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Autore: Loveless    31/10/2008    1 recensioni
Ma niente gliel’avrebbe mai ridata davvero indietro.
[Scritta per la seconda Minidisfida dei Criticoni]
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichiru Kiryu, Maria Kurenai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Beyond the red
Ma niente gliel’avrebbe mai ridata davvero indietro.


- Nobile Shizuka, dobbiamo andare. La carrozza non aspetterà ancora a lungo...
La ragazza non lo ascoltava, continuando invece a studiarsi nello specchio con un leggero sbattere delle palpebre. Malgrado si fosse seduta davanti al tavolino da toletta nel tardo pomeriggio e fosse già sera inoltrata, aveva ancora indosso la veste che usava per coricarsi e teneva ancora i capelli sciolti sulle scapole, mentre i trucchi e la spazzola erano sparsi sul tavolino assieme ai gigli freschi che le aveva appena portato.
La vide tentare di raccogliersi i capelli per farli ricadere su una spalla sola, ma i capelli di Maria erano molto corti, così le scivolarono nuovamente sulla schiena. La ragazza si strinse nelle spalle e si voltò finalmente verso di lui. Sembrava così erroneamente delicata e dolce, una madonna bambina dagli occhi troppo grandi e la pelle nivea.
- Ti chiedo scusa, Ichiru. Sono troppo lenta perfino per essere una vampira.
Il ragazzo scosse la testa, cercando una posizione più comoda sul divanetto di velluto che, dopo ore di attesa, cominciava ad essere insopportabile.
- No, non è questo. E’ solo che il preside della Cross Accademy potrebbe spazientirsi.
- Non lo farà, - sentenziò lei, impugnando il pettine e cominciando a passarselo sulle ciocche con rapidi colpi di spazzola, - Sono pur sempre una nuova allieva che arriva nella sua scuola. Mi aspetterà. Ma ricordati di non chiamarmi col mio vecchio nome, in presenza d’altri. Sono Maria Kurenai, adesso.
Ichiru abbassò lo sguardo sul corpo di donna sdraiato sul divanetto accanto a lui. Shizuka appariva come una splendida principessa addormentata, i capelli ed il volto candidi come neve, la piccola mano abbandonata fra le sue. Anche se in fondo quelle due erano la stessa persona, continuava a pensare che esistesse un abisso incolmabile fra l’eleganza sacrale di Shizuka Hiou e la studiata malizia di Maria Kurenai; gli occhi, la voce, i gesti per sistemarsi i capelli non erano gli stessi. Erano totalmente differenti, eppure…
Ichiru trasalì quando le dita ferme di Maria sulla spalla lo strapparono all’improvviso dalla contemplazione di quel corpo vuoto. La ragazza lo guardava con espressione leggermente imbronciata, e forse anche leggermente intristita, sul viso giovanissimo.
- In questo corpo non ti piaccio, vero?
- No! – esclamò il ragazzo, cercando di prenderle le mani per farsi ascoltare. Lei si divincolò per poi abbandonarsi sul divanetto, fra lui ed il guscio abbandonato.
- Dimmi la verità, - mormorò la vampira, i capelli sciolti come raggi di un’aureola, gli occhi da gatto che lo fissavano, spietatamente inespressivi.
- Mi piacete anche così, nobile… Maria, - riuscì a mormorare Ichiru, con la gola arida. La veste di lei era scivolata lungo le gambe, lasciando scoperte le gambe magrissime, ma la cosa non sembrava preoccuparla. Anzi, un sorriso malizioso e consapevole illuminò le guance pallide di Maria quando lei intercettò il suo sguardo.
- Ichiru, - sussurrò, alzandosi sulle ginocchia e prendendogli il viso tra le mani, la bocca che si muoveva appena, così rossa, - Il mio adorato servo umano, il mio Ichiru.
Chiuse le labbra di marmo gelido sulle sue, mentre le ciocche dei capelli scivolavano fino agli occhi di lui, nascondendola al suo sguardo come dietro una cortina candida. Il ragazzo sentì per qualche attimo un sapore zuccherato sulla lingua, poi si strappò dalla bocca di lei, cercando di recuperare lucidità. Maria rise e tornò fluttuando al proprio tavolo da toletta, leggera come una ballerina.
- Perché baciarmi ti infastidisce? – chiese, cominciando a raccogliersi le ciocche per formare dei piccoli boccioli di capelli su entrambe le tempie, - So che fra gli umani è usanza abituale scambiarsi questo gesto.
- Solo quando è sincero, - replicò Ichiru, pur odiandosi per quel tono di voce più aggressivo del dovuto, - Ma voi non…
- Dovresti scendere di sotto a controllare che la carrozza sia ancora lì, carissimo, - lo interruppe dolcemente Maria, con la sua voce di velluto, - Devo vestirmi. Saluta il mio corpo e poi vai, da bravo. Dovremo trovargli una buona sistemazione quando saremo alla scuola.
Il ragazzo sospirò. Raccolse la maschera d’argento accanto a Shizuka e se la sistemò sul viso in modo che aderisse perfettamente alla pelle.
- Non preoccupatevi, nobile Maria. Penserò io a tutto.
- Lo so. Mi fido ciecamente di te, - rise lei, portandosi le dita alla bocca per mandargli un bacio, prima che lui uscisse quasi correndo dalla stanza.
Ichiru si fermò a metà della scalinata e si premette una mano sul petto, sono davvero pazzo. Il cuore sembrava volergli schizzare via. Tornò a guardare la luce che filtrava dalla porta socchiusa, in cima alla rampa, poi si sedette sugli scalini e si prese con rabbia la testa fra le mani, completamente. Si strappò la maschera dalle guance e la scagliò giù per le scale, ascoltandola cozzare contro il marmo finché l’eco non scomparve del tutto.
Dopo un’eternità si sfregò con forza le mani sugli occhi, cercando di attuare il fastidio che brulicava sotto le palpebre, e tornò lentamente di sopra.
Quando aprì la porta la luce era scomparsa. Era da mesi che nessuno, tranne lui, vi portava la luce di una candela. Nessuno vi metteva più piede da tanto tempo.
Nessun oggetto in quella stanza, nemmeno il divano così scomodo, era stato spostato, dopo la morte di Shizuka, eppure ogni cosa aveva lentamente perso l’odore delle sue mani e l’eleganza dei suoi gesti, finendo per sbiadire con regolarità inesorabile.
Lei, prima di frantumarsi come una statuina di cristallo, gli aveva regalato il suo sangue affinché potesse ancora sentirla vicino; forse, nel suo modo imperscrutabile e contorto di vampira, era stato il segno di qualcosa d’importante. Ma in quel momento non significava nulla.
Ichiru si aggirò per la stanza, sfiorò i gigli rinsecchiti sul tavolino e la specchiera coperta da uno spesso strato di polvere.
Il sangue di Shizuka poteva avergli dato il potere di rendere realtà apparente i suoi ricordi: ma nemmeno quel dono, nemmeno nella notte dedicata ai morti, gliel’avrebbe mai ridata davvero indietro.
  
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