Nessun uomo è un'isola, completo in sé
stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
(John Donne)
- Miss Spencer?
O cielo. È lui. Il
signor Testa di Corno Parker.
- Ehm, ciao a tutti. Pam ha bisogno
di una mano. - borbotto, battendo in ritirata.
Chiudo la porta
della cucina e mi ci appoggio, prendendo un lungo sorso dalla bottiglia di birra che mi sono
portata dietro.
- Che hai? - mi chiede Pam, ingenuamente.
- È
qui. - mormoro, allucinata, - il signor Testa di Corno. È lui.
Cazzo, il fratello di Scott è il signor TDC e io ho fatto una figura
di merda incredibile!
Lei saggiamente mi prende la bottiglia di
mano e l'appoggia al bancone della cucina, per evitare che mi
ubriachi rendendomi ulteriormente più ridicola.
- Ora stai qui
con me e mi aiuti, poi torneremo di là come se non fosse successo
niente.
La adoro quando ha una soluzione a tutto, mi sento già
più tranquilla e mi lavo le mani, pronta a eseguire i suoi ordini.
-
Comunque non puoi non dire che ho una sfiga addosso allucinante. -
borbotto, adagiando le verdure grigliate nel piatto da portata e
cospargendole di olio e prezzemolo. - È il fratello di Scott, ti
rendi conto?
Lei scuote la testa, incredula.
- Già, con tutte
le persone che ci sono a New York è tragicomico che sia proprio lui.
Comunque mi era parso di capire che il signor TDC fosse
vecchio.
Scrollo le spalle,
- Non so dargli un'età.
Perché, scusa, quanti anni ha? E a proposito, perché Paul e Scott
hanno pensato di accoppiarmi a un vecchio?
Pam ride,
- Perché
non è vecchio, ha solo ventisette anni!
- Oh, dall'alto dei
vostri ventinove e trent'anni può sembrare giovane, ma per me è un
tantinello grande.
Mi toglie di mano il sale prima che faccia
qualche danno. - Ma piantala, Lexie, non sarebbe stato per niente
troppo grande per te. Ma giustamente ora non se ne parla nemmeno.
-
Non c'è neanche da chiederlo, ti pare?
Controlla la cottura del
pollo e decreta che possiamo iniziare con l'antipasto, così prendo
più vassoi possibile e lascio che mi faccia strada.
Vado quasi a
sbattere contro il signor TDC, che pare diventare improvvisamente
gentile.
- Lasci che l'aiuti, Miss Spencer. - dice, prendendomi uno
dei vassoi.
Scott ride,
- Ti prego, Will: chiamala Lexie, non
siete a scuola.
Paul viene in mio soccorso, prendendo anche
l'altro.
- Ci ha appena detto che la ranocchietta è una sua
alunna.
- Già. - dico secca, sperando che non abbia aggiunto
anche quale pessima tutrice sia secondo lui. - Scott ha ragione,
possiamo darci del tu, adesso.
Il signor TDC sembra soppesare la
cosa, appoggia il vassoio sul tavolo e mi tende la mano.
- Giusto.
William. - si presenta, con il suo solito tono che sembra venire da
un altro secolo.
Gliela stringo, riluttante: tipico, niente
diminutivi per lui.
- Lexie, e mi dispiace di non avere un nome
più lungo. - dico, prima di girare intorno al tavolo e andare a
sedermi al mio solito posto. Paul ride, probabilmente pensa che io
abbia fatto una battuta, ma sono certa che il signor Parker avrà
colto che ho preso nota del suo ridicolo mantenere le distanze: ok,
ho capito chiaramente che cosa pensa di me, e se ci tiene tanto a
fare lo stronzo che si accomodi, sono qui apposta.
- Pamela, -
dice come-si-chiama, anzi, Gaby, - è un vero peccato che tu non
possa assaggiare il vino che abbiamo portato, l'ha scelto Will: ha
davvero un gusto formidabile.
Io, pur di andare controcorrente,
faccio cenno a Paul di non riempirmi il bicchiere.
- Niente vino,
grazie: preferisco continuare con la birra.
Ovviamente TDC e Gaby
sembrano scandalizzati dal sacrilegio che è appena uscito dalle mie
labbra.
- È un vino bianco del sud della Francia, - Will improvvisa
una lezione per me, - ha un gusto molto delicato.
