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Autore: crazy_k    03/11/2014    0 recensioni
- Non ne vale la pena, sai? – Silvia non la guardava mentre parlava. Teneva lo sguardo concentrato sulla sigaretta che si stava rollando tra le mani. Quando tirò fuori la lingua per leccare la colla della cartina Giorgia rabbrividì e spostò lo sguardo come scottata. – Non ne vale la pena di star male così. Devi pensare alle stelle. Tutti noi veniamo dalla stella più lontana, l’ultima stella dell’universo e a lei torneremo. Abbiamo tutti lo stesso destino, la vita è breve. Non val la pensa di passarla a soffrire, fregatene.
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Tremava perché con le labbra appoggiate alla carotide sentiva il cuore della ragazza. Lo sentì chiaramente, aveva perso un battito anche se nulla nel riflesso del suo volto sul finestrino era mutato.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A VOLTE RITORNANO









Giorgia uscì di casa sbattendo la porta.
Le urla dei suoi genitori l’accompagnarono fino al pian terreno, restie a lasciarla allontanare da quell’inferno che era casa sua.
Con le lacrime agli occhi e il respiro un po’ affannato mise in moto la vecchia Micra della madre, schizzando via nella tarda serata estiva.
Faceva caldo, una leggera patina di sudore le si adagiò presto sul collo, lasciato scoperto dallo chignon improvvisato che le raccoglieva i capelli. Le nuvole in cielo facevano presagire un temporale coi fiocchi, l’atmosfera era elettrica.
Girò per un paio d’ore, trovando ogni sorta di scusa per rimandare il ritorno a casa dove sapeva l’avrebbe aspettata una famiglia distrutta, occhiate accusatrici e una lunga notte di incubi. A ogni semaforo digitava febbrilmente sul cellulare: Hey! Hai da fare questa sera? : )
Una frase allegra, uno smile simpatico alla fine, una finzione perfetta che la faceva sentire al sicuro nascosta dietro il piccolo schermo che aveva davanti. Giorgia fissava il suo messaggio e cercava di immedesimarsi in esso. Provava a diventare la ragazza spensierata intenzionata a uscire con i suoi amici per il semplice motivo di voler passare una serata in loro compagnia. Alzava spesso gli occhi sullo specchietto retrovisore e si esercitava a sorridere, studiava il suo viso cercando di cancellare con la mente le occhiaie violacee, gli occhi rossi, lucidi e leggermente gonfi, la pelle grigiastra, l’espressione stanca. Ma non ci riusciva, non  voleva forse. Ed immancabilmente, quando il cellulare emetteva il tipico trillo che l’avvertiva che qualcuno su Whatsapp aveva risposto al suo messaggio, Giorgia lo ignorava.

“Vuoi che ti venga a prendere così poi fuggiamo insieme on the road?”

Un messaggio scritto all’unica persona che Giorgia non riusciva a lasciar perdere.
Un messaggio scritto per ridere, una battuta, che conteneva tuttavia una speranza inconscia, una supplica disperata quasi.  Se c’era una persona che avrebbe voluto vedere, quella era lei.

“Quando arrivi non suonare il campanello.”

Giorgia si ritrovò a ringraziare tutti i santi del paradiso che le strade fossero pressochè deserte.
Guidò a rotta di collo per una quindicina di minuti scarsi che le parvero inverosimilmente ore. Prendeva le curve a sessanta all’ora, saltava sui dossi e quasi decollava mentre attraversava i pochi paesi che la separavano dalla sua meta. A volte per l’emozione sbagliava ad inserire la marcia ed ecco che l’auto sobbalzava in maniera preoccupante mentre l’indicatore di velocità sul cruscotto schizzava da settanta a venti.


 
***


- Ciao.
- Ciao… Dove vuoi andare?
- Ti va una passeggiata? Però temo dovrai tornare indietro.

