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Autore: Cronus    27/10/2014    4 recensioni
Pochi istanti dopo essere venuto al mondo, il mio cuore ha smesso di battere.
A quattro anni sono sopravvissuto ad un incidente stradale che é costato la vita ai miei genitori.
A otto anni sono caduto nelle gelide acque del Fox River, da un ponte alto quindici metri.
A quindici anni ho disputato la finale del torneo mondiale di Beyblade, e ho perso.
A ventidue anni ho tentato il suicidio. Non riuscendoci.
"Tutto quello che ami o a cui in qualche modo cerchi di voler bene, finisce inevitabilmente per essere portato via; ragionaci su, in fondo non è la prima volta che capita. Non pensi sia qualcosa di più di una semplice coincidenza? Forse il problema non sono gli altri, forse sei tu il problema..."
Genere: Drammatico, Song-fic, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damian Hart, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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§Resurrection - Back To Life§







The Devil Within








 
"Dicono che per riemergere dagli abissi, devi prima toccare il fondo...
Io sono annegato più e più volte.
Guardavo la luce della vita brillare sopra di me, senza poterla raggiungere.
Il mio corpo é stato segnato dalle cicatrici della morte.
Su di me cadevano le tenebre, ma ho sempre avuto un'altra possibilità.
É sottile il confine della vita, un passo falso e sei dall'altra parte.
Certe persone dicono di non temerlo; quelle persone non sanno cosa voglia dire...
Tutte le volte che poggiavo una mano sul petto e sentivo battere il mio cuore,
mi chiedevo se qualcuno da là sopra mi stesse manovrando a suo piacimento.
Giunsi alla conclusione che l'unico modo per trovare la pace era togliermi la vita,
mi sarei liberato di un peso che portavo dietro dalla nascita, e non avrei messo in pericolo quella di altri.
Intorno a me la gente moriva, mentre io rimanevo qua, su questa Terra:
sentivo la morte sfiorarmi, avvolgermi nel suo freddo abbraccio, graffiarmi con le sue spire;

ma alla fine, c'era sempre qualcosa che mi riportava a galla."
 
 
 

 
 



31 ottobre 1998

É la serata di Halloween negli Stati Uniti d'America.
L'orologio del Johnsburg Hospital, Illinois, segna le 18:35 quando nasce il bambino di Catherine e Jason Leebrown. Pesa 2.5 Kg é sotto peso di mezzo chilo, ma non é quello a spaventare i medici: il cordone ombelicale é stretto attorno al suo collo e non gli permette di respirare.
Dopo ripetuti tentativi di liberarlo il suo cuoricino si ferma e i dottori iniziano a praticare il massaggio cardiaco.
La coppia Leebrown è basita e terrificata.
Proprio quando stanno per gettare la spugna e darlo per spacciato, il cordone ombelicale viene tagliato e il piccolo riesce finalmente a respirare.
I medici non credono a quello che hanno appena visto: il cuore ha smesso di battere per un minuto...
 
 

 
7 febbraio 2002
 
La famiglia é in gita nel Chain O' Lakes State Park sul confine col Wisconsin.
É stata una giornata faticosa per tutti, in particolare il piccolo Taylor ha appena 4 anni e ha camminato molto in mattinata.
Sono di ritorno.
É una fredda notte, le strade sono ghiacciate e la nebbia é parecchio fitta da quelle parti.
É questione di un secondo, una curva ceca e il suv dei Leebrown sbanda, scivolando sull'altra corsia. Proprio in quel momento passa un fuoristrada che centra in pieno l'auto.
Arrivano le ambulanze, ma le condizioni dei passeggeri sono prevedibili.
Catherine e Jason sono morti sul colpo, i pompieri estraggono i loro corpi senza vita dall'intreccio di lamiere; ma ecco che senza troppe difficoltà dalle mani forti del capo reparto, viene liberato il bambino. É inerme. Non un graffio. Non una contusione. Non ha neppure perso conoscenza. La polizia non si spiega come possa essersi salvato...
 
