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Autore: Frerakey    28/11/2014    1 recensioni
Il viaggio verso il centro psichiatrico dove era rinchiuso Sam parve a Dean non finire più. Cercò di sembrare il più normale possibile anche se sapeva benissimo di non esserlo, soprattutto in quel momento. A volte si sforzò addirittura di sorridere ma, dentro di se, quella presa continuava a stringere, soffocando il cuore del cacciatore e trasformandolo in una preda impaurita
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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E cosi partì, solo, senza il suo piccolo fratellino e senza il suo angelo, ormai troppo lontano per essere raggiunto.
 
Dean cercò di distogliere la sua mente da questi tristi pensieri e si diresse verso la porta d’entrata di quella casa dove avrebbe dovuto risolvere uno dei loro soliti casi…ora solo suoi.
Bussò: -Salve, abita qui Dafne Allen? Vede, sto cercando Emmanuel-
-L’hai trovato! Dafne sta dormendo, se non ti dispiace preferirei restare all’esterno della casa, per non disturbarla-
-Certo. Ecco io speravo…- la sua frase fu troncata dalla vista di una donna imbavagliata e legata a una sedia all’interno della casa. Gli occhi dell’uomo divennero improvvisamente quelli neri di un demone e Dean non dovette lottarci molto prima di scaraventarlo giù dalle scale con le quali aveva raggiunto l’uscio della casa.
Guardò la creatura stesa a terra, morta e vide un uomo in piedi davanti ad esso, impietrito e con lo sguardo fisso sul cadavere.
 
Dean lo conosceva, ne era sicuro.
 
No, non poteva essere lui.
 
Eppure l’uomo aveva quel viso.
 Il suo viso.
Quel viso che il ragazzo non avrebbe mai dimenticato.
 
“Che mi succede?” si domandò Dean “Lui è morto!”. Sgranò gli occhi per assicurarsi che la vista non lo stesse ingannando, sperando che quella angosciante visione se ne andasse al più presto.
 
Beh, a dir la verità non era questo che sperava.
 
Sperava di non sbagliarsi, sperava che l’uomo davanti a lui fosse davvero chi pensava che fosse. Sperava che gli si sarebbe avvicinato dicendo:
-Dean, mi sei mancato-
oppure
-Dean, perdonami-
o anche solo
-Dean, sono vivo- .
 
Era questo che sperava. Voleva che pronunciasse il suo nome come lo faceva quando lui era vivo, quando erano amici, migliori amici.
 
-Castiel!-
avrebbe voluto urlare in quel momento gettando le sue braccia intorno al collo dell’amico.
Lui era lì. Il suo angelo, il suo unico amico, colui con cui condivise tutto, colui che gli rese le giornate migliori e che gli salvò la vita milioni di volte.
Finalmente avrebbe potuto ritornare a ridere delle sue ingenuità da angelo e di tutto ciò che lo caratterizzava.
 
Erano di nuovo insieme.
 
Sarebbero tornati da Sam e lo avrebbero tirato fuori da quel posto dov’era rinchiuso.
Tutto sarebbe migliorato per Dean, tutto sarebbe tornato com’era prima, tutto avrebbe fatto schifo come prima. Già, perché Dean odiava la sua vita, ma ora la rimpiangeva come un ragazzo rimpiange la scuola dopo ad averla finita.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per ritornare a cacciare con suo fratello sano e il suo angelo accanto. Avrebbe pianto, avrebbe riso, si sarebbe arrabbiato e lo avrebbe perdonato.
 
 
 
Nella mente di Dean tutto questo era ormai già accaduto quando giunsero alle sue orecchie queste parole: -Che cos’era?-
 
“Che cos’era? Castiel, tu sei un angelo! Hai combattuto con milioni di demoni!  Tu più di tutti dovresti sapere cos’è un demone.”
Certo, solo se questo uomo fossi tu.
 
Dean stava per esplodere dalla pressione che questi sentimenti gli provocavano ma si trattenne tutto dentro e accompagnò l’uomo in casa.
 
“Chi sei tu? Perché hai il volto del mio angelo?”
 
Ormai disperato si arrese all’idea che tutto ciò che gli era passato per la testa, tutta la gioia che aveva provato nel rivedere Castiel, erano stati vani, perché quello non era Castiel, o almeno non era il Castiel che Dean amava.
 
Entrati in casa l’uomo liberò la donna legata e i due si scambiarono sguardi innamorati e rassicuranti che non fecero altro che preoccupare il terzo presente nella stanza che non sopportava l’idea di dover condividere il suo angelo con una donna.
 
-Mi chiamo Emmanuel-
-Dean- disse il suo nome aspettandosi una reazione dell’altro la quale, pero, non arrivò mai.
-Io sono Dean-
-Grazie per aver protetto mia moglie-
 
 Il nostro Winchester era sull’orlo della pazzia.
Ascoltava quelle parole come se la mano del suo amato angelo stesse tenendo stretto il suo cuore, ad ogni parola la stretta si intensificava fino a trasformare la sicurezza e il calore conferito da quella presa in un dolore atroce che fece gemere il cuore del ragazzo fino ad impedire al sangue di circolare e al cuore di battere.
 
“Castiel ti prego, non mi abbandonare.
Castiel, ti prego, torna a casa”
 
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-Qual è il tuo problema?-
 
“Il mio problema sei tu, Cas” era quello che avrebbe voluto realmente dire, ma le sue labbra riuscirono solo a emettere due parole: -Mio fratello-
 
 
 
 
Il viaggio verso il centro psichiatrico dove era rinchiuso Sam parve a Dean non finire più. Cercò di sembrare il più normale possibile anche se sapeva benissimo di non esserlo, soprattutto in quel momento. A volte si sforzò addirittura di sorridere ma, dentro di se, quella presa continuava a stringere, soffocando il cuore del cacciatore e trasformandolo in una preda impaurita.
 
