This could be paradise.
Cam sedeva su una panchina, le gambe incrociate e
il braccio destro appoggiato allo schienale mentre fumava una sigaretta; un
paio di occhiali da sole in plastica rossa nascondevano i suoi occhi smeraldini
e facevano risaltare il suo pallido incarnato, accentuato ancor di più dalla
giacca in pelle nera e dai jeans scuri.
Il sole splendeva alto in cielo, rendendo la
giornata piacevolmente calda e illuminando il parco di mille sfumature di
colori. Il demone non poteva chiedere di meglio, visto ciò che lo attendeva:
stava per incontrare una persona che probabilmente non avrebbe fatto i salti di
gioia nel vederlo. Il peggio era che doveva darle una notizia terribile:
nessuno lo obbligava a farlo, certo, eppure sapeva di non poterlo evitare. La
maledizione di Daniel e Lucinda era stata spezzata e con essa anche il legame
fraterno che lo univa a loro, spingendolo a chiudere il capitolo più importante
della sua vita; non era stato facile, tuttavia era stato necessario per tornare
a essere padrone della sua vita, così aveva deciso di dare la medesima
opportunità a quella ragazza, o almeno provarci.
“Parli
del diavolo...”, pensò Camriel quando vide una
moretta dagli occhi nocciola camminare disinvolta nel viottolo, intenta a
scrivere un messaggio con visibile preoccupazione: era il momento di entrare in
azione.
«Splendida
giornata per una passeggiata, vero?» disse l’angelo caduto alzandosi dalla
panchina e togliendosi gli occhiali dal viso, in modo da farsi riconoscere.
Callie reagì proprio come si era aspettato: spalancò occhi e bocca, scosse
ripetutamente la testa e cominciò a indietreggiare, neanche avesse visto uno
stupratore. Il demone ridacchiò sommessamente e portò le mani avanti a sé, poi
avanzò lentamente verso la giovane e riprese a parlare.
«Anch’io
sono felice di vederti... Ti prego, non voglio farti del male, quindi
ascoltami: sono qui per darti notizie di Luce» scandì l’ultima frase per essere
certo di essere stato capito, così da poterle rivelare la completa, amara
verità sul conto della sua migliore amica; per quanto potesse apparire crudele,
non era giusto che una ragazza con tutta la vita davanti a sé si lasciasse
travolgere dai sensi di colpa per l’apparente scomparsa di una persona cara.
Seppur diffidente, lei si fermò e gli fece cenno di proseguire con le mani
ancora tremanti.
«Vedi,
avrai già capito che io non sono un essere umano come gli altri...» esordì
Camriel mantenendo la solita immobilità innaturale che assumeva nei momenti
critici, durante i quali doveva stare attento a come si giocava le proprie
carte.
«Tu
che dici? Forse per via delle vostre enormi ali, o magari perché siete spariti
nel nulla quella volta, ti pare?»
rispose acida lei, tesa come una corda di violino per la situazione surreale in
cui si trovava; le invitanti labbra del caduto si piegarono in un ghigno in
risposta a quella frecciata, per poi prendere una boccata di nicotina prima di
riprendere il filo del discorso.
«Anche
Luce era una di noi, ma era stata condannata a diventare una mortale e a
reincarnarsi ogni diciassette anni a causa del suo amore proibito: ora però è
riuscita a spezzare la maledizione, così rinascerà un’ultima volta e...»
«E
tu ti aspetti che ti creda?!» lo interruppe Callie, sbigottita e indecisa sul
da farsi: Cam si rese conto di essere stato un po’ troppo diretto, eppure
sapeva che non c’era un modo facile per spiegarle quell’incredibile situazione.
Con un paio di ampie falcate la raggiunse e, gettata la sigaretta, le afferrò
le esili spalle e piantò i suoi tormentati occhi in quelli della giovane
paralizzata dalla confusione.
«So
che può sembrare assurdo, ma è così: che motivo avrei per mentirti?» le chiese
dolcemente, sperando di persuaderla a fidarsi di lui; per tutta risposta, la
ragazza gli diede uno schiaffo e, puntando l’indice contro il suo ampi torace,
gli rispose in preda alle mille emozioni che provava.
«Perché
sei un mostro, tanto per cominciare! Tu vorresti davvero che io creda che la
mia migliore amica si sia spacciata per una tipa qualunque e mi abbia nascosto
un paio d’ali? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo?! Tu sei pazzo!»
