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Autore: Briseide    31/01/2005    10 recensioni
Ispirata dal film. Lancillotto e Ginevra si incontrano nel bosco,facendo i conti con qualcosa che difficilmente si può controllare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente la parvenza di qualcosa di famigliare aveva accarezzato la sua mente e domato la sua inquietudine. Il terreno sotto i suoi piedi rispondeva gentilmente ai suoi passi,il dolce vento della sera le offriva il suo benvenuto accarezzandole la pelle,e le fronde degli alberi cantavano il suo ritorno con fruscii e melodici sospiri.
Inspirò a fondo assaporando l’aria della sua casa,della sua terra. I suoi occhi ancora affaticati si chiusero lentamente,lasciando che il delicato odore del bosco le solleticasse i polmoni,e le venne voglia di ridere. Di danzare con le foglie e urlare con il vento. Correre tra quei boschi e gridare al mondo che era tornata. Ginevra aveva ritrovato la sua libertà e avrebbe lottato per quella di tutti gli altri fino alla fine. Un leggero rossore le colorò il volto pallido dopo la corsa terminata con un sorriso felice. Da tempo non sapeva cosa volesse dire sorridere. Da quando quelle braccia l’avevano sfiorata per un secondo…lasciandola nelle braccia di Artù un momento dopo. Non era quello il momento adatto. Non ora.

Osservava i suoi movimenti leggiadri in quella armonica danza con l’umido bosco. La ballerina con la sua compagna terra,e il suo maestro vento. C’era qualcos’altro che potesse desiderare quell’incantevole creatura? Niente. Dopo la libertà. Niente era più desiderabile di quella,e lui lo sapeva bene. Sentì qualcosa pizzicargli il cuore e interrompere per brevi istanti il suo respiro. La sua terra era ancora lontana e la sua casa scomparsa,così come la sua famiglia,temprata da quei lunghi quindici anni.
Ginevra aveva quello che lui sognava ogni notte per tutti quegli anni. E ora gli aveva strappato anche quei brandelli di sonno,prendendo il posto dei monti della sua terra,del nitrito dei cavalli,delle grida di sua madre quando era ancora una giovane donna,moglie di un marito amato,e madre di un figlio che non avrebbe visto mai più. