Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: sleepynora    06/12/2014    4 recensioni
«Allora?» Chiese Sasha all'improvviso.
«Allora cosa?»
«Dai Jean, l'hanno capito tutti ormai.» Affermò Connie mentre continuava a spazzare per terra stanco.
«Ragazzi non so di cosa state parlando.» Rispose Jean infastidito dal non capire il discorso.
Connie si fermò guardandolo e si appoggiò con le braccia al manico della scopa che resse il suo peso piegandosi di poco.
«Tu e Marco l'avete fatto?»
Senza spiegazione logica la saliva gli si blocco in gola e quasi non si strozzò dalla sorpresa mentre Sasha rideva, tirando fuori dalla tasca una patata cotta e dandole un morso.
*NON FATEVI FREGARE DA QUESTA INTRODUZIONE, IL RESTO DELLA FANFIC POTREBBE DIVENTARE CONTORTO*
mi faceva solo ridere questa parte asd e mi sembrava una valida intro.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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YOU LEFT


 


Note Autore: Ciau questa fic è stata uno strazio da scrivere, 
                     non doveva uscire così ed invece beh, ma direi di non essere scontenta del risultato!
                     Potrà sembrare una raccolta di
 brevi storielle ma non lo è,
                     se leggerete fino alla fine, capirete il perchè è strutturata così, in modo buffo.                                                     

                     Adoro Jean e Marco, loro sono l'amore e mi viene da piangere.
                     Ho cercato di renderla una storia gradevole da leggere,
                     anche se ci sono risvolti decisamente opposti in fine,
                     ma devo stare zitta che è meglio.
                     Per cui, spero possa piacervi!
                     Arigatou.

                     Questa fanfiction è In onore di Marco Bodt, Soldato del corpo di ricerca, 104° squadra di addestramento.
                     Ma lo è anche in onore di Jean Kirschtein, poichè dannazione penso sia stato il più distrutto dalla perdita di Marco e se lo merita.
                     *I feels aiuto, mi sommergono*
                      
                     ps: troverete dei carinissimi pixels di Jean e Marco ogni tanto come divisorio, spero sia stata un'idea carina.

 


 





La stanchezza che provava era come se fosse un sasso lanciato in un lago, si sentiva cadere, affondare, tenendo gli occhi chiusi. In un abisso di pensieri.
L'unica cosa che lo circondava erano i suoi respiri.

 

 

 


 


 


 



«Hey, Jean? Tutto bene?»
«Mh?» Aprì gli occhi lentamente, come fosse stato svegliato da un sonno profondo.
«Ah, Si. Scusami, hai detto qualcosa?»
Marco lo guardò in viso un altro po' interrogativo prima di riprendere a parlare.
«Solo che l'atmosfera è molto tranquilla ultimante al campus, sembrano tutti molto più rilassati. Mi chiedo per quanto le cose potranno rimanere così come sono.»
«Beh, almeno finchè quei giganti non sfonderanno le mura.» Rispose secco.
«Già..»

Marco sorrise fra se e se, mentre si sedeva accanto al compagno che sembrava ancora stordito dai tanti pensieri.

«Che hai da sorridere?» Le sue reazioni erano più accennate quando sembrava essersi svegliato da un riposino pomeridiano, quasi innocente e diretto quanto un bambino.
Sorrise di nuovo con una flebile risata a seguire quel gesto.
«Che? Che ridi?!» Sembrava essersela presa, imbronciando il viso e sporgendosi verso l'amico.
Un istante di silenzio riempì l'aria, mentre il sole faceva capolino ed il vento alzava di poco la polvere sul campo, sfiorando i ciuffi d'erba sparsi quà e là.
«Mi piacerebbe, che le cose rimanessero così.»
Jean si fermò a guardarlo attento come non mai ad ogni movimento delle sue labbra.
«Così, come se il tempo si fermasse e.. Rimanessimo bloccati quì seduti.»
Il suo sguardo si spostò come fosse un istinto ed incrociò quello dell'altro.
«Per sempre.»
I suoi occhi si chiusero accompagnati da un dolce sorriso pacato ed imbarazzato, mentre sembrava che le sue gote immerse di piccole lentiggini si arrossassero di poco e che, anche se chiusi, quegli occhi gentili, volessero inumidirsi e piangere malinconicamente, gridando a gran voce di non voler andarsene mai.
«Dannazione.»
«Mh?» Marco aprì di nuovo il suo sguardo nel preciso istante in cui il viso di Jean, arrossito più di quanto mai fosse possibile immaginare, si trovava a poco meno di due centimetri dal suo.
Si fece prendere dal panico sgranando gli occhi ed indietreggiando di poco, ma le intenzioni erano chiare, non si sarebbe fermato lì.
Pressò dolcemente le sue labbra su quelle del compagno, poggiando una mano dietro al suo capo costringendolo a non indietreggiare più, ma nonostante il gesto di rifiuto iniziale, poco a poco, i suoi nervi si calmarono, e così fecero le sue mani che smisero di respingerlo e le sue dita si strinsero alla sua camicia, mentre quell'umidità che sostava nei suoi occhi di nuovo chiusi, trovò la via libera e scivolò come una lacrima tenue sulla sua guancia.
Qundo le loro labbra si separarono i loro visi fecero altrettanto, ed il tornare alla realtà così bruscamente fece avvampare il povero Marco che per poco non sembrò una locomotiva rossa scarlatta che emetteva prepotentemente fumo dalle orecchie.
Jean si portò una mano alla bocca toccandosi preziosamente le labbra, sentendo ancora il sapore dell'alto su di lui, le morse ed arrossì di nuovo.
Rimasero seduti in silenzio per molto, senza guardarsi nemmeno, rivolgendo lo sguardo vago altrove, che fosse il cielo, le mura o il terreno, nessuno dei due aveva il coraggio di aprire bocca.
Jean prese un respiro profondo e silenzioso, all'ungò la mano mentre ancora fissava il suolo, e come se sapesse che sarebbe successo, trovò la mano di marco lì dove si aspettava che fosse, poggiata a terra per sostenersi.
Semplicemente vi ci poggiò sopra la propria, aspettando che entrambe la smettessero di tremare, finchè istintivamente le dita si incrociarono, come per colmare la mancanza di qualcosa, preziosamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Oi? Lo mangi quello? Mio!»
«Eh?! No, Hey!» Jean urlò preso alla sprovvista.
«Trobbo tarbi heheh!» Rispose con la bocca piena del cibo appena rubato.
«Sasha dannazione, cos'hai al posto dello stomaco?! Ahh.» Sospirò massaggiandosi la fronte.
«Qualcosa tipo un pozzo direi.» Rispose Eren addentando un cosciotto di pollo.
Christa ridacchiò sorridendo mentre Sasha si fregava anche la sua porzione che aveva avanzato, sotto lo sguardo impassibile di Mikasa che sembrava riflettere sul fatto che Sasha potesse avere un pozzo nella pancia.
«Gli piace solo mangiare, suvvia.» Affermò Marco continuando la sua cena sereno.
«Quella strana quì non è Shasa» Disse Connie lanciando uno sguardo che non portava nulla di buono a Jean accanto a lui che non afferrò a pieno l'affermazione.
«Non è strano che Jean non mangi? Non è ai livelli di Sasha, ma non salta mai un pasto. Questo! è strano forte!»
Jean si innervosì e sentì il sudore freddo stargli per uscire dai pori della pelle.
«Ma che dici! Ah ah..» Cercò di sviare il discorso velocemente.
Da quando lui e Marco si erano baciati la prima volta, la cose continuò a ripetersi evolvendosi velocemente, e non faceva altro che pensarci e ripensarci.
«Oh andiamo! L'ho capito subito, arrenditi ti ho beccato!» Insistè aggiungendo un sorrisino beffardo a quel'espressione curiosa ed acuta.
«M-Ma di che parli Connie! Smettila!..» Farfugliò cercando di non guardare in volto Marco li di fronte, come se evitando il contatto visivo le cose si sarebbe fermate lì.
«Bene come vuoi.» Aggiunse sembrandosi essere arreso, ma poco dopo nel silenzio di qualche secondo non tardò a riattaccare il povero ragazzo tremante, mentre Marco continuava a mangiare lentamente, sembrando meno rilassato di prima.
«Allora, chi è la fortunata di cui ti sei preso una cotta?» Chiese infine sputando il rospo.
Anche Jean sputò, ma più l'acqua che stava bevendo in quel momento che un rospo, innaffiando Sasha con lo spruzzo inaspettato. Marco quasi si strozzò con un boccone di riso a sentire quelle parole e subito gli si arrossirono le orecchie, ma nessuno sembrava fare caso a lui, erano tutti fissi a guardare Jean.
Il che lo fece sentire salvo per un attimo, ma poi riprese a tremare come una foglia al pensiero che la situazione fosse precipitata e li avessero scoperti.
«Che?»
«Cosa?!»
«Ohw, Jean!»
Affermarono quasi in coro i compagni seduti al tavolo, incollando lo sguardo su di lui e tenendo gli occhi ben sgranati.
«M-Ma davvero credete alle cavolate che spara 'sto quì? Su andiamo! Non ci sarete cascati per davvero! Ah-Ahah»
Inutile, più apriva bocca, più il suo corpo andava in una fase di panico agghiacciante tradendolo in pieno.
«Si come no! Hai la faccia tutta rossa. Non saresti così se non fosse vero!» Ribadì Connie sogghignando come soddisfatto.
Jean non riuscì a fare altro che guardare verso il basso senza riuscire a muovere un muscolo o fare, dire, qualcosa.
Quel silenzio fu la risposta che lo tradì del tutto.
«Quindi chi è?»
«Dai puoi dircelo!»
«Ohw»
«Giuro che non ti prenderemo in giro»

