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Autore: QueenMoriarty    04/12/2014    0 recensioni
Sebastian Moran, nonostante il suo lavoro impeccabile, viene periodicamente catturato dalla polizia.
E' quasi un appuntamento.
Che ci sia Jim Moriarty dietro tutto questo? Perché?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il secondino trascinava lentamente i piedi sulle mattonelle grigie della prigione.
Il rumore delle sue grasse cosce che sfregavano l’una contro l’altra e le chiavi che roteando sbattevano fra di loro, rendevano facilissima la sua identificazione.
Austin Castle fischiettava per rallegrare la sua giornata, mentre camminava lungo il corridoio che divideva le due file di celle.
Giocherellava col mazzo di chiavi, quasi come per prendersi gioco di chi era dietro le sbarre.
Di solito rispondeva sempre a tono agli insulti che gli volavano dietro, ma questa volta c’erano altri due suoi colleghi.
Sebastian aveva riconosciuto il fischiettio e la camminata pesante di Austin, ma era rimasto lo stesso steso sul suo letto.
Erano passati cinque mesi dal suo arresto, non potevano certo essere venuti per lui.
- Moran…in piedi. -
Austin e gli altri due secondini si erano piazzati davanti alle sbarre della sua cella.
Sebastian si alzò, senza mostrare alcuna emozione particolare, ma dentro di sé stava esplodendo.
Non vedeva l’ora di uscire.
Cazzo era stufo di quel posto.
Neanche riusciva ad immaginare come si sentissero gli altri detenuti con una pena più lunga della sua.
- Avvicinati alle e sbarre e mettiti di schiena, per favore. -
Quanto era cortese quella schifosa faccia grassa oggi.
Sebastiano appoggiò stanco la schiena alle sbarre e pose le mani nel riquadro libero in modo che potessero mettergli le manette.
I due secondini amici di Austin aprirono la cella e scontrano Sebastian lungo il corridoio fra le grida di insulti degli altri.
Alle 15:43 del 9 Novembre, Sebastian Moran era di nuovo un uomo libero.
Era entrato in quella prigione quando il sole alle sette di sera era ancora altro e ne era uscito quando alle quattro del pomeriggio il sole non desiderava altro che nascondersi.
Un’auto nera venne a prenderlo con 15 minuti di ritardo.
“Qualcuno ti ha pagato la cauzione.”
Aveva detto Austin.
Lo stesso “qualcuno” che aveva mandato l’auto e che aveva tardato di un quarto d’ora.
Come se cinque mesi non fossero bastati.
Doveva farlo aspettare ancora.
E’ difficile descrivere cosa Sebastian e Jim avessero.
Le persone normali la chiamerebbero “relazione” e spesso a Sebastian piaceva pensare che fosse davvero così.
Una relazione normale fra due uomini.
A Jim quella parola non piaceva.
Sebastian era solo il suo migliore e fidato cecchino, l’uomo che più gli era vicino.
Agli inizi anche per Sebastian era così.
Un semplice rapporto di lavoro.
Ma stare a contatto con lui, proteggerlo, salvargli la vita, aveva cambiato le cose.
Jim era impossibile, insopportabile, autoritario, manipolatore, geniale, intelligente.
Uno schifosissimo figlio di puttana.
Ma dannatamente bello.
Arrivarono a fare sesso una notte di anni fa solamente quando fu Jim a decidere.
Sebastian non osava mai scegliere.
Sebastian era “il suo uomo” perché faceva tutto ciò che gli ordinava e perché era un bel pezzo di carne da mangiucchiare ogni tanto, ma mai nel senso romantico del termine.
Jim, invece, non era di nessuno.
Spesso non voleva neanche che lo chiamasse per nome.
Lui era “boss”, mai “Jim”.
E nonostante questo, Sebastian si era completamente innamorato di lui.
Inizialmente pensava che fosse totale ma semplice devozione, poi capì che era di più.
Quando era in prigione, il pensiero di Jim era ciò che gli impediva di restare solo.
Gli mancava da morire.
Già immaginava i rimproveri quando lo avrebbe rivisto per essere stato talmente stupido da essersi fatto prendere dalla polizia.
Gli mancava il suo corpo.
Il suo collo forte ma aggraziato, le sue braccia definite dalla leggera muscolatura, le sue bellissima labbra carnose e leggere.
E i suoi occhi scuri.
Dio, quanto lo eccitavano i suoi occhi.
La macchina ci mise venti minuti per arrivare all’appartamento di Jim.
Non tornavano a casa di Sebastian questa volta.
L’aveva fatta talmente grossa da non concedergli neanche una doccia veloce?
Salì le scale fino ad arrivare all’appartamento di Jim.
Lo aspettava in salotto, sul divano lungo che dava sulla finestra panoramica.
Aveva le gambe incrociate e i suoi occhi lo puntavano con rimprovero.
Sebastian sospirò e chiuse la porta alle sue spalle.
- Sei tornato. -
- Grazie per avermi fatto uscire. -
- Sta zitto, non mi interrompere. -
Cominciamo bene.
Sebastian aveva l’espressione di un bambino sgridato dalla madre.
- Un totale incompetente. Sei stato in prigione almeno una volta ogni due anni ultimamente.
Dovresti essere il mio uomo migliore.
Complimenti! -
Jim urlava, ma Sebastian non lo stava veramente ascoltando.
Glielo ripeteva ogni volta, la storia non cambiava.
Era veramente una spina nel fianco quando faceva così.
Era stato chiuso in cella per cinque mesi.
Gli occhi di Jim pieni di rabbia lo facevano sentire particolarmente in colpa.
Tuttavia, non riusciva a non guardare le sue labbra.
Aveva voglia di baciarle, di morderle.
Voleva toccarlo, sentire di nuovo la sua pelle, il suo calore.
Tutto quel tempo da solo, in prigione e come unico compagno il pensiero di Jim.
Non si era accorto che Jim aveva smesso di parlare e che aspettava una risposta alla domanda che gli aveva appena posto e che lui non aveva ascoltato.
Sebastian ignorò totalmente la situazione e si avventò sulle labbra di Jim smorzando il silenzio.
Posò una mano sul suo collo caldo, accarezzandolo e sentendo il sangue scorrere velocemente sotto le sue vene.
Lo spinse sul divano, cominciando ad infilare le mani sotto i suoi vestiti.
Jim lo aiutò a spogliarsi.
Adora troppo i suoi capi firmati perché questi vengano maltrattati.
Gli era mancato il suo sapore, il suo odore e il suo calore.
Jim non aveva mai la pelle fredda. Non sapeva esattamente spiegarsi perché, ma gli piaceva da morire.
Poterlo baciare ancora e mordere la pelle del suo petto di nuovo.
Ne era valsa la pena, aspettare cinque mesi.
Jim era supino, con la testa poggiata sul tavolino del salotto e il resto del corpo sul pavimento.
Sebastian continuava a spingere e a toccarlo, sentendo i gemiti di Jim e godendo nel sentire il suo nome pronunciato tra quei sospiri.
Cinque mesi senza fare l’amore con lui.
Sesso.
Jim avrebbe detto “sesso”.
Troppi.
- Non hai risposto alla mai domanda di prima. -
Jim si era alzato dal pavimento, raccogliendo i suoi vestiti.
- Scusami, boss, non l’ho sentita. -
- Ti ho chiesto se avevi capito che ero io a mandarti in prigione. -
Sebastian si voltò di scatto, sentendo la risata maliziosa di Jim.
- Scopi da Dio quando resti senza sesso per tanto tempo. -
Come detto prima, Jim era un grandissimo figlio di puttana. 
  
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