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Autore: LilithJow    09/11/2014    2 recensioni
Skye era in piedi di fronte a quel dannato vetro. Riusciva ancora a vederci il proprio volto riflesso come se fosse uno specchio, ma ciò non era così importante in quel momento.
Lui lo era.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grant Ward, Skye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Skye era in piedi di fronte a quel dannato vetro. Riusciva ancora a vederci il proprio riflesso come se fosse uno specchio, ma ciò non era così importante in quel momento.
Lui lo era.
I suoi occhi erano su di lui, sul suo viso, sulle sue braccia, sulle sue ferite aperte. Era grave. I dottori avevano detto che molto probabilmente non avrebbe superato la notte.
Stava morendo e lei lo sapeva.
Si era detta che non era nulla di rilevante, che comunque fossero andate le cose, lo considerava già morto dopo il suo tradimento, quindi non avrebbe dovuto importarle.
Eppure, era ancora in piedi di fronte a quel vetro, in quell'ospedale segreto, fissandolo ancora e sperando che aprisse gli occhi e che le sorridesse di nuovo, come faceva una volta.
Non sapeva perché, non sapeva in che modo, accadeva e basta. E si odiava per quello. Era ben consapevole che non avrebbe dovuto provare nulla. Anche gli altri lo avevano detto. Le loro esatte parole erano state “è quello che si merita” e tale frase rimbombava nella testa di Skye.
Era così? Ward meritava di morire solo per ciò?
Skye non aveva mai desiderato una cosa del genere. Sì, sopportava a stento il suo tradimento, ma non aveva mai voluto che lui morisse per davvero. Ricordava la volta in cui le aveva detto di aver tentato il suicidio. Ci era stata male, ma non lo aveva fatto notare a nessuno perché non era corretto. Non poteva mostrare compassione per il traditore, non poteva far vedere al suo nuovo team che le importava del traditore.
Non poteva e basta.
E in quel momento, di fronte a quel vetro, lei stava cadendo a pezzi.
Non c'era nessuno lì, forse perché nessuno voleva sapere se Ward fosse vivo o morto. Né Coulson, né Fitz, né May, né Simmons.
Nessuno.
C'era solo Skye.
Probabilmente non erano lì perché ritenevano fosse più facile pensare di aver agito in modo corretto mandandolo via, dritto da suo fratello, seppur consapevoli fosse la decisione peggiore mai presa.
Coulson non ci aveva pensato un attimo e... In realtà nemmeno uno di loro ci aveva pensato.


«Ancora qui, agente?».
Un dottore venne fuori dal nulla. Skye non stava prestando attenzione, per cui non si accorse della presenza di qualcun altro finché non ne sentì la voce.
«Sì, io stavo – Stavo solo aspettando, immagino» disse.
«Dovreste andare a riposare. Sembra molto stanca e stare qui in piedi non è molto d'aiuto»
«No, no, io – lo so» sussurrò la ragazza. «Mi stavo solo chiedendo se...».
«Se il suo amico riaprirà gli occhi?».
Skye non rispose a quella domanda. Fissò un punto vuoto di fronte a sé per qualche secondo. «Non è un mio amico». Il dottore esitò. «Qualsiasi cosa sia» mormorò «credo debba essere pronta a dirgli addio».
La ragazza trattenne il respiro. Sapeva già che sarebbe successo, ma sentire quelle parole dette ad alta voce fu letale.
Non disse nulla in replica e il dottore andò via. E, di nuovo, lei fu sola, di fronte a quel vetro, fuori dalla stanza in cui Ward stava lentamente morendo.

Passarono esattamente quarantadue minuti prima che Skye si decidesse a varcare la soglia della porta di quella camera.
Vi entrò e si fermò a pochi passi dal letto in cui lui era sdraiato; i suoi muscoli erano rilassati e sembrava quasi dormisse, se si escludeva il rumore della macchina che stava sostituendo i suoi polmoni.
Skye guardò il suo viso e si morse piano il labbro inferiore prima di avvicinarsi ancora di più.
«Lo so che – che è stupido parlarti adesso che non puoi sentirmi» mormorò «ma dicono un sacco di cose riguardo alle persone in coma che riescono ancora a percepire le voci di chi sta loro intorno, per cui... Ci proverò lo stesso e magari – magari fingerò soltanto che tu possa davvero sentirmi».
La sua voce era sul punto di spezzarsi e, ancora, una parte di lei la stava rimproverando che non avrebbe dovuto provare tali sensazioni.
«Forse non c'è nemmeno niente da dire. Mi ricordo come è andata la scorsa notte e tu – tu non avresti dovuto farlo. Sai che adesso posso proteggermi da sola, insomma, lo sapevi. Allora, perché? Perché tu – perché ti sei messo in mezzo e hai preso quel proiettile per me? Cos'era? Un modo semplice per risolvere la situazione? Mi salvi la vita e io ti perdono? Non è così che funziona, Grant, non è...». Si ritrovò ad urlare e piangere allo stesso tempo. Si coprì il viso con entrambe le mani, cercando di nascondere le lacrime che le scorrevano lungo che guance.
«Non avresti dovuto farlo» biascicò.

E in quel momento, i ricordi la colpirono come un fiume in piena.
Gli occhi di Ward erano dentro ai suoi. Quei secondi parvero infiniti, mentre il sangue scorreva sul pavimento. 
Tanto, troppo sangue.
E poi il suo corpo le era caduto addosso e lei a stento era riuscita a sostenerlo.
Non si era nemmeno accorta di chi avesse premuto il grilletto, non se ne era resa conto, così come era accaduto in precedenza. Ma lui era là e l'aveva salvata anche se sapeva benissimo quanto lei lo odiasse. Lui la salvava sempre. Skye era troppo importante per Ward e non avrebbe mai permesso che venisse ferita di nuovo.

Ma tornando in quella stanza, la ragazza piangeva. Non riuscì a non farlo.
A lei importava.
A lei importava di qualcuno che avrebbe dovuto odiare.
Ma non poteva farlo, le importava anche se non poteva dirlo ad alta voce.
E quando il suo cuore smise di battere, più tardi, quella notte, Skye rimase immobile, di nuovo di fronte a quel vetro.
Il passato sembrò privo di senso in quell'istante.
Le vennero in mente un'infinità di modi per sistemare le cose, ma, sfortunatamente, era troppo tardi.
Ward era morto e anche una parte di Skye lo era perché, in fondo, era consapevole che i piani erano andati male, che si era sbagliata troppo volte, però, allora, era troppo tardi per rimediare.




 

  
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