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Autore: Tigre Rossa    03/12/2014    6 recensioni
" “E perché devo essere comandato da te?! Sto molto meglio ora che decido io. Abituati!” gli grido con odio, puntandogli nuovamente il dito contro.
Leonardo fa lo stesso, scrutandomi con gli occhi che sembrano quasi brillare nel buio “Tu non sei pronto.” quella frase, anzi, quella sentenza, è simile ad un pugno dritto in faccia. Doloroso, meschino ed inaspettato. “Sei impaziente e sei anche impulsivo e cosa più importante . . . Io sono molto più bravo di te.”
Dalle labbra mi sfugge una risata senza gioia, anzi, densa di rabbia e di collera.
Hai superato il limite, Leonardo.
“Qui ti devo stoppare, fratellone.” Mi volto verso di lui ed estraggo i miei fedeli Sai, mettendomi in posizione mentre la mia voce diviene sempre più ricca di odio “Questo è un punto su cui non saremo mai d’accordo.”
Leo mi guarda fisso negli occhi, scuotendo lievemente la testa. La sua voce è appena un sussurro quando mi ammonisce “Non esagerare, Raphie.”.
Il fuoco che mi brucia dentro ormai avvolge tutto il mio essere, e l’unica cosa a cui penso è questa: fargliela pagare.
“Ho smesso di prendere ordini.” "
TMNT 2007
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leonardo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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L’errore

 
 
 
 



















Guardo giù dal grattacielo sul quale sono finito.
Non posso crederci.
Mi sono messo in trappola da solo.
Perché, dannazione, mi sono messo così stupidamente a correre senza una meta?
Perché?
Conosco queste strade come il palmo della mia mano; avrei potuto far perdere le mie tracce così facilmente.
Ed invece non l’ho fatto.
Io sono il guardiano della città ed il signore incontrastato di questi tetti. Questo è il mio regno. Eppure, proprio in questo mio regno, sono stato giocato.
E da lui, per di più.
Da Leonardo.
 
Leonardo.
Che cosa aveva in mente, quando mi ha lanciato contro quel dardo?
Non lo so, ma non mi piace.
Non mi piace per niente.
 
Avverto la sua presenza alle mie spalle.
Deve avermi seguito con estrema facilita. Dopotutto, è sempre stato un abile inseguitore, fin da quando eravamo bambini
“Ascoltami bene” inizia a dire lentamente, con il suo solito tono da professore del cavolo “Io apprezzo le tue intenzioni, ma non è questo il modo di cambiare il mondo.”
Mi volto verso di lui e lo scruto aspramente da dietro il casco, mentre scendo dal bordo del grattacielo.
Non ci credo, mi fa la predica! Questa è proprio l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato.
Si credo così in gamba, così abile, così perfetto, il caro, grande, intrepido capo, da poter dire a me cosa fare e cosa non fare?
A me, che ho mantenuto l’ordine in città mentre lui si divertiva nella giungla?
A me, che ho combattuto da solo contro i criminali per più di un anno?
A me?!
 “Quindi voglio offrirti l’occasione di tornare a casa e di smetterla con questa fissa del giustiziere.” con queste arroganti parole Leonardo termina la sua lezioncina, guardandomi con aria da sfida.
Quel suo sguardo maledetto e queste sue parole odiose sono come benzina su fuoco; all’improvviso tutto il mio astio e la mia rabbia mi annebbiano il cervello, crescendo come mai prima d’ora e cancellando tutto il resto, e la collera, quella tremenda collera che la sua assenza e il suo comportamento hanno fatto nascere in me, si accende come un incendio e mi avvolge l’anima nella sua calda stretta.
 
Ok Leo, adesso tocca a me darti una lezione.
 
Estraggo le mie fedeli catene e mi metto in guardia, pronto a combattere, a fargli capire quanto lui sia nel torto, a dimostragli quanto valgo realmente.
Sulle sue labbra compare un sorrisetto di scherno.
“Guarda che non ti conviene sfidarmi. Non sai chi hai davanti.”.
Sei tu a non sapere chi hai davanti, Leo.
E, con questo pensiero, mi lancio contro di lui.
 
