Ed
eccoci qui.
Quarta
scena della raccolta, resa dei conti.
Vi
ringrazio per aver seguito finora e prometto – che le vogliate o meno,
precisiamolo – nuove parti della raccolta suddetta prossimamente sui
vostri schermi. Yo.
Come
sempre, le vostre opinioni saranno gradite.
A
presto.
Suni
Konoha, notte
Naruto
“Allora
ci vediamo domani all’assemblea plenaria,” conclude svogliatamente
Shikamaru, incamminandosi per allontanarsi.
“Ple…?” borbotta Naruto, con una smorfia
perplessa.
“Generale,
scemo,” lo riprende Sakura a denti stretti, con uno strattone.
“L’assemblea generale.”
Ino
ridacchia apertamente, mentre Sai sorride silenzioso, socchiudendo gli occhi.
“Oltre
al pisello hai anche il cervello piccolino, senpai,”
commenta poi, pacifico.
Kiba
sghignazza di gusto, mentre Naruto, imbronciato, spintona l’amico.
“Akamaru, andiamo,” esclama poi l’Inuzuka, mettendosi in marcia scortato dal cane.
“Ah… Per Naruto Hokage hip, hip, hip…” si sgola
poi, con entusiasmo.
“Urrà!”
grida tutto il gruppetto. Anche Shikamaru, ormai dall’altro lato della
piazza, si unisce al coro, poi si mettono tutti a ridere. Naruto compreso, che
si passa la mano tra i capelli con imbarazzo.
Tsunade
hime ha annunciato pubblicamente che rinuncerà
all’incarico alla fine del mese e a quel punto nominerà il suo
successore: forse tra due settimane Uzumaki Naruto, a ventisette anni di
età, sarà il Rokudaime Hokage del
villaggio di Konoha.
E
i suoi amici, ovviamente, non perdono un’occasione per riderci su.
“Buffoni…”
borbotta a disagio, senza tuttavia smettere di sorridere.
“Senti
chi parla!” trilla Ino, fingendosi
scandalizzata.
“Io
vado,” annuncia poi Sakura, ridacchiando. “Buonanotte a
tutti!” continua, prima di allontanarsi.
“Ciao,
fronte spaziosa!” scherza l’amica, afferrando poi un braccio di Sai.
“Andiamo anche noi, sono un po’ stanca,” continua dolcemente.
“A domani, Naruto.”
“Ciao
a tutti, buonanotte,” risponde lui, voltandosi a sua volta per tornare
verso casa. “E ricordatevi che io sono Uzumaki Naruto, e diventerò
Hokage!” conclude, quasi minaccioso, scatenando qualche ultima risata
prima di imboccare la via laterale.
Hanno
dovuto rimanere tutti e sei al quartier generale fino a tardissimo e hanno
finito per mangiare un boccone insieme alla veloce, troppo stanchi, tutti
quanti, per pensare di dover cucinare una volta arrivati a casa. Lui, comunque,
mangia quasi sempre fuori, al chiosco di Ichiraku o
inventandosi qualcosa alla meglio.
Naruto
sbadiglia in faccia alla strada deserta, grattandosi un fianco pigramente. Sta
già sognando di sprofondare tra le coperte, nella morbidezza del suo
letto, per perdere conoscenza e recuperare un po’ di energie. Anche se,
come al solito, l’idea della casa vuota che lo aspetta gli regala una
leggera tristezza. È sempre stato così, e da quando Sasuke se
n’è andato di nuovo, un anno e mezzo fa, la cosa si è
leggermente amplificata.
“Naruto,”
lo riscuote un bisbiglio d’urgenza, dalle sue spalle. “Psst, Naruto!”
Si
volta, corrugando la fronte, per poi sorridere alla sagoma parzialmente
occultata dietro l’angolo del palazzo.
“Konohamaru!” esclama perplesso. “Che ci fai in
giro a quest’ora?”
Il
ragazzo si avvicina, guardingo.
“Stavo
venendo a cercarti,” annuncia serio. “Per avvertirti.”
