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Autore: Fantasiiana    27/11/2014    2 recensioni
Persefone, dea della primavera e regina degli Inferi, è improvvisamente scomparsa. Zeus non permette agli altri dei di unirsi alle ricerche e gli Inferi sono completamente allo sbaraglio. Ade ha infatto fermato la Morte dall'uccidere e non la rilascerà finchè Persefone non sarà tornata al suo fianco.
Ma una creatura che non veniva vista da secoli torna a fare breccia nel cuore del dio dei morti, mentre la sua consorte è tenuta prigioniera e privata della memoria.
Una terribile vendetta è in corso e mira a spodestare la dea dal suo trono e dal suo ruolo di moglie.
Di amori, oscurità, vendetta e gelosia.
A voi se leggere o meno.
**************************
Dal secondo capitolo:
-Ora basta!
La sala calò nel silenzio più assoluto.
-Nessuno di voi abbandonerà il proprio posto.
-Persefone è anche tua figlia!- squittì indignata Demetra, scattando in piedi. -Come puoi...
-Così ho deciso- la interruppe Zeus alzando una mano. -Non voglio rischiare un'altra guerra per una distrazione.
-Quindi Persefone sarebbe questo? UNA DISTRAZIONE?!- chiese ancora Demetra, ma non ricevette risposta.
Si voltò, allora, verso Ade.
-E tu? Non dici niente?!
-Non mi aspettavo nulla di più.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7






Ade sedeva sul suo trono di ossa, la testa placidamente adagiata sulla mano aperta e a sua volta posta sul bracciolo. Anche nel sonno, come nella vita reale, il dio non lasciava trapelare le proprie emozioni. Che stesse impazzendo di gioia o morendo dentro non un respiro mozzato, un geito appena emesso o l'ombra sfuggente di un sorriso si sarebbe materializzato a rivelare ciò che provava, mai, eccetto che con la sua compagna. Ma volendo, non ce ne sarebbe comunque stato bisogno, visto che quelle due anime divise da altrettanti corpi si capivano alla perfezione, come fossero una sola.
Menta, nascosta all'ombra di una colonna, arricciò le labbra.
Persefone.
Si era presa tutto.
Ade, il regno, la sua vita. E lei glielo avrebbe sottratto. Tutto ciò che le spettava, tutto ciò che non aveva potuto avere.
Ghignò, crudele.
Gli Inferi sarebbero tornati Inferi, non più governati da una sciocca dea supera, troppo debole per guidare la giusta era di terrore che stava per nascere.
L'Averno avrebbe avuto la sua vendetta, con lei, non più costretto a celarsi all'ombra dell'Olimpo e degli Abissi. Basta ombra. Era tempo di uscire allo scoperto. Era tempo della luce.
Si avvicinò lesta al dio dei morti.
Sì, si sarebbe preso anche lui. Non importava ciò che pensava Thanatos.
Povero idiota. Illuso di poter avere un dio di quella portata.
Menta sorvolò con gli occhi quel corpo perfetto, piegato sotto il giogo implacabile della stanchezza, che per un dio veniva accentuata dal dolore. Perché si sa, un cuore triste è anche più debole.
Una ciocca nera come il petrolio gli ricadeva sulla fronte, il petto si alzava e si abbassava, calmo, coperto solo in parte dal chitone nero, con una spallina sola, allenato e possente.
Si sentì fremere nella sua intimità, ma si impose di rimanere lì, a bearsi di quella bellezza sprecata per una ragazzina che mai, neanche dopo milioni di anni, sarebbe divenuta donna.
E' finita l'ora della vita, mia cara Persefone. E' ora che la morte cominci a regnare sovrana.
Si avvicinò al dio, le ciglia frementi e il corpo desideroso di gustare quella pelle marmorea e le labbra chiare atteggiate in quel loro consueto broncio.
Non ti perdonerò mai per quello che gli hai fatto: un dio così forte ridotto a questo per un sentimento altrettanto debole pensò con disprezzo. Poi si bloccò, inorridita. No. Lui non ama lei. Ama me. Me e me soltanto.
Si liberò di quella fantasia e tornò ad osservarlo. Si inginocchiò, per riuscire meglio a vederlo, mentre una mano si allungava audace, per sfiorare incantata quei pettorali afrodisiaci.
