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Autore: Leke_96    30/10/2014    2 recensioni
[Crack!Pairing; Kai and Emily];[Prima generazione (Aah, finalmente)];[Nulla di particolare, semplicemente l'idea mi frullava in testa già da un po']
Dal prologo - "Pioggia densa cade dal cielo di New York.
Pioggia grigia per una città grigia.
Avete presente, no?
Quel tipo di panorama che attira l'attenzione di due tipi di persone.
Emily appartiene alla seconda tipologia.
Quelle che abbassano il cappuccio, inclinano la testa all'indietro, aprono le labbra, e aspettano che le gocce di pioggia si depositino sulla lingua."
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Io lo so che l'anime ci ha mostrato esattamente come si sono conosciuti Kai ed Emily.
Okay.
Lo so.
Ma adoro immaginarmi il loro primo incontro in uno stadio mezzo distrutto, sotto il secondo diluvio universale. Con quello scontrosone di Kai che, alla fine, in fondo in fondo, è anche cortese.
Io li amo.
Punto.
Mi piacciono come coppia e basta.
Quindi spero che piaccia anche a voi.
Enjoy.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Emily, Kei Hiwatari, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Titolo: Rain - under... tick, plick
- Capitoli: 1 di ?
- Autore: Leke_96
- Fandom: Beyblade
- Pairings: Crack!Pairing KaixEmily
- Rating: Uhm... massì, diciamo che è verde, va
- Tipo di coppia: Het
- Note: Uhm... boh... necessitavo di far sapere che sono ancora viva... credo. No, forse è solo un capriccio dettato dal fatto che questa coppia è bellamente snobbata dai più nel fandom italiano. E invece a me piace. E ne necessito. E quindi le dedico una storia. Che forse non andrà mai avanti ma vabbé, il mio ennesimo lavoro mai concluso. Eh, capita. Mai pensato che questi due stiano bene insieme? Andiamo, io li trovo così pucciosi e coccolabili... oddio, non proprio coccolabili, ma se anche si decidessero a fare un po' di sano friki friki io non mi lamenterei affatto. Soprattutto se poi mi generano un'adorabile prole che è la copia spiccicata di Kai e io posso essere contenta. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, ho deciso d'impaginare il prologo come quello di Death Metal, il libro di Tito Fraci, sostanzialmente perché avevo tante cose da dire e m'ispirava impostarlo in quel modo, sembrava carino, ecco tutto. L'ho detto e lo ripeto, questa storia un seguito ce l'avrebbe anche, ma dipende se capisco se l'idea piace o no. Se vedo che c'è gente a cui potrebbe piacere bene. Altrimenti ho come l'impressione che un seguito non ce l'avrà mai. Eh, capita. Non lo faccio per le recensioni, figurarsi, è solo che non ho voglia di spendere tempo du una fanfiction che poi nessuno leggerebbe volentieri. Detto questo... l'unica cosa che vi posso dire è che se superate il -3, siete a cavallo... in pratica è la parte più noiosa, nemmeno io so bene perché è uscita in quel modo. Mah, avveritemi se trovate errori, perché io non l'ho riletta e (mi scuso con tutti quelli che leggeranno le note e magari ci resteranno pure male) non ho nemmeno voglia di farlo.
Quindi... ambé, io ho finito.
Magari una recensioncina lasciatemela, né? <3
A presto
LekeLeke

- Dizionario (che poi sarebbero le note vere e proprie, ma dizionario è meno mainstream):

1Fuoco nel fiume: Uhm... inizialmente doveva essere fuoco nel mare, poi mi sono ricordata che l'adorabile ragazzina ha come bit power un alligatore e quindi... ta-dan! Fiume.

 

 

 

 

