PROLOGO
Faceva freddo, quella sera. Molto freddo.
Nonostante fossero solo gli ultimi giorni d’ottobre, cadeva una pioggerellina lieve, a
tratti mista a neve.
Comunque Giovanni era abituato al freddo e all’umidità. Scese
dal suo cavallo, e fece cenno ai suoi compagni di fare come lui. Lasciarono i
loro cavalli liberi nella boscaglia, sicuri che non si sarebbero mossi di lì.
Erano animali addestrati, adatti per compiere quel genere di missioni.
Giovanni si avviò verso una grande villa, seguito da quindici
uomini, che eseguivano ciecamente i suoi ordini. Erano tutti armati di fucile.
Dall’altro lato della
villa, altri quindici dei suoi avevano lasciato le cavalcature e gli stavano
venendo incontro, in silenzio. Vide la figura bassa e tarchiata di Mario, il
suo braccio destro, che guidava l’altro gruppo.
‘’Zvàn, tutto a posto. Non c’è nessuno che vigili la villa.
Possiamo entrare in azione’’, disse Mario, che gli si avvicinò cercando di non
fare troppo rumore.
Zvàn era il nome di
Giovanni tradotto in romagnolo, e per questo gli piaceva che tutti i suoi
uomini lo chiamassero così. Poi, quel nome aveva quel non so che di indefinito,
e Giovanni amava essere qualcosa d’ indefinito.
Lui era un brigante
della peggior specie, e se avesse avuto qualche distinzione particolare sarebbe
stato individuato subito dalla gendarmeria pontificia e impiccato sul posto.
Per questo doveva stare attento.
‘’Bene, Mario. Tu e i tuoi restate qui fuori, e controllate
che nessuno abbandoni la villa. Naturalmente, se arrivano delle guardie o
persone armate, avvisateci. Noi andiamo a prendere parte alla festa’’, disse
all’amico, facendogli l’occhiolino.
Poi, come i gufi che planano silenziosamente nella notte,
facendo dell’oscurità il loro regno, i quindici briganti di Mario si
appostarono nel buio in punti dove avevano migliore visibilità, per controllare
meglio la situazione.
Intanto, Giovanni si
avviò verso la villa dei Siario.
I Siario erano una
famiglia nobile che si era impiantata in Romagna, dove era forte del sostegno
papale. Quei dannati ricchi non facevano altro che sfruttare i poveri contadini
del luogo, che venivano trattati quasi come schiavi. Lui, in passato aveva
avuto modo di conoscere quella famiglia, e la reputava una delle più corrotte e
senza scrupoli del territorio. Quindi, derubarli sarebbe stato un piacere.
Avevano preso possesso di molte terre, e si arricchivano
sulle spalle dei contadini che le coltivavano. Mentre i padroni andavano a
ritirare gran parte del raccolto, e successivamente a venderlo, ai poveri contadini
non veniva dato quasi nulla, e spesso erano costretti a vivere in condizioni
pietose.
Perché in Romagna si moriva di fame, come ben sapeva
Giovanni. Ma lui era lì apposta; da semplice contadino era diventato uno dei
più spregiudicati briganti romagnoli anche per portare più giustizia, e per
vendicare i torti ricevuti in passato. Ogni nobile o borghese che veniva
derubato o ammazzato, era un beneficio in più per i poveri, con i quali a volte
Giovanni divideva il bottino in gran segreto, ma comunque sicuro che non l’avrebbero
mai tradito.
Si avvicinò alla villa, e guardò, con fare cauto, dalla
finestra. Dentro, si stava tenendo la festa di fidanzamento della figlia di
Siario, che stava per contrarre matrimonio con un altro nobile della zona.
Bene, i suoi informatori gli avevano dato le dritte giuste,
si disse. Fece preparare tre dei suoi. I tre uomini, grossi e robusti, si
prepararono a caricare la porta di casa, per sfondarla. Prima però Giovanni
volle provare a smuovere la maniglia. E la porta si aprì. I nobili non si erano
neppure chiusi dentro, quindi non si aspettavano alcun tipo di sorprese.
Giovanni chiamò i suoi e gli sussurrò di seguirlo con i
fucili carichi e pronti a far fuoco. Poi, prese forza e spalancò la porta. In
pochi passi, si trovò al centro del salone, dove alcune decine di signorotti
locali stavano banchettando. Comunque, non erano in molti.
‘’C’è un posto a tavola anche per me e per i miei uomini?’’,
disse Giovanni ad alta voce.
Tutti, nella sala, si voltarono a guardarlo. Le risa morirono
in gola, mentre i loro volti sbiancavano. L’avevano riconosciuto. D’altronde,
non potevano non riconoscerlo; era alto, indossava vestiti rattoppati in più
punti, aveva una lunga barba incolta e un grande cappello sgualcito a coprirne
le calvizie. Era la classica immagine del feroce bandito che compiva rapine.
Poco dopo, i suoi
fecero irruzione nella grande camera, bloccando tutte le vie d’uscita. Siario
si alzò, e si avvicinò senza alcuna paura a Giovanni.