Lancio le miei catene, cercando di colpirlo, ma lui evita senza alcuno sforzo il mio attacco e si rialza subito, osservandomi divertito.
“Ehilà! Avevo notato che sei un po’ suscettibile!” mi prende in giro, sorridendo e chiudendo i pugni.
Attacco ancora ed ancora, ma Leonardo li evita allo stesso modo e continua imperterrito a sfottermi “Ehi, vai alla cieca o è tutto calcolato?”.
Improvvisamente, me ne rendo conto.
Lui sta giocando con me.
Lancio nuovamente le mie catene, furioso, ma Leo salta abilmente in aria per poi posarsi senza la minima fatica sul muretto dietro di lui, sempre con quel suo odioso sorriso ironico sulle labbra “Ti prego! Questo sarebbe un attacco?”.
Bastardo.
Provo a colpirlo di nuovo, con più forza, con più decisione, con più rabbia, ma lo evita come ha già fatto con quelli precedenti.
Mi volto, e mi accorgo che mi osserva improvvisamente con uno sguardo strano.
Uno sguardo fiero.
Uno sguardo deciso.
Uno sguardo da leader.
Quello sguardo . . . conosco fin troppo bene quello sguardo.
è passato così tanto tempo da quando l’ho visto l’ultima volta, ma è impossibile da dimenticare, così come il suo significato.
Se Leonardo mi guarda in quel modo, vuol dire solo una cosa.
 
Che non ha più intenzione di continuare a giocare.
 
Lascio cadere le catene a terra e mi metto in posizione di guardia, stringendo con forza i pugni.
 
Nemmeno io ho intenzione di continuare a giocare, Leo.
 
“Evviva, finalmente un po’ di brivido!” esclama, alzando gli occhi e le zampe al cielo, per poi mettersi a sua volta in posizione di guardia.
Mi lancio contro di lui con un grido e cerco di colpirlo tre volte, ma abbassandosi evita tutti e tre i pugni e poi contrattacca tirandomi un calcio in faccia.
Tento di rendergli il favore, ma riesce a bloccarmi la gamba con la sua, e così gli tiro due pugni che vengono immediatamente fermati.
Faccio un giro su me stesso e cerco di colpirlo con un gioco di gambe, ma neanche questo funziona.
Mi rivolgo di nuovo verso di lui e tiro due pugni, di cui il secondo, incredibilmente, va a segno.
Per un attimo mi blocco, stupito, mentre lui scuote la testa per riprendersi e rimettersi in posizione.
Sono riuscito a colpirlo.
Per la prima volta, sono riuscito a colpire Leonardo.
 
Mi rilancio subito contro di lui, cercando di sfruttare quel po’ di vantaggio che sono riuscito a guadagnare, ma Leo para tutti i miei colpi e, tra una parata e l’altra, inizia a parlare con voce decisa.
“Il buffo della collera è che ti acceca a tal punto . . .” a questo punto salta in aria e per un attimo mi guardo attorno, smarrito, cercandolo con lo sguardo.
Dietro di me, il resto della frase giunge in un sussurro maligno “ . . . che perdi di vista il resto!”.
Mi volto di scatto, ma lui è più veloce, molto più veloce di me, e prima che possa rendermene conto mi colpisce con un pugno fortissimo dritto sotto la mascella, mettendo fine al combattimento.
 
Volo in aria, spinto dalla forza di quest’ultimo attacco, e quando cado a terra senza il mio casco, il duro impatto con il terreno bagnato di pioggia è quasi più doloroso del colpo che Leonardo ha appena inflitto al mio orgoglio. Quasi, però.
Sento i suoi passi, leggeri, quasi impercettibili, muoversi dietro di me, e la sua voce mi raggiunge, simile ad una lama affilata e letale “Buonanotte, re dell’oscurità.”.
Lentamente mi tiro su con le braccia, ansimando, mentre uno sgradevole sapore mi pervade la bocca. Bile. Il sapore della collera. E della sconfitta.
 
Leo si ferma, incredulo, e con lui il suo respiro. Senza la protezione del mio casco, la mia vera identità non è più un mistero, ed improvvisamente gli appare chiara e violenta di fronte agli occhi.
 
“Raphie?”
 