Giorgia guidò seguendo il percorso dell’andata al contrario, fermandosi esattamente sotto casa propria. 

- Allora, ci facciamo un giro in centro?
- Certo! Ti offro un gelato.

Finirono a mangiar gelato sotto la pioggia. Il cielo aveva deciso di scatenare tutta la sua furia e né Giorgia né Silvia erano state abbastanza previdenti da portarsi dietro un ombrello. Malgrado questo, a Giorgia quello sembrò il gelato più buono che avesse mangiato in tutta la sua vita e forse fu per questo che non si arrabbiò quando Silvia spalmò la metà del suo cono sulla sua faccia.
Con Silvia vicina, Giorgia dimenticava la tristezza, anche se la tristezza non abbandonava Giorgia.
- Allora, che è successo?
Giorgia alzò gli occhi verso la compagna con sguardo confuso.
- Cosa ti ha fatto fuggire da casa? – domandò Silvia mentre le ultime gocce dell’improvviso temporale andavano a morire sull’asfalto della strada.
Giorgia si strinse nelle spalle. – No, nulla…
- Quanto ti detesto quando rispondi così. – schioccò la lingua con stizza Silvia – Nulla, niente… Sono parole che vorrei davvero bandire dal tuo vocabolario.
- Sono così intelligente che riuscirei a trovare altri sinonimi.
- Se sei così intelligente non avresti dovuto farti bocciare.
Giorgia incassò il colpo e stette zitta.
- Non ne vale la pena, sai? – Silvia non la guardava mentre parlava. Teneva lo sguardo concentrato sulla sigaretta che si stava rollando tra le mani. Quando tirò fuori la lingua per leccare la colla della cartina Giorgia rabbrividì e spostò lo sguardo come scottata. – Non ne vale la pena di star male così. Devi pensare alle stelle. Tutti noi veniamo dalla stella più lontana, l’ultima stella dell’universo e a lei torneremo.  Abbiamo tutti lo stesso destino, la vita è breve. Non val la pensa di passarla a soffrire, fregatene.
- … Come sei poetica questa sera. – ridacchiò Giorgia dando una spallata scherzosa all’altra.
- Non sono poetica. Sto cercando di aiutarti.
- Non posso essere aiutata così…
- Certo, certo… Sei troppo intelligente per vivere felice. - scimmiottò Silvia il tono di voce dell’altra.

Passeggiarono in silenzio per il centro della città.
Silvia si preoccupava che la pioggia non avesse appannato la tinta violetta dei suoi capelli e Giorgia si preoccupava di non scivolare sul selciato bagnato. 
A volte Giorgia alzava lo sguardo e si perdeva pochi attimi ad osservare la ragazza che camminava al suo fianco. Erano sguardi fugaci, pieni di vergogna, sguardi che pensava di riuscire a nascondere mentre Silvia si accorgeva di ognuno di essi.
Giorgia guardava il profilo di Silvia stagliarsi netto e chiaro contro il cielo plumbeo dietro di lei. Fissava con una certa brama la sigaretta che andava lentamente consumandosi tra le sue dita e le lunghe boccate che Silvia ne aspirava. Rimaneva incantata davanti a quelle labbra mentre si schiudevano rosse e accoglievano la stecca, stringendovisi poi attorno e suggendola piano.
Giorgia si vergognava dei suoi stessi pensieri e cercava di darsi un contegno, non riuscendo tuttavia ad evitare di far accidentalmente sbattere la sua mano contro quella dell'altra. Sapeva che Silvia non l’avrebbe presa e si rendeva conto che, forse, fosse meglio così.

-Mi piacciono queste uscite da… Amiche?
Il tono caustico, l’incertezza nell’ultima parola che era uscita quasi come se fosse una domanda, fecero sprofondare lo stomaco di Giorgia fino alle caviglie. Tuttavia si sforzò di sorridere e girandosi a guardare Silvia negli occhi annuì con convinzione. – Sì, sono belle.
Silvia sorrise soddisfatta.