‘’Brigante, qui non troverai nulla. Siamo qui per festeggiare,
non per mercanteggiare con del denaro’’, disse con fare disinvolto.
Giovanni sorrise. Siario era il solito prepotente di un tempo,
il classico nobile che non vuole cedere di fronte a niente e a nessuno. I suoi
banditi puntavano i fucili contro gli invitati. Tutti sapevano che non si
sarebbero fatti alcuno scrupolo a uccidere, quindi nessuno si mosse.
‘’Oh, suvvia nobile
Siario, non credo che tu qui non abbia due monete per me e per i miei amici’’,
disse Giovanni, avvicinandosi a lui.
‘’No, neppure una’’,
disse Siario, con tono di sfida.
Giovanni lo fissò con odio, e lo maledì. Se il suo scopo era
provocarlo, ci stava riuscendo bene.
Era un uomo alto, con due baffetti bianchi, poco folti. Al
polso, un luccichio gli fece capire che aveva pure un bracciale d’oro. Inoltre,
quei dannati nobili giravano imbottiti di oro e denaro, denaro rubato ai più
poveri e ai più indifesi, e pretendevano anche di fare i prepotenti quando si
trovavano in condizione di inferiorità.
Doveva far capire subito a quel gentiluomo che in quel
momento non aveva a che fare con due contadini armati di forcale, bensì con un
gruppo organizzato e armato fino ai denti.
‘’Bene, mio caro Siario, visto che qui non hai denaro, noi
prendiamo tua moglie e tua figlia come ostaggi, così poi nei prossimi giorni,
se le rivorrai, ci potrai fornire una bella sommetta’’, disse Giovanni.
Siario impallidì.
Giovanni fece cenno a due dei suoi, che si avvicinarono alla
bella giovane che se ne stava ancora seduta vicino al suo fidanzato, e alla donna,
più matura, che se ne stava a fianco del posto vuoto lasciato dal marito, che
si era alzato per parlare con i briganti. I due muscolosi uomini afferrarono le
due donne, e fecero per portarle fuori.
Tutti gli invitati se ne restarono seduti, e le donne lanciarono gridolini
spaventati.
Poi, il fidanzato della figlia di Siario si alzò, e si lanciò
contro i banditi, cercando di colpirli con i pugni. Subito, i fucili furono
puntati tutti su di lui.
Giovanni dovette intervenire immediatamente, prima che facessero
fuoco su quello stolto. Come potesse un essere imbellettato come una donna, con
il volto imberbe e con uno sguardo da ebete cercare di fermare un gruppo di
banditi armati, poteva saperlo solo lui, pensò.
‘’Fermi! Non
sparate’’, disse, con voce tonante. Non voleva spargimenti inutili di sangue.
Subito i suoi abbassarono i fucili, ma il giovincello non si
arrendeva. Sferrava pugni da bambino, con quelle sue mani bianche e gracili,
addosso al bandito che teneva ferma la sua futura sposa. Il bandito non le
sentiva neppure, quelle misere botte. Forse il giovane cercava solo di farsi
onore. Oppure era semplicemente uno stupido.
Giovanni fece cenno a uno dei suoi, che si avvicinò subito.
Prese il ragazzo, che doveva avere più o
meno venticinque anni, e lo colpì con un pugno. La sua mano forte e callosa
penetrò a fondo nel ventre del giovane, che si piegò in due dal dolore. Poi, il
bandito gli sferrò un potente calcio in un fianco, facendolo ruzzolare a terra
fino ai margini della stanza. Il giovane restò rantolante al suolo.
‘’E non t’azzardare più a muoverti di lì’’, disse Giovanni,
tornando a fissare il suo sguardo su Siario.
‘’Non abbiamo tutta la notte. Fuori i soldi, o i miei uomini
potrebbero perdere la testa’’, disse, fissando il nobile con fare minaccioso.
Siario aveva perso
tutta la sua calma da quando avevano messo le mani addosso alla moglie e alla
figlia. I banditi tornarono a puntare i fucili sugli invitati, e si prepararono
a sparare.
‘’Basta così. Venite
con me, vi consegnerò tutto ciò che ho a disposizione’’, disse Siario, con fare
docile.
Giovanni sorrise, e
iniziò a seguire Siario, che lo condusse in un’altra stanza. Dietro al nobile,
si appostò un altro bandito, che gli puntava alla schiena un fucile carico, per
ricordargli che non doveva fare scherzi.
Giovanni fece un cenno con la testa ai suoi uomini, che
sarebbero rimasti nella sala delle cerimonie. Un cenno che significava ‘potete
procedere’.
Il nobile, ignaro di quello che sarebbe accaduto ai suoi
ospiti, portò Giovanni in una stanzetta laterale, dove c’era solo una grossa
cassapanca, piena di farina. Siario la spostò con fatica, poi con un piede
calciò via un’asse di legno scuro, posizionato come sostegno della cassa, e
apparve una botola.