Naruto
lo osserva scettico, storce le labbra.
“Avvertirmi
di cosa?” domanda condiscendente.
“C’è
qualcuno a casa tua! Stavo passando lì davanti e ho visto uno shinobi
arrivare molto velocemente. Credo ti stia facendo la posta,” afferma Konohamaru, con tono cospiratorio. Torna a guardarsi
intorno, prudente. “Hai nemici da qualche parte?”
Naruto
incrocia le braccia, sbuffando.
“No.
Solo amici che non mi lasciano andare a dormire,” afferma asciutto, prima
di sorridere. “Sarà stato qualcuno che passava di lì, Konohamaru.”
“No,
ti dico!” protesta l’altro indignato. “Ti sta tendendo
un’imboscata! Chiamiamo gli ANBU, oppure andiamo…”
“Io
sono un ANBU,” gli ricorda
Naruto, sostenuto. Poi sospira stancamente, assonnato. “Non ti
preoccupare, Konohamaru. Se un mostro mi sta
aspettando me lo mangio con le tagliatelle,” afferma, con un sorriso
sbruffone.
“Vengo
con te?” propone il più giovane, titubante.
“No,
grazie, sono già accompagnato,” scherza Naruto battendosi la mano
sulla pancia, dove dorme Kyuubi. “A domani, Konohamaru,”
conclude, prima di rimettersi in marcia. Ridacchia tra sé, divertito dal
bizzarro rivale. A volte è più strano di lui.
Salendo
le scale sospira, rabbuiandosi. Il momento di andare a dormire è sempre
il più difficile della giornata, quello in cui la mancanza di Sasuke si
fa sentire con più intensità. Può passare la notte soltanto
a ripensare alle tante trascorse con lui, amandosi o non facendo niente di
particolare, solo scambiando qualche frase e sonnecchiando. Lo rivede
nitidamente, al momento di mettersi a letto, avvilupparsi nelle lenzuola
stretto come faceva sempre e allungare il braccio per cercare lui lasciandogli
la mano sul fianco o sulla schiena, come se fosse finita lì per caso. E
gli manca, sempre, ogni giorno, ogni notte. Costantemente. È come dover
rinunciare a un pezzo di sé, ma uno troppo importante per farne a meno.
Ha
pensato un’infinità di volte di cercarlo, mandargli un messaggio,
contattarlo in qualche modo, ma è sempre riuscito a trattenersi. Ha
sperato che fosse il genio a dargli un segno, ma da quando è partito
Sasuke non gli ha mai fatto avere sue notizie. Quel poco che sa – che
è stato relativamente bene accolto, che sta svolgendo ottimamente
l’incarico, che mesi fa c’è stata una brutta vicenda di
rivolte e insurrezioni nella regione di Iwa e che
anche lui è stato coinvolto, cosa che ha sprofondato Naruto
nell’angoscia fino a quando non è arrivata la conferma che
l’ambasciatore di Konoha era in ottima salute – è stata Tsunade a dirglielo, di propria iniziativa. Ma succede
raramente e al jinchuuriki non riesce di fare domande dirette su di lui.
Ma
gli manca immensamente.
Imbocca
l’ultima rampa frugandosi le tasche per cercare le chiavi, con un altro
sbadiglio insopprimibile. È così che s’immobilizza, con le
fauci spalancate e la mano a mezz’aria, folgorato dall’apparizione.
Ha
lo zaino abbandonato a fianco, la divisa da jonin regolamentare sgualcita,
sporca di terra e polvere, e il coprifronte
scheggiato - quello che alla cascata gli aveva lasciato accanto quando era
partito abbandonandolo esanime - ben allacciato sulla fronte. Dorme accoccolato
a terra, la testa appoggiata di lato allo stipite della porta. Sasuke.
Naruto
avverte per un istante la certezza che non sia reale, che sia un’immagine
partorita dalla sua mente ossessionata. Scuote vigorosamente la testa e si
precipita in avanti, esitando solo per un istante prima di toccarlo per vedere
se è vero. E lo è, la sua spalla è solida e morbida sotto
le dita dell’ANBU.
