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Autore: Leia    10/08/2003    0 recensioni
Kristine Grover, trasferitasi a Fujisawa, lascia dietro a sé sogni e speranze di una vita che è stata costretta ad abbandonare. Ora, nella città dove si allena la squadra di calcio che ha sempre ammirato, la New Team, potrebbe trovare una nuova strada da seguire, altri sogni da realizzare. Diventare portiere, sostituendo un Benjiamin Price infortunato, e ritrovando accanto a sé anche un vecchio e caro amico, Tom Becker. Allora l’affetto per entrambi potrebbe arrivare facilmente a confondersi con l’amore, e la verità mescolarsi all’apparenza… Ma nell’aria fredda della sera le parole da dire rimangono, spesso, solo desideri. Ed i sogni, chimere lontane. Perché la felicità comporta compromessi, sacrifici, e tante, troppe scelte. Chi essere, quale faccia mostrare? Kristine, o Kristian? Quale delle due sollevare al cielo, per poterla afferrare, quella felicità? Kris & Kris. K&K. [Prima Parte terminata!] [disponibile anche su http://knk.altervista.org - visitateci! In più illustrazioni originali, profili delle autrici & much more :)]
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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K&K

PARTE PRIMA

 

Una figura snella e di media statura camminava velocemente per la strada principale della città di Fujisawa, che si stava poco a poco affollando con l’avvicinarsi dell’ora di rientro per la maggior parte dei lavoratori. Nonostante ciò, però, Fujisawa era una luogo tranquillo e vivibile anche nei momenti di maggior traffico, grazie soprattutto alle numerose e vaste aree di verde presenti e alla sua fama di splendida località turistica.

La misteriosa figura attese ancora qualche secondo vicino ad un semaforo, ancora rosso, prima di poter attraversare la via e raggiungere il marciapiede dall’altra parte della strada. Era vestita con una normale tuta da ginnastica e il capello, abbassato sul viso, nascondeva alla vista lo sguardo e parte dei lineamenti. Il corpo era ben proporzionato, e i movimenti, agili e scattanti, rivelavano il fisico di un ragazzo adolescente, giovane e pieno di energia.

La campana di un liceo suonò i caratteristici rintocchi per annunciare il termine delle lezioni. Mentre la folla degli studenti si avviava verso l’uscita della scuola, il ragazzo in tuta passò davanti ad un gruppo di studentesse che, ferme al cancello, lo stavano osservando.

“Hai visto quel ragazzo?”.

“Sì…ma chi è? Non l’ ho mai visto!”.

“Beh…non ne ho idea…ma è da alcuni giorni che passa ogni pomeriggio di qui, e sempre alla stessa ora…”.

“Sul serio? Chissa’ dove va…comunque mi sembra davvero carino!”.

“Già! E poi guarda che fisico…tra l’altro è così misterioso…e sembra che faccia di tutto per nascondersi…”.

“Hm…che ne dite di fermarlo e di chiedergli qualcosa…diciamo…il suo numero di telefono?”.

Le ragazze cercarono di soffocare delle timide risatine. Una di loro, però, evidentemente la più audace fra le amiche, si avvicinò al giovane che, fermatosi un momento accanto alla cinta della scuola,  guardava ansiosamente l’orologio al polso.

“Ehm…scusami…”, mormorò la studentessa, cercando lo sguardo del ragazzo sotto alla visiera del cappello.

Al suono di quella voce, il misterioso sportivo si scosse dai suoi pensieri e, indietreggiando velocemente di qualche passo, calcò ancora di più il cappello sulla testa, evitando accuratamente di guardare in faccia l’ammiratrice.

“Ehi, ma…”, disse stupefatta la ragazza quando il giovane corse improvvisamente via, percorrendo il lungo marciapiede davanti a lei alla massima velocità e scomparendo, poi, dietro l’angolo della strada. “…non ti avevo ancora chiesto niente!”.