Passarono il resto della serata sedute all’interno del loro pub di fiducia, sorseggiando birra e analcolici, chiacchierando del più e del meno. Sembrava avessero così tante cose da dirsi, malgrado si scrivessero quasi tutti i giorni quella era la prima volta che uscivano insieme da quando…

- E’ quasi mezzanotte… Ti riporto a casa.
Silvia annuì.


 
***


Durante il viaggio di ritorno, Giorgia non superò mai i quaranta all’ora.
Non aveva fretta, non voleva che la serata finisse. Non voleva lasciar andare via Silvia.

- Non ci posso credere! Questa radio ha il lettore per le audiocassette! – Silvia fissava sbigottita la vecchia radio. Giorgia sorrise. – Accendila dai! C’è dentro una cassetta?

Le note malinconiche di una vecchia canzone risuonarono nel piccolo abitacolo buio. Silvia si mise a schioccare le dita a tempo, come un vero maschiaccio. Giorgia abbassò i finestrini davanti.
L’aria fredda della notte investì in pieno le due ragazze. L’odore di pioggia, quell’inconfondibile sentore di terra bagnata e muschio, aggredì il loro olfatto facendo storcere a entrambe il naso.

- Come sei concentrata…
- Sto guidando.

Silvia si appoggiò contro lo spigolo del finestrino e chiuse gli occhi, abbandonandosi alla musica.

- Mi piace come guidi… Mi rilassa.

Giorgia non se la sentì di precisare che di solito lei in auto era un incrocio tra la brutta copia dei piloti del famoso film The Fast And The Furious e Germano Mosconi. Si limitò a scoccare un’occhiata di sfuggita a Silvia.

- Mi spiace di averti fatto fare avanti e indietro. Vuoi qualcosa per la benzina?
Giorgia sbuffò fintamente seccata. – Ti ho già detto che non voglio niente.
- Ma… - provò a protestare Silvia senza che Giorgia gliene desse il tempo.
- Vuoi pagare per la benzina?
Silvia alzò lo sguardo e vide Giorgia picchiettarsi con l’indice la guancia. Sorrise – Dopo, adesso stai guidando.
Giorgia rise.

La Brianza scorreva lenta e buia fuori dall’auto. 
La strada era priva di qualsivoglia fonte di luce e i fari non ne illuminavano che un piccolo tratto, una scusa in più per rallentare ancora secondo Giorgia. Purtroppo alla fine arrivarono all’imbocco della strada che portava alla villetta di Silvia.
Silvia viveva fuori da un piccolo paesino, vicino a una zona industriale, in una bella villetta su due piani. Giorgia quella casa l’aveva vista solo un paio di volte di sfuggita, Silvia non l’aveva mai invitata da lei.

- Accosta qui! – urlò d’un tratto Silvia facendo inchiodare spaventata Giorgia.
- Ma sei pazza?! – ringhiò furente la ragazza, mentre al suo fianco Silvia si rotolava dalle risate – Dio… Che cretina che sei, cazzo!
- Scu-scusa – riuscì a balbettare Silvia fra le risa. Si avvicinò a Giorgia imbronciata e le schioccò un sonoro bacio sulla guancia. – Per la benzina…
Giorgia trattenne bruscamente il respiro e incrociò gli occhi di Silvia, che si avvicinò un'altra volta baciandole nuovamente la guancia, ma più lentamente e con meno giocosità.
Un bacio, e un altro, uno appena accennato sulla mandibola… Silvia si scostò con estrema lentezza per guardare Giorgia negli occhi e Giorgia non resse lo sguardo di quei pozzi verdi che tanto amava.