A
quel tocco lo shinobi addormentato si riscuote, aprendo faticosamente gli occhi.
Per un secondo sembra disorientato, poi il suo viso torna al sussiegoso contegno
che gli è proprio.
“Yo, Naruto.”
Il
futuro Hokage di Konoha lo guarda a bocca aperta, senza nemmeno pensare di
mantenere un fare distaccato e indifferente. Abbandona le braccia lungo i
fianchi e lo fissa allucinato, con il cuore che rimbomba in testa.
“Cosa…ci
fai qui, Sas’ke?” balbetta, incredulo.
L’altro
si imbroncia lievemente, bizzoso.
“Sono
tornato da Iwa. Non era previsto che ci restassi per
sempre, sai, anche se sospetto che quando mi hanno proposto per
l’incarico i consiglieri di Tsunade hime lo sperassero,” commenta ironico.
Naruto
scrolla ancora la testa, senza riuscire a mettere insieme pensieri logici.
Spalanca le braccia e inspira a vuoto.
“Sì,
beh…cosa ci fai qui, davanti a casa mia?” riesce a chiedere, con un
certo sforzo.
È
Sasuke a non parlare, adesso. China lo sguardo e giocherella con il lato di un
sandalo, stringendosi nelle spalle.
“La
gente quando torna da un lungo viaggio va a salutare i familiari, no?”
borbotta infine, a disagio.
Naruto
spalanca leggermente gli occhi, trattenendo un insensato sorriso. Non dice
altro, prolungando quel silenzio imbarazzante finché, non potendone
più, si lascia scivolare lentamente a terra accanto all’altro,
osservando il cielo nella speranza che questo gli riporti la lucidità. C’è
Uchiha Sasuke, seduto di fianco a lui di sua spontanea volontà, che lo
aspetta forse da ore.
“Sei
arrivato da molto?” chiede, serrando la gola per sembrare noncurante.
“Ho
varcato i cancelli di Konoha che era già buio,” risponde
l’altro, spiccio. “Volevo esordire con adesso distruggerò il villaggio ma non sapevo se i chunin di
guardia avrebbero colto l’ironia,” continua, distratto. Ha
appoggiato di nuovo la testa indietro contro il legno della porta e guarda fisso avanti. Naruto lo conosce troppo
bene per non sapere che si sente impacciato quanto lui.
Ridacchia
forzatamente, annuendo.
“E
a Iwa com’è andata?” aggiunge,
tamburellando inconsciamente una mano a terra. Sasuke segue il muoversi delle
sue dita spostando soltanto la direzione dello sguardo, ancora senza muovere un
solo altro muscolo.
“Sono
riuscito a non litigare quasi che non nessuno. Beh, con non molte
persone,” annuncia, soddisfatto. “Sono famoso persino lì,
sai?” aggiunge con un sorriso aspro. “Non ho fatto in tempo a
presentarmi che già sussurravano Orochimaru.”
“Perché
sei un idiota, teme. Ti sta bene.”
È
una bella parola, teme, che lo fa sorridere mentre la pronuncia.
“E
qui?” aggiunge Sasuke incerto.
Naruto
solleva il capo, baldanzoso.
“E’
quasi il momento, forse,” annuncia contento. Sasuke lo guarda con un
sopracciglio sollevato, senza capire. “Tsunade hime si ritira a fine mese,” continua lui con un
ampio sorriso.
Gli
occhi neri del genio si spalancano leggermente per la sorpresa, fissandosi
finalmente su di lui. Naruto li sente puntati addosso e sa che era
l’unica cosa di cui avesse veramente bisogno, da mesi.
“Ci
siamo, allora,” mormora l’altro. “Stai per diventare
Hokage.”
“Non
è detto,” si schernisce Naruto, senza davvero crederci ma non
osando ancora festeggiarsi. “Potrebbe scegliere qualcun altro, magari il
sensei. Potrei essere il prossimo ancora, o…”
“Dacci
un taglio, dobe,” lo interrompe Sasuke netto.
