Ma guardatelo...

Riesce a stare seduto al mio stesso tavolo senza dare alcun segno di nervosismo.

Che fosse molto più bravo di me a dissimulare l'avevo capito subito, ma non lo immaginavo un così bravo attore.

«Sorellina mi passi il sale?»

«Non sono tua sorella» rispondo acida.

«Emilee smettila!» mi rimprovera papà «Almeno a cena non litigate e comunque fratello o fratellastro non fa differenza, inizia a trattare Matthew come si deve o prenderò provvedimenti».

Stringo i pugni sotto al tavolo e con un respiro profondo cerco di calmarmi, poi prendo il barattolino e gentilmente lo porgo al ventiduenne che mi siede di fronte e lui mi sorride sfacciatamente trionfante.

Questa convivenza non la reggo. Figlio di una precedente relazione di mio padre, è stato accolto da tutti come se fosse sempre stato uno di famiglia: «Poverino gli è morta la madre... Poverino lavora per mantenersi gli studi...». Non sono insensibile, mi dispiace per quello che gli è successo, ma non aveva il diritto di stravolgere la mia vita.

Alcuni mesi fa è piombato con le sue valige ed io non sapevo nemmeno che esistesse, sembrava un bravissimo ragazzo ma ve lo posso assicurare... no, non lo è.

«Pensavo di portare Emilee al Luna park questa sera, per conoscerci meglio» lo sento dire tranquillo a nostro padre.

«È un'ottima idea andate pure» risponde l'altro ignaro.

Nessuno chiede mai la mia opinione, ormai non provo nemmeno più a replicare; papà mi guarderebbe severamente e mamma inizierebbe a scrollare la testa chiedendosi dove ha sbagliato con me.

Mentre salgo le scale rassegnata a questa uscita forzata, lo sento camminare dietro di me e quando entro nella mia camera non devo aspettare molto perché faccia altrettanto chiudendosi la porta alle spalle.

«Prendi un ombrello, potrebbe piovere».

«Siamo a Londra» rispondo guardandolo male «è sicuro che pioverà».

«Lo dicevo per te» mi sorride innocentemente «Non vorrei ti ammalassi».

«Smettila di recitare con me, sappiamo entrambi chi sei davvero».

«Oh» celia soddisfatto avvicinandosi «Chi sono... davvero?»

«Sei un manipolatore».

«Non ti ho obbligata io a gridare il mio nome l'ultima volta» sussurra al mio orecchio facendomi percorrere da una serie infinita di brividi «e nemmeno la volta precedente, o quella prima ancora».

«È sbagliato» replico atona.

«Ma ti piace» sorride beffardo.

«Il fatto che mi piaccia non significa che sia giusto» affermo convinta «sei mio fratello noi non dovremmo...»

«Oh...» mi interrompe quasi ridendo «ti sbagli mia cara, lo hai detto anche tu prima: non sono tuo fratello. Sono il tuo fratellastro e non siamo cresciuti assieme, fondamentalmente siamo degli estranei».

Mi ostino a guardare per terra cercando una risposta alla quale non possa controbattere, ma non riesco a ragionare lucidamente mentre il suo respiro si infrange contro i miei capelli e le sue dita affusolate disegnano cerchi immaginari alla base della mia schiena.

«Considera quello di questa sera un appuntamento a tutti gli effetti, lo sai che ti amo.» aggiunge infine dolcemente «Allora, vogliamo andare?»

«Ti odio» sbuffo contrariata.

«Perfetto! Ti aspetto in macchina».