 

Nonostante fossero già le cinque di un caldo pomeriggio di inizio settembre, il cielo era ancora di un azzurro chiaro, e il sole illuminava l’erba verde e rigogliosa dei numerosi parchi cittadini alla periferia di Fujisawa. La zona, quel giorno,  era stranamente deserta, e solo una persona correva veloce in mezzo ai sentieri.

“Ma perché devo fare colpo proprio su delle stupide ragazzine? Mi chiedo se quella di fingermi un maschio sia stata una buona idea…”, disse Kristine Grover, quasi senza fiato,  fermandosi davanti ad una panchina. Si tolse finalmente il cappello, lasciando così cadere sulle spalle una cascata di lunghi capelli castano chiaro, prima raccolti sopra la nuca. Alzò il viso sudato verso le mille nuvole bianche sopra di lei. “Beh…non è di certo quello lo scopo per cui mi travesto, ma…”. Riabbassò la testa, volgendo gli occhi verso il grande campo da calcio davanti a lei, pieno di giocatori che si stavano allenando. Sorrise.“… è questo”.

Mentre raccoglieva nuovamente la folta chioma sotto al berretto bianco, si diresse a passo veloce verso il vasto campo d’erba rada, da dove arrivavano grida e voci di ragazzi.

Kris aveva quasi 17 anni, e la sua famiglia si era da poco trasferita a Fujisawa, dove era stato appena costruito un nuovo albergo fra quelli della vasta catena di proprietà dei genitori, famosa in tutto il Giappone. I Grover avevano quindi deciso di gestire personalmente l’ultima costruzione, attratti soprattutto dalla verde e rilassante cittadina; i due figli, Kris e Alex, di due anni più grande della sorella, li avevano seguiti.

La ragazza, però, all’inizio non era stata particolarmente entusiasta del trasloco: a Kyoto, dove prima viveva, aveva dovuto lasciare amici e compagni di scuola, per non parlare poi della squadra di pallavolo di cui era capitano. Per giorni, dopo l’arrivo a Fujisawa, non aveva voluto guardare in faccia il padre e la madre, interessati soprattutto ai loro affari e non alla felicità della figlia, e solo qualche tempo dopo Kristine si era rassegnata a vivere nella nuova città.

Improvvisamente, poi,  qualcosa le aveva fatto iniziare ad amare Fujisawa. Ma non erano né il mare, né le verdi colline intorno al paese…era invece ciò che non avrebbe mai sognato di poter avere lì vicino, accanto a sé: uno sport, il calcio,  secondo molti riservato unicamente agli uomini, ma che Kris sentiva suo come nessun altro. E una squadra, la New Team, che lei seguiva e sosteneva da anni.

La ragazza si avvicinò al perimetro del prato, cercando di non farsi notare dall’uomo di mezza età, probabilmente l’allenatore, seduto in panchina, e da un giovane ragazzo coi capelli scuri di fianco a lui. Entrambi guardavano concentrati i giocatori in campo, che si stavano affrontando in una partita d’allenamento.

Da quando aveva scoperto che la New Team aveva la sua sede proprio a Fujisawa, Kris non si era lasciata sfuggire l’occasione di andare ad assistere tutti i giorni agli allenamenti nei quali la squadra era impegnata in vista dell’imminente campionato nazionale. La ragazza era felicissima di poter seguire i suoi idoli da così vicino, ed in particolare uno di loro, che da sempre, per lei, costituiva un modello da seguire. Certo, erano tutti dei campioni, a cominciare dal grande Oliver Hutton, capocannoniere della squadra, ormai conosciuto in tutto il mondo per la sua straordinaria tecnica perfezionata negli ultimi anni in Brasile.