“Sappiamo tutti che sei tu.”
Naruto
si lascia ad andare ad un sogghigno vittorioso, la mano tra i capelli.
“D’accordo,
sono io,” ammette, mettendosi a ridere senza motivo. Soltanto adesso che
anche Sasuke è lì riesce a sentire la scarica di euforia del
pensiero di stare finalmente per vedere il proprio sogno che si avvera.
Soltanto adesso che gli occhi dell’Uchiha lo osservano percepisce
finalmente la gioia assoluta di quel pensiero glorioso. E ride, di cuore, senza
riuscire a fermarsi.
“Che
ti prende, idiota?” lo apostrofa Sasuke, mostrandosi distaccato come lui
non riuscirebbe a fare. “Guarda che non ti nominano se fai capire che sei
matto. Non ci posso credere che Konoha stia veramente per avere un Hokage del
genere.”
Naruto
sgrana gli occhi indignato, allungando istintivamente un braccio verso di lui
in un cazzotto misto spintone.
“Dannatissima
testa quadra!” bercia, ignorando bellamente il sonno dei vicini di casa.
“Io sarò il migliore di tutti gli Hokage!”
“Ma
per favore… Un dobe come te non potrà
mai nem…” replica Sasuke, impermeabile
alla sua animosità.
“Sas’ke!”
starnazza Naruto offeso, dandogli un’altra spinta. “Ti farò
rimangiare ogni parola a calci!”
Ed
è strano, ma bello, stare a battibeccare in quel modo tanto consueto che
risale all’infanzia, come se il tempo non fosse mai passato e la vita non
li avesse allontanati. Ma forse non l’ha mai fatto veramente
perché, sospetta Naruto assaporando quell’intatta
familiarità, la cosa che
c’è tra lui e Sasuke è immutabile e resistente a qualunque
colpo, perfetta e eterna nella sua staticità. È splendido e
terrificante al tempo stesso sapere che, ovunque lo condurrà la sua
vita, con chiunque, quella reciproca appartenenza non potrà dissolversi.
“Ho
fame,” annuncia intanto Sasuke, apparentemente distante anni luce da quel
genere di pensieri e per nulla impressionato dalle sue proclamazioni.
Naruto
lo osserva di nuovo, è impolverato e stanco, probabilmente ha viaggiato
tutto il giorno. Inclina la testa, pensoso.
“Devo
avere qualcosa in dispensa,” afferma incerto.
“Sarà
tutta roba scaduta,” commenta il genio con sufficienza.
“Così
vedremo se il tuo stomaco è resistente come il mio,” replica Naruto
con un sorrisetto vittorioso. Sasuke solleva un sopracciglio, guardandolo
storto.
“E’
una sfida?” domanda serio, come se si trattasse di una prova di infinito
valore.
“Io
non l’ho detto,” sogghigna Naruto, incrociando le mani dietro la
nuca con fare innocente.
“Va
bene, dobe, l’hai voluta tu,” afferma l’altro dopo un secondo
di silenzio, per poi scattare in piedi.
“Stai
per mostrarmi l’abilità innata dell’apparato digerente del
clan Uchiha?” domanda Naruto scherzoso, imitando il suo movimento.
“Ho già avuto qualche dimostrazione quando eravamo genin,”
aggiunge, aprendo la porta.
Sasuke
non è entrato spesso lì. Anche durante la loro relazione era
piuttosto lui a recarsi nella grande magione degli Uchiha e, riflettendoci, gli
pare che l’altro non abbia mai nemmeno trascorso una notte intera a casa
sua. È strano vederlo adesso varcare la soglia, senza sembrare
minimamente intimidito da quel fatto.
“All’epoca
le mie capacità non erano ancora al massimo del loro sviluppo,” lo
informa Sasuke con alterigia. Avanza spedito al suo seguito, senza nemmeno
guardarsi intorno. Si direbbe quasi che abbia passato la sua vita a percorrere
quel pavimento, tanto che, raggiunto l’angolo della cucina, si siede al
tavolo senza attendere di essere invitato.
