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Autore: Chie_Haruka    25/10/2014    3 recensioni
Questa è la storia problematica di una ragazza che ha perso suo padre, il suo pilastro di vita. Da Quando non c’è più si è chiusa parecchio, come un riccio. Evitando contatti con chiunque. Non ha mai amato fare amicizie ne tanto meno fare conversazioni lunghe.
Suo padre sapeva bene che sarebbe morto e per questo ha lasciato a sua figlia, molte lettere in cui ci sono messaggi per lei.
Nel tentativo, sua zia l’obbliga ad andare all’università. Ciò implicherà un grande sforzo da parte di Evee che la condurrà pian piano alla verità. Ma quanto sente che sta per afferrare ciò che vuole, qualcuno gli sbarrerà la strada, cambierà la sua vita, cambierà lei. . .
E lei da quel momento capirà cosa voleva dirgli suo padre. Cosa voleva suo padre per lei.
Lo interpreterà a modo suo ma alla fine ci riuscirà. Ma prima dovrà vedere l’inferno, l’altro lato, ciò che ognuno di noi nasconde.
Questa storia non ha niente di normale, siete stati avvertiti xD
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore. Buona lettura:)
 
 
 
 
 
 
 
“ Evee .  . . Evee . . . S-V-E-G-L-I-A”. una voce rigida e roca si sente in lontananza.
 Qualcuno mi chiama da un bel po’.
Sento pizzicare sulle guance, poi ,un morso forte al naso.
- Ahi! – biascico con la voce ancora impastata dal sonno.
“Ma cos’è stato?”. Mi chiedo mentre mi stropiccio gli occhi e mi osservo intorno, notando che dalla mia finestra escono prepotenti dei raggi luminosi.
- Evee! Svegliaa ! – il mio pappagallino ripete ancora di svegliarmi con la sua piccola vocina roca.
- Ah! È così sei stato tu a mordermi. Cattivo Cip – gli dico con finta rabbia.
E’ un piccolo pappagallino dai vari colori, azzurro,bianco,verde e giallo. Il becco anche quando può sembrare innocuo fa danni a chiunque! Mio padre me lo regalò un anno prima di morire.
Ma Cip non demorde e continua a ripeterlo. Di solito quando fa così, significa che qualcuno gli ha imparato qualche nuova parola ma lui se le dimenticata.
Lo prendo tra le mani e me lo avvicino sul viso per osservarlo meglio.
- Che c’è? – dico piano amorevolmente, carezzandogli la testolina.
- Lily! Primo giorno. Evee – mi dice lui, ricordandosi cosa doveva dirmi.
“Primo giorno. Lily”. Oh merda!
Adesso è tutto chiaro. Ma che scema! Ieri sera non ho messo la sveglia e questo è il risultato.
Dannazione a me. . .
- Grazie Cip – lo adagio piano sul letto per poi dileguarmi in bagno e prendere il telefono.
Lo accendo è noto che sono le otto in punto. Ho tecnicamente quindici minuti per: lavarmi, vestirmi, prendere le mie cose e correre fino dall’altra parte della città per arrivare in tempo all’università.
Mia zia deve tagliare corto con questa storia dell’orologio. . .
In casa nostra non c’è neanche un orologio,se non quello del telefono. Lily ne ha una paura matta, dice che la fa impazzire. “Mah! Sarà . . “
Tolgo il pigiama in fretta e furia, quasi non lo strappavo, e mi infilo senza tante cerimonie in doccia.
L’acqua è congelata ma non ho tempo per poter aspettare che arrivi quella calda.
Dopo essermi lavata, esco fuori cercando di non scivolare.
Con una mano mi asciugo con l’altra cerco di sistemare il mio viso, che in questo momento non ha nessuna voglia di svegliarsi.
Nel frattempo suona il mio cellulare.
- Ma proprio adesso deve chiamare mia zia? – prendo il telefono mentre cerco di mettermi un po’ di eye-liner.
-Pronto?- dico con il fiatone mentre mi dirigo a grandi falcate vicino l’armadio.
- Si può sapere dove caspita sei? – mi chiede mia zia furente.
“Già, dove sono?”. Dico mentre osservo il mio armadio messo sotto sopra. Poi mi scappa una risatina nervosa e Lily sospira affranta, perché non sa più come prendermi.
- Muoviti! Sono qui sotto con Richard che ti stiamo aspettando – e Lily riattacca.
“COSA?”. Oh buon dio!
