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Autore: PersephoneAm    15/11/2014    1 recensioni
In tedesco "Lieben" vuol dire 'amare'. E non è strano che a una sola "i" di distanza ci sia "Leben", che vuol dire 'vivere' ?
Attenzione: la storia è solo scritta dal punto di vista di una ragazza tedesca e nazista. Non è a sfondo razziale.. leggete e ditemi che ne pensate(:
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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All'alba del 2 dicembre 1945 do alla luce due splendidi gemelli, un maschio e una femmina. Dora e Maria mi hanno assistita e si sono meravigliate quanto me della nascita gemellare. Non ricordo di aver avuto cugini gemelli, ne che uno dei miei genitori avesse un fratello gemello. Karola si porta una mano alla bocca, scoppiando a piangere per la gioia, mentre prende in braccio la femminuccia.

-Ehlena!-sospira, con lacrime copiose sul viso,-E' semplicemente stupenda!-.

Sorrido e guardo il visino paffutello del maschietto.

-La piccola Sofia!-dice Karola, guardando mia figlia.

-Anna!-la correggo con gli occhi ridotti a due fessure,-Si chiameranno Anna e Rudolf!-.

-Ma Ehlena!-protesta mia suocera,-La nonna di Franz, mia madre, si chiamava Sofia! Dovresti chiamare tua figlia...-.

-Anna!-mi impunto,-L'ho promesso a zio Adolf e ho sempre mantenute le promesse!-.

Karola mi guarda male e si avvicina al letto.-Perchè devi mantenerla se sono morti? Cos'hanno più di me, che sono tua suocera!-.

-Si chiamerà Anna Sofia!-dico,-Questa questione è chiusa, ora! Lascia mia figlia a Dora e vattene: sono stanca!-.

Karola passa delicatamente Anna alla mia amica e se ne va, borbottando sul fatto che se ci fosse stato Franz sicuramente non l'avrei vinta io. Sicuramente se ci fosse qui Franz, Karola non si sarebbe azzardata minimamente a contestare la scelta del nome. Dai miei occhi scendono lacrime amare. Franz, il mio amato Franz. Lo rivoglio qui con me, al mio fianco. Rivoglio l'uomo che anche solo sfiorando un mio braccio mi provoca brividi in tutto il corpo, l'uomo che mi amava con passione e mi baciava con dolcezza, il padre dei miei figli, colui che ha lottato fino alla morte per difendere me, la Germania e i suoi figli, come mi disse cinque anni or sono. Lo vedo in ogni piccola cosa, in ogni piccolo gesto. Le persone in strada si fermano a darmi le condoglianze, cosa che mi fa realizzare sempre più la sua assenza. Ma devo essere forte. Devo essere forte per me, per i miei bambini, per Sveva e mio nipote Hans e per chiunque mi sia sempre stato amichevole in questi felici anni.

I mesi che seguono sono davvero stancanti: badare a tre bambini, ai sei figli di Goebbels e presiedere al processo sono cose molto difficoltose, non perchè i bambini facciano rumore, anzi. Studiano tutta la mattinata con Dora, mangiano e il pomeriggio giocano tranquillamente, ma se iniziano a litigare perchè uno di  loro non vuole giocare a nascondino o a cose simili ecco che si scatena l'inferno: gridano, piangono e una volta si sono anche picchiati. Ed io non riesco a concentrarmi per costruire la mia arringa per il processo. Un giorno Helmut entra nell'ufficio di Franz, dove io sto cercando nei vari libri di legge qualcosa che possa difendere i gerarchi, ma invano. Helmut viene a sedersi sulle mie gambe, facendo cadere il libro che avevo davanti, il bambino si china a raccoglierlo e me lo porge aperto. Guardo la pagina, cercando di capire se era più avanti o più indietro rispetto al punto in cui ero prima e subito mi brillano gli occhi per l'emozione. Forse una scappatoia ancora c'era, forse li avrei salvati.