- Immagino che tu stia per forarti i timpani da sola a causa di questa musica. – provò a scherzare Giorgia.
Silvia si allontanò, tornando a sedersi compostamente sul posto accanto a quello del guidatore. – Non è così male… E poi, oramai sono abituata ai tuoi gusti.
- Perché mi hai fatto accostare?
- Perché è presto… Ho lasciato detto ai miei che non sarei tornata prima dell’una. Ti dà fastidio se restiamo in macchina per un po’?
- … No – sussurrò Giorgia che sentiva ancora il cuore batterle nel petto a una velocità più alta del normale. Un turbine di sentimenti agitati e confusi si dibatteva nel suo stomaco. La vicinanza di Silvia in uno spazio così ristretto la destabilizzava, mandandola su di giri.
Stai attenta Giorgia, ammoniva se stessa, non lasciarti andare.

Puntando lo sguardo fuori dal finestrino, Giorgia si ritrovò a pensare quanto aveva desiderato poter rivedere Silvia e quanto, adesso, non fosse in grado di reggere a un suo sguardo.
Giorgia odiò se stessa; perché diavolo non doveva riuscire a fissare Silvia negli occhi? 
Perché se l’avesse fatto allora non sarebbe più riuscita a fingere e tutto sarebbe tornato a galla e lei non era abbastanza forte per sopportarlo. Ne aveva abbastanza di soffrire. Avevano stabilito insieme che sarebbero rimaste semplicemente amiche, anzi era stata proprio lei a proporlo! Era stata lei a mettere la parola fine alla loro storia. Silvia si era limitata a chiedere una pausa di riflessione, ma Giorgia nelle pause non aveva mai creduto.
Per Giorgia era o tutto o niente, e per seguire l’inclinazione di Silvia aveva scelto il niente, andando contro i suoi stessi sentimenti.
La ragazza sciolse i capelli dallo chignon in un moto di stizza.
In fin dei conti non era stata Silvia ad allontanarla? Non era stata lei a dirle chiaro e tondo che aveva bisogno di tempo per se stessa? Di aver pensato ed essere giunta all’egoistica conclusione di voler rimanere tranquilla? Non le aveva forse detto che funzionavano meglio come amiche che come fidanzate?
Lacrime amare tentarono di impossessarsi di Giorgia ma lei le soffocò con un moto di rabbia.
Sapeva che Silvia le voleva bene. Glielo aveva detto quel giorno al parco quando non aveva avuto il coraggio di lasciarla e si era limitata a metterla in pausa. Le aveva detto; se fossimo in America, dove un bambino dice alla madre I love you, te lo direi. I love you.
Ma non erano in America e Giorgia non poteva permettersi di sperare. Perché sapeva che non avrebbe retto a un'altra delusione.

- Che hai?
La voce dolce di Silvia interruppe le sue elucubrazioni. – Non ho nient-Ho sonno.

Silvia la guardò e per un momento sembrò forse… Preoccupata?
Che sciocchezza, perché mai dovrebbe essere preoccupata? Si chiese Giorgia.

- Vieni qui…

E prima che potesse convincere se stessa che quello era un male che non doveva assolutamente accadere, Giorgia si ritrovò schiacciata contro il fianco di Silvia con il viso nascosto nell’incavo tra il collo e la spalla della ragazza.
Il profumo di Silvia la circondò, la invase fin nell’anima e Giorgia si rese improvvisamente conto di quanto le fosse mancato quel profumo… Profumo di buono, profumo di pulito, profumo di casa, di due ragazze nude che si facevano il solletico rotolandosi nel letto disfatto dei genitori, di interi pomeriggi passati sedute vicine a leggere, di cenette romantiche al sushi, di weekend in montagna, di gite al lago, di risate, di pianti, di urla, di baci, di amore… E improvvisamente Giorgia spalancò gli occhi che non si era nemmeno resa conto di aver chiuso e strattonandosi, provò a liberarsi da quell’abbraccio così giusto e autodistruttivo. Ma Silvia la teneva stretta a sé, premuta contro il suo fianco senza permetterle di allontanarsi.

