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Autore: Evanescente84    05/12/2014    1 recensioni
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Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un lampo squarciò le tenebre .
Era una notte buia, fredda e priva di stelle così scura che il cielo si mescolava con la terra . L’aria umida si insinuava fastidiosamente nei polmoni e il rumore dello scrosciare della pioggia batteva ritmico sul terreno umido e fangoso.
Con il mantello inzuppato e il cappuccio calato fino sugl’ occhi, il ragazzo avanzava lento. Il rumore dei suoi passi, nel silenzio della notte, si confondeva con il fragore assordante della pioggia sul fango bagnato.
-Eccomi, sono pronto!- .
C’aveva messo tanto ma alla fine aveva fatto la sua scelta. Una scelta che avrebbe cambiato tutto e di cui si sarebbe pentito molto presto.
Il suo interlocutore strisciò nell’ombra delle tenebre, tra le foglie, ed emise qualcosa che al ragazzo parve un sibilo.
-Molto bene. Cominciamo sssubito…- Il sibilo sparì, si dileguò insieme al suo padrone silenzioso. Tutto tacque ,tranne la pioggia che continuava incessantemente il suo scrosciare senza sosta.
Intanto un ragazzino lo guardava con occhi grandi e terribili come se volesse dirgli: - Non potrai più tornare indietro…-

Engal si svegliò tutto sudato.
Ancora quello strano sogno. S’interrompeva sempre con gli occhi di quel ragazzino, occhi normali ma spaventosamente vuoti.
Aveva un peso, qualcosa gli opprimeva il petto. Ma non era affatto anormale. Quella “ cosa” lo aveva sempre accompagnato e lo avrebbe accompagnato per tutta la vita forse…
Udì un fragore. Scese subito le scale dalla sua piccola stanzetta, nella mansarda di una misera locanda, per capirne la provenienza e la causa.
Fu allora che vide e udì il suo destino.
- Il ragazzo ormai è grande, lasciatelo venire con noi, avrà molto più lavoro da fare- disse una voce piuttosto bassa e tranquilla.
- Non so… Engal ci è molto utile qui, è un ragazzo forte, anche debole e sensibile ma soprattutto è molto fedele. Non lo venderò mai!-
La voce della signora Order, una vecchia megera racconta balle, risuonava nella stanza come solenne e veritiera. Il ragazzo la conosceva bene, in realtà era tutta una messa in scena per far alzare il suo prezzo.
- Sono disposto a pagare di più signora Order-. Così dicendo il misterioso uomo che parlava con la vecchia, avvolto in un grande mantello, le porse un sacchetto dal quale brillavano come diamanti dorate monete. Le posò su di un tavolo lì vicino, come se avesse letto i pensieri della padrona della locanda. Il bagliore di quel denaro accese gli occhi della vecchia signora Order.
Ed anche Engal rimase incantato, come imbambolato da quel bagliore caldo… Avrebbe fatto qualsiasi cosa per avere quei soldi, per possedere l’oro, per essere ricco e non più uno stupido ragazzo, schiavo e imbranato , messo in ginocchio da tutti.
Molto probabilmente lui era il ragazzo più imbranato che la gente di Dalth, avesse mai conosciuto.
Spesso guardava gli altri ragazzi del villaggio uscire e divertirsi, ridere insieme e scherzare sulla goffaggine della vecchia Order (o su di lui?) mentre , dalla finestra pelava le patate o puliva i piatti, o qualsiasi altro lavoro che la Megera non voleva fare.
La signora Order aveva inoltre un altro albergo per la gente dei villaggi vicini e per chi volesse riscaldarsi un po’ in cui, anche lì, chi faceva tutto il lavoro duro era Engal insieme a qualche altro malcapitato. Infondo che altro poteva fare? Era un poveraccio, un servo senza alcuna utilità se non quella di spaccarsi la schiena a lavorare.
Ma ormai il ragazzo c’era abituato.
Molti di quei lavori sarebbero spettati alla donna delle pulizie, colei che Engal aveva sempre chiamato “madre”. Ma non lo era. Morì di stanchezza e di vecchiaia poco prima del suo decimo “compleanno”. Lei era l’unica che gli volesse un po’ di bene.
La gente del villaggio diceva che l'anziana signora era ben lieta di andarsene per non vedere più quella vecchia ipocrita della Mrs Order che l'aveva letteralmente ammazzata di lavoro.

