L’ULULATO
DEL LUPO
Capitolo 1
“Dai Yu!! Vedrai che ti
divertirai!” continua a ripetermi mia
madre.
Mi prende la mano, me la stritola quasi, e mi accompagna
fino ai piedi di un edificio imponente, enorme.
Il freddo mi penetra attraverso la giacca ben chiusa.
Impossibile...forse non è il vento che mi causa tutti questi
tremolii...forse
non è il clima rigido della Russia a lasciarmi questo senso
di gelido...penso
sia colpa di mia madre.
E’ lei che mi trasmette questa fastidiosa sensazione di
vuoto.
“Muoviti Yuri!” mi ordina, ormai il suo tono dolce
e sereno
a cui mi ero abituato, è scomparso per dar spazio ad una
nuova
voce...gracchiante, insopportabile, spasmodica.
“ma...mamma..” tento invano di farle cambiare idea,
ma non
mi ascolta, mi ignora.
Indossa degli occhialoni da sole giganti che le coprono
quasi interamente il viso...che strano, non c’è
neanche un raggio di sole in
cielo...
Appena arriviamo davanti ad un enorme portone di legno
massiccio, un uomo compare sulla soglia.
La prima cosa che penso è: “ma come caspita
è conciato??” e
quasi non mi metto a ridergli in faccia.
Porta una ridicola cuffietta viola, con una mascherina
altrettanto stupida, e sopra un pastrano verde militare, che copre i
pantaloni
e la giacca nera di pelle.
“Non ridere, Yuri...non ridere...” mi dico
sospirando e
arrivando di fronte all’uomo.
“la stavo aspettando, signora Ivanov.” ci dice, ma
rimane
sotto il portone, si vede che non ci lascia entrare.
Mia madre appoggia la mia valigia a terra, stra-piena di
roba da vestire.
Infilo le mani in tasca, sento qualcosa tintinnare contro la
cintura. Wolborg.
Lo stringo nella mia mano...il mio fedele beyblade..il mio
compagno di avventure..il mio alleato...uno dei miei più
grandi amici. Me lo
diede mio padre per il mio 5° compleanno...il 23 dicembre
dell’anno scorso, e
da quel giorno non faccio che lanciarlo e rilanciarlo per la casa...
I due adulti si stringono la mano e si fanno un cenno con la
testa.
“così tu sei Yuri Ivanov, giusto?”
“sì, signore.” rispondo
“un po’ grandicello...ma andrà bene lo
stesso..” dice
scrutandomi
“Yu, rimarrai qui per un po’ di tempo...almeno
finché le
cose tra me e tuo padre non si saranno risistemate,
d’accordo?”
“ho scelta?” penso indirizzandole il pensiero.
“ha quasi 7 anni...abbia cura di lui.” si raccomanda
L’uomo di fronte a me le rivolge un sorriso...ma
più che un
sorriso, mi pare un ghigno.
“E papà?” chiedo spaventandomi.
Non risponde.
“CHE SIGNIFICA CHE RIMARRO’ QUI??”
aggiungo rendendomi conto
solo ora della gravità della situazione.
“Yu...ne abbiamo discusso a lungo...e siamo arrivati alla
conclusione che questo è il posto più adatto per
te..”
“MA QUANTO CI RIMANGO??” la mia voce ormai
è un urletto
strozzato.
Scuote la testa e mi rivolge uno sguardo severo.
Pochi istanti dopo, un bacio freddo si poggia sulla mia
guancia per fuggire alla prima ventata.
La donna corre verso la macchina lasciata davanti al
cancello principale, dove monta senza farsi tanti scrupoli.
Non capisco più niente...è tutto così
strano...così assurdo...
Una mano mi afferra per la collottola e mi trascina dentro,
portandosi appresso la mia valigia.
Percorriamo un lunghissimo corridoio di pietra grigia, con
fiaccole appese ai lati del muro che lo illuminano sinistramente.
“Muoviti!” mi ordina dandomi una ginocchiata
Mi volto..il corridoio non è poi così lungo...ce
la posso
fare...magari riesco ancora a raggiungere mia mamma.
La prima cosa che mi viene in mente è la fuga.
Strattono la presa e mi molla, finalmente!
Corro a più non posso...