«Sputa il rospo Jean!»
Di nuovo come un coro non smisero di tartassergli i nervi, eppure invece che ribollire di rabbia si sentiva la testa fluttuare, la sua temperatura era così alta che aveva caldo da morire, ed i pensieri erano tutti aggrovigliati.
«Jean? Tutto.. Bene?»
Chiese Christa preoccupata.
Si era stretto la testa tra le braccia, con i gomiti ben fissati al bordo del tavolo, chiuso a riccio.
Lo fissarono un po' in colpa, pensando di aver esagerato.
Alzò la testa, continuando però a tenere gli occhi bassi, mentre le guance gli si arrossavano in maniera marcata.
«Non mi sembra il caso di fare nomi..»
Non poteva, assolutamente no.
«Beh, almeno dicci com'è!» Sdrammatizzò Connie rivolgendogli un gran sorriso.
«Beh..»
Tutti rimasero con le orecchie ben tese in attesa di sentire una parola per un po', mentre lui incrociò lo sguardo di Marco che stava fisso sul piatto quasi vuoto, con le guance arrossate, incapace di nascondere la sua impacciataggine.
Menomale che l'attenzione non era rivolta a lui, se no a quest'ora li avrebbe già beccati. Pensò.
Fece un piccolo respiro prima di parlare.
«E'.. una persona gentile.»
«Eh? Eddai solo gentile? Ci deve essere dell'altro.» Affermò Eren curioso sporgendosi verso il tavolo.
«B-Beh..» Deglutì cercando di mantenere i nervi saldi ancora per poco.
«E' molto intelligente e si preoccupa un sacco, anche se può sembrare incapace da sempre il meglio di se, cerca sempre di non creare problemi agli altri per non essere un peso, ma non capisce che non lo è affatto.» Prese un respiro ancora più profondo sentendosi il cuore iniziare a battere più velocemente.
Chissà che faccia stava facendo lui in questo momento.
«Non si arrabbia mai e si intristisce quando gli altri lo fanno.. Il che è un problema con il mio caratteraccio, eppure non mi ha mai sgridato o lasciato, e-e ha il vizio di strizzare gli occhi quando sorride e anche quando..»
Avvampò e si inghiottì la fine della frase nel più imbarazzante dei momenti lasciandosi scappare un'espressione colpevole.
I compagni sedevano quasi a bocca aperta sentendo le cose che uscivano dalle labbra di Jean come un fiume incapace di fermarsi, mentre Marco si copriva il volto imbarazzato.
Christa si portò una mano alla bocca ipotizzando nella sua testa le parole successive tanto ovvie. Sasha fece cadere il boccone che stava masticando sporcandosi la divisa, Erene e Mikasa rimasero immobili, quasi increduli, almeno lo era Eren, Mikasa più che altro sembrava impassibile alla cosa, e Connie non potè fare a meno di ridersela sotto i baffi.
«..Non voglio che soffra, non voglio che si senta giù.. Percui, non riesco più a fare a meno di stargli vicino, Non posso lasciarlo andare.»

