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Autore: Ayr    02/11/2014    2 recensioni
Arden è un giovane Cacciatore di draghi, uccide queste creature per prelevare il Sospiro del Drago, una sostanza preziosissima altamente infiammabile. Elleboro è una Lingua di Fuoco, una leggenda, lei i draghi li protegge.
Quando la ragazza incontrerà Arden e lo salverà da un attacco di draghi, inizierà per lei una missione: fargli conoscere e cercare di fargli apprezzare queste meravigliose creature, facendogli capire gli orrori che i Cacciatori come lui compiono contro di esse.
Riuscirà Elleboro nella sua missione? O avrà ragione Passiflora e Arden tornerà ad uccidere draghi, come ha sempre fatto?
Dedico questa storia a mio fratello che ne ha trovato il titolo e ad una mia amica, che come me ama i draghi ed è innamorata di un Cacciatore.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«È una cosa inaudita!» strepitò Ailea agitando le braccia in aria «Bandita! Assurdo!»
Elleboro sospirò, si era trovata costretta a spiegare il motivo per cui si trovava davanti alla porta di casa di Ailea neanche un’ora dopo che l’aveva lasciata, e soprattutto aveva dovuto spiegare l’enorme borsa che si era portata dietro e la richiesta di ospitalità per un periodo indeterminato di tempo. Da allora sua zia aveva continuato a camminare su e giù per la stanza, lanciando improperi e ripetendo che era una cosa assurda, il tutto gesticolando come una pazza.
«E solo perché hai osato sputargli in faccia la verità! Quella che loro chiamano giustizia non è altro che inutile spargimento di sangue. Ma non l’hanno ancora capito e quando questo avverrà, sarà ormai troppo tardi» Ailea si lasciò cadere sconsolata sulla sua poltrona sgangherata «Comunque sia, tu, Eilesha, hai fatto la cosa giusta. Non devi sentirti in colpa o nel torto. Sono loro che accecati da un odio insensato non vedono gli errori e le pazzie che stanno commettendo» e la zia tornò a inveire contro le Lingue di fuoco «Ciò che più mi stupisce e che tua sorella abbia permesso una tale follia e non abbia nemmeno alzato un dito per difenderti!»
Elleboro temeva che se l’avesse alzato, quel dito difficilmente sarebbe stato ancora attaccato alla mano di Passiflora.
«Ailea, ti prego» sussurrò la ragazza, capiva che la zia fosse incredula e sconvolta, ma tutto quello strepitare era inutile, sarebbe servito solo a farle venire un terribile mal di testa.
«Scusami» mormorò la zia abbandonandosi contro lo schienale della poltrona «Ma non riesco a capacitarmi che una tale follia sia potuta accadere»
«Siamo tutti sconvolti, me ne rendo conto, ma inveire contro di loro non migliorerà la situazione»
replicò Elleboro. Il suo sguardo cadde involontariamente su Arden, seduto accanto a lei: non aveva proferito parola e la ragazza leggeva nel suo sguardo un grande disagio e dispiacere, inoltre sembrava volerle dire qualcosa, ma la presenza della zia glielo impediva.
Arden si sentiva tremendamente in colpa, era per causa sua che Elleboro era stata allontanata e aveva litigato con la sorella. Si era messa contro la sua stessa famiglia, aveva rischiato la sua vita e tutto solo per proteggerlo, di nuovo.
«Vado a prepararti la stanza» borbottò la zia, alzandosi dalla poltrona. In realtà Elleboro sapeva che era una scusa per tornare a scagliarsi liberamente conto le Lingue di fuoco e la loro idea di “giustizia”, ma le fu grata del fatto che avesse deciso di farlo lontano da lei. Si sentiva già abbastanza abbattuta e confusa senza che la zia le ricordasse in ogni momenti che era stata bandita. Non è che si pentisse della sua scelta o delle parole che aveva detto, semplicemente, era rimasta basita per la reazione che queste avevano causato e per la drastica decisone che avevano preso in merito, le era sembrata esagerata. Inoltre era rattristata per il fatto che la considerassero una traditrice, in fondo non aveva fatto nulla di male aveva solo impedito che la loro furia cieca mietesse un’altra vittima.
Non appena la donna sparì su per la tromba delle scale, Elleboro si abbandonò contro lo schienale del divano, sospirando sollevata.
«A volte Ailea sa essere davvero pesante» disse, a nessuno in particolare
«Però ha ragione» replicò Arden animandosi improvvisamente « È assurdo che ti abbiano bandito per questo e, soprattutto è assurdo che tu stia facendo così tanto per me»
Elleboro si voltò verso Arden e sorrise «Io vi ho sempre difeso» dichiarò «Non vi ho mai visto come spietati assassini, come più volte hanno cercato di dipingervi. Vi ho sempre visto, innanzitutto come essere umani. Poi, il fatto che non condivida affatto quello che fate, è un altro discorso…Se devo dire la verità, non condivido nemmeno le idee che portano avanti Caleisha e la sua banda…»
«Perché cosa fanno?» domandò Arden, aveva già fatto una domanda simile, ma Elleboro si era rifiutata di rispondere e anche adesso la vide mordersi le labbra, a disagio «Per favore, Elleboro…è davvero così terribile?» la pregò
La ragazza non sapeva se rispondergli o meno, già non doveva avere una grande opinione di loro, se gli avesse raccontato quello che facevano ai cacciatori li avrebbe definitivamente considerati dei mostri e avrebbe iniziato a sospettare anche di lei. Arden, però, la fissava con sguardo supplichevole, facendo pian piano vacillare la sua sicurezza.