-Affare fatto! Vado a chiamare Engal. –
Quella frase lo riscosse, era rimasto lì imbambolato accovacciato alla rampa delle scale.
“ Cosa faccio adesso?” si chiese ma le sue gambe furono più veloci e in men’ che non si dica si ritrovò nella sua misera stanzetta e si buttò a pesce sul letto.
- Engal, vieni giù che ti devo presentare una persona!- la vecchia Order entrò senza nemmeno pensare di bussar alla porta, aveva dato quell’ordine proprio appena il ragazzo si era messo sotto le coperte.
- Subito , Signora!- Così dicendo si alzò in piedi, ancora ansimante per la corsa, e si preparò per scendere ad incontrare il suo nuovo padrone.
- Buon giorno ragazzo, tu devi essere Engal!-
Il ragazzo si girò verso l’uomo col mantello che lo aveva appena salutato. Si sentì strano. Nessuno l’aveva mai salutato prima d’allora. Lo trattavano sempre come un servo e ovviamente gli oggetti non si salutano.
Era considerato strano,un altro motivo per cui nessuno gli rivolgeva la parola; forse per quei sussurri che sentiva continuamente come se qualcuno volesse parlargli ma quando si girava non c’era mai nessuno. Dicevano:”scappa”…
Engal rimase prigioniero dei suoi pensieri finché la signora Order, con la delicatezza di un elefante, gli diede una pacca sulla spalla facendolo trasalire.
- Eh sì, ci siamo molto affezionati al nostro piccolo Engal, mi sembra solo ieri quando arrivò con un fagotto e bussò alla porta del mio albergo…-.
“ Infatti, probabilmente quella brutta megera bugiarda se lo è sognato ieri” pensò il ragazzo ma non espose i suoi pensieri al pubblico.
-Andiamo, ragazzo. Ci attende un lungo viaggio!-
Sempre con il cappuccio calato sugli occhi quello strano uomo s’incamminò verso l’uscita.
Solo allora Engal notò che quell’individuo aveva una statura insolita, era molto basso, forse la metà di un uomo normale e un po' sproporzionato.
“Un nano!” pensò, ma poi si disse che era impossibile poiché quelle creature erano scomparse da molto tempo ormai o forse erano comparse solo nella mente degli uomini per poi scomparire completamente. Lui comunque non ci credeva anche perché, come gli diceva quand’era piccolo la signora Order, quelle non erano altro che favole per bambini stupidi. E lui non era stupido, era un po’ pazzo forse…