 

 
14 aprile 2006
 
Dopo l'incidente avvenuto quattro anni prima, il bambino viene affidato a una famiglia di Ingleside. Da Taylor Leebrown diventa Thomas Price e trascorre i seguenti anni in loro compagnia. Un bambino sfortunato, che é scampato alla morte  fin troppe volte, per questo gli viene cambiato nome, sperando forse in una sorte migliore...
É una sera buia e senza luna, la famiglia Price si trova in campeggio sulle rive del Fox Lake, insieme ai vicini Morrison.
I mariti cuociono marshmallow sul fuoco, le mogli preparano le tende per la notte, Thomas insieme a Luke, figlio dei Morrison, si allontana dal l'accampamento.
Decidono di andare a giocare sul ponte e iniziano a lanciare giù sassi, tirandoli il più lontano possibile. Thomas ha sempre avuto paura delle altezze: lancia le pietre, ma non riesce a vedere dove cadono nell'acqua, perché ha paura di sporgersi.
Luke invece é un ragazzino impavido, ha 10 anni e va già a caccia col padre, non ha paura di nulla e tutte le volte che getta una pietruzza si sporge con l'intero busto oltre la ringhiera.
- Ehy Thomas!!! Hai visto dove l'ho lanciato quello?!? - esclama entusiasta all'amico.
- N-No... - risponde l'altro che vorrebbe proprio vedere dove vanno a finire i suoi e com'é l'acqua sotto il ponte...
In un impeto di coraggio ritorna sul sentiero, prende una manciata di sassi ai lati della strada e torna nuovamente dall'amico.
É stufo di essere sempre il più codardo, per questo fa un bel respiro e sale sul guard-rail, si aiuta a drizzarsi in piedi, tenendosi ai cavi che sorreggono la costruzione e passano sopra la sua testa.
- Sta' attento é pericoloso! - lo ammonisce Luke.
Sente le gambe tremargli quando guarda giù, l'acqua nera scorre sotto i suoi piedi e il vento freddo taglia la pelle a raffiche irregolari. Stringe forte i due cavi nelle mani, tanto da non sentirle più.
É ora di lanciare il sasso...
Mal volentieri stacca una mano dall'appiglio, fruga nella tasca e prende un sasso bianco: il suo preferito.
Carica il braccio all'indietro e guarda il fiume sotto di lui. L'acqua é dello stesso colore dei suoi capelli: blu notte, quasi nera. La testa inizia a girargli e sente lo stomaco rivoltarsi dalla paura. Si lascia ipnotizzare dalle creste bianche delle piccole onde, albine come il suo sasso...
Il braccio parte e la pietra vola.
Anche questa volta é questione di un secondo.
Il lancio ha sbilanciato il suo peso in avanti.
Una mano sola lo regge, ma non basta a sostenerlo.
L'ultima cosa che vede é il suo sasso bianco che scompare nell'acqua...
Poi perde l'equilibrio.
Un urlo nella notte.
É un volo di quindici metri.
 
 

                                                         .   .   .

 
 
 
Luke Morrison urla con tutta la forza che ha in corpo.
Invoca a gran voce l'amico.
Fissa l'acqua nera nel punto in cui é caduto.
Aspetta dei secondi, forse anche un minuto con le lacrime agli occhi, ma non vede riemergere nulla dalla superficie.
Corre alle tende dove ci sono i suoi genitori.
Avete presente che cosa sia il terrore negli occhi di un bambino? Esattamente il sentimento dipinto sul volto del giovane Luke.
Tra singhiozzi e fiatone le uniche parole che riesce a collegare sono: "Thomas! Ponte! Acqua! "
Le persone capiscono al volo che cosa é successo e si precipitano sul luogo dell'accaduto.
Vengono chiamati polizia forestale, ambulanze, pompieri, subacquei.
Le ricerche continuano per ore, giorni, settimane, fino a due mesi.
Vengono tracciate piste, registrato il moto della corrente, l'intensità dei venti...
...ma il corpo non viene mai ritrovato...

 
 



 
Questa é la storia che conosceva il popolo americano, o meglio, la polizia statunitense. Sì, perché nei telegiornali che seguirono non fu mai riportata la notizia che quel bambino era nato sotto una cattiva stella e aveva visto la morte in faccia più di una volta prima del 14 aprile 2006. Il bambino si chiamava Thomas Price e i telegiornali omisero il collegamento con Taylor Leebrown.
Fu anche insabbiata la notizia che tre mesi esatti dopo la scomparsa del piccolo Thomas, i coniugi Price morivano inspiegabilmente intossicati dal monossido di carbonio nella loro villetta.
 
