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Autore: Iaiasdream    27/11/2014    1 recensioni
Venus Rupestri frequenta il collegio Amoris, rinomato in tutta la regione.
innamorata da tre anni del figlio del preside si ritroverà ad essere ricambiata da quell'amore, per lei, impossibile. Ma, quando finalmente pensa di aver trovato la vera felicità, qualcuno giunto da lontano le stravolgerà la vita. Chi sarà? cosa nasconde, ma soprattutto cosa vuole da Venus?
Genere: Drammatico, Erotico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Debrah, Debrah, Dolcetta, Nathaniel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SCOTTANTI DECISIONI
 



Il panico più totale aveva invaso il suo cuore. Mentre aggiustava un plico di fogli leggendone il contenuto e cercando di capire almeno qualche parola che scorreva velocemente ai suoi occhi, Nathaniel pensò per l’ennesima volta che era spacciato.
Il nuovo arrivato stava rivelando il suo vero io, e lo stava facendo con estrema tranquillità. Non riusciva ancora a concepire se quella sua richiesta non fosse altro che una spudorata minaccia, infondo non gliene aveva dato significato. Gli aveva solo detto che doveva lasciargli campo libero in quella biblioteca senza porgli domande e obbedire a ogni suo ordine.
- Perché mi chiedi questo? – gli aveva chiesto tremante.
- Ti ho appena detto che non devi farmi domande! – aveva mormorato sorridendo beffardo il nuovo arrivato – limitati solo a fare ciò che ti ho detto, e la tua… storia con quella ragazza, rimarrà impolverata come questi libri che non calcola nessuno. Intesi?
Dopo di ciò, non gli aveva dato neanche il tempo di ribattere che rivelando un ghigno e sussurrando un:- Ricorda che so tutto di te – era uscito dalla biblioteca lasciando Nathaniel alquanto frastornato e impaurito.
Cos’è che il nuovo arrivato conosceva di lui? Non riusciva ancora a credere di essere stato scoperto. Lui che riteneva l’ordine e l’attenzione due importantissime priorità, si era fatto beccare da un ragazzo misterioso come quello. L’amore per Venus lo aveva accecato, e questo non poteva assolutamente succedere. Doveva trovare una soluzione senza però rinunciare a quella ragazza che aveva amato fin dal primo giorno che l’aveva incontrata.
Nervoso e con gli ansimi che lo avevano invaso, scaraventò con un sol gesto dell’avambraccio, il plico di fogli, che non persero tempo a disperdersi sul pavimento di marmo. Sprofondò sulla sedia sbuffando, poggiò i gomiti sulla scrivania e affondò il viso fra palmi sudati.
- Concentrati Nathaniel, non succederà assolutamente nulla di terribile – sussurrò socchiudendo gli occhi e tirando lunghi e profondi respiri; poi sollevò la testa passandosi una mano sulla bocca e istintivamente volse il suo sguardo dorato verso la finestra, incrociando in lontananza alcune stanze del dormitorio femminile.
 
***
 
Erano le diciotto e cinque minuti quando Venus si fermò davanti la porta della sua camera, catturando respiri profondi preparandosi alle eventuali domande che avrebbe fatto Debrah non appena l’avesse vista. Era sgattaiolata fuori dalla biblioteca come una ladra per non farsi vedere da Boris, il custode del collegio, anche se sapeva che se l’avesse vista non le avrebbe fatto nulla. Quell’uomo “tutto muscoli e niente cervello”, come ormai solevano chiamarlo le collegiali, aveva un’acuta simpatia per le donne, gli bastava un loro sorriso per esaudire ogni loro richiesta. Poteva sembrare uno di quegli uomini pervertiti, ma Boris era letteralmente innocuo.
Venus era una delle poche che non si approfittava del carattere del custode, e di certo non volle iniziare a farlo quella sera, così, con il suo passo elegante e quasi silenzioso, attraversò il viale colonnato, entrando nel dormitorio.
Esitante, afferrò la maniglia della porta, la spinse verso il basso e aprì. Fu una sorpresa per lei trovare la camera vuota e spenta. Il letto di Debrah era ancora intatto, e sulla scrivania mancavano i libri usati a lezione, quella mattina.
- Debrah? – la chiamò a voce bassa chiudendosi la porta alle spalle e volgendo lo sguardo verso la porta del bagno. Vedendo che dalle fessure non filtrava alcuna luce, si rese conto che la sua amica non era ancora ritornata. Istintivamente volse lo sguardo verso l’orologio digitale poggiato sul comodino, erano le sei e un quarto di sera. A quell’ora tutti gli allievi del collegio dovevano trovarsi nelle loro camere a studiare. Tutti tranne Debrah.
- Dove si sarà cacciata? – si chiese Venus sospirando e poggiandosi di spalle alla porta. 
 