Il senso di vergogna che ora sto provando non lo può capire nessuno.
Prendo senza rifletterci più di tanto la mia amata camicetta blu e i jeans neri.
Prendo la borsa, gli odiosi occhiali neri e li metto. Saluto Cip senza neanche degnarlo di uno sguardo e con un salto arrivo al piano di sotto senza dover fare le scale.
Mentre mi dirigo verso la porta prendo una ciambella e la infilo in bocca e le chiavi per chiudere.
Ma prima di aprire la porta cerco di far scendere giù la mia colazione. Nel tentativo di soffocarmi entra mia zia e mi tira fuori a calci e chiude lei la porta.
- Buon giorno – mi saluta un Richard solare facendomi salire in macchina.
- E-ehm buo-giorno anche a lei- farfuglio, colorando le mie gote di un rosso acceso per il non giustificato ritardo.
E’ una poche nera! Molto bella a mio avvio.
Entro in macchina senza moine e rimango in religioso silenzio, sentendo le varie sfuriate da parte di Lily. Quando fa così . . anche le montagne si metterebbero ad urlare.
- Si può sapere quando ti sei svegliata? – mi chiede abbassando un po’ il tono.
- Ho dimenticato di mettere la sveglia e . . . e mi ha svegliata Cip- dico piano colpevole.
- Cip? – mi chiede Richard curioso, interrompendo Lily pronta a dirne un'altra delle sue.
Magari era stufo di sentire vociare parole senza senso. Anche se alcune in realtà le avevano.
Ma si sa, le donne quando si fanno prendere dalla rabbia iniziamo a dire cose a vanvera.
- Cip è il mio pappagallino. Continuava a chiamarmi e alla fine mi ha dato un morso per svegliarmi – dico seria e un po’ arrabbiata per il morso.
Sento Richard ridere e poi mi guarda attraverso lo specchietto facendomi l’occhiolino.
- Bene, allora dovrò ringraziare il tuo pappagallino per avermi risparmiato altri minuti in cui tua zia faceva il diavolo a quattro. – disse ridendosela e mia zia facendo la finta offesa.
Devo dire che è molto simpatica come persona, naturalmente se smettesse di fissarmi ogni tanto. Ogni volta che lo fa sento che, oltre ad osservarmi, mi scava dentro. Come se riuscisse a vedere veramente come sono interiormente. . . o forse semplicemente mi faccio troppe paranoie inesistenti, magari è per via del suo sguardo e del colore dei suoi occhi.
Ma poi cosa mai potrebbe vedere di me? Che sono una persona triste in tutti i sensi? Una persona che non sa girare pagina? Una persona asociale? Già potrebbe vedere solo questo . . .
- Bene io scendo qui, devo andare a fare un po’ di compere. E tu – mi indica con l’indice e con sguardo truce- cerca di non combinare guai e stai attenta alle lezioni – concluse Lily per poi dileguarsi.
“OK  Evee, calma, non farti prendere dal panico. Sei solo con un uomo,nonché tuo preside, nella sua macchina e ti sta accompagnando fino a scuola”. Probabilmente legato molto a mia zia e magari ieri sera hanno approfondito  questo legame. . . ma questa è un'altra storia di cui mi importa poco e non me ne devo impicciare.
In questo momento sono il panico in persona, mi sudano le mani, ho freddo e Richard fortunatamente non mi calcola di striscio.
Dopo un paio di minuti ringrazio tutte le divinità ,che ci possono essere, per avermi fatto arrivare a scuola e finalmente dileguarmi.
-Bene signorina,la corsa è giunta al termine. Dirigiti velocemente nella tua classe perché stanno per iniziare le lezioni . . .- si sofferma per un attimo, quasi ci stesse riflettendo a cosa doveva dirmi – AH! Dopo le lezioni passa dalla presidenza cosi ti consegno quella lettera di cui ti parlavo ieri- mi dice per poi scendere dalla macchina.
Lo ringrazio del passaggio e sparisco dal suo raggio di visuale.
Nel frattempo che mi dileguo , non mi rendo neanche conto che sono entrata già nell’edificio e c’è un sacco di gente che passa tranquillamente senza badare a me.
Ciò non mi può che farmi felice. Non mi piace essere al centro dell’attenzione.