«...»
Il silenzio si fece a tratti insopportabile e Jean non potè fare a meno di alzare lo sguardo per capire che stava succedendo, ma in quell'istante si rese conto di aver fatto un errore di prouncia bello e buono.
«..Scusa eh.. Hai detto, Lasciarlo..Vero? Al maschile, non al femminile..Percui..» Affermò balbettando Connie marcando per bene quell'ultima lettera maschile a fine parole.
La faccia di Christa arrossì in un lampo e questa tentò di nasconderla con le mani, mentre Eren era così pallido che sembrava un cadavere, e così lo era anche Sasha che venne percossa da un braccio da Mikasa, che, impassibile come sempre, pensava gli fosse rimasta una patata incastrata in gola e che stesse soffocando.
Marco non aveva più il volto coperto dalle sue stesse mani, ma aveva gli occhi sgranati e le labbra srette in una morsa quasi di disperazione, come se stesse pregando che non fosse vero quello appena successo.
Connie si riprese dallo shock e parlò senza far passare le parole al cervello per controllare se fossero adeguate alla situazione.
«Non dirmi che..»
«N-No!»
Ora il panico si era impadronito di lui, il cuore gli sembrò smettere di battere dalla paura.
«Potevi dirlo che eri gay! Ci avrei provato io con te!» Affermò Connie fingendo di volerlo sbaciucchiare e ridendo da solo.
«Beh.. E' s-stato inaspettato.» Rispose Christa sorridendo.
«Questo è per averlo tenuto nascosto!» Disse Sasha fregandogli un omelette dal piatto e divorandola.
«Sei la solita! Ahah» Risero insieme, come se non fosse successo nulla.
In quel momento si sentì il cuore leggero e pronto a riprendere il suo dovere, battendo più lentamente, al ritmo giusto.
Si, per un attimo sentì la rabbia di essere definito pubblicamente gay così ai quattro venti, ma poi, pensò a Marco; che stava lì seduto grattandosi uno zigomo ancora quasi imbarazzato.
E passò.
Non gli importava per tanto che poteva proteggerlo, non gli importava per tanto che lui non ne fosse ferito, non gli importava.
I loro sguardi si incrociarono e gli fu rivolto quel sorriso tanto dolce, quello accompagnato dagli occhi strizzati, che tanto amava.
Non gli importava altro, che poter avere quel sorriso, rivolto verso di lui.



 

 

 

 

 

 

 

 

«Quanto vi manca ragazzi?»
«Non molto direi.» Disse Jean sorridendo.
«B-Bene, allora lascio il resto a voi, devo dare una mano nelle cucine.» Rispose Marco timidamente, come se si sentisse in colpa a lasciarli da soli.
«Nessun problema!»
Jean aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra mentre spazzava via il terreno secco e i passi di Marco si allontanavano ritmicamente.

 

