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Autore: Elia_wy    27/10/2014    2 recensioni
La battaglia continua inesorabilmente senza che nessuno dei due schieramenti riesca a predominare. I soldati, carne da macello in mano ai signori della guerra, sono costretti ad uccidersi a vicenda senza alcuna pietà. Non c'è spazio per ripensamenti, non c'è spazio per la misericordia, in gioco c'è la propria vita.
Ambientata in un mondo dove ancora l'arma delle guerre è la spada, "Michael" rivive alcuni attimi dello scontro di un guerriero.
Niente di particolare, solo una semplice esercitazioni (poco più di 600 parole) di tanto tempo fa per imparare a descrivere le battaglie
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Infilo la spada nel fianco di un uomo davanti a me e non ho neppure il tempo di vedergli strabuzzare gli occhi, che devo parare un fendente dall’alto. Mi abbasso per schivare un colpo da sinistra e tiro un calcio alle ginocchia del mio assalitore. Lui cade e io gli sono addosso. Un colpo netto che gli trancia la testa. Intorno a me la battaglia infuria violenta, ma è davvero poco il tempo che ho per rendermene conto, perché è la guerra e non c’è tempo per rendersi conto di niente: conta solo tornare salvo a casa. Mi tocca trapassare un uomo da parte a parte, mentre il suo sangue mi schizza sul volto e si mischia al mio sudore. Le labbra si bagnano del sangue nemico, mentre il liquido della morte continua a sgorgare inesorabilmente. Mi avvicino verso un altro nemico e tentando di colpirlo fendo l’aria alla cieca; subito il corpo si sbilancia in avanti, facendomi cadere al suolo. Il nemico si avvicina per colpirmi, ma rotolo di lato sperando che nessuno mi schiacci. La terra ormai ha un aspetto terribile; piena di sangue si è trasformata in una fanghiglia color mattone che mi impregna i capelli tingendoli di rame. Il soldato non si arrende e tenta ancora l’affondo. Gli va male, prima ancora che possa sollevare la spada, gli conficco la mia nello stomaco e lui, esamine, mi cade addosso. Il peso del suo corpo mi schiaccia mozzandomi il fiato. Lo sposto da sopra di me, ma nel farlo scorgo i suoi occhi vitrei. Viola. Quest’uomo ha gli occhi viola. Ed in un lampo vedo Quegli occhi viola, quelli di Isabel. Un attimo ancora e sento il profumo di miele dei suoi capelli chiarissimi e l’odore della sua pelle e le sue labbra sulle mie e le nostre mani che si intrecciano e i baci e le carezze del nostro amore. È solo un attimo di pace in mezzo a centinaia di urla, in mezzo a migliaia di armi che si scontrano e che decidono la vita e la morte in pochi istanti. Rinvengo dai miei pensieri giusto il tempo di parare una lama sibilante alla mia destra. È comunque tardi, perché il colpo è forte e, anche se non penetra nella maglia di ferro, è abbastanza forte da rompermi un paio di costole. Scivolò al suolo ansimante, mentre il soldato alle mie spalle sta per segnare la mia fine.
Clamore di spade. Qualcuno ha parato il colpo per me ed ha affondato la sua lama nel corpo nemico.  Una mano si tende verso di me.
“Non ti farò abbandonare così mia figlia” i suoi occhi nocciola mi osservano da sotto la calotta dell’elmo.
“Ti sono debitore”
“Salderemo i nostri conti a casa” e nasconde un sorriso sotto quella ferraglia. Mi isso sulla sua mano e sono di nuovo in piedi con la spada salda in mano.
“Vinciamo la guerra, Michael” mi dice, prima di gettarsi a capo fitto in un corpo a corpo con uno dei tanti nemici. Lo seguo, anche se il dolore al torace resta in agguato.
Non c’è tempo però per la sofferenza, i nemici non finiscono mai.
Il sangue pulsa sotto l’armatura e qualche costola rotta rallenta i miei movimenti. Devo prendere fiato. Sul fronte meridionale gli scontri sono meno cruenti, mi trascino il più lontano possibile dal centro della battaglia e trovo finalmente una casa appartata. Salgo la scala in canna e arrivo su un terrazzino dal quale riesco a scorgere l’intera città. Le strade sono disseminate dei cadaveri di ambo le parti. Nessuno predomina. Mi distendo e mi tolgo l’elmo. Il torace ormai freme di dolore, decido quindi di togliere la maglia in ferro per guardare almeno il danno. Si gela e sono bagnato fradicio di sudore. Mi sfilo delicatamente le varie parti dell’armatura e le vesti, poi, con un po’ di timore, volgo gli occhi al petto.
Isabel mi sta accarezzando la fronte. La sua mano è fredda e allevia il dolore. 
Sorrido.
   
 
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