Storie originali > Favola
Ricorda la storia  |      
Autore: Sabu_chan    20/11/2014    1 recensioni
C’ERA UNA VOLTA…
…un elfo delle caverne, vestito con un’armatura dorata e un lungo mantello del colore del sole. Viaggiava per le Terre dell’Ombra, attraversando fitti boschi e lugubri caverne, per compiere una missione affidatagli dalla regina del suo popolo. Il compito non era dei più facili: era stato incaricato di trovare Azul, un antico artefatto che si diceva potesse far crescere rigogliose piante su qualsiasi terreno e portare prosperità anche nei luoghi meno adatti al vivere...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





C’ERA UNA VOLTA…

 

 

…un elfo delle caverne, vestito con un’armatura dorata e un lungo mantello del colore del sole. Viaggiava per le Terre dell’Ombra, attraversando fitti boschi e lugubri caverne, per compiere una missione affidatagli dalla regina del suo popolo. Il compito non era dei più facili: era stato incaricato di trovare Azul, un antico artefatto che si diceva potesse far crescere rigogliose piante su qualsiasi terreno e portare prosperità anche nei luoghi meno adatti al vivere.

Il guerriero seguì dunque diversi percorsi: per prima cosa decise di scalare le alte montagne del suo paese, poi si mise a cercare lungo le sponde del Grande Fiume, e ancora attraversò nebbiose paludi irte di piante urticanti e ostacolanti. Ma di Azul non vi era traccia.

Non gli rimaneva altro luogo da esplorare se non le profonde grotte ai confini della regione. Gli elfi adulti narravano ai bambini storie paurose riguardo quei luoghi: se ci si avvicinava troppo, l’oscura presenza che abitava le grotte avrebbe risucchiato i malcapitati al loro interno, facendoli smarrire nella miriade di gallerie sotterranee e perdendo così la via di casa. Ma l’elfo dall’armatura dorata era ormai un uomo e quelle leggende le lasciava volentieri ai più piccoli che non avevano ancora sviluppato le lunghe orecchie, tipiche degli elfi.

Prima di varcare l’ingresso della grotta principale, il guerriero estrasse da una piega del fulgido mantello una sfera di color rosso cangiante: gli era stata donata dalla regina in persona, prima della sua partenza, e gli era stato anche detto che quell’artefatto l’avrebbe sicuramente condotto da Azul, solo non se ne conosceva il corretto funzionamento.

L’elfo prese un lungo respiro e, sfera in mano, si addentrò più a fondo nel complesso di lunghe e buie gallerie sotterranee. Di tanto in tanto poteva udire dei sibili e stridii, forse prodotti dai piccoli abitanti del posto, e continui ticchettii da gocce d’acqua che filtravano dalle rocce. L’atmosfera si faceva tesa. L’aria era pesante e la fioca luce, che veniva riflessa dai cristalli appesi al soffitto, non bastava per comprendere in che direzione il guerriero si stesse muovendo.

Decise di fare una pausa e si sedette sull’umido terreno. La stanchezza si stava facendo sentire e la voglia di rinunciare alla missione e gettare via la sua lucente armatura era davvero tanta. « Ormai è inutile – mormorò l’elfo – il mio popolo è destinato alla morte. Non troverò mai Azul.»

Quando terminò di pronunciare quelle parole, la sfera che aveva tra le mani si accese improvvisamente di un rosso vivo e un bagliore carminio aleggiava attorno ad essa. L’uomo, colto alla sprovvista, lasciò cadere l’artefatto, che rotolò sul terreno per qualche metro, si fermò e si sollevò da terra. Che magia era mai quella? L’uomo indietreggiò e cercò di sguainare la spada che portava legata sul lato, ma la paura che le leggende raccontate ai bambini del suo regno fossero vere non gli permise di estrarre l’arma.

La sfera si mosse in sua direzione, ma non era sola: una piccola figura incappucciata di nero la stava tenendo sollevata da terra, fluttuante tra le sue mani minute. Poteva essere un goblin o un orchetto, ma osservando quel poco che la sfera riusciva ad illuminare pareva di trovarsi davanti a un bambino.

« Cosa stai facendo, signore?» chiese il piccolo al guerriero, che nel mentre aveva ritrovato la calma. « Non sai che è pericoloso qui sotto?» chiese, avvicinandosi e porgendogli la sfera luminescente. L’elfo non gli diede retta e osservò silenzioso l’artefatto: sembrava reagire alla presenza del bambino, ma per quel che sapeva Azul non si era di certo incarnato in un essere vivente. Alzò il capo e scrutò il volto coperto dal nero mantello del suo piccolo interlocutore: «Ti sei perso? Conosci l’uscita di questo posto?»