***
 
Era passata più di un’ora da quando la ragazza dai castani capelli ribelli aveva perso le tracce del nuovo arrivato. Dopo che la campanella aveva decretato la fine delle lezioni, non curante della sua compagna di stanza, si era precipitata fuori dall’alula aspettando che anche il bel Castiel fosse uscito. Si era poggiata di spalle al muro adiacente la porta dell’aula e dopo che il ragazzo le era passato davanti, gli aveva sorriso salutandolo. Castiel, dal canto suo, aveva fatto finta di non sentirla e indifferente aveva continuato per la sua strada.
La reazione che Debrah aveva avuto a quell’atteggiamento, fu tutt’altro che buona. Aveva strinto i pugni, digrignato i denti e distaccatasi dal muro, l’aveva seguito. Dopo qualche tratto però, aveva perso le sue tracce, ma non la pazienza; così, sedutasi sulla panchina dove per la prima volta il moro le aveva parlato, aspettò un suo eventuale ritorno.
La campanella era suonata da un pezzo e di Castiel nemmeno l’ombra. Debrah sapeva che doveva ritornare nella sua camera se non voleva avere qualche giorno di espulsione, ma era anche vero che non voleva perdersi un altro incontro con quel misterioso ragazzo dalla bellezza quasi dannata. A poco a poco il cielo si imbrunì, e quando sentì che il silenzio aveva invaso il cortile, decise di ritornarsene in stanza. Si alzò sbuffando e guardandosi intorno con attenzione, si incamminò verso il dormitorio femminile. Non appena, però, mise piede sui freddi mattoni del viale, un’ombra davanti a se si disegnò repentina.
Debrah si fermò impietrita immaginando di ritrovarsi rinchiusa nella sua camera per una settimana intera con la sola possibilità di vedere Venus. Non che questo la infastidisse, ma alle volte –cosa che sapeva ben nascondere- la semplicità di quella ragazza la faceva sentire inferiore, e questo lei non lo sopportava.
Rielaborando alcune scuse da poter dire alla persona a pochi passi da lei, Debrah aspettò immobile come un animale vittima del suo carnefice, forse sperando che mantenendo quella posizione, l’ombra si sarebbe dileguata, e invece quest’ultima continuò ad avvicinarsi a lei, permettendo alle luci dei fari di illuminare la propria immagine.
Se fosse stato uno strumento musicale, il cuore della castana avrebbe intonato una sinfonia d’amore, ché dopo aver visto Castiel, si mise a battere in un modo che superava la foga.
- C-Castiel! – esclamò atteggiandosi a sorpresa. Il ragazzo fermò i suoi passi e rimase a guardarla per qualche istante prima di riprendere a camminare, senza darle troppa importanza.
- Aspetta! – continuò questa, scattando in avanti per sbarrargli la strada.
- Che vuoi? – chiese il giovane infastidito.
- Ti stavo aspettando – rispose lei non riuscendo a frenare il suo vero carattere. Castiel alzò le sopracciglia rimanendo alquanto scettico da quella rivelazione fatta in modo naturale.
- Perché? – chiese pentendosene dopo un po’.
- Volevo parlarti – rispose Debrah, portandosi una ciocca dietro l’orecchio – la mia amica oggi ci ha interrotto e non abbiamo avuto più modo di parlare.
- E non ha fatto bene? – sorrise strafottente il ragazzo infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. A quella frase, Debrah scrollò le spalle, sentendosi un po’ offesa.
- Cosa intendi? – chiese.