Prologo
 

- 3

Pioggia densa cade dal cielo di New York.
Fitta, trasparente, che assorbe i colori scuri di una città avvolta nel buio.
Pioggia grigia per una città grigia.
Avete presente, no?
Quel tipo di panorama che attira l'attenzione di due tipi di persone.
I primi si chiudono in casa, preparano una bella tazza di caffé bollente, e si impacchettano in enormi e soffici piumoni per guardare l'ultima puntata della serie TV preferita di turno.
(Perché è tutto molto più gratificante, quando fuori è in corso il secondo diluvio universale)
E poi ci sono loro, la seconda tipologia di persona che, durante un acquazzone con grandine a tratti annessa, si catapulta fuori di casa, e corre sotto la pioggia, saltella sotto la pioggia, assaggia la pioggia.
Mai provato ad assaggiare la pioggia?
No?
Ha un sapore stano: è come se si fondesse il rancido gusto ferroso del sangue, con un qualcosa di dolce.
Con dello zucchero, forse.
O forse no.
Forse è un qualcosa che possiede solo la pioggia, e dà quel retrogusto dolciastro come se si fosse assaggiato una torta dal fondo bruciato.
E ora immaginatevi la scena: pioggia fitta che batte sui muri dello stadio scoperto, che ticchetta e smuove la terra, dissotterra i vermi, produce rumori differenti su differenti superfici.
E poi lo stridio del ferro, le schintille luminose generate dalla punta della trottola, il sibilio del vento che fischia nei timpani e si fonde con il mugugno della trottola che vortica furibonda nello stadio.
Che genera rumore.
Una cacofonia.
Una sequenza di versi indistinti che ferisce le orecchie.
Danno fastidio.
Lui è al lato dello stadio, all'esterno, su una piccola piattaforma che genera un angolo retto sul perimetro circolare.
Con i capelli bagnati, afflosciati sulle guance sbavate di blu.
Con i vestiti pesanti impregnati d'acqua, gocciolanti.
Sono quasi gelidi sulla pelle, ma lui è abituato al freddo.
Il vento, la pioggia, persino la neve, per lui, non è un problema degno di nota.
Forse sta dicendo qualcosa, distrattamente, apre e chiude la bocca come a voler formare delle parole, fiato caldo si condensa vicino alle labbra screpolate.
Sta parlando, sì.
Sta parlando con la trottola che ora si muove a zig-zag nello stadio.
E ha gli occhi fissi, su di lei e il suo insistente movimento rotatorio.
La trottola non rallenta, non si ferma, anzi, gira più forte a ogni parola muta che lui pronuncia.
Ubbidiente, potente, bella, nel suo infinito turbinio di scintille del colore del rame.
Sono un'accoppiata strana, quel ragazzo sotto la pioggia, e quella trottola instancabile.
Risaltano tra la folla, si fanno notare.
Beyblade e Beyblader.
Il fuoco s'innalza dal beyblade nello stadio.
S'attorciglia su sè stesso in lingue d'un arancio brillante e rosse, più rosse del sangue scuro che sgorga da una profonda ferita aperta.
E ruggisce come una belva infuriata, crepita come se stesse divorando una catasta di legno, genera un calore quasi doloroso, e quasi piacevole, sulla pelle raggrumata, umida, ruvida a causa del gelo.
Kai e Dranzer.
Sono questi, i loro nomi.


 

- 2

Emily appartiene alla seconda tipologia di persone.
Quelle che abbassano il cappuccio, inclinano la testa all'indietro, aprono le labbra, e aspettano che le gocce di pioggia si depositino sulla lingua.
Alcune, quelle particolarmente grosse, e particolarmente fredde, sono come spilli dalla punta rovente.
Eppure è divertente abbandonare l'ombrello in un angolo della casa e uscire solo con la pesante felpa dagli interni rivestiti.
Di questo, Emily ne è certa.
E' uno dei pochi giochi infantili a cui non ha rinunciato.
Le gambe avanzano da sole.
Camminano distratte tra i vicoli semi deserti della città, incuranti delle pozzanghere in cui incappano, che le bagnano le scarpe di tela e le calze.
Emily imbocca vicoli dall'aria cupa, strade senza uscita, sinistre vie delineate da palazzi corrosi dalla muffa, con i tetti spioventi distrutti e i muri collassati su loro stessi chissà quanto tempo addietro.
Non presta attenzione a dove va.
A dire il vero, è molto più divertente in questo modo: camminare con la testa impegnata a fare altro, che sia concentrarsi sul sapore ferroso - eppure dolciastro - della pioggia, oppure calcolare il conto della lavanderia.
Sente la felpa pesante premere sul petto.
Ha quasi caldo, mentre cammina, no, mentre saltella per le strade.
Ed è proprio mentre sta per togliersela, quella felpa, che sente odore di bruciato.
Strano.
No, meglio. Curioso.
Che qualcuno si sia messo ad arrostire della carne all'aperto, sotto la pioggia?
Il pensiero le fa affiorare un sorriso sulle labbra sottili.
Già se lo immagina, il genio che, con un cappello da cuoco e il lungo grembiule bianco da cucina, ha sistemato un grill professionale nel bel mezzo di uno di quei vicoli abbandonati.
La carne non sarebbe venuta bene però.
Proprio per niente.
Emily sfila la felpa, e, una volta che l'ha malamente buttata su una spalla, segue incuriosita l'odore amaro di plastica bruciata.
Che ci crediate o no, l'idea di incontrare un cuoco provetto non l'ha ancora abbandonata del tutto.
E invece arriva davanti alla porta scardinata di uno stadio il cui tetto è per metà crollato.
Sente un sibilo metallico, un ruggito furibondo, e il calore di un incendio senza freni oltrepassare i muri di calce della vecchia costruzione tozza e disastrata.
La sua testa fa capolino dalla porta, e il fuoco invade il suo campo visivo.
In piedi, vicino al tornado di fiamme dal colore così simile ai suoi capelli, un ragazzo è in piedi sulla pedana del campo.
Muove le labbra come a voler parlare, ma lei è lontana, e non sente nulla.
Poi, il ragazzo, muove lo sguardo, e la vede.