«Allora?» Chiese Sasha all'improvviso.
«Allora cosa?»
«Dai Jean, l'hanno capito tutti ormai.» Affermò Connie mentre continuava a spazzare per terra stanco.
«Ragazzi non so di cosa state parlando.» Rispose Jean infastidito dal non capire il discorso.
Connie si fermò guardandolo e si appoggiò con le braccia al manico della scopa che resse il suo peso piegandosi di poco.
«Tu e Marco l'avete fatto?»
Senza spiegazione logica la saliva gli si blocco in gola e quasi non si strozzò dalla sorpresa mentre Sasha rideva, tirando fuori dalla tasca una patata cotta e dandole un morso.
«M-Ma che dici?! Sei impazzito?» Jean era diventato rigido e cominciò a sudargli la fronte.
«Te l'ho detto, lo abbiamo capito.»
«Non buoi nasconderlo» Ribadì Sasha a bocca piena, facendogli salire ancora di più i nervi.
«Merda.» Disse passandosi una mano sulla testa e guardando il sole mattutino battergli negli occhi.
«Era.. così evidente? C-Che io e lui..» Chiese infine Jean imbarazzato senza finire la frase.
«Shi..» Rispose ancora il pozzo senza fondo masticando rumorosamente.
«Non hai risposto alla domanda, siete già arrivati a quello?»
«Connie! Dannazione!»
«Oi oi.. Scusa tanto! Che c'è di male? Ero solo curioso.»
«Ahh..» Non poteva farci nulla ormai, se lo avevano capito da soli, la colpa era loro che non erano stati abbastanza bravi a nascondere la cosa.
«No.»
«Mh?»
«Non..L'abbiamo ancora fatto.» Aggiunse continuando a spazzare come se potesse spazzare via anche l'imbarazzo se ci avesse messo più impegno.
«Come no?!» Connie sembrò sorpreso per davvero.
«Ho detto di no!»
«Ma come?! Oramai sono passate settimane e settimane! Ti sei rammollito?»
«Ma che dici.» Jean sentì le tempie avere una piccola fitta, quella pressione stava per fargli venire un bel mal di testa.
«Non dirmi che sei tu il passivo..?»
Jean si impietrì ed arrossì fortemente per poi scattare quasi furioso.

«MA SEI IDIOTA?!!» Brandì la scopa come arma con la dolce idea di colpirlo su quella testolina pelata, ma poi ci ripensò e in quelanche modo i suoi nervi si calmarono.

«Beh.. Mh.» Si schiarì la gola Connie.
«Perchè allora, nessun come dire.. Progresso?»
Jean rimase silenzioso per un attimo pensando al perchè non avevano ancora oltrepassato il baciarsi.
Lui lo voleva ardentemente, e pensava che anche Marco lo volesse, almeno credeva. Però non erano mai riusciti a fare nulla.
Forse era solo per il fatto che erano entrambi senza altre esperienze simili.
«Non saprei..» Concluse infine.
«Beh datti una mossa, queste cose sono come le patata cotte, più aspetti e più si raffreddano, e tutti sanno che le patata fredde non sono buone!»
Connie ridacchiò un "Sempre la solita!" mentre Jean dopo avergli dato una corta risata, pensò a quella frase che, se pur assurda, in un qualche modo, sembrava avere un senso di verità nella sua testa.
«Domani è giorno libero, potresti approfittarne no?» Disse Connie beffardo.
Era un'occasione, avrebbe potuto almeno provarci.
«Uhm, credo di si.»
Sotto lo sguardo stupito e vittorioso dei due compagni, il cielo iniziò a riempirsi di nuvole, impedendo al sole di brillare al suo massimo splendore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno dopo.

 

«Oi.»
«AH!» Marco per poco non inciampò dalla sorpresa.
«M-Mi hai spaventato..»
Jean si guardò attorno con aria sospetta prima di fare qualche passo avanti e prendere tra le dita il mento di Marco e stampargli un bacio sulle labbra.
Questo Trasalì ricoprendosi di rosso in viso, ma oramai non aveva intenzione di rifiutarlo.
Però non sembrava che quel bacio fosse solo un saluto, questo perchè il suo viso non si era minimamente spostato ed infatti un innocente bacio si trasformò in qualcosa di più.
«Jean s-se arrivasse qualcuno..»
«Ahh.» Sospirò Jean spostando la bocca dall incavo del suo collo.
«Credo, non poter resistere oltre.» Affermò Jean guardandolo dritto negli occhi, che sembravano brillare di riflessi.
«Oh..»
Jean piegò la testa su un lato come un cucciolo che non capisce, aspettando qualche risposta.
«Non..Non mi sembra il caso.»