“corri Yuri! corri!” mi dico mentre schivo due
guardiani
vestiti in modo altrettanto ridicolo.
Tutto un tratto, la mia fuga si ferma a causa di un’orda di
bambini
che mi obbligano a indietreggiare.
I loro sguardi, a differenza della loro età, non sembrano
affatto cordiali e innocenti.
In particolare, la mia attenzione è attirata dal ragazzino
davanti a quella massa di gente.
I suoi occhi smeraldini non assicurano niente di buono,
anche se come stazza non è proprio dei più ben
postati. Infatti, di fianco a
lui, c’è un colosso biondo dagli occhi
plumbei..come il cielo d’inverno della
fredda Russia. Questo sì che fa paura...Mi scrutano con
severità e disprezzo.
Qualcuno mi arriva alle spalle, mi prendono per la
collottola e mi trascinano di nuovo verso l’ufficio di
quell’uomo.
“bene, Yuri, vedo che mi toccherà insegnarti
qualche regola
di base prima del previsto..” comincia con fare teatrale.
Lo guardo negli occhi, non devo far capire di aver paura di
lui.
“NON GUARDARMI COSI SFRONTATAMENTE, MOCCIOSETTO!”
un colpo
ben assestato e mi ritrovo gambe all’aria.
Mi rialzo senza troppi complimenti e delle guardie mi afferrano
le braccia.
Mi tocco il labbro con la mano e vedo una macchiolina rossa
su di essa.
“In questa scuola si impara prima di tutto ad essere
DISCIPLINATI!! Cosa che tu, evidentemente, non sei! ma si rimedia
subito...qualche giorno senza mangiare può farti solo che
bene.”
“cominciamo bene...” penso temendo il peggio.
“la regola principale, qui dentro è...OBBEDIRE
SENZA
DISCUTERE! Sono stato abbastanza chiaro? Ti serve sapere solo questo, e
se
obbedirai, tutto filerà liscio..Per chi tenta la fuga,
c’è l’isolamento nel
nostro carcere, ma dato che per te è il primo giorno, faremo
un’eccezione alla
regola.”
Deglutisco...non riesco a credere che mia madre, o quella
donna che chiamavo tale, mi abbia piazzato qui dentro! E’ un
manicomio! Una
gabbia di matti!
Stringo il mio beyblade quasi stritolandolo
“qui si gioca a beyblade per vivere, e non il
contrario.”
conclude il discorso.
“so che tu sei un blaider di grande talento..”
“e come..” chiedo, o almeno..tento di fare una
domanda.
Mi arriva un ceffone che non ho nemmeno visto partire.
“SI STA ZITTI QUANDO PARLA IL SOTTOSCRITTO!”
sbraita
infuriato.
Mi verrebbe da rispondere...non sono propenso a subire senza
reagire, forse non mi conosce ancora tanto bene, ma ne avrà
sicuramente modo, e
sono convinto che non sarà divertente..per lui.
“ti tengo d’occhio da tempo, Ivanov, e ti ho fatto
chiamare
per allenarti appositamente in questo monastero...”
“bell’affare.” penso sarcastico.
Mi rivolge un’occhiata truce, forse mi ha letto nel
pensiero.
“mi aspetto grandi cose da te, Ivanov. Mi auguro che tu
prenda parte della squadra nazionale russa.”
Annuisco. Che altro posso fare? Parlare non posso, mangiare
neanche, rispondergli per le rime non se ne parla...questo posto
è una vera
schifezza. Come hanno potuto rinchiudermi qui dentro?
“HUZNESTOV!” chiama.
La porta dell’ufficio si apre e compare il ragazzo che avevo
intravisto tra gli altri.
Ha un portamento militare, infatti si mette sull’attenti. Il
suo volto è impassibile. I suoi occhi, come la prima volta
ho notato, sono due
gelidi smeraldi.
“comandi!”
“porta Ivanov nella sua stanza!”
Il ragazzo mi guarda e non batte ciglio.
Gli sbarro gli occhi stralunato.
“che hai da guardare, soldatino?” gli chiedo
mentalmente.
“Ah, non mi sono ancora presentato. Io sono Vladimir Vorkov.
Per te, sono il Signor Vorkov.”