Io scrollo le
spalle, contrariata di essere seduta proprio davanti a lui.
- Ma a
me il vino non piace. - Faccio un sorriso tirato e ringrazio Paul per
la birra che mi mette davanti.
Se Gaby già aveva delle
perplessità su di me ora gliele ho confermate, perché inizia a
sciorinare a Will una lista di sue amiche che sarebbero perfette per
lui.
Colgo l'occasione per starmene un po' zitta a pensare ai
fatti miei, e mi decido a osservare il mio commensale per capire se
Pam ha ragione sulla sua età.
Effettivamente con quel maglione al
posto della giacca e camicia con cui l'ho visto a scuola potrebbe
anche passare per un ventisettenne, ma i sono i suoi modi a far
pensare che in realtà sia più grande, forse anche più grande di
Paul che non perde un'occasione per fare il cretino. Lui invece se ne sta
lì, tutto impettito ad annuire a Gaby. E poi deve essere un gran
sbruffone se mi ha trattata in quel modo a scuola e alla fine non ha
nemmeno trent'anni, scommetto che le altre mamme hanno capito che è
giovane e io sono stata la sua valvola di sfogo, oppure peggio ancora
crede davvero di avere la scienza infusa in lui.
- Lexie, - mi chiama
Paul, per tirarmi dentro alla conversazione, - ho preso quel libro
che mi hai consigliato, non sembra niente male.
Gli sto facendo un
sorriso soddisfatto mentre mando giù il mio involtino quando Gaby si
intromette.
- Di che libro stiamo parlando?
Ah, già, lei è la
massima esperta in qualsiasi cosa. Davvero, come un pezzo di pane
come Scott riesca a sopportarla per me è ancora un mistero.
-
Odissea d'argento. - dichiaro, pronta a sentire il suo parere che
raramente è sulla stessa linea del mio. E infatti la vedo portarsi
il tovagliolo alla bocca, come a voler coprire un sorriso che sarebbe
ineducato tanto quanto il suo gesto.
- Oh, lo conosco molto bene,
può essere godibile se non conosci Tolstoj. Se come me hai passato
il college a marcire su Guerra e Pace, sia benedetto il mio
professore che ce lo ha fatto amare, il libro di Stevenson ti sembra
solo una brutta copia. Leggilo, Paul: mi interessa la tua opinione.
Mi
inumidisco le labbra, per nulla intenzionata a dargliela vinta.
-
Sai, Gaby, anche io ho letto Guerra e Pace e non mi sembra che
Odissea d'Argento sia la sua brutta copia.
- Beh, certo cara che
ognuno ha il suo parere, - mi dice, odiosamente conciliante, - ma ti
posso assicurare che non puoi paragonare la semplice lettura di un
libro del genere, alla lettura guidata e approfondita da un esperto in
materia, non credi? - Ed ecco che mi rimette al mio posto, la stupida
Lexie che non si è presa la briga di finire il college. Stronza,
come se avessi avuto scelta. - Ma sentiamo l'esperto a questa tavola:
tu, professore, cosa dici?
Il signor TDC mi guarda come stesse
aggiungendo la mia inettitudine culturale alla lista delle mie
malefatte.
- Non ho sentito parlare di quel libro. - dice,
vagamente annoiato.
Gaby scoppia in una risatina vittoriosa,
-
E questo dice tutto.
Paul mi guarda alzando le spalle, solidale, e
io metto una mano sulla gamba di Pam, chiedendole silenziosamente di
non reagire: contribuirebbe solo a rendermi più ridicola,
dimostrando che ho bisogno di una difesa personale.
- E Paul,
comunque il mio preferito è Harry Potter. De gustibus non
disputandum est. - concludo, alzandomi. - Stai qui, Pam: ci penso io
al pollo.
Pam sgrana gli occhi e Paul si precipita a darmi una
mano.
-
Lexie, ti ricordi il quattro luglio? Forse è meglio che ti aiuti. -
mi prende in giro, e ripensando alle ali di pollo fritte che ho fatto
volare ovunque quando sono inciampata, perfino nella scollatura di
Gaby, non riesco a trattenere un ghigno.
- Suvvia, la pizza non fa
così schifo! - mi difendo.
- Se vuoi la pizza non devi
distruggere quello che mia moglie ha cucinato, basta dirlo. - dice
strizzandomi l'occhio, e con il suo aiuto portiamo il pollo in
tavola.