“Allora,
cosa mangio?” domanda spiccio.
“La
tua dannata presunzione, sacco di boria,” borbotta Naruto rassegnato,
avvicinandosi alla dispensa per mettersi in caccia di qualcosa di commestibile.
Gli volta le spalle, spalancando le antine e
mettendosi a frugare.
Cucinare
non è mai stato e mai sarà il tuo forte, ma dopo due giorni di
viaggio probabilmente Sasuke non ha voglia di cibo in scatola. Così si
dedica alacremente alla delicata missione di mettere dell’acqua a
scaldare e far cuocere un po’ di riso con qualche verdura.
“Un
momento, eh,” esclama, nel bel mezzo della complessa manovra. “Non
è semplice.”
“Mh-mh,” bofonchia Sasuke, con quello che potrebbe
essere disinteresse o scherno indifferentemente. Naruto la prende per una
risposta affermativa e solo quando, dopo un paio di minuti, si volta indietro e
lo trova col busto piegato in avanti e la testa appoggiata sul tavolo realizza
che probabilmente Sasuke ha mugugnato perché si stava addormentando. Gli
si avvicina con un mezzo sorriso, studiando il profilo elegante del suo volto e
quell’irritante naso all’aria. Ha il respiro profondo, regolare; dev’essere davvero stanco. Conoscendolo, irrequieto
com’è, avrà percorso il lungo tragitto da Iwa in una frettolosa tirata, senza quasi fare soste.
“Sas’ke,”
chiama a bassa voce, chinandosi verso di lui. “Teme, non volevi
mangiare?”
Sasuke
inspira rumorosamente, muovendo la testa.
“Sssì,” borbotta, sbattendo le palpebre prima
di raddrizzarsi. “Ma forse ho più sonno che fame,” ammette
trattenendo uno sbadiglio.
“Vai
a casa e dormi,” suggerisce Naruto, senza convinzione.
Sasuke
tace per qualche istante, fissando intorpidito il tavolo.
“Dormo
qui,” annuncia, come se la decisione spettasse a lui solo. “Sul
tatami andrà benissimo,” puntualizza, per negare ogni
implicazione. Ma è una finta, Naruto lo sa ed è certo che l’altro
è consapevole anche di questo.
Trattiene
il fiato per un istante, poi scuote la testa.
“Non
mi sembra una buona idea, teme,” commenta, a fatica. “Se…se
dormi qui non dormirai sul tatami e lo sappiamo tutti e due,” continua,
recuperando la sua franchezza abituale.
Sasuke
sposta lo sguardo su di lui, calmo.
“E
sarebbe un male?” domanda serio.
Per
un momento Naruto non ha nemmeno il fiato per respirare, riesce solo a
guardarlo: il contorno allungato degli occhi neri, gli zigomi alti e raffinati,
la linea decisa del mento e quella slanciata del collo chiaro. E no, non
sarebbe un male.
Si
tormenta le mani per qualche secondo, prima di fare l’unica cosa che al
momento gli sembri avere un senso: piegarsi in avanti e baciarlo, infilando una
mano nel nero dei suoi capelli. L’altra, che appoggia sul tavolo per
mantenere l’equilibrio, finisce avvolta in quella leggera del genio, che
piega la testa per lasciargli approfondire il bacio, dischiudendo le labbra.
Poi
è una corsa affannosa, frenetica. Gli strattoni pieni d’urgenza
verso il letto, respirando uno nell’altro, i vestiti di Sasuke strappati
via bruscamente che atterrano dappertutto – “dovrei lavarmi,”
prova a mormorare il genio con un ansito, prima di precipitare sul materasso
sotto la sua spinta – scoprendo la sua pelle chiara, il torace agile e la
vita sinuosa. La sua lingua sul corpo, le sue mani ovunque, il suo sesso che
sembra illuminarlo dall’interno e i suoi gemiti, la sua voce profonda e
roca che mormora spezzata una sola parola, che stranamente non è dobe né idiota ma soltanto Naruto, soffiando contro
il suo orecchio. Naruto, Naruto, Naruto, non è mai sembrato un nome
così bello come nel momento in cui Sasuke quasi lo urla per poi
abbandonarsi a un lungo gemito mentre si svuota dentro di lui, prima che la sua
mano lo porti lassù in alto, facendolo gridare mentre viene a sua volta.