- Ti voglio bene…

No! No, no, no. Perché Silvia? Perché mi fai questo? Ti piace vedermi soffrire? Ti piace vedere che mi contorco per te come se stessi bruciando viva?
Giorgia lottava con tutta se stessa per non soccombere ai suoi stessi desideri.
Allontanati! Silvia mi stai facendo male.
Impotente, Giorgia visse quei momenti come se fosse uscita dal suo corpo; quando la musica dolce e le parole d’amore gracchiate dalla casetta nella vecchia autoradio le entrarono dentro, quando gli occhi di Silvia le scavarono l’anima, quando la vide abbassarsi su di lei e quando le implose lo stomaco e il cuore le schizzò fuori dal petto perché le belle labbra che aveva osservato tutta la sera premevano finalmente sulle sue. E sentì il rombo del sangue nelle proprie orecchie, il respiro che si spezzava e la mandava in apnea, tutto lo spirito che si abbandonava alla dolce pressione di quella bocca che si muoveva lenta sulla sua.
Giorgia rimase congelata. Dentro di lei c’era solo il totale e completo abbandono, il desiderio di donarsi ancora una volta con cieca fiducia e regalare tutta se stessa a Silvia.

La cassetta che ancora suonava nella radio scelse proprio quel momento per finire.
Un secco TAC risuonò nell’aria e ruppe l'incantesimo di Giorgia caduta preda che, seppur con fatica e dopo vari tentennamenti, riuscì a staccarsi da quel bacio che si rese conto di non essere nemmeno riuscita a ricambiare, troppo congelata nelle sue emozioni.
La musica ripartì.
Giorgia riuscì ad allontanarsi di quei pochi centimetri che le permisero di ritrovare la lucidità delle sue azioni e mormorare un flebile: - No…
Silvia sorrise di quel sorriso un po’ sghembo che Giorgia le aveva visto fare così tante volte durante le loro lunghe notti di passione. – No? – domandò la ragazza ironicamente, allargando ancora di più il sorriso.
Giorgia deglutì facendo violenza su se stessa e spostò lo sguardo, allontanandosi ancora di qualche centimetro e guadagnando poco a poco una distanza di sicurezza soddisfacente. – No.

Silvia tornò a sedersi composta senza una parola o un gesto.
Giorgia la odiò; come faceva ad essere sempre così imperturbabile? Perché lei doveva essere sensibile in una maniera imbarazzante mentre il volto di Silvia rimaneva imperscrutabile?
Piano piano, Giorgia tornò a respirare regolarmente e si accorse tutto ad un tratto del gelo che sembrava essersi impossessato di lei. Cercando di ritrovare un po’ di calore si affrettò ad alzare i finestrini ancora abbassati.
Il cielo venne illuminato a giorno da una saetta di luce silenziosa che squarciò le nuvole.
Giorgia maledisse Silvia e prima ancora maledisse se stessa. Maledisse quella stupida cassetta che fermandosi aveva interrotto quello che Giorgia, mettendo da parte l’orgoglio e la paura, si riscoprì desiderare con ogni frammento della sua anima. Ma ormai la magia era rotta e lei non avrebbe potuto far niente per tornare indietro… O no?

- Scusa…
Giorgià si voltò lentamente verso Silvia, con la mente ancora in subbuglio.
- Scusami… Non avrei dovuto. – mormorò Silvia mentre fissava fuori dal finestrino – E’ stata colpa della musica… L’atmosfera sai…

Giorgia osservò attentamente il riflesso della ragazza che amava con tutta se stessa e coraggiosamente si slacciò la cintura che ancora non si era tolta, slittando il più vicino possibile al sedile del passeggero, maledicendo cambio e freno a mano che le si erano infilati nella carne del fianco.
Timidamente tornò ad appoggiarsi ad Silvia, nascondendo ancora una volta il viso nel suo collo e allungando lentamente la mano per poi intrecciare le dita con quelle dell’altra.

