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Autore: rossella0806    16/11/2014    1 recensioni
La signora Gina Belmonte, una mattina di novembre, sente dei rumori provenire dall'appartamento di fronte al suo, al primo piano di Piazza del Plebiscito n°6.
La donna, bigodini in testa e ciabatte di spugna verde, si appresta a cercare la causa di quel frastuono, ma c'è un problema a complicare ancora di più la vicenda: l'appartamento in questione è, infatti, disabitato da tre mesi, quindi qual è la causa di quei rumori? E soprattutto chi c'è all'interno dell'appartamento ormai sfitto?
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’appartamento al numero 6 di Piazza del Plebiscito era disabitato ormai da più di sei mesi: alla fine dell’estate, infatti, la signora Liliana Grandi si era trasferita dall’altra parte della città, nella casa della figlia.
Da quel momento in poi le persiane dell’abitazione al primo piano erano rimaste perennemente chiuse.
Un giorno però, una mattina di novembre, l’ex vicina di casa della signora Liliana, Gina Belmonte, aveva sentito degli strani rumori provenire dall’appartamento in questione, simili ad urla soffocate e tonfi di oggetti pesanti.
Tutti nel palazzo sapevano che l’anziana donna era andata ad abitare dalla figlia, quindi era impossibile che ci fosse qualcuno nell’abitazione ma, nonostante questo, la vicina andò a bussare:
“C’è qualcuno in casa? Sei tu Liliana? Sono Gina ”
La dirimpettaia attese un cenno di risposta, le ciabatte di spugna verde ai piedi e i bigodini in testa.
Dopo una dozzina di secondi di calma piatta, la donna rientrò in casa e si affacciò alla finestra: la strada era occupata dal mercato settimanale che si svolgeva nel grande prato davanti, e così la donna si convinse che probabilmente quei rumori provenissero dai commercianti che sistemavano le loro merci sui banconi.
La signora fece un cenno di diniego con la testa, richiuse a chiave la porta d’entrata e accese la televisione.
 
Quella stessa sera, però, quando la Gina si stava preparando per andare a dormire e aveva già dato da mangiare ai suoi due pesci rossi, il baccano riprese a farsi sentire.
Era più lieve di quello che la donna aveva sentito al mattino, ma il suo orecchio fine non se lo lasciò sfuggire.
Riaccese la luce del corridoio e guardò fuori dallo spioncino della porta: non vide nulla.
Ritornò in camera sua, scostò le tende, tirò su la tapparella giusto quel minimo da poter vedere fuori, e diede una occhiata insistente giù in strada: niente di insolito, qualche macchina parcheggiata e qualche altra che sfrecciava, qualche ritardatario con il cane da portare a passeggio, tutto come ogni notte.
La signora Gina ritornò alla porta d’entrata e guardò nuovamente fuori dallo spioncino: sentiva ancora il rumore, ma adesso non era più sicura che provenisse dal’appartamento di fronte al suo,  poteva anche darsi che fosse la televisione dei signori del secondo piano.
Non sapeva cosa fare: di certo non poteva telefonare alla sua ex vicina, a quell’ora si sarebbe di certo spaventata, e non aveva nemmeno intenzione di uscire sul pianerottolo e bussare alla porta, perché sotto sotto aveva paura.
Optò quindi per chiamare la polizia: prese la cornetta del telefono e compose il numero.
 
Alle undici in punto, venti minuti dopo, la polizia arrivò al numero 6 di Piazza del Plebiscito.
La donna, avvolta in una vestaglia di satin color viola del pensiero, aprì la porta con mani tremanti:
“Prego, accomodatevi”
“Buonasera, signora…” due poliziotti, un uomo e una donna sui quarant’anni, entrarono in casa.
“Grazie di essere venuti. Credo che ci sia qualcuno nell’appartamento di fronte al mio!” la Gina li fece accomodare nel piccolo salottino, la luce del grande lampadario di cristallo accesa.
“Sì, lo sappiamo- esordì l’uomo -dalla chiamata che ha fatto in centrale, ci risulta che abbia sentito dei rumori nell’abitazione qui a fianco… si tratta forse di disturbo della quiete pubblica?”
La donnina, seduta anch’essa sulle sedie attorno al tavolo quadrato di legno di ciliegio, scosse delicatamente la testa canuta e, con voce sempre più bassa, cominciò a spiegare ai due poliziotti:
“In realtà non è andata proprio così. Questa mattina, mentre stavo facendo dei lavoretti in cucina, ho sentito del frastuono provenire dall’appartamento di Liliana, la mia ex vicina di casa, solo che non poteva essere lei, perché si è trasferita sei mesi fa dalla figlia. Poi questa sera, quando ero già pronta per andare a dormire, ho sentito di nuovo quel baccano … ”
L’agente annuì, guardando con aria di incredulità mista a compatimento, la collega:
“Che ora era stamattina?”
“Le nove e tre quarti. Lo so con certezza perché ho guardato l’orologio sulla mensola, vicino alla televisione”
“Ha provato a chiamare la sua ex vicina di casa? “ continuò la poliziotta.
Solo a quella domanda la signora Gina si rese conto della mancanza di prontezza che non aveva avuto appena qualche ora prima, così, con aria ingenua, spiegò:
“No, non l’ho fatto … ho pensato che era la mia fantasia, anche perché oggi era giorno di mercato e ... in realtà non so perché non mi è venuto in mente” concluse amareggiata la donna
“Capisco. Però adesso non mi pare di sentire nulla, signora” l’uomo la guardò con aria interrogativa, finendo di annotare quello strano interrogatorio sul taccuino che aveva estratto poco prima da una delle tasche della divisa.
“Infatti” rispose la Gina “è da quando vi ho chiamato che non ho sentito più nessun rumore …”
La poliziotta fece un cenno d’intesa rivolto all’altro:
“Andiamo a dare un’occhiata… lei, signora, rimanga qui”
I due agenti uscirono e si misero in ascolto: effettivamente dall’abitazione non proveniva alcun frastuono.
Attesero qualche secondo, poi rientrarono in casa della Gina.
“Guardi, noi non abbiamo avvertito niente. Lei è davvero sicura di aver sentito dei rumori?” continuò la donna.
“Sì, ne sono assolutamente certa!”
“D’accordo, allora facciamo così" accondiscese l’uomo "se lei sente di nuovo qualcosa ci chiami. Adesso non possiamo fare nulla, signora, non abbiamo le chiavi e non possiamo buttar giù la porta. L’unica cosa che le consiglio, è di chiamare domattina la sua ex vicina, così da chiarire questa situazione. Ora vada a dormire”
La donnina si strinse ancora di più la cintura della vestaglia, poi si alzò dalla sedia e accompagnò i due poliziotti verso l’uscita.
“Lo farò. Grazie per essere venuti”
Gli agenti salutarono la donna e se ne andarono, orgogliosi di aver compiuto l'ennesimo atto di generosità e dovere civile della giornata.
 