- Non abbiamo niente da dirci – rispose secco Castiel.
- Ma… stamattina…
- Che cosa vuoi Debrah? – la interruppe cancellando dal suo volto quell’espressione beffarda.
La ragazza esitò nel rispondere e dopo aver raccolto abbastanza aria nei polmoni, si armò di coraggio e disse:- voglio essere la tua ragazza!
Quelle parole, sembrarono non scalfire le emozioni di Castiel, il quale si limitò soltanto a sollevare un sopracciglio. Vedendo che da lui non ricevette alcuna risposta, Debrah gli si avvicinò con passo lento, mostrando i suoi occhioni azzurri e sfoggiando il sorriso più ammaliante che potesse avere.
- Da quando sei entrato in classe, non ho potuto fare a meno di pensare che non ho mai visto un ragazzo più bello in vita mia… fammi essere la tua ragazza, Castiel…
Prima di rispondere, il nuovo arrivato sbuffò un sorriso, tolse le mani dalle tasche facendole penzolare lungo i fianchi, poi imitando lo sguardo della ragazza chiese:- Sei sicura di quello che stai dicendo?
Come risposta, Debrah assentì con il capo, eliminando l’ultimo spazio che la divideva da lui.
Tempo un secondo, e Castiel con uno scatto afferrò bruscamente la giovane per un braccio, facendole fare un giro e sbattendola di spalle contro la colonna del viale, appoggiò il suo busto a quello di lei, divaricandole le gambe, e con la coscia spinse la sua parte intima.
- C-Castiel, che cosa fai? – chiese a quel punto la castana, spaventata da quegli atteggiamenti. Castiel le tappò la bocca, spingendole la testa sulla colonna. Le rivolse il suo sguardo felino tanto tagliente quanto strafottente, e girandole la testa a un lato sempre con quella mano, avvicinò le labbra all’orecchio sibilandole:- Perché mi chiedi cosa sto facendo? -, nel mentre, con l’altra mano iniziò ad esplorarle il corpo, sollevandole la camicetta.
- Vuoi essere la mia ragazza, no? – continuò con voce sensuale – è questo che faccio con le… mie ragazze.
Debrah provò a mugugnare qualcosa, toccandogli il petto per allontanarlo da se, ma la forza di Castiel, ovviamente, era superiore a quella sua, e infatti, lui non si arrestò. La sua mano scese giù lungo la cinta del pantalone, intento a sbottonarglielo. Quel gesto intimorì ancor di più Debrah, che presa dal panico, raccolse tutte le sue forze, riuscendo a distaccarlo dal suo corpo.
Castiel barcollò all’indietro fino a quando non riprese il controllo sull’equilibrio. Sembrava alquanto divertito. Invece Debrah era l’opposto: ansimava e piangeva.
- Sei un bastardo! – esclamò stringendo i pugni.
- Tzé… mi hai fatto una richiesta, e io ti ho riposto – disse lui tranquillamente.
- Non era questo che intendevo!
- A no? – chiese il nuovo arrivato riavvicinandosi a lei – e cosa intendevi?... se vuoi essere la mia ragazza, devi fare tutto ciò che voglio – sussurrò poi, afferrandole una ciocca di capelli, facendola scorrere fra le dita. Debrah ebbe uno scatto: fece due passi indietro, e senza rispondere si allontanò piangendo.
Castiel rimase immobile con il braccio a mezzaria, fissandola mentre scompariva all’angolo del viale, che portava ai dormitori femminili. Sorrise in silenzio e infilando ancora una volta le mani nelle tasche, si voltò nel lato opposto sibilando:- Penso proprio che mi divertirò moltissimo – dopodiché si incamminò verso la sua stanza.   
 
