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Autore: DadaOttantotto    31/10/2014    6 recensioni
"Storia partecipante al contest organizzato dal gruppo 'EFP - We're nothing without music'"
Pierre le mancava. Ancora non poteva credere di essersi innamorata di quel matto canadese in sole quarantotto ore. E di esserci rimasta insieme per quasi quattro mesi, oltretutto. C'erano giorni in cui, però, avrebbe tanto voluto averlo vicino, sentirlo storpiare il suo nome, tirar fuori discorsi chilometrici infilandoci qualche parola in francese.
[Pierre Bouvier/OC; Possibile sequel di '48 hours (to fall in love)']
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota:
"Storia partecipante al contest organizzato dal gruppo 'EFP - We're nothing without music'"



Nota2: Il personaggio di Isabella compare per la prima volta in '48 hours (to fall in love)', ma non è necessario averla letta per conoscerla (anzi, è altamente sconsigliato, data la qualità). Vi basti sapere che è italiana, ha passato due giorni con i Simple Plan e con Pierre è stato amore a prima vista.


"Ebbene sì, siamo in Russia.
Al freddo e al gelo, coperti dalla testa ai piedi - a parte Jeff, che non soffrirebbe il freddo nemmeno se fosse sepolto nella neve - e pronti per salire sul palco.
Ma non temere, mia cara, mi avrai tra i piedi molto presto. Mi manchi, Izzie.
Il tuo cantante preferito che ti ama tanto,
P."