Giovanni era euforico;
i suoi informatori gli avevano detto che in quella casa il nobile teneva
nascosta una fortuna, e non si erano sbagliati. La botola fu aperta in un
attimo dal bandito, che si gettò subito a rovistare, avido. Era piena di
sacchetti contenenti monete sonanti. E anche gioielli. In meno di dieci minuti,
Giovanni ne riempì un quarto di un sacco di tela, che si caricò sulle spalle,
in modo da renderlo ben visibile a tutti.
Quando tornarono nella sala, gli invitati erano stati tutti
controllati, e privati di ogni gioiello o moneta che avevano indosso.
Siario, appena se ne accorse, tirò una sguardo gelido a
Giovanni, che invece gli sorrise nuovamente.
‘’Vi ho dato
spontaneamente del denaro per fare in modo che voi non toccaste gli invitati. E
invece, li avete derubati. E loro erano sotto la mia tutela, in quanto miei
ospiti’’, disse il nobile, con fare minaccioso.
Giovanni lo fissò, divertito. Quello era il nobile più
bigotto che avesse derubato. Ma anche quello a cui aveva soffiato la somma più
grossa.
‘’Su, non te la prendere così. D’altronde, anche noi
ci siamo considerati tuoi ospiti. Vero amici?’’, chiese ai compagni.
‘’Certamente!’’, risposero gli altri, ridendo.
‘’Maledetti! Vi farò
ricercare dalle guardie e vi farò impiccare tutti!’’, gridò Siario, perdendo il
senno e diventando paonazzo.
Tutti presero a bisbigliare, spaventati dal fatto che i
banditi potessero compiere azioni violente a causa della sua reazione isterica.
Ma Giovanni continuò a sorridere, imperterrito.
‘’Vedo che il nobile
Siario non si è divertito molto, questa sera. D’altronde, anche noi siamo
ancora un po’ insoddisfatti’’, disse, rivolgendosi ai suoi uomini.
Due di loro presero Siario per le braccia, e lo
immobilizzarono. Poi gli tolsero tutti i gioielli che aveva addosso, compreso
il grosso braccialetto che aveva attirato l’attenzione di Giovanni poco prima.
Giovanni gli si avvicinò, e gli tolse il costoso abito che
indossava. Era un abito bellissimo.
‘’Bello. Questo me lo
tengo io. Và all’inferno ’’, disse al nobile.
Poi, i suoi uomini lo
spinsero, e lo fecero cadere a terra. Siario iniziò a maledirli in modo
vigoroso, ma tanto loro non potevano più sentirlo. In pochi attimi, i briganti lasciarono
libere anche le due donne prese in ostaggio e attraversarono il cortile della
villa, raggiungendo i cavalli. Giovanni fece il verso della civetta, che era il
segnale per avvertire quelli che facevano vigilanza che era ora di muoversi.
La festa era finita,
era ora di andarsene.
Il gruppo di uomini si
radunò tutto nel cortile della villa, mentre tra le mura domestiche risuonavano
le grida delle donne, ancora spaventate da quella visita inaspettata.
‘’Abbiamo fatto un buon bottino, questa sera. Ora andiamocene’’
disse Giovanni, rivolgendosi ai suoi uomini. Poi, spronò il suo cavallo,
seguito da tutti gli altri.
Appena in tempo,
poiché dalla strada principale giunsero delle grida; erano arrivate le guardie
pontificie, forse richiamate dal chiasso della villa. O forse qualcuno era
riuscito ad avvisarle.
Alcune tentarono di
inseguire i briganti. Subito, gli uomini di Giovanni fecero fuoco, e bastarono
un paio di colpi di fucile per far fuggire le guardie. Giovanni sorrise,
tornando completamente in sé, e senza neppure girarsi continuò spronare il suo
bel cavallo, per tornare prima al rifugio.
Nessuno poteva più fermare lui e la sua banda.
NOTA DELL’AUTORE
Grazie a tutti per la lettura J
Spero vi sia piaciuto questo prologo. Questa è la mia prima
storia che pubblico nella sezione storico, e la seconda che pubblico su EFP.
Innanzi tutto, vorrei fare alcune piccole precisazioni. Il
brigante Giovanni, così come la famiglia di Siario e tutti i personaggi che saranno citati in
questo racconto, sono frutto della mia fantasia, e non sono mai realmente
esistiti. Sto inquadrando la mia storia in Romagna, terra di banditi e
briganti, cercando di inserire al meglio i miei personaggi nella storia.
Ovviamente, cercherò di creare un quadro storico il più realistico possibile, e
spero che lo apprezzerete.
Nell’Ottocento, numerosi briganti operavano in Romagna,
compiendo ogni genere di crimine, e restando molto spesso impuniti. A volte,
venivano catturati dopo molti anni di inseguimenti, e facevano una brutta fine.
Altre volte la spuntavano. L’unica cosa certa è che la loro vita, fatta di
avventure, azione e rapine, a volte avvolte in un’aura di mito e mistero, mi è
sempre parsa affascinante, e spero che anche voi la gradiate.
Bene, mi sembra di aver detto tutto J Non ho alcuna pretesa con questa
storia, solo di intrattenervi un po’.
Se siete arrivati fin qui, spero che vogliate lasciarmi una
recensione, in modo che io possa capire cosa ne pensate di questa storia J
Grazie a tutti!! J