***
 
Il tonfo della porta svegliò di soprassalto Venus, seduta accanto alla scrivania, illuminata dalla fioca luce della piccola lampada da studio. Si guardò intorno spaventa, accorgendosi di essersi addormentata mentre stava svolgendo i compiti di storia. Non appena i suoi occhi si posarono sull’immagine ferma e impietrita di Debrah, il suo respiro riacquistò il suo andamento.
- Debby, che cosa è successo? Dove sei stata?
La castana non rispose, continuava a mantenersi il petto con una mano e permetteva a quelle lacrime di rigarle il volto paonazzo. Venus, incuriosita e anche un po’ preoccupata, si alzò dalla sedia e si avvicinò all’amica, chinando a un lato la testa come per scorgere qualche risposta in quell’espressione spaventata.
- Non stai bene? – chiese ancora con cautela, timorosa di ricevere qualche brusca risposta da Debrah. Quest’ultima non accontentò le sue aspettative. Lentamente staccò la mano dal petto, volse i suoi occhi azzurri puntandoli insicuri su quelli grigi dell’amica e incerta scosse la testa sbuffando un lamento trattenuto insieme al respiro.
- Va tutto bene – aggiunse secca allontanandosi dalla porta e asciugandosi le lacrime con la mano destra.
- Ma come va tutto bene? Sei entrata come una furia e per di più stavi piangendo! – ribatté Venus seguendola.
- Ven! non ho voglia di parlarne. Ho solo bisogno di mantenere la calma – rispose infastidita Debrah, sciogliendosi i capelli mantenuti fino a quel momento da una pinza a forma di farfalla, tempestata di strass.
- Debrah, non posso far finta di niente. Hai trasgredito il coprifuoco; ritorni in stanza con le lacrime agli occhi e il viso avvampato. E mi dici che non è successo niente? Dove sei stata? Qualcuno ti ha scoperto?
- Sono stata con il nuovo arrivato! – esclamò tutto d’un fiato la castana in maniera alquanto brusca, zittendo repentinamente Venus, che la guardò dapprima con scetticismo, poi con spavento. - C-cosa? – chiese incredula.
- Hai sentito bene! Sono stata con Castiel.
- E…?
- E, nulla! Abbiamo solo parlato, poi sono tornata qui.
- Ma Debby, stavi piangendo! Cosa ti ha fatto?
- Niente – rispose quasi interrompendola – non mi ha fatto niente – aggiunse estraendo il suo pigiama da sotto il cuscino, disfacendo così il letto.
- Stai rischiando grosso, lo sai? – chiese insistente Venus, ritornando alla scrivania.
Debrah non proferì parola, si immerse in quelle coperte e diede le spalle all’amica, coprendosi fino alla testa.
Racchiudendo le sue parole in pensieri, guardò il vuoto, rimembrando l’atto del nuovo arrivato e delle sue parole dette con estrema sensualità. Sorrise sentendo lo stomaco solleticarle i sensi. Era la prima volta che provava quelle sensazioni con un ragazzo, ed era anche la prima volta che aveva vissuto una situazione del genere. Avrebbe potuto affibbiare quelle lacrime a offese da parte di quelle strafottenti parole, ma l’unica spiegazione fu che quei rivoli freschi altri non erano che sfoghi di forti emozioni provate per la prima volta.
Venus aveva chiesto spiegazioni e lei non volle dargliene. Sapeva che alla fine del suo racconto, la sua amica come al solito, l’avrebbe rimproverata di essere sempre estroversa e avventata. No. Non aveva voglia di ramanzine che ovviamente non avrebbe tenuto in considerazione. Così, dopo alcuni scatti di irritazione, provò a chiudere gli occhi per abbandonarsi alle braccia di Morfeo; purtroppo, quest’ultimo non le fece visita, e lei si stufò di aspettarlo, così, quando si accorse che Venus si era addormentata, si alzò e silenziosamente raggiunse la finestra, guardando al di fuori dei vetri, volgendo gli occhi verso l’alto muro in lontananza che delineava il dormitorio maschile. Scelse una tra le venti finestre buie, affibbiandola alla camera di Castiel e accennato un ennesimo sorriso, prese una decisione.
 