Le
braccia di Sasuke che gli si stringono intorno, nel silenzio turbato solo
dall’affanno dei loro respiri mischiati, lo serrano con decisione e la
sua testa scura si annida contro il suo collo.
Naruto
sospira, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Poi le parole gli premono
contro il palato, scivolando fuori stentatamente.
“Sas’ke,”
mormora pianissimo, “non te ne andare più.”
Il
genio rimane in silenzio, poi gli strofina impercettibilmente la guancia
contro.
“No,”
risponde infine, sicuro. “Non me ne vado più.”
Sasuke
“Non
me ne vado più.”
È
un riscontro, più che una rassicurazione. Lì, con Naruto e il suo odore addosso, risulta un dato di fatto più chiaro e evidente
che mai. Perché può negare, può chiudersi nella sua
corazza solitaria di superstite e proclamare il suo non avere davvero bisogno
di lui, andandosene lontano, ma ogni volta è da Naruto che ritorna.
Sempre. E non ha senso nemmeno affermare di non essere disposto a fare
sacrifici e correre rischi per il loro legame perché, alla fine,
è l’unica cosa che davvero conti.
Lo
ascolta respirare sotto di sé, senza smettere di stringerlo. Anche se
gli pesa sui polsi e diamine, forse dovrebbe decidersi a smettere di
strafogarsi con quel suo ramen. Sorride tra sé all’immagine, che
si forma in mente, del jinchuuriki con la sua amata ciotola di tagliatelle.
“Qualcuno
dovrebbe spegnere la luce,” fa Naruto, biascicando. Lui solleva la testa
e lo osserva, con tutto il fastidio che riesce a mettere insieme in questo
momento in cui avrebbe solo voglia di baciarlo ancora.
“E
dovrei farlo io?” chiede secco.
“Io
non posso, sono bloccato!” si difende Naruto con innocenza. Lui lo scruta
scettico, con condiscendenza, poi sbuffa sollevandosi sui gomiti.
“Sei
una scocciatura, dobe,” osserva annoiato.
Naruto sogghigna, sornione.
“Ti
piace che lo sia,” afferma con baldanza.
Sasuke
aggrotta la fronte, fosco e pronto a esternare una risposta tagliente,
però quell’idiota è li che se la ride, con quegli occhi
enormi e enormemente azzurri illuminati e la sua faccia da schiaffi e
stupidamente, forse, quello che invece fa è coprire le sue labbra con le
proprie, per un istante solo.
“Idiota,”
mormora, con una dolcezza che quasi lo nausea. Poi allunga un braccio verso
l’esterno, producendosi in uno dei suoi tanto efficaci sorrisetti
maligni, e inizia a concentrare il chakra per il chidori,
aspettando la sicura reazione di Naruto. E difatti il jinchuuriki, nel vedere
le scariche elettriche, lancia una sorta di raglio che quasi lo fa scoppiare a
ridere e si aggrappa bruscamente al suo braccio.
“Cosa
stai facendo?” urla allibito, aggrappandosi a lui.
“Spengo
la luce,” risponde Sasuke mantenendosi impassibile.
“Devi
premere l’interruttore, non tirare giù tutta la parete!”
starnazza Naruto, afferrando la sua mano. Sasuke gliela lascia tenere,
docilmente, perché gli mancava quella stretta.
“Tanto
non ti serve più, la casa,” commenta sibillino, sperando che il
filo di nervosismo nella sua voce sia sfuggito a Naruto. Apparentemente
sì, perché questi, penzolante nella stretta con cui ha cercato di
bloccarlo, lo osserva sconcertato.