 
Nessuno era a conoscenza del vero fato del bambino.
Nessuno sapeva che il 15 aprile, a meno di 24 ore dal terribile accaduto, alle prime luci dell'alba, un neurologo fresco di promozione al grado di dottore trovava il corpo arenato nello squarcio di lago ove sorgeva la sua villa.
Si iniziavano a sentire le prime voci della caduta dal Fox Bridge sui telegiornali. Qualunque medico asseriva che ormai fosse troppo tardi.
Quando il Dr. Ziggurat vide il cadavere, pensò in primis di chiamare la polizia, ma qualcosa lo fermò: il corpo che ondeggiava nell'acqua cristallina aveva la pelle bianca come porcellana, ma decise comunque di tirarlo fuori per mezzo busto, quanto bastava per misurare la temperatura. Non gli sembrò poi così bassa per essere a mollo da circa 10 ore; inoltre non presentava nemmeno i primi segni del rigor mortis...
Fu forse per gioco o per scherzo che prese il fonendoscopio, mise le estremità nelle orecchie e appoggiò la ventosa sul petto.
Potete immaginare la sua faccia quando rilevò il battito cardiaco...
 
 
 

                                                        .   .   .

 

 
 
Mille pensieri passarono per la mente del dottore.
Come poteva il cuore battere ancora dopo essere stato così tante ore in acqua a quelle temperature?
Non ci pensò più di due volte. Lo portò dentro, nel suo laboratorio.
Liberò i polmoni dall'acqua e lo attaccò a un respiratore. Le condizioni si stabilizzarono, ma era scontato che avesse riportato dei danni cerebrali. I suoi sospetti divennero realtà quando effettuò un'analisi neurologica: le attività del cervello erano compromesse.
Il Dr. Ziggurat era un asso nel campo dell'ingegneria medica, per questo disponeva di avanzati macchinari che solitamente si trovano solo negli ospedali più all'avanguardia. Gli fece una tac, ma le lastre non rilevarono dei danni degenerativi per la quale la sua situazione avrebbe potuto peggiorare.
Aveva già visto pazienti nel medesime stato e sapeva che il futuro del bambino era già segnato: sarebbe rimasto un vegetale.
Finché fosse rimasto attaccato a flebo e respiratore non avrebbe corso rischi, ma era comunque un'esistenza inutile. Avvertire o non avvertire le autorità? Ragionò intensamente e giunse alla conclusione che sarebbe stato solo uno strazio per i genitori "crescere" un figlio in quelle condizioni.
Decise che d'ora in poi sarebbe stato il suo piccolo grande segreto: un bambino la cui vita dipendeva dal macchinario a cui era collegato. Inoltre, il Dottore stava lavorando a una tesi sui pazienti irrecuperabili, forse avrebbe potuto condurre degli esperimenti sulla sua cavia...
Tre mesi dopo grazie a delle sue conoscenze, venne a sapere della tragica morte dei genitori del piccolo e si sentì autorizzato a condurre i primi test su di lui.
Avrebbe cominciato il nuovo progetto di un macchinario che tendeva a ristabilire l'attività cerebrale compromessa del paziente. La "Procedura".
 
Dopo due anni di numerosi esperimenti, successi e fallimenti il macchinario era pronto, ora si trattava semplicemente di iniziare la cura.
Erano passate 5 settimane da quando il bambino era stato richiuso in quella macchina e si iniziavano a vedere i primi risultati. Attraverso l'elettroencefalografia Ziggurat notò i primi segnali di attività cerebrale che piano piano si stavano rigenerando.
Fu un successo...
Sei mesi di procedura e il paziente comprendeva le parole quando gli si parlava e il battito cardiaco aumentava quando gli si toccava la mano.
La gioia dell'uomo in quel periodo era incontenibile.
Calcolò che tra meno di un anno il bambino avrebbe potuto riprendere conoscenza.
Si era annotato ogni miglioramento ed il risultato era stato strabiliante: da una apparente morte cerebrale ad un ipotetico risveglio in meno di quattro anni...
 







 