Cercò
di andarsene, ma il demone l’afferrò per un braccio e la costrinse a voltarsi,
per poi sentirsi morire dentro quando si rese conto di averla fatta piangere; era
stato un idiota a credere di poterle dire una cosa del genere senza ferirla, in
fondo era solo una ragazza la cui unica colpa era stata affezionarsi a un
angelo maledetto.
A
quell’età si dovrebbe aspettare di poter avere il mondo, mentre per lei era diventato
fuori dalla sua portata a causa di un’amicizia sbagliata, se così si poteva
definire; con il dorso della mano le asciugò le lacrime, poi la strinse a sé e
le accarezzò il capo con dolcezza.
«Q-quindi
è morta? Non la rivedrò mai più?» gli domandò tra i singhiozzi, temendo la
risposta e ciò che avrebbe comportato: lei l’aveva considerata come la sorella
che non aveva mai avuto, ma ora avrebbe potuto non rivederla mai più e restare
da sola ad affrontare il mondo.
«Tornerà
tra diciassette anni per l’ultima volta, ma non si sa dove; tuttavia, anche se
dovessi rivederla, lei non si ricorderà di te, perciò è come dire che Lucinda
Price sia morta...» le rispose mesto e lei si sciolse in un pianto disperato
tra le sue braccia. Rimase a cullarla per un tempo indefinito, poi Callie si
staccò dalla sua presa e lo guardò con rabbia e frustrazione; sentendosi
colpito da quello sguardo accusatorio, Camriel cercò di replicare, ma lei lo
anticipò.
«Non
provare a confortarmi perché non hai la minima idea di cosa sto provando: non
fare il solito discorso su come la vita vada avanti, perché non attacca! Sarà
anche vero, ma più la vita va avanti, più diventa pesante: è dal giorno del
Ringraziamento che ogni notte chiudo gli occhi e sogno di volare via, ma la
verità è che questo io non posso farlo mentre tu sì, perciò apri le tue stupide
ali e sparisci!»
Frase
dopo frase, la ragazza riempì il torace del caduto di pugni, cercando
disperatamente di fargli provare in minima parte il dolore che sentiva lei: non
si era resa conto di aver fatto breccia nel cuore del suo interlocutore
semplicemente con le sue parole e le sue lacrime, pesanti come cascate.
«Tu
hai perso la tua migliore amica, io ho perso mio fratello: direi proprio di
poter capire come ti senti... » cercò di farla ragionare, ma fu inutile: era
come se lo shock l’avesse resa sorda, incapace di uscire da quel gorgo oscuro
in cui era caduta.
Cam sapeva di non poter placare
l’angoscia della giovane con qualche aforisma, perciò si lasciò guidare dal suo
istinto: bloccò le sue braccia a mezz’aria e l’attirò a sé, unendo le loro
labbra in un bacio improvviso e appassionato.
Callie
rimase per l’ennesima volta basita, non si era aspettata una simile reazione,
né quello che le scatenò dentro: sentì il cuore riscaldarsi e la mente
svuotarsi, mentre ogni cellula del suo corpo sembrava elettrificarsi e ogni
fibra della sua anima sembrava sciogliersi. Senza rendersene conto, stava
ricambiando quel bacio con tutto l’ardore che possedeva; le sembrò assurdo,
eppure quando chiuse gli occhi le parve di stare volando sopra un posto pieno
di luce e armonia, quasi come se stesse sognando il paradiso.
Dopo
quelle che avevano percepito come ore, si staccarono da quell’improvviso attimo
di passione e libertà, così Camriel ebbe modo di dirle ciò che prima non aveva
potuto.
«Ascoltami,
Callie: sei una ragazza straordinaria, non puoi né devi lasciarti abbattere da
questa perdita. Per quanto possa sembrarti impossibile riuscire a rialzarti,
non dimenticare che il sole deve tramontare per poter sorgere. »
Quelle
parole, unite a quel bacio, riuscirono a darle la forza di cui aveva bisogno
per cominciare a riprendersi, e il merito era stato tutto di quel demone; lei non avrebbe potuto andare avanti senza
sapere che fine avesse fatto Luce e lui l’aveva liberato, mostrandole
addirittura un pallido sentiero per il paradiso.
«Ti
ringrazio... Cam! » disse con un timido sorriso, per poi afferrarlo per un
braccio e trascinarlo con sé, cogliendolo di sorpresa: lo portò con sé al centro
commerciale con la scusa di doverle tirare su il morale con un po’ di
shopping-terapia, non sapendo che quello sarebbe stato l’inizio di qualcosa di
più.