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Autore: mamie    07/11/2014    14 recensioni
"Rimanere soli è terribile" mormora Meeme alla fine dell'episodio "Yura, la stella disabitata". Ma sull'Arcadia sale solamente chi non ha più nessuno e più nulla da perdere e lì trova un posto dove dare un senso alla propria solitudine. Una serie di minuscoli cammei, un omaggio alla serie classica.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimanere soli è terribile
 
 
Meeme pizzica distrattamente le corde dell’arpa. Harlock non è ancora rientrato nella sua cabina, ma lei sa che non tarderà molto. L’Arcadia naviga placidamente nel quadrante della Nebulosa dell’Aquila. I pochi danni sono stati riparati, nessuno è rimasto ferito, tutto è andato per il meglio. Meeme volge lo sguardo alla grande vetrata dove la nebbia azzurrina si fonde con un arancione intenso e pulsante.
“La creazione delle stelle” pensa.
Interi mondi nascono. Altri muoiono. Per l’universo sono importanti quanto un granello di sabbia lo è per il mare e loro, loro con tutti i loro ricordi, non sono nulla. Yura è morto e lei è l’ultima. Quando anche la sua luce sarà spenta, tutto ciò che avranno amato e sofferto sarà soffiato via, come il vento soffia via la cenere di un fuoco ormai consumato.
 
***
 
Yuki si spoglia lentamente e si infila nella doccia. L’acqua calda le dà una sensazione di piacevole stanchezza. Che cos’è stato, quel giorno, che le ha fatto tornare in mente Kazuya con tanta vivida precisione? Perché il suo ricordo è tornato proprio oggi a tormentarla? I suoi occhi brillanti, il suo sorriso dolce, l’atrocità del suo tradimento. Yuki immerge il volto sotto il getto pungente dell’acqua. Non vuole ricordare. Non vuole ricordare i momenti di gioia passati nella casa sulla spiaggia, la felicità di scoprire l’amore, la sua ingenuità di un tempo, i volti sereni di suo padre e sua madre. Nessuno, mai più, le ha sorriso in quel modo, con quella dolcezza, la dolcezza di un assassino. Ma Yuki non è più una ragazzina. È una donna su una nave pirata. Ora non ha bisogno di nessuno.
Continua a ripeterselo, sperando di crederci.
 
***
 
Tadashi si butta sulla cuccetta ancora con la tuta addosso, con la rabbia che lo accende come un faro, con l’adrenalina che ancora gli scorre nelle vene. Uccidere. Distruggere. La breve battaglia non lo ha placato. Lui non aveva mai fatto male a nessuno. Suo padre e sua madre non avevano mai fatto male a nessuno. Perché sta succedendo tutto questo? Perché a lui? Cosa vogliono quei mostri che hanno fatto irruzione nella sua vita lasciandolo spogliato di ogni cosa? Mostri dalle forme perfette, seducenti, aliene. Eppure in qualche modo più comprensibili, più semplici dei suoi simili: di quelli che lo hanno deriso, di quelli che lo hanno abbandonato, di tutti quelli che non c’erano proprio quando sarebbe stato più necessario.
“Madre” pensa.
E la rabbia diventa un grumo pulsante di dolore.
 
***
 
Maji beve un altro lungo sorso e si lascia andare sulla branda assaporando il piacevole calore dell’alcool. Fissa con gli occhi annebbiati l’alone più chiaro lasciato sulla parete dalla foto ormai bruciata. Si sente sciocco, e molto solo, ma è grato al suo Capitano per avergli impedito di fare delle cose di cui si sarebbe di certo pentito.
Sa bene che l’alcool servirà a poco. Che si sveglierà col mal di testa e imprecherà e si trascinerà in sala macchine nero d’umore e pronto a strapazzare ben bene i suoi macchinisti. Sa anche che loro lo sopporteranno e lo lasceranno sfogare perché nessuno, lì, su quella nave, viene giudicato per il carico di dolore che si porta sulle spalle. Perché il dolore non è una colpa. E non lo è neanche la solitudine.
 
***
 
Yattaran sta incollando l’ultimo pezzo del suo modellino. La fronte corrugata, si concentra al massimo nel delicato compito di non sbagliare di un decimo di millimetro. La sua passione gli impedirebbe di considerare concluso un lavoro meno che perfetto. La precisione è la sua arma per combattere quel mondo che preciso non è mai, che non è mai come lo si vorrebbe.
Yattaran è un uomo troppo intelligente per trovare consolazione nell’alcool o nei giochi o in uno qualsiasi degli altri passatempi che piacciono tanto ai suoi compagni. A volte solo la pura bellezza di certe formule matematiche riesce a sciogliere quel nodo che si sente sempre dentro. Sa bene che lì, su quella nave, è una cosa che non riuscirà mai a condividere con nessuno, ma sa anche che tutti, dandosi per vinti, gli sorrideranno e gli chiederanno del suo ultimo modellino.
 