«Eh? Perchè no?»
«Credo sia meglio lasciar stare..»
Il respiro gli si bloccò per un attimo prima di trasalire, Jean era una persona molto orrascibile.
«Stai cercando di farla finita?! E' questo?»
«N-No!»
«E allora cosa?! Sputa il rospo.»
«...» Fissò per un po' il pavimento prima di trovare la forza di parlare ancora.
«Non voglio che le cose cambino.»
Ancora una volta sul volto di Jean un'espressione confusa apparve corrucciata.
«Non cambierà nulla, solo beh, che faremmo certe cose, ma nient altro!»
«Ah.. Non intendevo in quel senso..» Sorrise appena prima di continuare.
«Sto così bene ora c-che ho paura che le cose possano cambiare in qualche modo.»
«Oi..»
Non gli diede nemmeno il tempo di guardarlo che gli avvolse le braccia attorno alle spalle, costringendolo a sprofondare nel suo petto.
«Non pensare nemmeno una volta che ti lascerò. Perchè non lo farò.»
Marco strinse i pugni lasciandosi cullare da quelle parole.
«Mai.»
La morsa si allentò e furono di nuovo a visi vicini, e come non poteva mancare che gli rivolgesse quel gentile sorriso prima di avere di nuovo le proprio labbra incollate, se c'era una cosa che lo faceva sentire al sicuro, era proprio quando lo aveva tra el sue braccia e poteva avere quel sorriso tutto per se.
La considerava, la cosa più preziosa che aveva.





 

 

 

 

 

 

Quello stesso giorno, più tardi.
 

«Quì andrà bene..»
Dal giorno prima il sole non si era ancora fatto vedere, le nuvole erano diventata spesse e grigie come la notte.
Avevano trovato una delle stanze singole della struttura vuota e non potevano avere più fortuna.
Nonostante fosse pomeriggio, era anche il giorno di riposo, e non c'erano molti rumori nella zona, di sicuro tutti si stavano godendo il tempo libero nelle proprie stanze tranquillamente.
Era un situazione troppo imbarazzante.
Era per entrambi la loro prima volta, ed erano pure entrambi uomini, la cosa alzava ancora di più l'agitazione.
Marco si era seduto sul piccolo letto bianco tenendosi le mani sulle ginocchia strette in una morsa tremante mentre Jean chiudeva le tende al giorno più grigio di sempre.
«Certo che non ci voleva, questo rende l'atmosfera un po'.. Tetra.»

«..G-Già.»
Più provava a dire qualcosa più non otteneva risultati, Marco sembrava davvero terrorizzato della cosa.
Beh, doveva comunque prendere l'iniziativa, o avrebbero passato il pomeriggio a parlare del tempo.
Così si sedette accanto a lui, che al sentire lo scricchiolio del letto ebbe un piccolo sobbalzo.
«Rilassati.» Gli sussurrò all'orecchio mordendoglielo.
«C-Come..»
Gli tappo la bocca prima che potesse riuscire a dire altro, doveva solo lasciare che lo facesse suo.
Fuori un forte vento fece tremare gli alberi e piccole gocce di pioggia iniziarono a scontrarsi contro la finestra producendo un leggero ticchettio ritmico, che si poteva vedere attraverso le tende bianche, anche se di poco.
Un sottofondo che si rivelò non essere niente male per nascondere i rumori interni della stanza.

 

 

 