All’improvviso la campanella suona e io non ho la minima idea di dove possa essere la mia classe.
“Oddio,Oddio. . .  Panicooo”.
Poi la lampadina si accende e mi ricordo che Lily mi aveva messo un piccolo foglettino insieme ai fogli del test dentro la borsa. Così cerco di recuperarlo ma non ne vuole sentir ragioni di uscire allo scoperto.
Ciò mi provoca ulteriore agitazione . . . alla fine riesco a prenderlo ma questi vola via.
- Ma porco Giulio! – cerco di imbestialirmi senza risultato e inizio a rincorrere il bigliettino come una cretina. Come quando quei bambini cercano di prendere invano le farfalle.
Ma quest’ultimo ha deciso di infilarsi sotto la porta di una stanza. Così senza rendermene conto entro e raccolgo quel dannato pezzo di carta.
- Corso “A” primo anno – dico ad alta voce.
- Si è questo! Devi essere nuova – mi dice qualcuno.
Alzo gli occhi e mi rendo conto di aver fatto la ridicola, nonché una figuraccia, davanti a una classe intera.
Divento inesorabilmente color porpora in faccia per la vergogna.
- Su, va a sederti pasticciona! Devo iniziare la lezione io – mi invita gentilmente, quello che sembrerebbe il mio prof.
Mentre prendo posto l’osservo con insistenza. E’ molto giovane, può avere un paio d’anni in più di me ed è molto alla “moda” se si può definire cosi.
E’ vestito come un ragazzino, jeans e una maglietta con la scritta “ I love figa”, occhi verdi, capelli di un castano cioccolato e una pelle chiarissima. Più chiara della mia.
- Bene, visto che siamo tutti posso iniziare a presentarmi – si sofferma il prof amante di figa . . . – Sono Albert e insegno da un paio d’anni. Mi sono diplomato molto giovane come potete costatare voi stessi. . . Oggi come prima lezione voglio che mi parlate un po’ di voi. – finì il professore Albert facendo presentare uno ad uno le persone che c’erano nei primi posti.
Non sembrava ascoltarli minimamente, faceva di tutto ma non ascoltarli.
“Ma che razza di prof è mai questo?” mi chiedo. Ma mentre me lo chiedevo me lo ritrovo davanti con le mani ai fianchi.
- Beh magari se la signorina pasticciona e ritardataria ascoltasse . . – mi richiama disapprovando la mia “disattenzione”.
- Ma io stavo ascoltando! – replico infastidita. Sorprendendomi di me stessa per aver ribadito con una persona all’infuori di Lily.
Tutti si girano verso di me e mi osservano con circospezione.
 - Ah si? E dimmi, lui come si chiama e che ha detto? – mi chiede il professore Albert indicandomi un ragazzo del primo banco.
- Si chiama Giorgio Bianchi, ha 22 anni, lavora come fioraio e ha tre gatti, uno grigio e due rossi, e vive in periferia – dico zittendo le piccole risate che si erano create un minuto prima.
Albert rimane basito guardandomi con tanto d’occhi.
“Cosi impari a chiamarmi pasticciona. .  chi ti ha dato tutta questa confidenza?”
- E cosi ascoltavi. . . sembravi in un altro un mondo. Va bene non importa, tocca a te. Presentati! – mi indica.
- Sono Evee Cans e sono qui per studiare psicologia – finisco la mia “presentazione”. Non amo fare conversazione figuriamoci presentarmi.
- Tutto qui? – mi chiede deluso mettendo le mani dietro il collo.
- Tutti i presenti di oggi sono qui per studiare psicologia, questa lezione non è una perdita di tempo, ma è fatta per uno scopo. Ritenta. – mi spiega sedendosi di fronte a me poggiando i gomiti sul banco e con le mani si sorregge il volto.
- Allora? Vuoi qualche suggerimento? Tra l’altro sei l’unica ragazza in questo corso – dice con fare sconsolato.
- . . . non mi piace parlare – dico flebilmente.
Lo vedo in un primo momento accigliarsi poi semplicemente solleva un sopraciglio.
- Ah, pure timida. Ti sbloccherò tranquilla! A fine giornata mi manderai a quel paese, fidati! – mi dice per poi alzarsi e andare vicino alla cattedra.