«Li uccidono» disse alla fine in un sussurro appena udibile «Li sorprendono di notte, mentre dormono nei loro accampamenti e li danno fuoco, bruciandoli vivi. È uno spettacolo orribile»
Arden spalancò gli occhi ed Elleboro lo sentì trattenere il respiro.
«Non posso crederci!» balbettò sconvolto. Allora tutte quelle storie di fuochi, che si accendevano improvvisamente nel cuore della notte, nella foresta, illuminandola a giorno, erano vere. Falò delle streghe li chiamavano, ma in realtà erano cacciatori che perivano divorati dalle fiamme, come ciocchi di legno secco.
«Sapevo che non avrei dovuto dirtelo. Ora penserai che le Lingue di fuoco sono dei mostri…» mormorò la ragazza
Arden era troppo scosso per poter rispondere qualcosa. Ecco, cosa facevano Caleisha e quelli della sua risma, ecco cosa aveva fatto quella volta, quando Elleboro l’aveva salvato: stava mettendo in pratica un altro dei suoi piani di sterminio e devastazione.
Ora era Elleboro a sentirsi in colpa, dopo quella confessione non si sarebbe stupita se Arden fosse scappato via terrorizzato. Elleboro non aveva mai tentato di ucciderlo, anzi, gli aveva salvato la vita più volte, ma chi poteva assicurargli che non lo avrebbe sgozzato di notte o cercasse di guadagnarsi la sua fiducia solo per giungere agli altri cacciatori?
«Arden» lo chiamò piano la ragazza, posandogli cautamente una mano sul braccio e riscotendolo così dai suoi cupi pensieri «Immagino a cosa tu possa pensare in questo momento, ma sappi che mi sono sempre rifiutata di prendere parte a queste stragi, le ho sempre aborrite, anzi ho sempre cercato di impedire questi abomini»
Non credeva che sarebbe riuscita a convincerlo, le sue erano solo volatili parole: un minuto prima uscivano dalla sua bocca e il minuto successivo si erano già disperse nell’aria.
Arden fissò il suo sguardo turchino su di lei, nei suoi occhi si leggeva un profondo rammarico, si stava scusando per gli scempi che altri commettevano. Sapeva che la ragazza era sincera e lo dimostravano le sue azioni, aveva avuto così tante occasioni per eliminarlo.
Arden le prese le mani, cogliendola di sorpresa «Non ti preoccupare» le disse dolcemente «Mi fido di te, hai avuto così tante opportunità per uccidermi e non l’hai mai fatto, anzi, mi hai sempre protetto, rischiando addirittura la tua vita…»
Elleboro rimase interdetta «Anche se le altre Lingue di fuoco fanno…questo, non implica il fatto che anche tu sia come loro. Mi fido di te» ripeté.
Elleboro si scoprì a trattenere il fiato, non erano mai stati così vicini, almeno, non con entrambi perfettamente coscienti. La ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena: le mani di Arden erano calde e forti e la sua presa delicata eppure salda. Nei suoi occhi si riflettevano le mutevoli spirali del fuoco che scoppiettava nel caminetto e quella luce calda e soffusa faceva risaltare la sottile cicatrice che gli attraversava il volto, conferendogli un’aria da uomo vissuto. Elleboro non si era mai soffermata troppo a guardarlo, mai come allora gli era sembrato così incredibilmente bello. Le sue labbra, così piene e splendidamente rosate, erano un palese e irresistibile invito ad essere profanate con un bacio. Elleboro si morse le labbra, chiedendosi quale sapore avrebbero potuto avere quelle di Arden. Si sorprese a desiderare di baciarlo. Il ragazzo, quasi  avesse sentito la sua muta richiesta avvicinò il viso al suo e le accarezzò la bocca con il suo respiro. Elleboro sentì il suo cuore fare un balzo nel petto e arrivare fino alla gola, serrandogliela e impedendole di respirare. Socchiuse gli occhi e dischiuse le labbra, mentre Arden faceva altrettanto. Le loro labbra si accarezzarono appena e i loro respiri si mischiarono. Elleboro deglutì, mentre il suo cuore batteva all’impazzata e si gettava contro le costole quasi volesse uscire dalla gabbia in cui era rinchiuso. Ebbe un fugace assaggio della morbidezza e del calore delle labbra di Arden prima che la voce di Ailea rompesse l’atmosfera.
«La tua stanza è pronta» avvisò la donna scendendo le scale «E anche la tua, Arden» continuò.
I due si allontanarono immediatamente, come se si fossero scottati e ognuno cercò di assumere un’aria di indifferenza, ma alla zia non sfuggì il rossore sulle loro guance e il loro imbarazzo.
«Se preferite, però, posso preparare una stanza unica per entrambi» li stuzzicò
«Zia!» esclamò Elleboro diventando subito color porpora, Ailea ridacchiò. Almeno la rabbia nei confronti delle Lingue di fuoco è passata pensò la ragazza con grande sollievo.
«Le stanze separate andranno benissimo» borbottò Arden alzandosi a fatica dal divano, non riuscì a trattenere un’espressione di dolore e un’imprecazione.
«Ti serve una mano?» si precipitò subito ad aiutarlo Elleboro
«No, grazie. Ce la faccio da solo» rispose il ragazzo con gentilezza e regalandole il sorriso più bello che avesse mai visto.
«Buonanotte» augurò poi a lei e alla zia
«Buonanotte» rispose Elleboro mentre Ailea aggiungeva un «Fai bei sogni» con le labbra increspate in un sorriso malizioso.
Poco dopo anche Elleboro lasciò la stanza, augurando buonanotte alla zia che sorrise sorniona.
 