Ormai mi sono allenata ad escludere la voce di Gaby dal
mio cervello, quindi per la maggior parte del tempo mi diverto, ma
ogni volta che invece il signor TDC apre bocca rischio un suicidio
del mio sistema nervoso.
Come può un essere umano diventare così
spocchioso? Tutto quel sussiego che si da, la finta cortesia: è
insopportabile.
Per fortuna ci pensa la sua adorabile cognatina ad
intrattenerlo, quei due sembrano proprio fatti l'uno per l'altra e
quasi quasi spero che finiscano insieme. Sicuramente, in tema di
relazioni, per me sarebbe più adatto persino Scott rispetto al
fratello.
Ridacchio per l'assurdità del mio pensiero, Scott è
simpatico ma preferirei rimanere zitella piuttosto che con lui, e la
sua passione smodata per i videogiochi non è che la prima di una
lunga lista di incompatibilità.
- Cosa c'è di divertente, Lexie?
Guardo Gaby disorientata, il mio udito selettivo non mi aveva
avvertito che stava parlando e ora penserà che ho riso per qualcosa
che ha detto.
- Scusami, stavo pensando a una cosa. - Sembra una
patetica scusa perfino alle mie orecchie.
Lei si impettisce,
offesa,
- Scusami tanto se certe mie amiche sono ancora single
alla loro età. – Gaby ha trent'anni ed evidentemente le ragazze in
questione devono essere sue coetanee se non più grandi, a giudicare
da come se l'è presa. - Non è più un tabù uscire con donne più
grandi e per Will credo sia più stimolante uscire con una donna
che ha saputo tenere le gambe chiuse
e ha qualcosa di interessante da raccontare della sua vita.
Non
ci vedo più. O meglio, vedo rosso.
- Stronza. - La mia sedia
striscia sul pavimento. - Quante volte te lo devo dire che è mia
nipote? Mi occupo di lei perché mia sorella è morta, cazzo.
Sto
già prendendo il mio cappotto, quando capisco che non voglio essere
io ad andarmene con la coda tra le gambe, così mi chiudo in cucina e
per aver qualcosa da fare mi metto a lavare i piatti.
Sento delle
voci venire dal soggiorno, la stanno rimproverando di sicuro ora che
non ci sono più io a non voler essere difesa. Però a sto giro se lo
merita, eh: non vedo perché abbia insinuato che non è vero che sono
la zia di Allie, come se fosse solo una scusa per coprire una
gravidanza da ragazza; ma chi è che si inventerebbe una sorella
morta?
Non avevo nessuno quando mi sono trasferita dal Nevada
all'appartamento di Becca a New York per occuparmi di Allie, e so
quanto sono stata fortunata ad aver incontrato due persone come Pam e
Paul che sono diventate parte della mia famiglia, pronte a difendermi
a spada tratta contro il mondo, ma a volte non riesco a credere che
esistano persone così meschine per cui debba rivelarsi
necessario.
Becca, se mi senti, lassù, fai sì che a Scott non
venga in mente di sposarsela: è vero che è un appassionato di
videogiochi e di Star Wars, ma in fondo è un bravo ragazzo e si
merita di meglio.
Mi immobilizzo, sentendo le voci spostarsi nel
corridoio e cerco di afferrare qualche pezzo del discorso ma le
dannate porte in noce massiccio assorbono qualsiasi rumore. Poi il
silenzio, e come se niente fosse mi rimetto a lavare i piatti.
-
Lexie, che ci fai qua?
Scrollo le spalle facendo la finta tonta.
-
Carico la lavastoviglie immaginaria, no?
Pam fa un cenno a Paul,
indicandogli che sono nella loro cucina con il detersivo fino ai
gomiti.
- Non te ne eri andata?
- Sul serio, Pam, sborsa questo
testone e pigliati una lavastoviglie: come farai con il pupo? Lo so
che i piatti vengono meglio se li lavi a mano, ma ti aiuterebbe a
risparmiare un po' di tempo.
Lei mi fa un buffetto sulla
guancia.
- Non devi, lo sai. E quella non rimetterà più piede in
questa casa finché ci sarò io, questa volta ha passato tutti i
limiti.
Paul si infila il grembiule.