***
 
Dopo aver poggiato sul posacenere il piccolo mozzicone di sigaretta ormai consunto, Castiel si sfilò la maglietta di dosso con un semplice gesto delle braccia, e sbuffando scocciato balzò sul letto ancora coperto dalla scura trapunta. Portò le mani dietro la nuca, vi affondò quest’ultima, volgendo lo sguardo verso il soffitto. Leggere nei suoi pensieri era difficile anche per il più abile sensitivo. Castiel riusciva a nasconderli anche a se stesso. L’unica cosa che pensò in quel preciso istante fu il perché aveva accettato quel trasferimento autorizzato dal padre. Era sempre stato un ragazzo che non si faceva sottomettere facilmente da nessuno, soprattutto dai suoi genitori, ma due giorni prima, quando suo padre gli raccontò le sue intenzioni, accettò quell’ordine senza opporsi. Certo, aveva esitato per qualche istante, poi nulla più. Il giorno dopo l’autista l’aveva accompagnato in quel paese dimenticato da Dio, lasciandolo in quel collegio di idioti, come l’aveva chiamato non appena aveva letto la targhetta affissa sul muretto adiacente al cancello.
Per un istante, fissando il vuoto, si chiese se aveva agito bene, e la risposta se la diede poco dopo quando, accinto ad addormentarsi, sentì bussare lievemente alla porta. Guardò quest’ultima distorcendo le sopracciglia, e incuriosito si alzò raggiungendola. Abbassò lentamente la maniglia e la dischiuse.
La reazione che ebbe quando vide chi era fu impassibile, ma lo stupore sulla sua espressione si disegnò comunque.
- Che ci fai qui? – chiese alla persona sulla soglia, spalancando la porta – lo sai che non puoi mettere piede nei dormitori maschili? Se ti vedesse qualcuno…
L’intrusa, bloccò le sue parole, poggiandogli un dito sulle labbra dischiuse, e spingendolo leggermente all’indietro, entrò senza permesso chiudendosi la porta alle spalle, rimanendovi appoggiata.
Castiel incrociò le braccia al petto nudo, e squadrò come uno scanner il corpo snello della ragazza dai lunghi e ribelli capelli castani che gli aveva proposto ore prima un fidanzamento.
- Che sei venuta a fare? – chiese ancora soffermandosi sul petto che Debrah scoprì apposta per far intravedere i suoi seni tondi.
- Voglio darti anche io la mia risposta – affermò la ragazza allontanandosi dalla porta e avvicinandosi a lui con passo felino.
- E sarebbe? – ribatté Castiel sorridendo beffardo.
Debrah non rispose, ricambiò quel sorriso e con fare deciso si portò le mani ai lembi del pigiama, sfilandoselo di dosso, liberando così le sue sode forme.
Castiel dal canto suo distolse lo sguardo dal petto e lo passò su quegli occhi azzurri illuminati dalla fioca luce della luna che filtrava di poco la stanza.
- Lo sai cosa stai facendo? – chiese con voce calda e sensuale.
 Debrah annuì ansimando – lo so – aggiunse – voglio essere la tua ragazza, quindi farò tutto ciò che vuoi.
Castiel sorrise, sciolse la sua posizione e le diede le spalle andandosi a sedere sul letto, stendendovi solo le gambe, con una mano tamburellò lentamente il materasso invitando la ragazza a farsi avanti e con occhi famelici, fissò i suoi movimenti.
Quando Debrah, gli fu vicino, lui le afferrò la mano facendola poggiare sulla cintura dei suoi pantaloni.
- Spogliami – le sussurrò poi in un orecchio.
   
 
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