Il bambino sorrise lievemente, fece una giravolta su sé stesso e prese a trotterellare in direzione opposta, mormorando un allegro motivetto. Il guerriero si alzò di scatto e gli corse appresso, sperando che quel bambino avesse più familiarità con le grotte di quanto non ne aveva lui. La sfera, intanto, guizzava di colore.

La figura svoltò improvvisamente a sinistra e così fece poco dopo il guerriero, ma del bambino non vi era più traccia. Provo a chiarmalo a gran voce con ripetuti Hey! Hey! dato che non ne conosceva il nome. Lo cercò senza allontanarsi troppo da quel punto, osservò i cunicoli formati tra le crepe della roccia, guardò in alto e in basso temendo uno scherzo da parte del piccolo, ma senza fortuna. Anche la sfera rossa iniziò ad emettere sempre meno luce, facendo tornare il luogo nuovamente buio, desolato e asfissiante. Per la rabbia di essersi perso e non riuscire più a distinguere la conformazione della grotta, lanciò la sfera contro una parete con tutta la forza che aveva in corpo e questa si ruppe appena incontrò la dura roccia, in minuscolo pezzettini cremisi.

Nell’esatto punto dell’impatto si creò una crepa, dalla quale filtrava un raggio di luce bianca. In preda al panico e all’impellente voglia di uscire da quelle scure grotte, l’elfo estrasse finalmente la spada e conficcò la punta precisamente in quello squarcio. Facendo leva su essa, la fessura si aprì ulteriormente, fino a sbriciolare una buona porzione della parete rocciosa e creare un’uscita all’esterno.

Non ci pensò due volte: il guerriero balzò fuori e rotolò sul terreno erboso, riempiendosi i polmoni di aria fresca e pulita, irradiato da una forte e calda luce solare. L’uomo rimase disteso a pancia all’aria su quell’immensa distesa verde, ansimante, stanco per l’enorme fatica che aveva fatto per uscire dall’incubo delle caverne. Dopo essersi ripreso, aprì finalmente gli occhi.

Azul lo osservava dal suo alto splendore.

Un immenso cielo d’un azzurro splendente sovrastava quella terra rigogliosa.

Quasi non ci credeva: il suo viaggio durato per un tempo indeterminato era finalmente giunto alla fine. O forse… «Sono morto?» bisbiglio tra sé e sé, socchiudendo gli occhi davanti a tanto maestoso blu.

«No, affatto.» disse una voce squillante, che proveniva dal foro creato tra le rocce. L’elfo si ricompose, si alzò in ginocchio e osservò quel buco di tenebre. Era il bambino di prima, ancora avvolto nel suo scuro manto. Grazie alla luce esterna poteva osservarlo meglio, anche se l’unica cosa che poteva scorgere era una porzione di viso. Sorrideva.

« Tu avevi Rouge e lui ti ha guidato.- proseguì, mentre con una mano sollevava dai frammenti rossi- Ma ciò che ti ha fatto strada più di tutto è stata la tua voglia di salvare la tua terra. Questa sfera rossa non sarebbe servita a nulla se non avessi usato anche questo. » e si puntò un dito sul petto.

L’elfo sorrise e annuì lievemente, ma c’era ancora qualcosa da fare. «Come posso ora portare Azul, questo azzurro, al mio popolo?» chiese.

Il bambino ridacchiò perfidamente e lasciò cadere i frammenti rossi che aveva in mano, calpestandoli. « Loro non possono. Hanno sempre avuto il potere, ma non l’hanno mai utilizzato. Pochi possono vedere Azul e finchè loro staranno sul trono, nei loro splendidi palazzi, non potranno mai possedere questo dono degli dei.» disse, indicando questa volta il cielo.

Il guerriero rimase stupefatto da questa teoria. La medicina al male delle loro terre era lì, era sempre esistita ma pochi potevano usufruirne. Nemmeno i più potenti e ricchi signori avrebbero avuto questo privilegio. Come poteva dunque salvare il suo popolo, i suoi cari, dall’altra parte delle labirintiche grotte?

« Non preoccuparti, - disse ancora il bambino, calandosi ulteriormente il cappuccio sul capo e dandogli le spalle- ne porterò altri da questa parte. L’importante è che i vecchi continuino a parlare di me ai loro figlioli.»

E se ne andò tra le tenebre, lasciando l’elfo solo in quello sterminato campo irradiato dal piacevole calore primaverile.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Sabu_chan