- Ti trema la mano… - sorrise nel riflesso Silvia.
- E’ perché ho freddo…

In verità Giorgia tremava tutta e non per il freddo. Tremava perché con le labbra appoggiate alla carotide di Silvia sentiva il cuore della ragazza battere furiosamente in sincrono con il suo e probabilmente fu quello che le diede il coraggio di lasciar cadere un piccolo bacio lì dove le sue labbra erano appoggiate.
Lo sentì chiaramente, Silvia aveva perso un battito anche se nulla nel riflesso del suo volto sul finestrino era mutato. Giorgia sorrise lasciando libera una lacrima traditrice: di sollievo? Di felicità? Di paura?
Senza voltarsi, Silvia alzò la mano che non teneva intrecciata con quella di Giorgia e interruppe la discesa di quell’unica piccola lacrima.
Giorgia sorrise ancora, rendendosi conto che anche Silvia la stava guardando dal riflesso nel finestrino.

- Scusa…

Giorgia raccolse tutto il coraggio che aveva e sopprimendo la vocina interna che le diceva di non giocare col fuoco, senza rispondere, iniziò a seminare tanti piccoli baci lungo il collo di Silvia.
Non osava tener premute le labbra più che poche frazioni di secondo su quella pelle che conosceva come se fosse stata la propria.

- Ti voglio bene… - sussurrò Silvia e Giorgia la prese come una piccola vittoria personale.

Continuò a regalare brevi e teneri baci su ogni porzione di pelle scoperta con cui riusciva a venire in contatto, senza tuttavia trovare il coraggio di alzare il viso dal collo e impossessarsi ancora una volta di quelle belle labbra che tanto la tentavano e su cui erano concentrati tutti i suoi pensieri. Aveva paura che Silvia potesse rifiutarla, che potesse tirarsi indietro come lei stessa aveva fatto poco prima.
I minuti trascorrevano lenti.
La radio continuava a diffondere le voci di cantanti americani pressoché sconosciuti e oramai morti da tempo.
Tutto sembrava immobile.  Giorgia era la lentezza fatta persona, aveva paura che un qualsiasi gesto troppo rapido avrebbe rovinato tutto, ma sapeva che continuando così le cose non sarebbero progredite. 
L’orologio dell’auto era illuminato e segnava le 12.45

- Ti sei pentita di esserti fatta bocciare?
Giorgia alzò lentamente la testa. Probabilmente Silvia aveva parlato dicendo la prima cosa che le era capitata in mente ma lei vide la sua occasione in quella domanda.
Districando la sua mano dalla presa nella quale era ancora stretta, la poggiò delicatamente sulla guancia dell’altra. – Mi sono pentita di averti fermato…

Silvia opponeva resistenza contro la mano con cui Giorgia tentava di farla voltare verso il proprio volto.
Giorgia stava pregando con ogni fibra del suo essere che Silvia non la respingesse e finalmente, con un gemito che sembrava in tutto e per tutto pregno di dolore, Silvia si voltò e catturò le labbra di Giorgia tutta tremante. E Giorgia si abbandonò senza remore questa volta, schiudendo le labbra e accogliendo Silvia con tutto l’amore di cui si sentiva piena.


 
***


L’orologio segnava le 5.40 del mattino e un vecchio modello di Micra con i finestrini appannati e la radio accesa era accostato a lato di una buia stradina della Brianza.
Accendendo lo schermo dei due cellulari abbandonati sul cruscotto si sarebbero potuti leggere gli ultimi messaggi inviati;
Sto a dormire da Giorgia.
Sto a dormire da Silvia.










THE END









Salve popolo di EFP! Spero vi sia piaciuta la storia! In questo caso, ma anche in caso contrario, fatemelo sapere tenendo bene a mente che le recensioni sono il pane quotidiano per uno scrittore e NON creano dipendenza!
   
 
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