***
 
Masu san non si vergogna di mettersi a piangere. Vecchia com’è, e con tutto quello che ha visto, ha imparato a proprie spese che il dolore, a tenerlo dentro troppo a lungo, ti scava nel cuore delle voragini che non si chiudono più. Però non vuole la compassione di nessuno. Se qualcuno solo ci provasse gli sventolerebbe i suoi coltellacci sotto il naso fino a farlo scappare a gambe levate!  La cucina dell’Arcadia è troppo grande e troppo moderna per una come lei, ma non ha mai permesso a nessuno di cacciare il naso nel proprio regno. E mentre brontola facendo da mangiare per quella ciurma di scansafatiche, a volte si dimentica di tutto quel dolore, di tutto quel rimpianto. Meglio pensare alle aringhe, o inseguire quell’uccellaccio che gliele ruba sempre, meglio agitare le proprie mannaie e vedere con soddisfazione quei pirati grandi e grossi fare un passo indietro e diventare docili come agnellini… tutti tranne uno… ma quello non conta.
 
***
 
Il dottor Zero sorride aspirando il vapore caldo del sakè che sta per degustare. Un tokkiu speciale che hanno requisito nell’ultimo abbordaggio, un vero colpo di fortuna! A volte si sorprende a farsi delle prediche da solo. “Eh, caro mio, tutto questo sakè ti porterà alla tomba…”. Ma poi che gliene importa? L’Arcadia è l’unica nave dove si fidano di lui anche se si mette a ricucirli dopo un paio di bottiglie di quello buono. Le mani non gli hanno mai tremato e nessuno è mai venuto a lamentarsi del risultato, neanche il Capitano, che per fortuna non gli capita spesso in infermeria perché come paziente fa schifo, non c’è modo di tenerlo fermo.
La gattina arriva come sempre strusciandosi contro le sue gambe. Vuole essere presa in braccio e coccolata.
Quanto vivono i gatti? Vent’anni al massimo? Be’, Zero non pensa di durare altrettanto, ma anche questo non gli importa. Se ne andranno assieme. Tanto, non hanno nessun altro.
 
 
***
 
Harlock percorre lentamente i corridoi dell’Arcadia, guardando le spoglie pareti con l’affetto di chi ne conosce ogni giuntura. Potrebbe salire sul nastro trasportatore, per fare prima, ma non ha fretta e l’eco regolare dei propri passi lo rassicura.
Incrocia Maji che lo saluta frettolosamente, diretto alla sala macchine; schiva Yattaran che sta provando il suo ultimo modellino, sorride a Yuki che esce dalla propria cabina, ascolta con pazienza lo sfogo di Tadashi e le lamentele di Masu san, con un cenno risponde al brindisi del dottor Zero. Ascolta, con un po’ di malinconia, le ultime note dell’arpa uscire da dietro la porta di quercia scura. Quella è la sua nave. Quello è il suo mondo.
Gli pare quasi che sia così da sempre, anche se c’è stato un tempo in cui era altre cose: un bambino che guardava con meraviglia il cielo, un ragazzo fiero di saper volare, un uomo ferito da una guerra lunghissima e atroce, un amico di quelli che non si possono dimenticare…
L’Arcadia è tutto ciò che gli è rimasto di una vita devastata, troppo breve e troppo lunga insieme.
L’Arcadia è il luogo in cui tutte le solitudini si incontrano.
E fanno un po’ meno male.





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NdA. "Rimanere soli è terribile. (...) La solitudine è come non vivere" dice Meeme alla fine dell'episodio Yura, la stella disabitata. Nell'episodio La regina Raflesia, Harlock dice a Meeme, che lo ringrazia per averla salvata: "Non ti ho dato nulla d'importante, una vita fatta di solitudine, come la mia". Mi  ha colpito il fatto che sull'Arcadia ci sono tante solitudini che si incontrano, ma che non diventano mai qualcosa d'altro. Harlock è un uomo solo, nonostante l'Arcadia sia una specie di famiglia, e lo sono anche gli altri. Però sembra che insieme questa solitudine diventi più sopportabile, meno disperata. So che sembra una specie di paradosso, ma questa è solo una mia interpretazione.
La Nebulosa dell'Aquila non mi pare sia nominata nella serie classica, ma mi piaceva particolarmente perché pare che sia un luogo dell'universo molto attivo, in cui "nascono" le stelle.
  
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