-Signori giudici!-inizio io la mattina del 23 febbraio 1946,-Credo che dovremmo appelarci a una massima fondamentale del diritto, qui quest'oggi!-.

-Vale a dire, signora Teschen?-mi chiede Lawrence, unendo davanti a sè le mani, quasi come fosse in preghiera.

-Nullum crimen, nulla poena sine praevia legi poenali!-rispondo, sorridendo furba,-Un reato compiuto in passato non può essere punibile se non vi è una legge penale preesistente che proibisca quel comportamento!-.

I giudici si guardano tra loro, Nikitchenko si schiarisce la gola. Ormai ho capito che quando quell'uomo compie quell'azione è perchè a disgio e non sa cosa dire. Perfetto, almeno per adesso l'ho zittito e spero rimanga in silenzio finchè tutta questa farsa non finirà. Parlottano tra di loro per un po' e Goring mi guarda sghignazzando.

-Respinta!-afferma l'americano, lasciandomi a bocca aperta,-I crimini di guerra, contro l'umanità e contro la pace sono presenti come violazioni in altre leggi internazionali!-.

-Ma questi trattati non sono stati condivisi dalla Germania!-protesto, iniziando ad infuriarmi davvero,-Quindi non possono essere applicati!-.

-Avvocato Teschen!-mi riprende Lawrence,-Se una convenzione internazionale viene accettata da un dato numero di Stati per un lasso di tempo sufficiente, allora detta convenzione è vincolante per ogni stato!-.

I nazisti protestano e io faccio segno a Hermann di calmarsi.-Signor giudide, posso sapere dove diavolo è la giustizia che tanto andate lodando?-chiedo a voce alta,-Vi state comportando in modo indegno, anche se questi signori fossero responsabili di migliaia di morti...-.

-Milioni!-mi contraddice Nikitchenko.

-E' comunque una cosa assurda che non siate equi!-continuo, rivolgendomi al francese,-Dove cazzo sono i vostri principi di uguaglianza, fratellanza e libertà, mh?-.

-Non credo si possa parlare di fratellanza, con voi tedeschi!-mi dice aspro il giudice.

-Oh, certo!-annuisco,-Perchè non si possono rinchiudere centinaia di SS nei campi di lavoro e torturarli con dure mansioni dall'alba al tramonto!-.

Hess si alza dal suo posto, facendo scattare in avanti delle guardie inglesi.-Come osate? Le SS non hanno colpe! Hanno solo eseguito degli ordini perchè obbligati a farlo!-.

Mi volto a guardarlo male e chiedo una sospensione di cinque minuti per parlare con i miei assistiti. La sospensione è accettata e i giudici escono dall'aula, insieme ai procuratori.

-Sei impazzito?-urlo a Herr Hess,-Lo sai cosa hai fatto, vero? Hai autocondannato a morte tutti voi!-.

-Tanto non cambieranno idea, Ehlena!-mi dice,-Torna a casa e pensa ai tuoi figli, il nostro destino è già stato scritto! Loro hanno inscenato questo processo solo per far vedere di essere dei democratici rincoglioniti, ma sotto sotto sapevano già che fine ci avrebbero fatto fare!-.

Li guardo uno per uno e, nonostante quella considerazione veritiera, sostengono fieri e altezzosi il mio sguardo. Annuisco.

-Ehlena!-mi chiama Goring, attirando l'attenzione di tutti quanti,-Non voglio lasciare loro la soddisfazione di farmi uccidere, ne voglio morire quando decideranno loro!-.

-Cosa vuoi che ti porti?-sussurro, capendo a cosa si sta riferendo l'uomo.

-Cianuro, tre fialette! Sono nel mio ufficio!-mi risponde, calmo e composto,-Nel caso ne scoprissero una avrò le altre due!-.

Gli faccio un cenno con la testa, come per dirgli che glielo procurerò, poi i giudici rientrano in aula e nessuno di noi si alza in piedi alla loro entrata, per fargli capire che non li riteniamo delle giurisdizioni, qui in Germania.