- Credo che questa volta
abbia esagerato anche secondo Scott. Donne, andate di là a
spettegolare che qui ci penso io. - Mi passa uno strofinaccio per
asciugarmi le mani e ci spinge via, ma Pam si arrampica sullo
sgabello e io la imito.
- Spettegoliamo benissimo anche con te, ma
se vuoi fare tu i piatti accomodati pure. - dico, cedendogli i guanti
di gomma. - Sì, è una stronza, ma io spero di non avervi messo a
disagio con la mia sfuriata.
- Non dirlo neanche per scherzo, la
tua amica qua presente stava per versarle la sua aranciata addosso. -
mi svela Paul, che aveva una visuale migliore della scena rispetto a
me.
- E ancora me ne pento di non essere riuscita a farlo! Ma tu le avevi
già dato della stronza, sarei stata fuori tempo. Se avessi
avuto la prontezza di farlo mentre parlavi sarebbe stato perfetto, e
invece ero preoccupata per te: ti ho seguita, pensavo che te ne fossi
andata.
- Quella non mi farà scappare mai. - annuncio,
vittoriosa. - Comunque, Paul, io sono nel fiore dell'età e anziché
cercare di organizzarmi l'appuntamento al buio più disastroso della
storia dovresti concentrarti sul trovare una nuova ragazza a Scott,
Gaby non si regge più.
- Sante parole! - Pam fa tintinnare la sua
tisana di finocchio alla mia birra che nel frattempo ho recuperato, e
Paul si unisce al nostro brindisi con un bicchiere insaponato.
-
Comunque, signore mie, il povero Will non è così malaccio: un po'
timido, forse, ma nel suo caso non dovreste essere così cattive con
lui.
- Scusa, amore, ti sei già scordato cosa ha detto a Lexie al
colloquio?
Lui alza le spalle, non del tutto sicuro della nostra
posizione.
- Lex, eri agitata e forse hai equivocato: Will non mi
sembra proprio uno tanto meschino e stupido da dirti che rovinerai la
vita alla ranocchietta.
- Eppure l'ha fatto. - Mi gelo al solo
ricordo.
- Se l'ha detto ha sbagliato. Se intendeva dirlo davvero.
- ripete, non molto convinto.
Pam improvvisamente si ricorda
qualcosa, perché scivola giù dallo sgabello con la grazia di un
elefante.
- Il tuo cappotto! Sarà in giro a cercarti, l'abbiamo
visto lì e abbiamo pensato che fossi andata via senza prenderlo, e
Will si è offerto di portartelo.
- Ho il suo numero, panzerotta
prendimi il cellulare e digli che è qua.
Lo guardo sconcertata,
mentre Pam cerca il numero:
- Panzerotta? Sei serio? Diamine, non
ci tieni proprio alla tua vita, eh? - Pam sta chiamando, e mi
affretto a darle istruzioni. - Digli di lasciarmelo a scuola: posso
prendere una tua giacca in prestito per stasera.
Lei va in
corridoio in cerca di campo, e quando chiude la conversazione mi
annuncia:
- Hai lasciato il telefono in tasca: sta tornando
qua.
Neanche il tempo di finire la birra e il citofono suona, Pam
lo invita a salire e il signor TDC è alla porta dopo qualche
attimo.
Paul va ad aprirgli, e io e Pam sedute in cucina
ascoltiamo i ringraziamenti di Paul e i tentativi garbati del signor
Parker di non dare peso alla faccenda.
Mi faccio coraggio e sporgo
la testa oltre la porta della cucina.
- Non era necessario
portarmi la giacca, grazie. Se non avessi lasciato il cellulare
in tasca non saresti stato costretto, ti prego di scusarmi. -
aggiungo poi, quasi intimidita dalla sua figura calma e
stabile.
Chiunque altro scrollerebbe le spalle, ma lui fa un cenno
della testa.
- Nessun problema.
- William. - Pam compare al
mio fianco. - Sarebbe troppo chiederti di portare a casa Lexie? È
tardi e le strade sono ghiacciate, non mi fido che prenda un taxi
tutta sola.
- Perché, se sono scortata azzero le possibilità di
un incidente? - chiedo, sarcastica, ma so che è preoccupata anche
per il paio di birre che ho bevuto, e per il fatto che debba tornare
in una casa vuota. Rinuncio a oppormi, anche se è chiaro che non
muoio dalla voglia di essere accompagnata dal signor Parker, e mi
infilo il cappotto. - Grazie della serata. - Do un bacio sulla
guancia a entrambi, - Grazie davvero, siete unici. - Mi avvio verso
l'ascensore, e il signor Parker si schiarisce la voce.