Grover ammirava ognuno di loro, ma l’unico ruolo che Kristine aveva sempre desiderato di poter avere, se avesse potuto giocare a calcio, era quello di portiere. Ed era per questo motivo che il suo idolo, la persona che rappresentava per la ragazza il massimo a cui poter arrivare, era l’imbattibile Benjiamin Price. Eccezionale e infallibile, era forse l’unico portiere juniores che aveva alle spalle una preparazione atletica e tecnica assolutamente perfetta,  e una specializzazione di anni e anni praticata in Germania. Per anni Kris aveva potuto seguirlo solo da lontano, leggendo gli articoli sui giornali e guardando le sue foto, e immaginando soltanto di incontrarlo, un giorno, di persona. Adesso, invece, quello che era sempre stato solo un bel sogno era diventato realtà: Benji Price era lì, a poca distanza da lei, seduto su una panchina…il solito cappello con visiera in testa, la felpa con, sul petto, la N di New Team bene in vista, pantaloni leggermente aderenti, neri, con righe laterali bianche, e scarpini neri da calcio. Gli occhi scuri, profondi e concentrati, guardavano davanti a sé, e il profilo, dai lineamenti marcati ma allo stesso tempo dolci, circondava il viso assorto nella partita. Un ragazzo dal fascino selvaggio e dal fisico statuario ma che, sfortunatamente, pensò Kris, non avrebbe potuto prendere parte alla prima parte del campionato a causa di un trauma subito alla gamba sinistra durante una recente partita d’allenamento.

“Peccato”, disse sottovoce la ragazza, guardando il portiere. “Non potrò vederti subito in  campo…”. 

Kris rimase una attimo a fissarlo, quasi in adorazione, voltando però subito la testa dopo aver pensato che Benji avrebbe potuto accorgersi della sua attenzione. Decise quindi di seguire la partita in corso, naturalmente dominata, in quel momento, dalla squadra capeggiata da Hutton. Il giovane dai capelli neri, leggermente lunghi e un po’ mossi, correva attraverso il campo con la velocità di un fulmine, dribblando gli avversari con una tecnica perfetta quanto inimitabile. Giunto davanti alla porta,  si preparò a tirare, concentrando nella gamba destra tutta la forza possibile: al momento dell’impatto, la palla sembrò quasi sparire, per ricomparire un attimo dopo come una lunga scia di luce, che si dirigeva verso l’angolo della porta con una potenza inaudita. Alan Crocker, secondo portiere della New Team e sostituto di Benjiamin Price, fissò per qualche secondo il velocissimo bolide, prima di gettarsi  con tutto il corpo a destra per cercare di pararlo; la palla, però,  lo anticipò, e si insaccò in rete passando a pochi centimetri dalle sue dita.

Ormai il goal era stato fatto, ma il portiere non riuscì a bloccare in tempo il suo salto: la mano destra, stretta a pugno, andò a sbattere violentemente contro il palo della porta, evitando però così che la testa subisse un forte colpo. Immediatamente il ragazzo crollò a terra, stringendosi con l’altra mano le cinque dita, in preda a un forte dolore.

“Alan!”, gridò Holly Hutton, accorrendo subito l’amico. Anche gli altri giocatori arrivarono, correndo, dal centrocampo. Ben presto l’intera squadra era stretta intorno a Crocker, in ginocchio davanti alla porta.

“Scusa, Holly, non sono riuscito a parare il tuo tiro…”, mormorò il ragazzo a denti stretti, guardando mortificato il proprio capitano.

Hutton scosse la testa, preoccupato. “Ma cosa stai dicendo, Alan.! Hai corso un grande rischio, lo sai? E, in ogni caso,  ora, la tua mano ora è ferita…potresti esserti fatto male seriamente…”.

Alan sospirò, triste. “Mi dispiace, ragazzi”, disse quindi, rivolgendosi ai compagni di squadra, mentre anche l’allenatore e Price arrivavano nei pressi dell’area di rigore.

Il mister si inchinò e prese la mano di Alan. Dopo avergli sfilato il guanto, tastò le dita immobili per il forte dolore; dopo pochi istanti di silenzio teso, l’allenatore si rialzò in piedi,  lo sguardo basso. Tutta la squadra aspettava, muta, il responso.