Posso avvertire il suo stupore, nella sua stupida voce. La sua incredulità. La sua confusione.
E ciò mi da ancora di più sui nervi.
Si avvicina a me, incurante della rabbia che fino a un attimo prima ho dimostrato combattendo contro di lui, e mi domanda, mentre io mi alzo in piedi “Ma come?”.
Ma come? Ma come?! E me lo chiedi anche, Leo? Tu, che sei la causa di tutto questo?
Infuriato come non mai, mi volto di scatto e lo colpisco dritto nello stomaco con un calcio, facendolo volare e finire addosso ad un tubo.
Leonardo cade in ginocchio e mi guarda con astio e confusione.
Ed è proprio quello sguardo a far scatenare in me l’odio più grande che abbia mai provato.
“Lo sai cosa sei? Un pallone gonfiato!” urlo, adesso, camminando verso di lui con rabbia. La mia voce, finalmente, rivela tutte quelle cose mai dette che mi hanno avvelenato l’esistenza. “Pensi che il mondo giri intorno a te, vero?”
Leo si asciuga gli angoli della bocca e sputa per terra, per poi alzarsi e continuare a scrutarmi con quei suoi maledetti occhi ramati che tanto vorrei strappargli dalla orbite.
“Pensavi che non ce l’avremmo fatta senza il fantastico Leonardo sempre pronto a tirarci fuori dai guai, eh? Beh, ho una notizia bomba per te: ce la siamo cavata alla grande, capito?!”
“Ah, e secondo te questo significa cavarsela alla grande? Travestirsi ogni notte come ad Halloween? Mettere in pericolo la nostra famiglia? Ma dai, che ti sei messo in testa?!”
Ah, il mio caro fratellone.
Sempre pronto a farmi la predica.
Sempre pronto a rimproverarmi.
Sempre pronto a ridurmi ad una nullità.
Sempre pronto a farmi sentire una merda.
Ma adesso basta.
Basta.
“Non provocarmi, Leo.” gli punto il dito contro, cercando di dominare il fuoco crescente che mi divampa nel petto “Non puoi tornare a casa e pretendere che ci mettiamo tutti in riga come se fossimo i tuoi soldatini!” gli sputo in faccia queste parole, sperando che gli facciano male almeno quanto lui ne ha sempre fatto a me.
Leonardo inizia a camminare in tono, e io faccio altrettanto. Sembriamo due leoni che si studiano a vicenda prima di una lotta all’ultimo sangue.
“Ehi, io mi stavo allenando, per diventare un capo migliore, per voi! Ah! è motivo per odiarmi?” si difende lui.
Certo, si stava allenando, senza nemmeno una parola per noi per mesi e mesi, per poi poter tornare a comandarci come se nulla fosse accaduto.
 
 Ma io non ci sto più, Leo.
 
E perché devo essere comandato da te?! Sto molto meglio ora che decido io. Abituati!” gli grido con odio, puntandogli nuovamente il dito contro.
Leonardo fa lo stesso, scrutandomi con gli occhi che sembrano quasi brillare nel buio “Tu non sei pronto.” quella frase, anzi, quella sentenza, è simile ad un pugno dritto in faccia. Doloroso, meschino ed inaspettato. “Sei impaziente e sei anche impulsivo e cosa più importante . . . Io sono molto più bravo di te.
Dalle labbra mi sfugge una risata senza gioia, anzi, densa di rabbia e di collera.
 
Hai superato il limite, Leonardo.
 
“Qui ti devo stoppare, fratellone.” Mi volto verso di lui ed estraggo i miei fedeli Sai, mettendomi in posizione mentre la mia voce diviene sempre più ricca di odio “Questo è un punto su cui non saremo mai d’accordo.
Leo mi guarda fisso negli occhi, scuotendo lievemente la testa. La sua voce è appena un sussurro quando mi ammonisce “Non esagerare, Raphie.”.
Il fuoco che mi brucia dentro ormai avvolge tutto il mio essere, e l’unica cosa a cui penso è questa: fargliela pagare.
“Ho smesso di prendere ordini.”
 