Sasuke
vorrebbe quasi scappare, adesso. Non è affatto sicuro di quello che sta
per dire e probabilmente è un errore madornale, ma comunque non
può fare altrimenti; perché tutta la sua vita è un
percorso fatto di passi che l’hanno portato, inevitabilmente, qui e
adesso, con Naruto. Anche volendo è impossibile fermarsi, dopo una vita
a cercarsi uno nell’altro: se non fosse stato così, se Naruto non
fosse la voce e il viso che ha sovrastato ogni suo gesto, anche quando voleva
credere di considerare importante solo tutt’altro, forse adesso potrebbe
continuare ad essere Uchiha Sasuke com’è sempre stato. Ma il tragitto
compiuto fin’ora punta in un’altra direzione.
“Mi
è peggiorata la vista,” mormora, grave.
Naruto
sgrana gli occhi, abbandonandosi sul materasso.
“Cosa?
Perché?” chiede allarmato.
Lui
scrolla le spalle, sbrigativo.
“Ho
dovuto usare il mangekyou,” spiega spiccio.
“Ci sono stati dei problemi a Iwa l’anno
scorso, non so se vi è arrivata la notizia,” continua, sapendo che
è arrivata e che sicuramente Naruto ha avuto paura, vera, perché
lui era lì.
“Non
avresti…” inizia il jinchuuriki inquieto.
“Lo
so, ma non c’è stata molta scelta,” lo interrompe lui,
brusco. “Non ha importanza, non è grave. Però…”
continua, ma è costretto a fare una pausa per riprendere fiato, e
cercare di rimanere impassibile ancora per quanto difficile sia.
“Però secondo i loro medici nella mia condizione non è
consigliabile che viva da solo. Suppongo che Sakura sarà dello stesso parere.”
E
si ferma lì. Non può dire nient’altro, perché tanto
non c’è niente da dire. E perché si è già
scoperto abbastanza e gli trema la mano con cui si sorregge sul letto, ma non
per lo sforzo fisico.
È
sufficiente, comunque, e lo spettacolo del volto di Naruto che da perplesso si
illumina d’improvvisa comprensione, d’incredulità e di
euforia in un susseguirsi velocissimo e cristallino, riverberando nei suoi
occhi celesti ogni fremito delle emozioni, vale quella resa indecorosa e non
solo.
Non
ce la fa: sorride, apertamente, nel vedere le labbra del jinchuuriki che
tremano debolmente, andando a sfiorarle con un dito.
“Respira,
dobe,” sussurra, distogliendo lo sguardo con
imbarazzo.
“Io…io…”
Naruto boccheggia ancora per un momento, scuote la testa come se dovesse
svegliarsi e poi, d’improvviso, scatta a sedere buttandolo quasi per
terra. “Quando posso portare le mie cose da te?” strilla, euforico.
Sasuke
incassa leggermente le spalle, storce il naso un po’ a disagio e lo
guarda di nuovo. E’ una felicità, quella di Naruto, che lo riempie
di riflesso come una sorta di osmosi. Tutta quella vivacità che
c’è nel compagno è la linfa da cui anche lui ha ripreso a
vivere e non saprebbe comunque farne a meno. Ha rinunciato a molte cose, nella
vita, a lungo: ha rinunciato all’infanzia, perché aveva un
obiettivo; ha rinunciato alla spensieratezza che un ragazzino avrebbe dovuto
avere, ha rinunciato all’affetto, all’onore, anche al privilegio
dell’innocenza. Ha detto addio ai suoi cari, tutti, guardando con occhi
offuscati il corpo senza vita di Itachi e al rispetto di se stesso indossando
la cappa dell’Akatsuki. Ha fatto a meno della luce della sua vista superiore
per fermare Kyuubi e dell’orgoglio piegandosi ai provvedimenti
dell’Hokage per il suo tradimento. Naruto è la sua debolezza,
l’unica cosa a cui non è riuscito e non riesce a rinunciare. Lo sa
e non ha più senso nasconderlo.
“Domani?”
borbotta vago.
“Possiamo
farlo adesso? Eh, eh, Sas’ke?”