“Sono rotte”, disse alla fine serio,  alzando nuovamente lo sguardo e guardando prima Alan e poi Holly. “Per fortuna è qualcosa che può guarire in pochi mesi, ma…”.

Benji cercò gli occhi del mister, preoccupato. “Ma?”.

“…ma Alan non potrà partecipare al campionato. Purtroppo questo è sicuro”, concluse amaramente.

Nessuno parlò. La sfortuna si era nuovamente abbattuta sulla New Team per la seconda volta. Prima Benji, ora Alan. E non c’era nessuno, questa volta, che potesse sostituire Parker. Nessuno.

“Cosa faremo adesso?”, disse sconsolato Bruce Harper, un ragazzo dalla faccia simpatica e dai radi capelli neri. “Dovremo rinunciare al campionato di quest’anno?”.

Price voltò la testa verso l’amico. “Non dirlo nemmeno per scherzo, Bruce! Noi giocheremo…e sarò io a sostituire Alan, sin dalle prime partite se questo è indispensabile…”.

“Smettila, Benji, sai bene che nelle tue condizioni questo non è possibile!”, esclamò, a quelle parole, il mister in direzione del portiere titolare. “…Troveremo un’altra soluzione, ragazzi. Ci deve essere qualcosa che possiamo fare…”.

I membri della New Team si scambiarono qualche occhiata sconsolata. Ognuno di loro sapeva bene che ci sarebbe stato ben poco da fare…purtroppo la carenza di sostituti era sempre stato l’unico aspetto negativo della loro squadra. E,  soprattutto, la mancanza di portieri. Avevano sempre fatto affidamento solo sulla bravura di Price, senza considerare il fatto che, un giorno, avrebbe potuto infortunarsi, senza poter più giocare per lungo tempo. Era stato questo il più grande errore, ed ora il mister se ne stava accorgendo. No, la New Team, la squadra giovanile più forte del Giappone, che aveva alle spalle decine e decine di vittorie, non poteva ritirarsi così dal campionato…se solo fosse arrivato un colpo di fortuna…

“Ehm…scusate…”, disse timidamente una voce dietro al gruppo raccolto intorno alla porta. L’intera squadra si girò di scatto.

In piedi in mezzo all’erba verde, Kris sorrideva impacciata, con una mano alzata in segno di saluto. “Non vorrei intromettermi, ma per quello che ho capito siete in difficoltà…”.

Holly guardò la ragazza, sorpreso. “E tu chi sei?”.

Grover, rendendosi conto che era stato il grande Hutton a rivolgerle la parola, deglutì emozionata, abbassando leggermente lo sguardo da lui. “Devo fare a tutti i costi una buona impressione…non so a quanto potrà servire, ma…”, pensò decisa, stringendo i pugni con forza.

“Mi chiamo Kris Grover e ho 17 anni”, disse quindi sicura.

Ci fu un attimo di silenzio. “Adesso mi sbattono fuori dal campo…me lo sento…”, sussurrò Kristine, tesissima, immobile davanti ai giocatori che la fissavano.

All’improvviso, però,  Holly fece qualche passo avanti, avvicinandosi alla ragazza. “Piacere, Kristian…è il tuo nome, vero?”, chiese quindi il giovane fuoriclasse tendendo la mano a Kris. “Sono Oliver Hutton, il capitano di questa squadra. Giochi anche tu a calcio?”.

Kristine fissò per qualche istante, incredula, il viso cordiale di Hutton, prima di riuscire a stringergli la mano. Allora il travestimento aveva funzionato! Riusciva a passare veramente per un ragazzo, e non solo agli occhi delle studentesse di prima liceo…

“Sì, so benissimo chi sei…” rispose così Kris. “Seguo da lungo tempo sia te che il resto della squadra, e vi trovo fantastici…ehm…e…beh…sì, sì, diciamo che…ho giocato per molto tempo a calcio nella squadra locale della mia città prima di trasferirmi qui a Fujisawa, circa un mese fa. Ecco, io…facevo…facevo il portiere”.