Leonardo esita ad accogliere la mia muta sfida. Nei suoi occhi c’è rabbia, ma anche reticenza.
Andiamo, piccolo leader. Non deludermi anche stavolta.
Quasi avesse udito il mio pensiero, lentamente estrae le sue spade, ma non si pone affatto in posizione, anzi, le sue braccia rimangono lungo i suoi fianchi, come se volesse dirmi qualcosa.
Ma non mi importa.
Non mi importa più niente, ormai.
Voglio solo fargliela pagare per tutto quello che ho dovuto passare a causa sua.
 
Con un ringhio mi lancio verso di lui e Leo fa altrettanto, mentre le sue katana sfiorarono il terreno come i miei sai.
Con un salto, ci incontriamo a mezz’aria e poi atterriamo entrambi dalla parte opposta.
Mi volto verso di lui e faccio di nuovo per attaccarlo, ma lui para la mia arma con una sua spada e con un balzo elegante vola sopra di me. Appena tocca terra mi lancio nuovamente contro di lui ed evita per un pelo i miei nuovi attacchi, per poi tentare un paio di affondi.
Io ricambio e nella lunga serie di attacchi e parate che ci scambiamo a vicenda, simili a una macabra danza, inizio a spingerlo verso il muro, ma per quanto mi impegni Leonardo continua a difendersi da tutto.
 
C’è qualcosa che non va.
Mio fratello, solitamente così combattivo e veloce nel terminare una lotta, sembra non avere alcuna fretta di mettere fine a questo nostro scontro. Non tenta attacchi se non quando è alle strette e per il resto del tempo cerca solo di difendersi, ed anche abbastanza debolmente.
Ciò dovrebbe farmi pensare, ma il mio cervello non riesce né vuole analizzare questo suo strano atteggiamento. Non ora.
 
Leo mi spinge lontano e riprendiamo a girare in cerchio come prima, entrambi scrutandoci in volto e con due ghigni stampati in faccia da fare paura.
Di nuovo, sono io il primo ad attaccare con un urlo e per un frammento di secondo vedo Leonardo stringere con mio forza le sue katana.
Para nuovamente il mio attacco e stavolta è lui a venirmi incontro ed ad attaccare, fino a spingermi con le spalle al muro.
Mi tira un calcio e poi un suo affondo passa vicinissimo alla mia gola, ma abbastanza lentamente da permettermi di evitarlo.
 
Non capisco.
Lui non sbaglierebbe mai un attacco del genere a una distanza così ravvicinata. Avrebbe dovuto staccarmi la testa prima ancora che potessi rendermene conto e reagire, ma così non è stato.
 
Lo attacco di nuovo e, quando lui risponde con entrambe le spade, lo blocco con i miei sai.
Per un momento, ciò mi sorprende.
Normalmente, non sarei mai capace di fare una cosa del genere.
Lui non me lo permetterebbe mai.
 
Allontano questo pensiero ed inizio a spingere, mentre Leonardo fa altrettanto, continuando a guardarmi dritto negli occhi.
Prendiamo a girare attorno senza staccarci, come tigri durante il loro attacco finale.
Stringo i denti e metto tutta la mia rabbia e la mia forza in quest’ultimo, decisivo momento.
Per un attimo, Leo abbassa lo sguardo sulle sue katana, ed appena lo rialza, la mia forza ha la meglio e spezza di netto le sue spade.
Leonardo indietreggia e guarda le sue armi spezzate con aria confusa ed allora, approfittando di questo suo momento di distrazione, mi lancio su di lui, colpendolo in faccia con una serie di calci, per poi farlo finire a terra, sotto di me, con il mio Sai conficcato a un millimetro dal suo collo.
 
Leo guarda stupito il sai e poi concentra tutta la mia attenzione su di sé che, fermo su di lui, ansimo vittorioso.
Ce l’ho fatta.
Ho sconfitto il temerario Leo, l’intrepido leader, il fratello e ninja perfetto.
Io l’ho sconfitto.
Io gliel’ho fatta pagare.
Gliel’ho fatta pagare per tutto quanto.
 
I suoi grandi occhi ramati sono spalancati, come se non volessero credere a ciò che stanno vedendo.
Poi, in essi, scompare qualcosa, e li vedo stringersi e farsi scuri, più scuri di quanto non siano mai stati.
Stringo a mia volta i miei, infuriato da questo suo atteggiamento, ma poi la consapevolezza di ciò che ho fatto si fa strada nella mia mente e nel mio animo, colpendomi come una pugnalata al cuore.
 