21 marzo 2009
 
Il primo giorno di primavera. Gli uccellini cantavano fuori in giardino. L'acqua del lago era limpida e tranquilla.
Il dottore stava oziando sull'amaca, leggiucchiando un libro di Freud, quando l'orologio al polso prese a suonare ritmicamente.
Poteva significare solo una cosa: il bambino si stava svegliando...
Nei mesi scorsi aveva impiantato un sistema di controllo sulla macchina, che lo avvertiva in caso di uno sbalzo nei battiti del cuore.
Scaraventò lontano il libro e prese a correre forsennatamente in cantina, fino dentro al laboratorio.
Il momento più glorificante della sua carriera medica stava per verificarsi.
Si avvicinò.
Il battito cardiaco era aumentato e sembrava che l'intero corpo di stesse preparando a destarsi da un lungo sonno durato più di tre anni.
Aprì la capsula e staccò l'ossigeno.
Si fece ancora più vicino: osservò la pelle chiara, i capelli che ha furia di procedure, da blu notte si erano schiariti in un turchese oltremare. Pensò di esserselo sognato, ma gli parve di veder muoversi l'indice destro ed il conseguente tendine della mano tirarsi.
Aspettò qualche secondo e tutte le dita si chiusero a pugno e si riaprirono subito dopo.
Le palpebre cadaveriche si sollevarono con immane fatica mostrando due meravigliosi occhi azzurri.
Il bambino li sbatté più volte per abituarsi alla luce e li puntò attraverso le lenti miopi degli occhiali del Dottore.
Delle gocce cristalline presero a solcare le guance dell'uomo che scoppiò in un pianto di gioia...
Intanto il ragazzino iniziava a guardarsi intorno.
Ziggurat controllò un'ultima volta i parametri vitali e gli sembrarono perfetti.
- Io... Do-Dove mi trovo? Chi s-sei tu? - chiese innocentemente.
Il Dottore si asciugò velocemente il viso cercando di darsi un po' di contegno.
- Io sono il Dottor Ziggurat. E questa é casa mia. - rispose con mani tremanti.
- Sei un dottore? Ma non indossi il camicie! - obiettò il bambino stropicciandosi gli occhi.
- Eccolo qui il mio camicie! - rispose sempre più felice dei risultati ottenuti, prendendolo momentaneamente dall'appendino e indossandolo - Come ti senti? Stai bene? - chiese.
- Mi sento...stanco... - rispose guardandosi una mano.
- È normale, tra non molto starai meglio, te lo prometto. -
- Lei é un dottore quindi sa come mi chiamo, perché io...non me lo ricordo... -
- Certo che so come ti chiami! - prese tempo, si era dimenticato che avrebbe dovuto dargli un altro nome...
Pensò velocemente. Partì dal cognome, ne scelse uno ad alta frequenza (ma non troppo) in America.
E poi, il nome che avrebbe sempre voluto dare a suo figlio.
- Il tuo nome...? Il tuo nome é Damian Hart. - sorrise raggiante.
 
 

 
 
 
You’ll never know what hit you
Won’t see me closing in
I’m gonna make you suffer
This Hell you put me in
I’m underneath your skin
The devil within
You’ll never know what hit you
 
I will be here
When you think you’re all alone
Seeping through the cracks
I’m the poison in your bones
My love is your disease
I won't let it set you free
Till I break you

 
 
 

 

§TO BE CONTINUED§












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UUUUUHHHHHHH, ma buona giornata a tutti!!!!!
Quanto tempo che non aggiorno e non pubblico su questo fandom fantastico^^
Devo un sacco di scuse a tanta gente per questo mio letargo di un anno o più.
SCUSATE  T.T
Inoltre, ne approfitto per  dire a tutte le persone che facevano parte del gruppo “Storie a OC, Metal Saga & Co.” che mi mancate un sacco T.T
Spero un giorno di risentirci tutte,  come ai vecchi tempi!  Sappiate che Cronus non si vede ma c’è, e tutti i giorni controlla su EFP se ci sono aggiornamenti.
Passando alla storia, ho pensato, vista la vicinanza di Halloween, di scrivere qualcosa di adeguato (più o meno).
La fanfic non avrà molti capitoli (che peraltro i primi 4 sono già scritti e pronti per essere pubblicati, crollasse il mondo domani, LA FINIRO’!) ma  come avrete forse già capito, saranno articolati in modo che ad ogni capitolo coincida una canzone a tema dei Digital Daggers (gruppo che amo ma un po’ da taglio delle vene se non siete abituati). Vi consiglio di ascoltare le tracce, a me piacciono moltissimo!;)
La prima è proprio “The Devil Within” da cui prende il nome anche l’album stesso…
Per il resto sul protagonista c’erano dubbi? Damian… STRANO!!!
La trama ce l’ho in testa da inizio vacanze estive, era da un po’ che mi frullava dentro e ci ho messo l’anima per scriverla, spero vivamente che apprezziate.
Detto questo vi saluto, ringrazio in anticipo chi recensirà (SE qualcuno recensirà), a presto!( che stavolta non sarà lontano…)
Bye bye Cronus
  
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