Un forte brusio si alzò subito fra i giocatori della New Team. Forse non tutto era ancora perduto.

“Davvero?”esclamò entusiasta Holly, posando una mano sulla spalla di Kris. “Quindi…potresti sostituire Alan in porta? Te la sentiresti?”.

La ragazza esitò, rendendosi conto di aver appena detto una grossa bugia. Non aveva mai giocato seriamente come portiere in una squadra, e anche se aveva imparato le tecniche principali giocando spesso a calcio, a Kyoto, con dei suoi amici, non poteva certo considerarsi esperta. Gli anni passati a pallavolo avrebbero potuto esserle d’aiuto, ma l’agilità non era l’unica qualità che doveva possedere un bravo portiere di calcio.

Mentre, indecisa, abbassava gli occhi da Hutton, un altro giocatore si avvicinò a lei. “Aspetta, Holly. In qualità di portiere titolare ritengo che spetti a me decidere se questo ragazzo è abbastanza dotato da poter entrare a far parte della squadra…”.

Sentendo quella voce, Kris rialzò subito la testa, felice. Price. Era Price.

“Certo, Benji, hai perfettamente ragione…”, disse scherzosamente  Hutton facendosi da parte. “E’ tutto tuo”.

Il portiere sorrise divertito, guardando l’amico di fianco a lui. Poi, continuando a sorridere, volse gli occhi su Kris. “Beh, io sono Benjiamin Price, ma penso, da ciò che hai detto, che tu lo sappia già. Ecco, anche se siamo in una situazione davvero critica,  non possiamo di certo far entrare in squadra la prima persona che si presenta. Mi capisci, non è vero Kristian? Per questo, penso che prima di decidere dovrò farti affrontare…ecco, una prova”.

“Ehm…sì, certo, è…è giusto…”, balbettò lei,  cercando di nascondere l’emozione che stava provando nel trovarsi faccia a faccia con Price.

Era indecisa…accettando di verificare la sua competenza come portiere,  avrebbe rischiato di fare una brutta figura,  ma se invece le fosse andata bene…lei…lei…

“Ok. Accetto…sottoponetemi pure ad un qualunque test”,  esclamò allora Kris senza esitazioni, decidendosi a guardare finalmente negli occhi Benji.

Un’occasione del genere non si sarebbe più ripresentata. Doveva cogliere al volo quell’opportunità. Senza ripensamenti.

“Bene! La sicurezza, almeno, non ti manca…”, disse allegro il ragazzo bruno, voltandosi verso i compagni di squadra. “Allora, ragazzi, preparatevi a fare qualche tiro!”.

Il mister, ancora accanto ad Alan, sospirò. “A quanto pare il colpo di fortuna è arrivato…”, disse, voltandosi verso il secondo portiere.

“Già”, rispose il ragazzo,  sforzandosi di sorridere, anche se realmente felice dell’arrivo di Kristian Grover. “Sono sicuro che ce la farà”.

“Ne sono certo anch’io…forza, seguimi adesso”, disse il mister dando una pacca sulla schiena di Crocker. “E’ necessario ingessarti subito quella mano”.

Mentre i due si allontanavano dal campo, Benji accompagnò Kris fra i due pali. “Allora, è semplice: a turno, cinque giocatori tireranno in porta e tu, naturalmente, dovrai fermare più palloni possibili. Saranno come dei calci di rigore…”,  spiegò quindi alla ragazza, porgendogli un paio di guanti da portiere. “Ecco, usa questi”.

Kris lì guardò un attimo, riconoscendoli immediatamente. “Ma…sono quelli che usi molto spesso, non è vero?”, mormorò, prendendoli in mano. “Sei sicuro che posso usarli? In fondo, per te, devono essere importanti…”.