Sasuke
lo guarda indulgente. Ha alle spalle due giorni di viaggio ininterrotto, devono
essere quasi le quattro di notte e non è certo il momento per un
trasloco.
“Domani,”
ripete, inspiegabilmente a malincuore. Naruto si imbroncia, per un attimo, poi
sorride di nuovo e gli si getta addosso.
“Dormiamo
subito, così possiamo alzarci al mattino presto,” intima euforico.
“E’
già mattino presto,” commenta lui con sufficienza.
“Non
rompere, teme,” ribatte Naruto. “E’ ancora notte.”
Lo
ha premuto sul letto e gli si è accoccolato addosso, quasi schiacciato
contro di lui. Sasuke lo sente respirare ed è tiepido, i suoi capelli
biondi gli solleticano il mento. È troppo tutto insieme, Naruto, per
mettersi a dormire.
“Notte,
mh? Sai,” sussurra, avvicinando le labbra al
suo orecchio, “cosa si fa di notte, dobe?”
Naruto
ridacchia contro di lui, facendogli scivolare la mano sul petto.
“Sono
troppo stupido per indovinare. Dimmelo,” scherza, incrociando una gamba
con la sua.
“Ti
faccio un esempio pratico,” risponde Sasuke prima di ribaltarsi su di lui.
Naruto
ride, e a lui va bene così. Affronteranno quello che verrà.
ryanforever: gesù, quanta
disperazione. Non volevo rattristarvi. Beh, circa. Ahm. Comunque, come vedi, la
felice soluzione è giunta. Non so come mai, ma sono gli unici due al
mondo per cui la mia mente si rifiuta di concepire un finale men che felice. Difatti sgocciolo romanticismo in modo
rivoltante, ma è più forte di me. Beh, grazie mille.
chibimayu: ^__^ Hahahaha. Emo brodo! Bellissimo! Mi sono ribaltata sulla sedia dal ridere
quando ho letto la recensione. Penso che userò quest’espressione
nella mia prossima fic comica, se me lo consenti. Che
altro… mi fa davvero molto piacere che stile e stesura siano di tuo
gradimento. Spero che questa nuova parte non deluda le aspettative. Grazie per
aver lasciato un segno, per giunta così lusinghiero, del tuo passaggio.
Alla prossima.
nemesi06: mah, sai… Sasuke si tormenta
inevitabilmente, credo che nemmeno Naruto possa farci molto. Ne conosco di
gente così e, se devo essere sincerissima, qualche volta capita anche a
me. Assolutamente non a questi livelli ossessivi, sia chiaro ^__^. Per il
resto…mi trovi d’accordo sulle conclusioni da te tratte, e anzi
forse la bellezza di questi due insieme sta nella profonda differenza della
loro visione del mondo e nell’equilibrio che ne scaturisce. Dunque, per
concludere, ti ringrazio molto. A presto.
retsu89: Non c’è bisogno che ti
scusi…commentare non è mica un lavoro! ^__^ Quanto al resto, sai,
trovo sempre affascinante questa capacità di Sasuke di far nascere nel
prossimo una gran voglia di prenderlo a schiaffoni. Io quando leggo di lui nel
manga alterno disperata compassione, frenetiche risate e questo insopprimibile
desiderio di strangolarlo con il fiocco viola. Ahm. Comunque… Dai,
rasserenati, si è risolto tutto per il meglio. Grazie, a presto.
krikka86: vai dalla parrucchiera, che poi finisci pettinata
come Kakashi con i capelli dritti e poveri noi… ^__^ Finito tutto bene,
visto? Per ora, voglio dire, perché di mio sono abbastanza sadica con i personaggi
e li metto sempre nelle rogne. Hihi. Grazie dell’apprezzamento.
VavvyMalfoy91: ahm… ma no, dai, non piangere. Visto che va
tutto bene? Non potrei lasciarli soffrire. Soprattutto Sasuke si fa già
abbastanza del male da solo senza necessitare il mio contributo ^__^ Grazie,
buona vacanza (o quel che è).