Fa presentare il resto della classe e alla fine mi trascina fino alla lavagna facendomi svolgere una funzione di secondo grado e un logaritmo. Quando finisco mi giro e vedo facce sconvolte e dei mormorii , “ come ha fatto”, “ cosa sono queste cose” o “ ma questa è psicologia?”. A quanto pare sono capitata in un corso molto, ma dico molto particolare.
Mi chiedo che problemi abbia questo professore . . . sul serio. Mi sa che ho sbagliato classe.
- Ma che brava la nostra pasticciona, sa anche contare –  cerca invano di sfottermi.
Ma in tutta franchezza suona l’ora. Così prendo le mie cose con tutta la tranquillità di questo mondo ed esco facendo la linguaccia a colui che desiderava essere mandato nelle sconfinate ,ma super popolate, valli verdi del vaffanculonia.
 Curiosa e stufa di come si andata la mattinata chiedo a una collaboratrice dove si trovi la presidenza, questi mi guarda con un velo di paura dandomi le indicazioni per poi sparire.
Devo seguire un lungo corridoio e poi salire le scale, dannate scale che siete ovunque, e poi andare in fondo .
Alla fine riesco ad arrivare senza problemi e busso alla porta.
Qualcuno viene ad aprirmi. Una donna alta, fasciata da un vestitino corto e super aderente di color nero, mettendo in risalto le sue pronunciate forme.
 Ha i capelli lunghissimi e neri, gli occhi color ghiaccio e super truccati di nero  e. . . é una bellezza disarmante. Non parla. Mi fa solo cenno di entrare.
La stanza è immensa ed è immersa in grandi librerie, divani in pelli con vari quadri di prestigio. Con tante finestre grandissime.
 Al centro la scrivania in mogano è in perfetta armonia con il tutto, tanto da far rilassare anche la persona più nervosa di questo pianeta.
Con passo cauto, entro piano e subito la figura di Richard compare.
- Alla fine sei riuscita a venire. – mi dice e si dirige verso la grande finestra che regala una magnifica vista dell’università.
Il cortile è fantastico, pieno di verde! Alberi e fiori di ogni tipo e una piccola fontana con dei piccioni che ci girono attorno.
Poi Richard interrompe il silenzio.
- Giusto . . . la lettera. Sono davvero desolato ma l’ho lasciata a casa. L’autista ti accompagnerà fino a casa mia, li ci sarà sicuramente uno dei miei figli che potrà aiutarti. – mi liquida, lasciandomi interdetta.
“io . . . cosa? Devo andare a casa sua? Chiedere ai suoi figli di consegnarmi la lettera? Sta scherzando vero?”.
No, non sta scherzando. Ha la faccia seria di chi ha problemi gravi a cui pensare e fa cenno alla sua. . . non saprei come definirla, chiamiamola “segretaria”, di aprirmi la porta e accompagnarmi fino in macchina.
La ragazza non fa obbiezioni e io non ne ho neanche il tempo di farle perché praticamente siamo già al piano di sotto.
Alla fine sono davanti a una macchina nera, a quanto pare ha la mania delle macchine nere, e la signorina mi chiude gentilmente lo sportello.
Mi maledico, maledico qualsiasi divinità che conosco e ne invento pure di nuove. Alla fine l’autista entra in macchia e partiamo.
 
 
 
 
 
 

Angolo Autore:
Salve a tutti *^* come state? Io sono più esaurita di prima. . . la scuola uccide. . . MI uccide. Comunque sia lasciamo perdere, stendiamo un velo pietoso xD
Questo è un capitolo di “transizione”, prima che inizia tutto il casino che ho in mente. Non temete, ho colpi di scena a non finire muahhaha (almeno spero xD ok la smetto ).
Spero che questa storia in minima parte vi stia suscitando qualche interesse. Lo so, forse è un pochino confusionale e SOPRATTUTTO NON HO ANCORA DESCRITTO FISICAMENTE EVEE. PERCHE’?
Il perché è semplice. Perché questo compito non spetta a me, ma a chi verrà dopo nei prossimi capitoli. ( sono diventata una verista come Verga xD utilizzando l’impersonalità (?) D: ) ho problemi compatitemi.
Qualsiasi dubbio, chiarimento o qualsiasi cosa potete contattarmi tranquillamente u.u non mangio nessuno!
Detto questo mi eclisso xD
Un bacio, Haru <3
   
 
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