Un'ombra lesta si mosse e la ninfa si ritrovò con il polso sollevato sopra la testa del dio, i due volti vicinissimi, le labbra che quasi si toccavano e i suoi due occhi di pece a tuffarsi smarriti in quelli carichi d'ira di lui.
-Sei sempre stata una ninfa audace, Menta, fin troppo. Questo atteggiamento comincia a stancarmi.
Lei fece tremare le labbra, la voce corrotta da un pianto troppo ben programamto.
-Io... Vi assicuro, mio signore, che non volevo...
-Che cosa, ninfa?- chiese lui con disprezzo.
Lei si divincolò, gemendo e strizzando gli occhi.
-Per favore, mi fate male!- piagnucolò.
Lui arricciò le labbra e la spinse a terra.
-Sparisci dalla mia vista.
Menta si trattenne a stento dal serrare la mascella. Si limitò, invece, a stringersi il polso al petto, alzandosi lentamente.
-Il mio signore è turbato per la scomparsa della sua regina, ma io mi chidevo...
Si fermò.
Lui si alzò, sovrastandola minaccioso.
-Sì?- la incalzò.
-Ecco... I-io mi chiedevo se... Se questa sparizione non sia tutto un inganno...
Una fiamma si accese negli occhi del dio.
-Ecco... Nessuno trova la regina, ma... Se non fosse solamente perché la regina "non vuole" essere trovata?
Ade sollevò una mano, pronto a colpirla, ma lei si gettò in ginocchio a terra, le braccia protese a coprirle il capo, il corpo scosso dai singhiozzi.
Ade respirò profondamente, poi si voltò furoso ed uscì dalla sala del trono, mentre un ghigno trionfante si allungava nel volto della ninfa.
Oh, sì, si sarebbe presa tutto. E sapeva bene chi avrebbe potuto spianargli la strada del re dell'Averno.

I ciuffi d'erba ondeggiavano placidamente, sospinti da soffio tiepido di Zefiro, orlati da tonde gocce di rugiada che spezzaca i raggi caldi di Apollo in tanti colori diversi, sacri ad Iride.
Persefone sbattè più volte le palpebre, confusa.
Si guardò intorno, cercando una traccia di vita intorno a sé che non fosse data ai cinguettanti stormi di volatili nascosti fra le fronde verdi.
-Mia signora- la chiamò qualcuno, facendola voltare allarmata.
Un uomo dai lunghi capelli neri la guardava tristemente da dietro un albero, gli occh di un bianco purissimo.
-Chi... Chi siete voi?- chiese spaventata lei.
L'uomo le si inginocchiò accanto.
Persefone fece per allontanarsi ma una mano dell'altro le afferrò il polso, decisa seppur delicata.
-Per favore. Scappare non vi servirebbe a nulla- l'avvertì lui, addolorato.
-Io... Io...
-Io sono Hypnos.
Le baciò una mano, reverenziale.
-Siete al sicuro qui.
Persefone si morse un labbro, ancora preoccupata, seppur consapevole di averlo già incontrata altre volte.
-Perché mi avete portata qui?
Hypnos sorrise amaro.
-A dire il vero questo posto è una vostra creazione.
Lei si guardò stupita le mani.
-Io...
Ma Hypnos la interruppe, allungando un dito fino a carezzarle una tempia.
-Qui dentro, mia regina: è tutto un sogno.
-Un sogno, dite?- chiese lei sbalordita. -Ma è così reale!
Lui scrollò le spalle. -Un piccolo dono da parte mia.
Persefone raddrizzò la schiena, allungandosi verso di lui. -Davvero? E che altro siete in grado di fare?
Le guance del dio si tinsero di rosso, sostituendo il candido pallore delle gote marmoree.
-Bé...
Distolse lo sguardo dagli occhi verdi di lei e lo puntò sulla radura.
Un nitrito sovrastò lo stormire intorno e un maestoso cavallo nero e alato atterrò a pochi metri da loro.
Persefone si portò le mani alla bocca, trattenendo il fiato in un gesto infantile.
-E'... E' bellissimo!
-Vi va di avvicinarvi?- le chiese Hypnos porgendole una mano esitante.