Arden stinse i denti, una fitta atroce al  braccio gli aveva mozzato il respiro. L’antidolorifico di Ailea, ovvero un intruglio dall’aspetto poco invitante e amarissimo, poteva ben poco contro quelle bruciature. Il ragazzo si sentiva esattamente come un pezzo di legno che bruciava.
E non solo per le ustioni. Qualcosa dentro di lui si era mosso, quando Elleboro gli aveva sfiorato il braccio e l’aveva guardato con quel suo sguardo dolcissimo a cui non riusciva a resistere. Allora era scattato e le aveva afferrato quelle piccole mani, capaci di grandi cose; ritrovandosi ad una distanza così ravvicinata, aveva sentito l’improvviso e irresistibile impulso di baciarla. Il motivo non lo sapeva nemmeno lui. Aveva avuto tante ragazze, molte solo avventure di una sola notte, altre protagoniste di una storia più lunga e seria, ma nessuna era mai riuscito a farlo sentire come Elleboro. Si sentiva bruciare dentro, quasi una di quelle fiamme che Elleboro sapeva sprigionare dalle dita gli fosse entrata nel petto e avesse appiccato un incendio. Sentiva il suo cuore venire divorato dalla fiamme e rattrappirsi, come un foglio di carta. Eppure non era una sensazione spiacevole. Arden si mosse e un’altra fitta gli strappò un’imprecazione colorita. Sospirò pensando a tutto quello che era accaduto in quel breve lasso di tempo: aveva rischiato di morire parecchie volte, era sempre stato ferito gravemente ed Elleboro era sempre stata accanto a lui e si era sempre prodigata per lui; lo proteggeva, nonostante tutto e continuava ad aiutarlo nonostante fosse il suo nemico giurato. Lo faceva per estinguere il debito che aveva nei suoi confronti, gli aveva detto. Ma quel debito ormai si era estinto tempo fa, quando l’aveva salvato e aiutato la prima volta.
Arden si ritrovò a sorridere ripensando alla prima volta in cui aveva incontrato Elleboro: pareva una ragazzina spaurita, con gli occhi grandi spalancati, eppure, anche allora, aveva dimostrato una grande forza. Pochi potevano vantarsi di aver tenuto testa a Daren.
Improvvisamente un ricordo gli invase la mente, aveva i contorni sfuocati e mal definiti di un sogno e Arden si domandò da dove fosse saltato fuori: c’era la sua stanza e sul letto era stesa una figura minuta, rannicchiata su se stessa, avvolta in uno spesso mantello nero, una matassa scura era sparsa sul cuscino. Un lieve fischio proveniva da quella figura assopita. Arden vide se stesso avvicinarsi alla figura e accomodarle  meglio il mantello sulle spalle; la figura si era mossa borbottando qualcosa, poi si era stretta in quel pezzo di stoffa, rannicchiandosi ancora di più. Arden aveva avvicinato una mano e le aveva tolto un riccio dalla fronte. Il ragazzo corrugò la fronte, non si ricordava affatto quel particolare, doveva averlo aggiunto la sua mente, chissà per quale motivo. La visione, però, continuava, Arden si era avvicinato piano al viso della figura, la guancia appena guarita era arrossata dal freddo. Il cacciatore aveva depositato un bacio lieve proprio su quella guancia.
E in quella vaga e sfumata dimensione di incertezza che era il dormiveglia, Arden giunse alla conclusione che aldilà dell’immensa gratitudine, dell’ammirazione e dell’amicizia che provava nei confronti della ragazza era subentrato qualcosa d’altro.
Lui l’amava.


 
***
Mi rendo conto che ci metto tantissimo ad aggiornare, ma il tempo che ho a disposizione è davvero esiguo...Spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo. Sento che mi odierete a morte (?) perchè ho interrotto l'azione sul più bello, ma non è ancora arrivato il momento...
Non so quando potrò aggiornare, chiedo già da adesso perdono....
Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi e recensire la storia nonostante tutto! \(^.^)/
Ayr

 
 
   
 
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