Benji alzò lo sguardo per fissare negli occhi, stupito, la ragazza. “Beh…se mi hai seguito talmente assiduamente da riuscire a riconoscere in questi guanti quelli che uso solitamente…posso dire di essere felicissimo di poterli prestare al mio più grande fan!”.

A quelle parole, anche Kris alzò gli occhi su Price. “Gra…grazie”, riuscì solo a mormorare, mentre Benji si allontanava. “Buona fortuna, allora!”, gridò infine il portiere, alzando un braccio. 

La ragazza lo vide arrivare a bordo campo. Sarebbe stato lui a fischiare i tiri, visto che il mister si era assentato per andare ad accompagnare Alan in infermeria.

Mentre si infilava i guanti di Price, le parve di sentire, dentro di lei, una forza di volontà e una sicurezza che non aveva mai posseduto prima. Sì, ne era sicura…sarebbe riuscita a superare il test. Non avrebbe deluso Benji. E il posto di portiere della New Team sarebbe diventato suo.

Kris si posizionò tra i due pali, concentrata. Chi sarebbero stati i cinque giocatori? Beh, sicuramente, fra di loro, non poteva mancare Hutton, e anche se era quello che più temeva,  non vedeva l’ora di poter confrontarsi con lui. Ma gli altri?

Tirò leggermente indietro la visiera del cappello, per avere la visuale intorno alla porta più libera possibile. Il primo giocatore era già pronto fuori dall’area di rigore, e stava studiando attentamente sia Kris che lo spazio fra i due pali.

La ragazza lo riconobbe: si trattava di Ted Carter,  il più veloce attaccante della New Team. I suoi tiri non erano però mai stati particolarmente potenti, e Kris pensò che non sarebbe stato difficile fermare il pallone.

Al fischio di Price, Ted prese la rincorsa: la sfera, dopo essere stata calciata, si diresse velocemente verso l’angolo destro della porta. Consapevole che Benji la stava guardando, la ragazza attese che il pallone si avvicinasse, per poi saltare con un’agilità e una velocità sorprendente,  bloccandolo con sicurezza.

Mentre Kris si rialzava, Price, a bordo campo, la osservava attentamente. “Si muove molto bene”, disse a voce alta, sorridendo compiaciuto. “Penso  che se la caverà egregiamente…”.  Proprio in quel momento, Benji sentì una mano posarsi sulla propria spalla.

“A quanto pare quest’anno non avremo l’onore di affrontarti, Price” disse quindi una voce familiare. Il portiere si girò.

Davanti a lui c’erano due ragazzi: il primo, di media altezza, aveva i capelli neri, lisci e leggermente lunghi. Gli occhi erano neri e profondi, lo sguardo sicuro e deciso. L’altro ragazzo, dietro di lui,  era un po’ più alto e muscoloso, i capelli folti di un castano chiaro; il viso, dai lineamenti decisi ma non troppo marcati, era cordiale e aperto. Nonostante ciò, nel complesso il giovane appariva fiero e sicuro di sé, e comunicava un senso di grande rispetto a chi gli stava vicino.

“Philip! Julian! Che bello vedervi…come mai siete qui?”, esclamò Benji, avvicinandosi ai due amici. “Tutti credevamo che vi avremmo visti solo in campionato…”.

Julian si tirò indietro un ciuffo di capelli castani. “Beh, naturalmente siamo venuti a spiare i vostri allenamenti…”, disse in tono serio. Philip Callaghan  guardò Ross, per poi scoppiare a ridere. “Ma no…avevamo solo voglia di vedere come ve la passavate…e di  sapere come stavi, Benji”.

Price sospirò. “Purtroppo sia il mister che Freddie dicono che potrò rientrare in campo solo per le semifinali…ma…”. Il ragazzo voltò la testa per guardare Kris. “…ma forse ci sarà qualcuno che potrà sostituirmi”.

