza di sana aria che tutti aspettavano, tra le loro proteste contro la crisi, la corruzione e le tasse scolastiche.
Portò questa decisione del Presidente al caos assoluto? Ma no, miei cari, perché, vedete, il Presidente, prima di essere assassinato dal suo vice, inserì una postilla che rendeva il nostro un caos ben organizzato: dai dieci ai quindici anni sarebbero stati obbligatori per tutti corsi di autodifesa, così, una volta divenuti maggiorenni si era pronti a dare il proprio peggio; era vietato assassinare i minorenni; l’omicidio era valido solo di notte dalle 19 alle 5 d’inverno mentre d’estate dalle 22 spaccate.
A quell’ora i mostri emergevano dalle ombre. La mattina i colleghi di lavoro si salutavano, con la valigetta sotto mano; la notte accennavano un saluto, sventolando coltelli o motoseghe.
Era questa la normalità da quattro anni. Coloro che ci tenevano davvero alla pellaccia la notte si rifugiavano nei loro rifugi antiatomici; i più temerari sferzavano l’aria fresca notturna con le loro lame affilate. Nessuno si sedeva più sulla poltrona a fare i cruciverba, non serviva più lo yoga per distendere i muscoli e calmare i nervi. Il governo aveva trovato l’antistress più potente al mondo.
Ed io?
Miei cari lettori, di certo io non sono da meno. Non sono tra quegli stolti che si nascondono, che alle feste rimangono in disparte. Mi chiedo perché gente del genere venga alle feste se poi non vuole divertirsi. Ogni notte mi sento il festeggiato e tutti i miei amici hanno un bellissimo regalo incartato con quella carta lucente e sbrilluccicosa.
Avevo solo quindici anni quando passò l’Atto del terrore. Ce ne aveva parlato la professoressa di scienze. Ah, quella pazza. Era davvero brava a celare i suoi veri sentimenti, a nascondere il suo odio per il sistema e per quelle aule claustrofobiche. Ora ha fatto a pezzi buona parte dei suoi alunni, quelli che le avevano messo la colla sulla sedia, che le lanciavano le palline di carta e facevano i comodi propri durante le sue lezioni. Oh, la timida piccola e sottovalutata prof di scienze. Quante cose si scoprono delle persone quando non hanno più freni inibitori.
Quel giorno era entrata in classe, incespicando come al solito, parlandoci delle novità con quella sua voce flebile, spesso oggetto di sfottimento.
E io non ci credevo. Nessuno ci credeva. Doveva per forza essere uno scherzo e fu in questo modo che la prendemmo tutti all’inizio. Quando ancora l’atto non era stato ufficialmente approvato ci divertivamo a scrivere i nostri personali Death Note. Tra amici ce li scambiavamo e con una risata sbottavamo “Davvero mi uccideresti?”. Eravamo adolescenti: sparavamo cazzate e vedevamo il mondo come una cazzata. Che stolti!
Appena ne ebbi la possibilità eliminai ogni nome dal mio quaderno personale. Compiuti diciassette anni eliminai un nome, uno dopo l’altro. Era il gioco migliore che avessi mai fatto.
Poter testare finalmente tutto ciò che leggevo nei testi macabri nascosti nella mia stanza, le tecniche che vedevo negli horror.

Perché sto scrivendo tutto questo, adesso, chiuso nello scantinato di casa mia?
Perché voglio che rimanga memoria della Grande Legalizzazione del mio Paese, se le cose nei prossimi anni dovessero cambiare voglio che ne rimanga traccia per i posteri. Il governo è capace di spazzare via tutto, anche i ricordi dalle persone, lo so, e magari tra qualche anno nessuno si ricorderà più nulla. Ma io non voglio.
Provo la spiacevole sensazione che questa sarà la mia ultima serata. Voglio fare all-in prima di uscire dai giochi. Non voglio essere dimenticato.

  
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