-Allora, non vuoi uscire da questa prigione?- Il vecchio s’incamminò fuori nel vivace villaggio lungo un sentiero che portava al Bosco Rigio, lentamente si muoveva e un bastone per niente liscio che assomigliava piuttosto al ramo di un albero ( e lo era) gli faceva da terzo piede come se non glie ne bastassero due di piedi.
Engal lo seguì incerto squadrandolo attentamente, quell’uomo non gli infondeva una grande fiducia con quella sua voce grave e bassa.
Quando furono abbastanza lontani dal villaggio, appena entrati nel bosco il vecchio basso si tirò giù il cappuccio che gli nascondeva il volto rivelando una scura e increspata barba. lunga e soffice, irreale che gli scendeva fin sul petto, nascosta in parte da un copricapo di stoffa marrone. Accese una pipa.
Il ragazzo, di fianco a lui si fermò attonito in piedi nel bel mezzo dello stretto sentiero ghiaioso che stavano percorrendo. Resto' a bocca aperta, non aveva mai visto una persona così. Non c’erano dubbi, quello era un Nano (contro ogni logica).
-E’ solo una pipa! Smettila di guardarmi a quel modo. Non hai mai visto una pipa?!-
-No,no, non è questo. Scusatemi signore è che non avevo mai visto un...
-… un nano? Beh, non siamo in molti ai giorni d’oggi, prima eravamo di più ma sai com’è… dopo tutte quelle carestie, la caccia, i cacciatori di creature, il commercio nero e le vostre stupide guerre (senza alcun senso) siamo stati (come posso dire…) cancellatii…-.
Stava mentendo ma il ragazzo era talmente preso da quel suo modo di fare che non si accorse nemmeno delle assurdità che stava dicendo.
Lo strano tizio fece per riprendere a fumare quando si bloccò. Tese l’orecchio. Un rumore, c’era qualcuno.
Fece segno ad Engal di stare in silenzio e si mise ad ascoltare.
Niente.
-Qualunque cosa fosse ora se n’è andata- disse il ragazzo alzandosi e incamminandosi verso un piccolo torrente per abbeverarsi un po’.
Camminarono tutto il giorno finché non si fece buio, dopodiché si accamparono nei pressi di un laghetto di montagna.
- Proseguiremo domani, adesso è troppo buio per andare avanti.-
Si distesero entrambi su un giaciglio di fortuna fatto con mantelli e terra e il nuovo padrone di Engal preparò un fuoco con cui scacciare le bestie curiose e affamate…
- Beh, mi è stato detto che sei un ragazzo fedele e che lavori meglio di una donna!- scherzò l’uomo mentre preparava un pranzo frugale. Probabilmente la sua intenzione era quella di far sorridere quel ragazzino timido e impacciato che era rimasto serio per troppo tempo. Ma Engal gli puntò addosso uno sguardo infuocato, con quei suoi occhi scuri come la notte più nera,che voleva incendiare la foresta. Era serio, stanco tuttavia non sopportava che si facessero battute su di lui.
- Non sei uno che parla molto vero? Su, mangia che sembri uno scheletro vivente…- Così dicendo il suo padrone gli porse un po’ di carne rossa come il sangue.
Il ragazzo afferrò la carne schizzinoso, non aveva mai mangiato della carne cruda e l’idea francamente non lo entusiasmava…
Ma era troppo affamato e sconvolto per rifiutare, prese la carne a due mani e si mise ad addentarla come un cucciolo impacciato e disperato, sotto gli occhi dell’uomo che lo aveva liberato da quella sua prigione per portarlo in un luogo peggiore.
Chi era quell’uomo in realtà? possibile che fosse un nano? E come sapeva il suo nome, insomma, perché voleva proprio lui?? La risposta lo spaventava, non può esserci niente di buono sotto, sintetizzò infine.
Lui, Engal, un ragazzo silenzioso e timido, ignorante e imbranato, come poteva lui avere almeno un briciolo d’importanza? Non poteva… Era di sicuro tutta una messa in scena per fargli fare qualcosa che potevano fare solo i poveri servi sottopagati ( pagati con il cibo, l’acqua e la promessa di non essere picchiati)…
Le fiamme scoppiettavano e danzavano felici mentre il ragazzo invidioso le guardava e studiava, come rapito dal fuoco che emanavano.
-Volevo chiedervi una cosa signore…-
Engal restò in silenzio ad ascoltare ma non ebbe alcuna risposta, solo il “nano” che dormiva sommessamente e serenamente. Come faceva a stare così tranquillo nel bosco di notte? Non ci voleva pensare, l’adolescente impacciato che guardava il fuoco consumarsi lentamente ed irrimediabilmente…
La mente di Engal era presa d’assalto da un esercito di domande che lo tenevano sveglio e non gli permettevano di dormire. Si chiedeva continuamente qual’era la vera identità di quell’essere che stava russando accanto a lui. Non riusciva a credere che fosse un vero nano, una vera creatura magica e rara, così speciale che era sopravvissuta solo nei libri di favole per bambini…
Infatti, le favole non sono altro che storielle per far addormentare i bambini o per non farli piangere la notte, questo continuava a ripetersi il ragazzo. Le “creature” come folletti, maghi, streghe, elfi, nani appartenevano ad un mondo completamente diverso, qualcosa di invisibile ed assurdo, qualcosa di fantastico e infantile, erano i fantasmi dei suoi ricordi…
Solo ai bimbi del villaggio talvolta si narravano delle storie sulle “creature magiche” e compagnia bella, si narrava che esse non erano scomparse ma si erano nascoste per colpa dell’uomo che continuava a sottometterle ed a lottare per un qualcosa di astratto, di non concreto…
Quelle creature si erano rifugiate ai margini del regno, oltre le Grandi mura eppure erano rimaste intrappolate nei libri di favole e negli occhi innocenti di Engal che le ascoltava di nascosto mentre queste venivano raccontate ai bambini della sua età. Talvolta rimaneva incantato da quelle favole magiche e, come ogni bambino che si rispetti, credeva fermamente a tutto quello che gli veniva raccontato.
Così, quelle creature fantastiche avevano combattuto una vera e propria battaglia dentro di lui, per decidere tra verità e falsità. Ovviamente alla fine aveva trionfato la via della ragione lasciando le favole alla deriva di ricordi di favole dimenticate…
Ora invece era lì, un nano, disteso e beato nel fantastico mondo dei sogni. Engal si diede un pizzicotto per accertarsi di non essere caduto preda anche lui di quel mondo misterioso.
“Ahi!” non stava sognando. Era tutto vero.
Engal guardò di nuovo l’uomo assopito accanto a lui e si distese sull’erba e le foglie senza un minimo di stanchezza. Era preso, rapito dai suoi pensieri e imprigionato nei suoi ricordi e in bilico sul filo che separava la realtà dalla fantasia…
Ricordava di quando era bambino, quando ancora credeva che il mondo fosse solo fatto di persone buone, quando aveva ancora il suo fedele Ritty, un topino salvato dalla pena di morte, condannato per essere topo. Ricordava delle mille volte che la signora Order lo aveva sgridato perché usciva dalla locanda e giocava con i suoi amici.
Ma in realtà lui non aveva amici e non ne avrebbe mai avuti, soprattutto per quel suo isolarsi dal mondo e svegliarsi solo dopo uno schiaffo, per quel suo soffrire in silenzio senza opporsi arrendendosi al fatto di essere più deboli e più piccoli…
Engal era così assorto nei suoi pensieri che senza accorgersene, lentamente, si era assopito tranquillo e inconscio che proprio in quel momento un uomo lo stava osservando attentamente.


   
 
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