 

- 1

I loro occhi s'incontrano.
Emily guarda Kai e piega la testa di lato.
Kai la fissa, senza dire una parola.
Il fuoco cessa di ruggire, e pian piano si spegne.
Emily ha già visto quel ragazzo da qualche parte, ne ricorda i capelli di due differenti colori, gli occhi rossi come il fuoco di un incendio libero di bruciare solo nell'Inferno.
Ricorda la sciarpa sempre legata attorno al collo, e i segni blu - ora sbavati, quasi del tutto cancellati - che adornano i lineamenti appuntiti di un viso dalla pelle più chiara d'un fantasma.
Emily sa di averlo già visto, eppure non ricorda dove.
Kai, invece, è incuiosito.
Non si direbbe, dalla sua faccia di marmo sempre impassibile, eppure, quella ragazza dai bizzarri capelli arancioni afflosciati sugli occhi - blu. Occhi blu come non ne ha mai visti. Ma possono esistere degli occhi del genere? - e i vestiti bagnati attaccati alla pelle, lo incuriosisce.
Allunga una mano, e Dranzer gli corre ubbidiente in contro.
Quando l'ha messa al sicuro nelle tasche dei pantaloni, alza di nuovo lo sguardo.
Blu nel rosso.
Fuoco nel fiume1.
"Hai bisogno di qualcosa?" domanda, dopo una manciata di minuti.
Solitamente non è così cordiale.
Ma solitamente, le persone non suscitano in lui nessun tipo di reazione.
Emily scuote la testa, si gratta distrattamente il mento con un unghia.
"Nah, è solo che ho sentito odore di bruciato, e m'incuriosiva vedere da dove arrivava," lo guarda, quasi come se avesse intenzione di scannerizzarlo sotto dei raggi X.
"Ora lo sai. Addio."
Ed ecco che ritorna il solito scontroso.
"E perché dovrei andarmene?"
"Perché mi stai disturbando."
Emily piega la testa da un lato, ridacchia, e ingorando l'ultima frase, domanda: "Quello era un Beyblade, giusto? Sembrava piuttosto forte... E' un tipo attacco? Ovvio che lo è, altimenti non si spega quell'incendio in miniatura. Anche tu partecipi al torneo mondiale? In che squadra sei? Sei un titolare? Bé... domanda stupida, mi pare piuttosto ovvio che--"
"Hei, hei, hei!" Kai la ferma, le sventola una mano davanti agli occhi "Calmati un po'. Ma che razza di spara domande sei?"
Emily sorride, passandosi una mano tra i capelli bagnati, "Sono una tipa curiosa."
"Sei una tipa noiosa, più che altro," sbotta Kai, chiudendo gli occhi e stropicciandoli con l'indice e il pollice di una mano, "Si può sapere che cosa ci fai ancora qui?"
"Aspetto che tu risponda alle mie domande."
"Scordatelo."
Emily incrocia le braccia al petto, sotto il seno, e involontariamente strizza la maglia contro la pelle umida, l'acqua le gocciola ai piedi, e a stento riesce a trattenere un brivido.
"Almeno sii cordiale e presentati," esclama, esibendosi in una mezza smorfia contrariata.
Kai non smette un attimo di tenerle quei suoi affilati occhi rossi puntati addosso.
Alla fine sbuffa, e allunga una mano.
"Kai."
Emily sorride, apertamente, mostrando i denti bianchi sotto le labbra tirate all'insù, "Emily," si presenta, a sua volta, afferrando la mano che il ragazzo le sta porgendo.
"Soddisfatta?" le damanda, lui, ritirando la mano nelle tasche fonde dei pantaloni.
"Uhm... abbastanza, sì."
"Bene."
"Sì. Bene."
"Allora addio.
"Addio."
E nessuno dei due si muove.
Restano fermi, a scrutarsi come due animali.
Le orecchie tese che fremono ad ogni rumore.
I muscoli tirati come le corde di un violino.
"Ti va una cioccolata calda?" propone Emily, alla fine, più per sciogliere quel fastidioso silenzio che si è creato tra loro, piuttosto che per vera e propria voglia di una cioccolata bollente.
Kai scrolla le spalle.
Non sembra interessato, eppure non dice espressamente no.
Fa un gesto vago, e lascia morire lì la questione.
Emily guarda le gocce di pioggia che cadono davanti al volto ossuto del suo interlocutore.
Mentalmente, conta i centimetri che li separano.
Cinquanta. Più o meno.
"Kai..." pronuncia, a bassa voce.
Le sembra che quel nome da solo non basti.
E' strano, eppure sembra che manchi qualcosa.
"Kai e poi...?"
"Hiwatari," le risponde, secco come una di quelle molteplici gocce di pioggia che s'infrangono sull'asfalto.
E questa volta, sul suo viso si fa largo un'espressione perplessa, quando vede le sopracciglia di Emily saettare verso l'alto della fronte ad una velocità allarmante, e la bocca aprirsi appena, mentre sbatte più volte le palpebre come incredula di quello che ha appena udito.
Hiwatari Kai.
Ora si ricorda.
Ecco chi è.

 

 

 

 

 

 

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