Julian alzò lo sguardo verso la porta. “Non è Alan…”, disse stupito.

“Già”, mormorò pensieroso Philip. “E’ un nuovo portiere?”.

Benji incrociò le braccia. “Beh…spero proprio che lo diventi. Sta affrontando…il test d’ammissione, diciamo”.

Mentre i tre amici parlavano, Kris, in porta, si stava preparando a parare il tiro di Mason. Questa volta la palla si diresse appena sotto alla traversa, ma la ragazza, senza alcuna difficoltà, la fermò, raggiungendola con un balzo felino.

La stessa scena si ripeté, più o meno simile, anche con Paul Diamond: la forza del tiro, però, non permise a Kris di bloccare il pallone con le mani, che venne soltanto respinto. Quando la ragazza si rialzò da terra, c’era Holly, pronto, davanti alla porta.

“Sei pronto, Kristian?”, gridò il ragazzo, mentre,  arcuando la schiena, si preparava a calciare.

Kris guardò decisa il capitano della New Team. “Certo”, rispose concentrata.

Hutton tirò. Il pallone, dapprima, salì velocemente sopra la testa dei giocatori,  per poi ritornare giù dirigendosi con una potenza inaudita verso un angolo della porta. Kristine alzò gli occhi, socchiudendoli. Individuò subito la sfera, anche se in controluce rispetto al sole che brillava sopra di lei. “Ce la faccio, se mi lancio in anticipo”, pensò risoluta, in una frazione di secondo. Ma fece male i suoi calcoli.

La palla, dopo essere arrivata a poco più di un metro dai pali, cambiò improvvisamente direzione, insaccandosi qualche istante dopo nell’angolo opposto della rete. La ragazza rimase a fissare in ginocchio, incredula, il pallone, mentre questo rotolava lentamente sull’erba.

“Era…era ad effetto”, mormorò, mentre Holly si avvicinava ai pali. Una volta che fu arrivato accanto a lei, Kris alzò la testa. “Complimenti”, disse quindi un po’ abbattuta al ragazzo. “Davvero un gran tiro, Hutton…sei davvero un campione”.

“Grazie”, rispose lui, guardandola. “Ma anche tu potrai diventarlo. Ne sono certo…hai le doti e le qualità necessarie, e penso che anche Benji sarà del mio stesso parere. Hai della stoffa, Kris”.

Detto questo, Holly tese una mano a Grover, per aiutarlo a rialzarsi. “Questo vuol dire…che ho superato il test?”, chiese felice Kristine, quando fu di nuovo in piedi. Oliver la osservò per qualche istante, pensieroso, prima di distendersi con un sorriso. “Beh…non lo so ancora con sicurezza…come hai sentito prima, è Benji che comanda, in questo caso. E, comunque, c’è ancora un tiro che devi parare…”.

“Cosa?”. La ragazza guardò Holly in cerca di spiegazioni, prima di ricordarsi che, effettivamente, Price aveva detto che i giocatori sarebbero stati cinque. Cercò quindi con lo sguardo l’ultimo attaccante, che doveva essere, probabilmente,  già pronto in area di rigore.

E infatti era lì. Non troppo alto, di media corporatura, teneva il pallone fermo con un piede. Il sole batteva sopra la sua testa, illuminando i corti capelli castani…Kris cercò di capire chi fosse, nonostante avesse l’impressione di averlo già visto. Di averlo già…conosciuto.

Hutton volse gli occhi verso il giocatore misterioso. “Ed ecco il tuo ultimo sfidante, Kristian…dopo cinque anni, finalmente, è tornato a far parte della New Team, e spero per sempre, questa volta. Tu che ne dici, Tom?”.

Il ragazzo davanti alla porta, che aveva sulla schiena il numero 11, sorrise ad Holly. “Certo, ci puoi scommettere. Ho smesso di fare il calciatore viaggiante…”.

