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Autore: Evanescente84    16/11/2014    1 recensioni
Non sapeva se si odiasse, di fatto non credeva di odiare nessuno. Odiava solo il fatto di amare la vita.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La paura non è che il confine.
Un cartello di legno mezzo marcio, con sopra delle parole incrostate e severe, e dice: "fine della strada. The end." E allora l'unica cosa che puoi fare è voltarti e andartene, tornare da dove eri arrivato. Eppure il cartello resta sempre lì e non è che c'è scritto:" non andare oltre." , ti avverte solo che la strada che conoscevi è finita.
Ora sta a te scegliere. Tornare indietro ad occhi bassi o restare lì, fermo immobile a guardare oltre quel confine. Chiudere gli occhi.
La paura è la linea che separa dal burrone, quella striscia di terra che neanche l'erba osa superare e sulla quale si affaccia terrorizzata. Pazzia, ecco il burrone.
Occhi chiusi. Braccia aperte.
L'ebbrezza del vuoto e l'aria che ti accarezza dolcemente le guance e ti scompiglia i capelli con fare materno.
Vuoto sotto i piedi...un passo. E la paura rimane a terra, lassù. Le tue ali si aprono e spicchi il volo, libero dalla vita, libero dagli abbracci soffocanti, libero dal dolore, libero dalle catene che ti sei costruito per conto tuo.

Un volo. Poi niente. Silenzio.

Cos'è la morte? É la vita da un altro punto di vista? Éil suo contrario? Cos'è la morte? È il buio? La fine o l'inizio.
Certo: nessuno lo sa. Nessuno è mai tornato indietro.
Forse fu proprio questo a fermarlo. Il fatto che non sarebbe piú tornato indietro a vedere le facce dei suoi genitori, dei suoi compagni, dei suoi amici... "Ah, già" un pensiero amaro sfioró la sua mente: non aveva nessun amico. Solo un nemico. Uno solo, ma il più terribile (e dal quale gli era impossibile scappare).
Si guardó le mani. Si toccó le guance. Erano bagnate, completamente fradicie.
I singhiozzi non lo lasciavano andare. Strinse i denti mentre le lacrime continuavano ad uscire, una dopo l'altra, lente e strazianti, sgorgavano direttamente dalla sua anima ferita. Non riusciva a fermarle, erano più forti di lui.
Forse tutti i suoi compagni di classe avevano ragione a dire che era una femminuccia, un frocio, uno stupido! E non avrebbe mai avuto amici...Avevano ragione i suoi genitori, i suoi insegnanti. Era un fallito.
E voleva solo non sentire più niente.
Cadde in ginocchio sul selciato con un suono secco. Ma non badó al dolore dell'impatto, anzi non lo sentiva quasi. Si sentiva come una sottilissima finestra a vetri che va in frantumi.
Il fatto era che aveva immaginato così tanto quel momento, lo aveva organizzato, descritto nei suoi minimi dettagli, ma aveva tralasciato un punto... Quel salto lo aveva ossessionato cosí tanto che non aveva preso in considerazione l'idea che non ce l'avrebbe fatta.
Perchè? Non lo sapeva, anzi lo sapeva ma non voleva ammetterlo. Aveva paura. Ma non sapeva il perchè.
(si ha sempre paura quando si ama...)

Strinse le mani convulsamente, i singhiozzi s'insinuarono nei suoi pensieri rintronanti. I suoi occhi offuscati riuscivano ancora a distinguere il cielo limpido e il sole che tentava invano d'insinuarsi dappertutto, illuminare tutto.
Cosí tentava di guardare, mentre le sue lacrime si mischiavano con la polvere sotto i suoi palmi. Incontrollabili.
Si sentiva un paradosso.

Non riusciva a vivere. Non riusciva a morire.
Era un doppio fallito.

   
 
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