Non avrebbe mai immaginato che Marco potesse avere una tale espressione, nemmeno che potesse emettere suoni tanto eccitanti.
Se c'era una cosa che lo fece impazzire, era il modo in cui gli avvinghiava le braccia attorno, come a sostenersi ed a lasciarsi usare a suo piacimento, ma allo stesso tempo come a non volerlo farlo scappare costringendolo a non lasciarlo andare da quella morsa affannosa.
Non avrebbe mai immaginato che averlo così potesse essere così appagante e farlo sentire come se fosse oramai tutto ciò di cui aveva bisogno.
Jean si infilò la camicia appena raccolta dal pavimento e guardò Marco che ancora stava sdraiato nel materasso totalmente imbarazzato da quello che avevano fatto.
Gli accarezzò una guancia lentiggionsa tutta rosea e vide apparire il sorriso che tanto amava, mentre la sua mano venne trattenuta da quella di Marco, apoggiata alla sua guancia, ancora per un po', come a volerne sentire il calore per sempre. Come se fosse stato un altro di quei momenti in cui avrebbe voluto che il tempo si fermasse per sempre e fossero rimasti lì seduti, per sempre.
«Jean..?»
«Si?»
«Non lasciarmi.» Disse mentre le sue guance si accaldorono ancora di più di imbarazzo.
«Non lo farò.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un istante di silenzio riempì l'aria, mentre il sole faceva capolino ed il vento alzava di poco la polvere sul campo, sfiorando i ciuffi d'erba sparsi quà e là.
«Mi piacerebbe, che le cose rimanessero così.»
Jean si fermò a guardarlo attento come non mai ad ogni movimento delle sue labbra.
«Così, come se il tempo si fermasse e.. Rimanessimo bloccati quì seduti.»
Il suo sguardo si spostò come fosse un istinto ed incrociò quello dell'altro.
«Per sempre.»
I suoi occhi si chiusero accompagnati da un dolce sorriso pacato ed imbarazzato, mentre sembrava che le sue gote immerse di piccole lentiggini si arrossassero di poco e che, anche se chiusi, quegli occhi gentili, volessero inumidirsi e piangere malinconicamente, gridando a gran voce di non voler andarsene mai.
«Dannazione.»
«Mh?» Marco aprì di nuovo il suo sguardo nel preciso istante in cui il viso di Jean, arrossito più di quanto mai fosse possibile immaginare, si trovava a poco meno di due centimetri dal suo.
Si fece prendere dal panico sgranando gli occhi ed indietreggiando di poco, ma le intenzioni erano chiare, non si sarebbe fermato lì.
Pressò dolcemente le sue labbra su quelle del compagno, poggiando una mano dietro al suo capo costringendolo a non indietreggiare più, ma nonostante il gesto di rifiuto iniziale, poco a poco, i suoi nervi si calmarono, e così fecero le sue mani che smisero di respingerlo e le sue dita si strinsero alla sua camicia, mentre quell'umidità che sostava nei suoi occhi di nuovo chiusi, trovò la via libera e scivolò come una lacrima tenue sulla sua guancia.
Qundo le loro labbra si separarono i loro visi *çò@à/%/21)g^as1!"§ù.:-=$%&/

 


No.


No.

Questa cosa..

Un dejavù?

 

Perchè

Cosa mi succede..?!

 

 

«Jean? Tutto bene?»
«Non pensare nemmeno una volta una cosa del genere. Perchè non ti lascerò.»
«Mai.»
«Non dovremmo..»
«E' una persona molto gentile..»
«Rilassati.»
«Vorrei che il tempo si fermasse.»
«Jean, Tutto bene?»
«Non posso lasciarlo andare.»
«Stai dicendo che vuoi farla finita?! E' così?»
«Jean? Tutto bene?»
«Dannazione.»
«Jean? Tutto bene?»
«Che hai da sorridere?!»
«Dai Jean, sputa il rospo!»

«Per sempre.»
«Jean, Tutto bene?»
«Jean? Tutto bene?»
«Jean.»
«Jean.»
«Non lasciarmi, Jean.»
«Jean? Tutto bene?»


«NO!» Urlandò spezzò le voci, ed il silenzio continuò a circondarlo.
Jean sedeva nel letto, portandosi una mano alla fronte sudata, contemplando le voci che gli avevano riempito la testa poco prima.
Una risatina nervosa gli scappò dalle labbra.

 

«Era un sogno.. davvero bello.. A-AhAh..» Sossurrò nel buio della stanza vuota, mentre fuori la pioggia sembrava sul punto di scoppiare in un temporale violento.
Guardò fuori dalla finestra chiusa, contemplando quel suono triste che producevano le gocce, con lo sguardo perso nel tempo.
«Ti avevo promesso.. Che non ti avrei lasciato.»
Un lampo illuminò la stanza e poco dopo rombò il suo tuono prepotente.

«Allora perchè.. tu l'hai fatto. Perchè mi hai lasciato?»
Sussurò nel vuoto con un tono tanto basso da sembrare nullo e risuonare solo dentro la sua testa.

Riappoggiò la testa al cuscino e chiuse gli occhi, mentre i singhiozzi iniziarono a riempire le mura, consapevole del fatto che nessuno dei suoi sogni avrebbe potuto rimpiazzare la mancanza di Marco al suo fianco, e che anche incolpandolo, i suoi incubi non lo avrebbero lasciato respirare comunque, facendolo sprofondare, in un sonno tormentato e simile alla morte.




 





 

  
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