Isabella girò il piccolo pezzo di carta e ammirò il Cremlino in tutta la sua bellezza, poi estrasse da sotto il letto una piccola scatola di latta, la aprì e depose la cartolina insieme alle altre, tutte scritte nella calligrafia piccola e un po' disordinata di Pierre.
Sapeva che il gruppo aveva ormai lasciato Mosca e doveva essere arrivato in Indonesia, prossima tappa del loro tour. Pierre aveva deciso che si sarebbero sentiti il più possibile, via internet o telefono, ma a volte era difficile per entrambi trovare un momento libero e ritagliarsi un po' di tempo solo per loro. Si erano persino visti una volta, quando lei gli aveva fatto una sorpresa facendosi trovare nella hall del loro albergo a Berlino. Poi c'erano le cartoline, una per ogni città in cui i Simple Plan avevano suonato. La prima era arrivata da Ginevra meno di una settimana dopo aver salutato i ragazzi all'aeroporto.
Pierre le mancava. Ancora non poteva credere di essersi innamorata di quel matto canadese in sole quarantotto ore. E di esserci rimasta insieme per quasi quattro mesi, oltretutto. C'erano giorni in cui, però, avrebbe tanto voluto averlo vicino, sentirlo storpiare il suo nome, tirar fuori discorsi chilometrici infilandoci qualche parola in francese.
Il suo cellulare prese a vibrare. Non aveva bisogno di guardare il display per capire chi la stesse chiamando ad un orario così inusuale.
"Scommetto che stavi pensando a me" esordì Pierre non appena la Isabella accettò la chiamata.
"Può darsi" rispose. "E tu, stavi pensando a me?"
"Io penso sempre a te, quindi non vale."
Ecco, giusto una di quelle frasi che la faceva innamorare di lui ancora un po' di più.
"Come si sta in Indonesia?"
"C'è più caldo che in Russia, questo è sicuro. Anzi, Jeff dice che c'è addirittura afa. Ti rendi conto? Io avrò presto bisogno di un'aspirina mentre lui gira in maniche corte."
Isabella sorrise sentendolo sbuffare. Per il cantante sembrava essere un mistero irrisolvibile il come e il perché al suo amico non desse fastidio il freddo, tanto da lamentarsene una telefonata sì e una no.
"In Italia tutto ok?" le chiese lui, distogliendola dai propri pensieri.
"La politica fa schifo, il clima è matto, solite cose" rispose. "Ma il lavoro sta andando bene, non mi posso lamentare. Avrò a che fare con gli 'You Me At Six' la prossima settimana, e devo dire che Josh Franceschi sembra davvero un bel tipo."
"Fingerò di non aver sentito l'ultima parte" borbottò Pierre. "Anche perché ho avuto modo di conoscerli poco tempo fa e non potrei non darti ragione. E' un ragazzo simpatico. Mai quanto me, ovviamente."
"Nessuno è come te, Pierre."
E, cavolo, era vero. Non era possibile che ci fosse un altro Pierre Bouvier al mondo. Un altro pazzo come lui, uno capace di sconvolgerle la vita in due giorni, farla scappare da un locale, farle perdere il lavoro e poi riottenerlo ventiquatt'ore dopo. Era unico ed era suo. Non importava quanto fossero lontani.
"Ci vedremo presto."
"Lo pensi davvero?"
"Certo. Ricorda cosa ti ho detto prima di partire."
"Io sono Pierre Bouvier e ho sempre ragione?" fece Isabella, rievocando l'esatto momento in cui lui le aveva fatto capire di credere davvero in loro.
"Esatto, Izzie. Avevo ragione quando ho detto che ce l'avremmo fatta, infatti; e ho ragione anche adesso. Non ho tempo libero fino al concerto in Australia, ma dopo faremo più o meno quattro giorni di pausa prima della Nuova Zelanda."
"Già, peccato che siano esattamente dall'altra parte del mondo rispetto all'Italia."
"Prenderò un aereo appena sceso dal palco. Vengo a nuoto, se necessario."
"E perché non ci incontriamo a metà strada? In fondo, cosa vuoi che sia?"
"Ehi, cos'è questo pessimismo, signorina?"
La ragazza non rispose. All'inizio, quando aveva salutato Pierre all'aeroporto, era davvero convinta che stare insieme a una persona sempre in giro per il mondo non fosse un problema così grande. Se lo fosse, si era detta, nessun cantante o attore sarebbe sposato. Ma ora la sua sicurezza vacillava: l'assenza di Pierre si faceva sentire, eccome. A volte ne parlava con Charlie - che si trovava nella sua stessa situazione, data la lontananza da Chuck -, si confidavano l'una con l'altra, ma non era la stessa cosa. C'erano momenti in cui era tentata di chiamarlo, per sentire almeno la sua voce, ma il fuso orario non le era alleato. E poi non voleva passare per una disperata. Allora resisteva, ancora un po', fino a quando sapeva di non disturbarlo.
"Non è niente. Va tutto bene" mentì.
Ma Pierre la conosceva bene e sapeva che non era vero. Tuttavia decise di lasciar correre.
"Adesso devo andare, Izzie. Gli altri mi aspettano per pranzo" le disse. "Ikan mas bakar, che, stando a ciò che dice Seb, dovrebbero essere carpe alla griglia. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero riusciti a farmi mangiare del pesce?"
Il cantante rise della sua stessa battuta e Isabella con lui.
Sì, poteva farcela. Poteva resistere. Anche se l'unica persona che avrebbe voluto vicino si trovava dall'altra parte del mondo.

"Pierre, allons-nous?"
"Oui, j'arrive."
Prese la penna che aveva comprato solo qualche ora prima al negozio dell'albergo, tolse il cappuccio e appoggiò la punta sul cartoncino, prendendosi qualche secondo per pensare alle parole giuste da usare. La conversazione con Isabella lo aveva fatto riflettere. Gli era sembrata abbattuta, giù di morale. E il motivo, lo sapeva bene, era lo stesso che affliggeva anche lui.
Sospirò pesantemente prima di iniziare a scrivere, lasciando che quelle parole dicessero tutto ciò che aveva taciuto al telefono.
"Non importa se non siamo vicini, per me è come se mi fossi sempre accanto.
So di non essere il massimo come fidanzato, so che potresti trovare di meglio, ma... ti prego, non farlo.
Una volta finito questo casino ti prometto che tornerò da te. E allora ti sarà davvero difficile liberarti di me, tesoro.

Ti amo, Izzie, davvero tanto.
P."
   
 
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