Lei la guardò per un po', poi sorrise dolce e vi posò la sua, facendosi guidare verso il pegaso che brucava l'erba con la coda che scattava di tanto in tanto.
Hypos carezzò il collo del purosangue con sicurezza, poi si voltò verso la fanciulla che guardava l'animale con un misto di timore e desiderio. Strinse appena di più la sua mano e l'allungò verso il manto nero, sorridendo incoraggiante.
-Non vi farà del male- promise.
Le sfuggì una risata, mentre protedeva anche l'altra mano a carezzare il pegaso, le dita che si facevano strada verso il capo lucido.
-Come volete chiamarlo?- chiese Hypnos sorridendo intenerito.
-Cosa?- domandò lei di rimando.
-Bè, è il vostro cavallo adesso.
-Oh, no! Che sciocchezza! Lui è parone di se stesso: è libero!- ribattè lei sorridendogli, e il dio si sentì morire.
-Ti piacerebbe un nome, danzatore fra i venti?- chiese Persefone carezzano la criniera scura del pegaso. Quello nitrì in risposta.
-Che ne dici di Narciso?
Il dio si rabbuiò, chinando il capo e sentendo gli occhi pizzigargli.
-E sia! Ti chiamerai Narciso!- esclamò allegra Persefone, voltandosi poi per cercare l'approvazione del suo compagno.
-Qualcosa non va?- gli chiese preoccupata.
-No... No, è tutto... Tutto perfetto- rispose l'altro voltandosi di spalle.
Un calore gentile gli avvolse la mano.
Si chinò a guardare e vide una mano timida e chiara cercare di allacciarsi alla sua, fredda come il ghiaccio.
Sollevò lo sguardo e incontrò il volto della dea bambina, che lo guardava triste.
Le sorrise, scostandole una ciocca dietro l'orecchio.
-Siamo amici, Hypnos... Non è vero?
-Ma certo, mia signora.
Le sue labbra di pesca si sporsero in modo curioso a formae un broncio, ma a lui sembrò guardare un bociolo a primavera prossimo alla fioritura. Fu tentato di chinarsi e circondarlo con le sue, di labbra, e proteggerlo dal freddo della morte.
Ma quella visione idilliaca fu interrotta dallo schiudersi dei petali.
-Perché continui a chiamarmi così? Non sono la tua signora chiese lei rivolgendosi al dio dandogli del "tu". Le sopracciglia chiare, aggrottate, quasi si toccavano, tremanti nel loro cruccio. Gli occhi lo squadravano determinati e impertinenti.
Il dio sorrise, carezzandogli con il pollice una gota chiara.
-Hai ragione...
Lei lo incitò con lo sguardo.
-Persefone- concluse lui, e la fanciulla sorrise trionfante.
-Facciamo una passeggiata, adesso?- propose l'altra instancabile, con la curiosità e il senso di esplorazione degli infanti, stringendogli la mano con le sue e cercando di smuoverlo dalla sua posizione.
Lui non potè impedirsi di sorridere.
Con uno scatto fulmineo la sollevò per i fianchi e la posò sulla groppa del pegaso dietro di loro, notando solo dopo che lei si era pietrificata a quel gesto, gli occhi sgranati.
-Persefone?- le chiese, preoccupato.
Lei non rispose, immobile.
-Persefone?
Lei scosse la testa e si voltò a guardarlò, spaesata.
-Sì?- chiese.
-A cosa pensavi?- domandò il dio montando dietro di lei.
-Oh... Nulla... Una sensazione...
Lui si morse il labbro, poi allungò le braccia a cingerle i fianchi.
Lei si voltò a guardarlò allarmata.
-Così non cadrai- spiegò lui, imbarazzato, ritirando gli arti.
Lei sorrise cortese e annuì impercettibilmente, rossa in volto.
Hypnos trattenne un piccolo sorriso nervoso e si allungò a tenerla stretta.
-Tieniti forte- disse, stringendo due ciocche della criniera del pegaso e spronandolo a spiccare il volo.
E insieme sorvolarono gli idilliaci cieli azzurri di quel mondo irreale, mentre la regina degli Inferi si ritrovava a sorridere nel sonno, chiusa in quella stanza buia che era la sua cella.

  
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