Il mattino successivo, appena terminata la colazione, la signora Gina telefonò alla signora Liliana.
“Pronto, Liliana?”
“Sì, sono io… Gina sei tu?”
“Ciao, scusa se ti disturbo a quest’ora… come stai?”
“Bene… ormai mi sono abituata alla nuova casa. Comunque non preoccuparti, mia figlia è già andata al lavoro e anche mio genero. Ma è successo qualcosa?” il tono di voce fino allora tranquillo e soave come il cinguettio di un passerotto, si tinse di un’improvvisa nota di amarezza.
“Non proprio … ti ho chiamata perché… non so come dirtelo, ma vorrei sapere se… se tu ieri sei venuta qui!” la Gina, per cercare di stemperare l'imbarazzo che la attanaglia, ne approfittò per ritirare nella credenza la scatola di latta con i biscotti al cioccolato, i suoi preferiti, e con un getto più forte del solito di acqua, prese a risciacquare la tazza con le coccinelle, nel lavandino della cucina.
“In che senso? Intendi dire nel mio vecchio appartamento?”
“Sì. Eri tu?”
Dall’altra parte della cornetta, la donna fece un risolino non del tutto amichevole:
“Certo che no, Gina! L’ultima volta che sono venuta è stato un mese fa, per trovare te, lo sai. Poi né io né mia figlia siamo più venute, perché avremmo dovuto?!”
La signora Gina aggrottò la fronte, sentendosi improvvisamente una stupida:
“No, infatti. E’ che, non so se faccio bene a dirtelo, ma ieri ho sentito dei rumori provenire dal tuo appartamento…”
“Cosa? Non è possibile! Te l’ho appena detto che non sono venuta! Ma…va tutto bene, Gina?”
“Sì, certo, come non detto. Scusa se ti ho disturbata, e vieni presto a trovarmi”
“D’accordo, …ciao”
La signora Liliana riattaccò, il primo raggio di sole della mattinata, a riversarsi sul tavolo.
 
 
Una settimana più tardi, al rientro dalla spesa, la signora Gina sentì un odore fortissimo provenire dal suo pianerottolo.
Fece il più velocemente possibile l’unica rampa di scale, e aprì con altrettanta velocità la porta di casa: l’odore si fermava al pianerottolo, per fortuna, non aveva lasciato il gas accesso come temevano i suoi figli da qualche anno a quella parte.
La donna appoggiò le borse con dentro le compere, e ritornò sul pianerottolo: una puzza penetrante le impedì di respirare per un attimo, perciò si mise una mano a coprire naso e bocca.
Rientrò in casa e chiamò la polizia.
 
“Presto,venite” li apostrofò dal balcone la signora Gina, incurante degli sguardi che i passanti le rivolgevano.
Due poliziotti, gli stessi della scorsa settimana, alzarono lo sguardo verso di lei, dicendole:
“Si calmi, stiamo arrivando!”
La donna, appostata dietro l’uscio, appena sentì i loro passi sulle scale, aprì la porta, quel tanto che bastava per non far entrare quell’odioso tanfo in casa.
“Venite!”
Gli agenti entrarono in tutta fretta:
“Dio mio, che cos’è questo fetore?!” domandò la poliziotta.
“Non lo so, sono tornata da fare la spesa meno di una mezz’ora fa, e appena aperto il portone, ho sentito questo odore tremendo!”
“E’ solo da questa stamattina, quindi?” continuò l’uomo, tutti e tre seduti in cucina.
“Sì. Quando sono uscita poco più di un’ora fa, sono assolutamente certa che non c’era!”
“Va bene. Adesso sfondiamo la porta, così capiamo da cosa deriva il tanfo …”
I due poliziotti uscirono e una volta sul pianerottolo, dopo essersi coperti il viso con una mano, sfondarono la porta.
La casa era immersa nell’oscurità, ma quell’odore atroce proveniva sicuramente da lì.
La poliziotta che per prima aveva parlato con la donna, dopo aver constatato che ovviamente l’elettricità non era attaccata, le disse:
“Signora, ci porti una torcia…”
L’entrata si vedeva abbastanza nitidamente, mentre il resto dell’appartamento era avvolto nel buio più totale.
La Gina ritornò con una piccola torcia tascabile, e la diede al poliziotto che era uscito dall’altra abitazione:
“Stia lì…” le ordinò.
Dopo qualche passo, la pila in mano, gli agenti videro qualcosa: il cadavere di un uomo steso a terra, con la camicia sbottonata, giaceva all’imboccatura del corridoio.
 
   
 
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