Kris guardò meglio il viso del giocatore. Lo fissò per alcuni istanti, per poi ricordarsi, all’improvviso, di ogni cosa.

“Ma che…no…non è possibile…lui è…”, mormorò, come paralizzata. Non poteva crederci. Non poteva essere successo. “E’…è lui…è Tom…il mio Tom…ma…è quel Tom Becker!”.

Persa nei suoi pensieri e troppo sconvolta per poter reagire,  Kris non si accorse del fischio di Benji e del conseguente tiro di Becker. La palla, infatti, le passò accanto senza essere fermata, finendo così in rete.

Solo quando la sfera, rotolando, le toccò un piede, la ragazza ritornò nella realtà; Kris voltò la testa, e, fissando il pallone, si rese conto che Tom aveva segnato. Lei, invece, non aveva neanche provato a muoversi.

“Oh, no…”, pensò disperata, sistemandosi il cappello sulla testa. “Questo…questo potrebbe aver rovinato tutto…però…”. Abbassò gli occhi, amareggiata.

Si diresse così a bordo campo, dove Benji e gli altri la stavano aspettando. Evitò di guardare Tom Becker, che, probabilmente, era qualche metro dietro a lei insieme ad Holly. Anzi, forse sarebbe stato meglio se neanche lui l’avesse vista.

Si avvicinò a Price. Sentiva il suo sguardo e quello dell’intera squadra puntati su di sè, ma cercò di non farci caso. In ogni modo, dopo quell’ultimo tiro, l’avrebbero sicuramente rifiutata… l’occasione della sua vita era così sfumata. Per sempre.

“Benji…ti restituisco i tuoi guanti…”, mormorò Kris, triste, togliendoseli e porgendoli al ragazzo. “Non so se hai fatto bene a prestarmeli…io…non ne sono stata degna. Il fatto è che…ecco…io…non so cosa mi sia preso…”, cercò di dire, stringendo i pugni per la rabbia. “Io…”.

Invece, contrariamente a ciò che si aspettava, Benji le mise le mani sulle spalle. “Ma cosa dici? Sei stato grandioso…non ho mai visto nessun portiere muoversi veloce come te. La tua incredibile agilità mi ricorda molto lo stile di Ed Warner, ma tu…tu hai qualcosa che non ho mai visto prima in nessun giocatore. Sembri…sembri quasi trovarti a tuo agio in porta…sei scaltro e abile, ma allo stesso tempo ti muovi con grande eleganza. Sì, forse hai qualche lacuna nella preparazione atletica…ma con un po’ d’allenamento, sono sicuro che potresti raggiungere un buon livello. Per quanto riguarda la tecnica, invece…beh, quella davvero non ti manca”.

Kris, sentendo quelle parole, spalancò gli occhi per lo stupore. “Da…davvero la pensi così? Quindi…”.

Benji sorrise. “Quindi considerati pure il numero 1 della New Team…da oggi sei con noi, Kristian Grover!”.

L’intera squadra esultò, stringendosi subito intorno al nuovo membro. Anche Philip e Julian si scambiarono un’occhiata compiaciuta, felici di aver trovato in Kristian un degno avversario, in grado di sostituire al meglio Price.

Il neoportiere, dal canto suo, non poteva ancora crederci. Tutto quello che aveva sempre voluto…anzi, l’unica cosa che aveva sempre desiderato…ora…ora si era avverata. Kris girò cautamente la testa per cercare Becker. Lo vide ancora in campo che, insieme ad Holly, parlava con Ross e Callaghan, che avevano poco prima raggiunto i due amici.

Rimase a guardarlo a lungo. Il viso gentile, dai lineamenti delicati e perfetti. Gli occhi dolci e luminosi, di un intenso color nocciola. Il fisico equilibrato, da modello, il corpo ben proporzionato e slanciato…e, infine, incredibilmente bello. Sì, era come lo ricordava.

E adesso, finalmente, lo aveva ritrovato.

  
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