Io . . . io ho attaccato Leonardo.
 
Ho attaccato mio fratello, il fratello che mi è sempre stato vicino, il fratello che avrebbe fatto di tutto per me e io per lui, il fratello che mi ha salvato mille volte, il fratello per il quale mi sono tanto dannato e ho atteso come un pazzo il suo ritorno.
L’ho attaccato sperando di fargliela pagare, di punirlo, di ferirlo, di farlo soffrire di più, molto di più di quanto aveva fatto soffrire me con il suo abbandono e il suo atteggiamento.
Nonostante la sua reticenza, i suoi tentativi di fermarmi, di calmarmi, di farmi ragionare, l’ho attaccato con tutte le miei forze, ed è stato per un fragile miracolo se, all’ultimo momento, accecato com’ero dalla collera, non abbia conficcato il mio sai nel suo collo, privandolo così della vita.
Ora i suoi atteggiamenti, la sua mancata velocità, le sue infinite parate e i suoi rari attacchi, il fendente che ha mancato di proposito la mia gola, la sua esitazione all’ultimo momento, il suo sguardo hanno tutti un significato ben preciso.
Un significato che solo ora riesco a comprendere.
Ora che è troppo tardi.
 
Impallidisco, mentre sento il calore dell’ira che ho dentro spegnersi.
Al suo posto, avverto solo il freddo del dolore e del pentimento.
Indietreggio, spaventato da me stesso, e mio fratello –ho ancora il diritto di chiamarlo così?-  si rimette in piedi con difficoltà, ferito sia nel corpo che nello spirito, ma non mi toglie lo sguardo di dosso, aspettandosi forse un altro attacco.
Scuoto la testa, lentamente, come a voler negare ciò che ho fatto, ed abbasso lo sguardo.
Non posso sopportare di vederlo così, di vedere il suo sguardo guardingo e deluso, e di sapere che è tutta, tutta, colpa mia.
 
Faccio una cosa che non mi sarei mai aspettato di fare.
 
Scappo.
 
Si, mi volto e scappo, come un codardo, un vigliacco, un guerriero senza onore.
Ma, in fondo, è ciò che in realtà sono.
 
Corro via, lontano, cercando di allontanarmi dalla mia colpa, mentre tento di trattenere le lacrime sotto la pioggia, anche se so bene che nemmeno lei potrà cancellare ciò che ho fatto, lavando mia dalla mia pelle e dalla mia anima il mio errore.
 
è stato tutto un maledetto, sporco errore.
Un errore a cui non potrò mai rimediare.
 
Distrutto da questo pensiero, corro a lungo, neanche io so per quanto. Mi sembra un’eternità, ma deve essere molto di meno, perché improvvisamente sento la voce di Leonardo urlare.
Mi volto, sentendo il mio cuore accelerare senza controllo.
“Leo!” sussurro appena, per poi tornare di corsa sul luogo del nostro scontro.
Quando giungo lì, lo vedo.
Una di quelle gigantesche statue di pietra, circondata dai suoi compagni e dai ninja del piede, lo ha sollevato sulle sue spalle e se lo sta portando via mentre lui inerme, penzola come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili.
Subito, mi lancio al suo inseguimento, anche se qualcosa, dentro di me, mi dice che è inutile, completamente inutile.
Corro, corro come non ho mai fatto, urlando il suo nome con tutte le mie forze, incurante di tutto, tranne di lui.
Quando vedo i suoi rapitori salire su un furgone, cerco di fare un ultimo sforzo e di raggiungerlo, ma arrivo troppo tardi.
Nel momento stesso in cui tocco terra, il veicolo parte e sparisce nel traffico di New York, portando via da me Leonardo.
Cado a terra, nella pioggia e nel mio dolore, ed urlo al cielo tutta la mia sofferenza, per poi sbattere i pugni a terra e sentire le lacrime scorrermi lungo le guance.
 
Ti ho perso, fratellone.
Ti ho perso per sempre.
Ed è tutta colpa mia.
 
  
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