L’uomo raccontò di essersi svegliato sulla riva di un fiume senza memoria.
-E chi ti ha dato il nome di Emmanuel?- chiese Dean.
-nomiperbambini.com-
 
“Oh Cas, rimarrai sempre lo stesso” pensò.
Ormai aveva smesso di pensare che l‘uomo con cui stava parlando fosse il suo angelo ma, in cuor suo, sapeva che nascosto da qualche parte in quell’ammasso di carne e sangue si nascondeva il suo migliore amico. E, nonostante questo lo facesse soffrire, non smetteva di sperare che un giorno l’avrebbe potuto baciare e stringere forte a sé come non aveva mai fatto prima.
 
Non voleva smettere di sperare; non era da lui.
 
Non smise mai di sperare;
non smise mai di sperare che Sam sarebbe uscito dalla gabbia;
non smise mai di sperare che Bobby sarebbe sopravvissuto;
e non smise mai di sperare che avrebbe rincontrato Cas.
 
La maggior parte delle volte la speranza lo corrodeva come il vento fa con le montagne ma, altre volte, gli donava quella sicurezza che gli consentiva di andare avanti giorno dopo giorno.
 
-Sei arrabbiato?- chiese l’uomo
-E’ stato qualcuno a fare questo a mio fratello-
-Questa persona ti ha tradito? Era un tuo amico.-
-Si- la voce di Dean tremava nonostante cercava in ogni modo di mascherare i suoi sentimenti. Poi il suo corpo non riuscì più a trattenere lo sconforto e disse, in tono rassegnato: -Ora è morto-
 
Ora è morto
Ora è morto
Ora è morto
Ora è morto
 
Ora è morto: questa frase risuonò nella testa di Dean rimbalzando da una parete all’altra del suo cranio fino a farlo esplodere.
Solo allora si accorse di quello che stava succedendo: il suo migliore amico era morto.
Certo, ne era già al corrente, ma non si era mai arreso all’idea che lui se ne fosse davvero andato. Non aveva mai pronunciato quelle parole prima d’ora.
 
-L’hai ucciso tu-
Disse l’uomo seduto accanto a lui. In quel momento gli sguardi dei due si incrociarono: quello era lo sguardo di Castiel. Dean lo conosceva bene e lo avrebbe riconosciuto in mezzo a miliardi.
 
-Onestamente non so se è morto davvero. So solo che la situazione è molto complicata- e infatti lo era, come non lo era mai stata.
-Un tempo avrei affrontato e superato tutto questo- continuò -qualsiasi cosa fosse, magari ci avrei messo un po’ ma ce l’avrei fatta. E’ quello che Castiel ha fatto che non digerisco, non so perché.-
 
La verità era che “quella cosa” che tanto gli dava fastidio non era il fatto che li avesse traditi, sfruttati, che avesse voluto diventare Dio o che avesse liberato i leviatani.
No, la cosa che non digeriva era che l’angelo non c’era più.
Li aveva abbandonati, lo aveva abbandonato. Aveva abbandonato lui che gli era sempre stato accanto, che lo aveva difeso e capito, che lo aveva apprezzato e amato come un fratello -forse come qualcosa di più-, che gli aveva insegnato l’importanza della libertà e il suo prezzo, che gli aveva insegnato a ridere, piangere e amare.
Era questo che non digeriva di Castiel.
 
-Non ha importanza- rispose l’altro
 
-Certo che importa-
 
-No, non sei una macchina Dean, sei umano-
 
sei umano
sei umano
sei umano
sei umano
 
Non ci aveva mai pensato. Lui aveva sempre dovuto essere perfetto; doveva essere un esempio per Sam, doveva crescerlo e farlo diventare un uomo migliore di lui. Aveva dedicato tutta la sua vita alla caccia e alla protezione del fratello minore e non aveva mai avuto il tempo di essere umano.
 
 -Il tuo amico si chiamava Castiel? Che strano nome.-
 
Gli occhi di Dean avevano il bisogno di riempirsi di lacrime per poi poterci vedere meglio, ma il cacciatore era troppo abituato a nascondere i suoi sentimenti e le sue preoccupazioni.
 
Voleva che tutto finisse. Voleva svegliasi e scoprire che era stato tutto un sogno: voleva ritrovarsi sdraiato sul divano della casa di Bobby e vedere suo fratello seduto al tavolo impegnato al computer: -Hey Dean, ti sei svegliato finalmente. Guarda cos’ho scoperto-, Bobby sarebbe stato in piedi di fianco al tavolo gremito di libri vecchi e aperti con fogli svolazzanti in ogni angolo della stanza. E infine, di fianco a lui, l’angelo, intento a guardare un porno alla tv con il suo solito sguardo perplesso.
Voleva che tutto finisse.
Voleva che i suoi pensieri si arrestassero e che gli dessero una tregua.
 
Rivolse nuovamente lo sguardo verso l’altro e con il cuore a pezzi pensò:
 
“Castiel ti prego, non mi abbandonare.
Castel, ti prego, torna a casa”

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Ringrazio tutti quelli che mi hanno segnalato la mancanza della punteggiatura nei dialoghi nella prima versione...scusate ma sono nuovo ;)

Hope you like it,
Frerakey

 
   
 
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