-Allora, riprendiamo da dove eravamo arrivati!-dice l'americano, guardandomi.



Non sono riuscita a salvare Martin o Hermann, Hess e nemmeno Ribbentrop. Vengono giustiziati quasi tutti: solo Hjalmar Schacht, Franz von Papen e Hans Fritsche vengono assolti, Albert Speer, Baldur von Schirach, Karl Donitz e von Neurath sono condannati a scontare una pena dai 10 anni per Donitz ai 20 anni per von Schirach, che durante il regime era stato il Capo della Gioventù Hitleriana. Erich Raeder, Rudolf Hess e Walter Funk sono stati condannati all'ergastolo e i restanti gerarchi sono condotti al patibolo per essere impiccati il 16 ottobre 1946. Ho espresso la volontà di presiedere alle esecuzioni, soprattutto a quella di Martin, ma questo mi viene negato. So dal soldato che mi aveva offerto l'acqua il giorno del mio processo, che ho scoperto essere un capitano della marina inglese, che Hermann è riuscito a suicidarsi prima che lo giustiziassero, mentre Julius Streicher prima di morire ha pronunciato queste parole: ' I bolscevichi vi prenderanno tutti, un giorno! Adele, mia cara moglie... Heil, Hitler!'.

Era stato fedele a sua moglie e alla causa del nazismo fino alla morte e questo gli fa onore. Non ero mai stata sicura del nazionalsocialismo, ma degli uomini che ne fecero parte so per certo che erano tra i più fedeli. 

Dopo il processo secondario di Norimberga, nel quale vennero condannati ai lavori forzati molte SS, vengo nominata direttrice dell'azienda Boss e questo permette a me, Sveva e Dora di distrarci un po' da tutto quello che sta accadendo. Fornisco un posto di lavoro a tutti coloro che sono stati lasciati a casa, per le loro adesioni al partito nazionalsocialista. All'inizio era difficile poter vendere e ho speso molto denaro nel far risorgere l'azienda, che era svantaggiata per i contatti che Herr Boss aveva avuto con zio Adolf, ma agli inizi del 1947 la Boss inizia a confezionare vestiti e vendere i suoi prodotti soprattutto in Inghilterra, dove Sir. Truman, il capitano della marina inglese, ha aperto comunicazioni per commerciare nel Regno Unito.

Qualcuno bussa alla porta del mio ufficio e Bruno va ad aprire, facendo entrare James.

-Giovanotto!-lo saluta lui, scompigliandogli i capelli.

Bruno lo guarda male e si pettina con le mani per rimettere a posto i capelli biondi. A sette anni è praticamente uguale al padre e la notte vado spesso a osservarlo dormire beatamente sul letto; dalla morte del padre è diventato taciturno e spesso rimprovera i fratelli più piccoli o Eva e i Goebbels, quasi fosse un adulto. Non voglio che si senta responsabile dei bambini in casa nostra, voglio che si goda (se in questo momento storico si può dire così) la sua infanzia, che pensi a giocare come fanno i bambini e non a seguirmi in ufficio o nell'azienda. Una volta lo vidi parlare con un uomo, sotto la neve di novembre. Il signore era molto alto e incapucciato dalla testa ai piedi. Io uscii fuori dalla porta e lo chiamai, lui salutò l'uomo e tornò da me, mentre quello si girò a guardarmi e poi se ne andò.

-Chi era quell'uomo? Cosa voleva?-chiesi a Bruno, visto che aveva un grosso paio di occhiali neri, un cappello e una sciarpa che gli coprivano il volto.

Bruno non mi rispose ed entrò in casa. Lo tartassai per quasi un mese, ma lui non mi disse mai nulla. La notte lo sentivo piangere e quando andavo nella sua camera lui si asciugava le lacrime, sorridendo. Mi spiegava che era felice, perchè aveva visto il padre.

-Amore mio!-dissi, stringendolo al mio petto,-Era solo un sogno!-.

