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Autore: pukpuk    07/11/2014    0 recensioni
passi che risuonano nel silenzio, la luna alta nel cielo sulle nostre testa, le tende aperte una accanto all'altra e avvolte nel silenzio , chilometri di marcia con gli zaini sulle spalle. questo è parte dello scoutismo. siamo pazzi? forse, ma non potete sapere quali emozioni si provano a fare cose del genere, forse non basterà un breve racconto a convertirvi, o forse si...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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forse alcune parole potreste trovarle alquanto bizzarre, ma per noi hanno tutte un significato, scusate se lo spiego prima ma quando ho scritto il testo non avevo previsto di dover dare una spiegazione se non a voce: -Spiritiera: una specie di fornelletto che va ad alcool -clan:gli scout sono divisi per età, il clan è formato dai ragazzi tra i 17 e i 19 anni -clan di formazione: Durante la route nazionale la prima parte, in cui ci si muove tutti i giorni, si è divisi per clan di formazione, cioè tre clan provenienti da tre parti dell'italia diversi -route nazionale: campo estivo di dieci giorni con tutti gli scout d'italia ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- È ormai un giorno che siamo partiti, che abbiamo lascia Roma per recarci incontro a una nuova esperienza unica e irripetibile. Abbiamo incontrato gli altri due clan che attraverseranno questo percorso con noi, un percorso ancora tutto da scoprire, misterioso e pieno di sorprese. Abbiamo camminato a lungo, sotto il sole, con gli zaini pieni per un viaggio di dieci giorni, con le tende arrotolata sulle teste e le divise disordinate. Cantando e suonando per alleviare la fatica, le voci di sessanta ragazzi si sono levate per le strade della città, di sessanta ragazzi pronti a intraprendere un viaggio tutto nuovo, pronti a immergersi in una strada di cui non si vede che l’inizio. Cantiamo per non sentire il peso sulle spalle, le gambe farsi pesanti, le palpebre abbassarsi per la stanchezza e le labbra inaridirsi per la sete una volta svuotate le borracce. “Quanto manca?” “Poco” è sempre la stessa risposta, ormai è chiaro che non è cosi, potrebbero mancare appena dieci minuti o forse altre due ore, non lo sappiamo, l’unica cosa certa è che non possiamo fermarci. Arriviamo che il sole sta ormai calando, un tramonto rosso si apre davanti a noi, che, seduti sul duro cemento di una parrocchia ci godiamo la vista riposando le membra indolenzite. È ora di cena. Tanti piccoli gruppi si spargono discutendo su come preparare il cibo, non li abbiamo scelti noi, ovvio, sono stati i capi a decidere con chi staremo, tre ragazzi a gruppetto, uno per ogni clan. Ci sediamo a terra e tiriamo fuori la spiritiera cucinando come meglio possiamo, poi riempiamo le gavette e iniziamo a mangiare. Sono stanca, chiudo gli occhi e mi isolo concentrandomi sui rumori che sento. Lo sfrigolio delle piccole fiamme e il tintinnare di tante gavette, un tintinnare piacevole pur essendo di per se un suono fastidioso, è il rumore di tanti ragazzi che mangiano insieme pur conoscendosi a mala pena, che hanno accettato di vivere insieme per dieci giorni, come una famiglia, senza però sapere chi avrebbero incontrato. Riapro gli occhi sicura che il suono verrà assorbito dalle voci, ma non è cosi, continua a risuonarmi nelle orecchie basso e continuo, finisco di cenare e rimetto a posto le mie cose stendendomi poi con la testa sul grosso zaino in attesa degli altri. La notte è ormai inoltrata quando ripartiamo, siamo stanchi, ma non abbastanza da lamentarci, d’altronde è quello che ci aspetta per ancori molti giorni, movimento e fatica, ma prima o poi arriveremo in cima e allora inizierà la discesa, una discesa che giungerà fino a un grande parco dove ci aspettano altri 30000 ragazzi per completare quest’avventura insieme. Mi rimetto lo zaino sulle spalle e mi avvio verso la fila, la strada è lunga, ci aspettano almeno otto chilometri, ma ora come ora non mi sembrano tanti, ho la sensazione di poter far tutto in questo momento. Ci mettiamo poco ad abbandonare il centro abitato e inoltrarci nella campagna, non si sente altro che noi, le nostre voci, i nostri canti, le imprecazioni dovute al peso dello zaino … poi lentamente tutti i suoni cessano, siamo troppo stanchi per parlare. Ispiro l’aria fresca e sorrido contenta. Riesco a sentire il suono dei nostri passi, il suono di sessanta paia di piedi che marciano sull’asfalto, sulla ghiaia, sul prato o sulla terra, il suono di sessanta ragazzi in divisa blu e con gli zaini sulle spalle che camminano con gli scarponi ai piedi respirando piano ma abbastanza forte da poter sentirlo chiudendo gli occhi per un attimo e facendo scomparire il mondo tutt’intorno.
  
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