- Miss
Spencer? - dice, titubante. Pam mi corre dietro e prende lo
strofinaccio, che avevo lasciato appeso alla tasca posteriore dei
jeans.
Le porte dell'ascensore si chiudono, e il mio sorriso si
trasforma velocemente in un espressione seria.
- Dovrebbe
decidersi come chiamarmi, e che pronome usare: ci diamo del tu, del
lei, basta che me lo dica: non voglio essere scortese. - lo
rimprovero, fissando ostinatamente dritto davanti a me.
- Scusa, è
stato istintivo. - Gli scocco un'occhiataccia: questa non è una
risposta. - Credo che il tu vada bene fuori dalla scuola. Mi è solo
difficile usare il tuo nome, è... molto colloquiale.
Le porte
dell'ascensore si aprono e io esco fuori a passo di marcia.
- Oh,
certo, il mio nome è troppo plebeo, mi dispiace William.
Lui
mi rincorre, sorpassandomi e tenendo aperto il portone per farmi
passare.
- Non è quello che intendevo, ti prego di scusarmi, di
nuovo.
Stiamo in silenzio per qualche istante, io faccio del mio
meglio per ignorarlo e cercare un taxi.
- Davvero, non è
necessario che mi accompagni, dirò comunque a Paul che l'hai fatto.
- dico, senza smettere di guardare la strada.
- Abiti lontano?
Possiamo andare a piedi, se per te non è un problema, io cammino
volentieri.
Sbuffo, il suo ostinato voler essere cortese supera
addirittura ogni soglia immaginabile.
- Va bene, andiamo. - prima
ci incamminiamo, meno tempo dovrò sopportare la sua compagnia.
Mi
segue in silenzio, e mi abituo così velocemente all'idea che sarà così
fino a casa, che quando lo sento parlare per poco non sussulto dalla
sorpresa.
- Non intendevo quello, riguardo al tuo nome. - Sembrerebbe quasi dispiaciuto. - È un bel nome, ma di quelli che si
usano quando c'è una certa conoscenza reciproca che noi non abbiamo.
Mi piacerebbe usarlo quando tale conoscenza sarà effettiva.
Perché
ora mi devo sentire in colpa?
- E quindi, come vorresti chiamarmi?
- dico sarcastica. Lo guardo con la coda dell'occhio e lo vedo
realmente in difficoltà, così decido di venirgli incontro. - Miss
Spencer può andare, ma per parità io non posso chiamarti con il
nome di battesimo, sei d'accordo?
- Mi sembra ragionevole. -
Ancora una volta mi chiedo da dove sia uscito. - Mi trovi divertente?
- mi chiede più rilassato, notando che sto ridendo sotto ai baffi.
-
Un po'. - gli concedo.
Poi mi ricordo del colloquio disastroso, e
in un attimo la mia espressione si indurisce.
- Vorrei dirti che
mi dispiace per quanto ti ho detto a proposito di tua nipote, non
intendevo essere duro. La mia etica mi impedisce di ignorare quanto
credo sia vero, ma ci tengo ad aggiungere che so che quello che hai
fatto e stai facendo è in buona fede. - sospira, - Il massimo
sarebbe che tu possa riflettere sulla mia opinione, e magari
prenderla in considerazione anche solo parzialmente.
Cielo, perché
non si è limitato alle scuse e basta? Doveva proprio insistere ad
avere l'ultima parola?
Gli va bene che davvero, stasera ne ho
piene le scatole di litigare.
- Il massimo? - lo prendo invece in
giro. - Cos'è questo slang, signor Parker?
L'ho messo in
imbarazzo, eppure vedo anche un certo divertimento nei suoi occhi. Mi
fermo,
- Eccomi a casa. Aspetto con te un taxi? - gli chiedo.
Lui
scuote la testa,
- Vado a piedi, grazie e buonanotte Miss Spencer.
- Con mio grande stupore mi porge la mano. - È stato un piacere
averti conosciuto.
Ma certo, cortese fino al midollo.
Nda Con questo capitolo dovreste avere un quadro più chiaro della storia, quindi ci possiamo sentire a settimana prossima, con l'aggiornamento. As usual, ogni vostro parere sarà molto gradito!