-NO!-urlò lui, scostandosi violentemente,-L'ho visto!-.

Io non negai di nuovo, facendolo piangere e sfogare, poi lo portai nella mia camera e ci mettemmo a dormire abbracciatti stretti l'uno all'altra.

-Herr Truman!-lo saluta Bruno, riportandomi al presente.

A mio figlio non va a genio che io frequenti James, perchè lo ritiene uno dei responsabili della caduta del nazismo, come gli racconta sempre Sveva e devo ammettere che mia cognata sta iniziando a farmi adirare: James ci ha aiutate con l'azienda e adesso lei vuole rovinare tutto?

-Come stai?-gli chiede James.

-Bene e lei?-.

-Bene!-risponde l'inglese,-Ma ragazzo, dammi pure del 'tu'! Te l'ho già detto!-.

Bruno non replica e esce dall'ufficio per andare da sua zia. James intanto si avvicina e mi bacia una guancia, abbiamo deciso di frequentarci appena finito il processo e devo dire che e l'unico inglese che mi piaccia davvero: anche lui era contrario alla pena di morte per i gerarchi ed è stato l'unico ad avvicinarsi a me, nonostante sapesse chi ero. 

Lui era qui... Franz no, così a febbraio, dopo il compleanno di Bruno, decidiamo di sposarci entro agosto.

-Tu sei sola, io sono solo-mi disse dopo la festa di compleanno di mio figlio,-Potremmo sposarci! Così, se acquisterai il mio nome, la tua azienda sarebbe ancora più facilitata a vendere i tuoi vestiti e tu potresti darmi un figlio, l'erede dei Truman!-.

-Io...-iniziai.

-Tratterò Bruno, Rudolf e Anna come se fossero figli miei!-continuò.

Così accettai. La data fu fissata per il 24 agosto. Sveva era contraria, come tutti nella mia famiglia, ma io lo facevo per il futuro dei miei figli e dei Goebbels, che avevo quasi adottato ormai e per il futuro dell'azienda.

Il 10 maggio, mentre sto provando per la seconda volta il vestito, Bruno entra nella stanza e mi guarda attentamente.-Mamma, devo dirti una cosa!-.

-Dimmi amore mio!-lo esorto.

-Papà è al piano di sotto!-mi dice, facendomi rimanere a bocca aperta.

All'inizio non gli credo e mi avvicino a lui, minacciosa, schiaffeggiandolo sulla guancia.

-Smettila Bruno!-piango e tirando su con il naso,-Tuo padre non tornerà mai!-.

-Ehlena!-.

La sua voce. La voce che ho sognato per così tanto tempo, il suono che più preferivo al mondo, la cosa che più mi era mancata di lui e quello di cui ora avevo più bisogno. La sua voce riusciva ad accarezzarmi l'anima, era il tono della sua voce che era così attraente e non le parole che avrebbe pronunciato con essa ad avermelo fatto amare e amare e amare.

Mi giro verso la porta ed è lì, è reale: i capelli biondissimi sempre tenuti in ordine, gli occhi di ghiaccio, che sembrano volerti leggere l'anima, la barba, che non aveva mai avuto, ora è presente sul suo viso, tagliata corta e ben tenuta. La sua altezza e il suo corpo muscoloso e, come me lo ricordavo, caldo.

E' davvero lui. E' Franz.






E' tornatooo! Dio mio non ce la facevo più a vedere Ehlena da sola... avrei voluto farlo arrivare più tardi, ma non sopporto Truman! Ehlena e Franz sono nati per stare insieme cavolo! Ringrazio per le recensione e per tutte le persone che hanno inserito le storie tra le preferite o le ricordate! Grazie mille. Non so se riuscirò ad aggiornare questa settimana perchè ho un sacco di verifiche e per le spiegazioni di Franz dovrete aspettare un po'... spero di leggere altri vostri commenti(: grazie ancora per i complimenti! A presto!
   
 
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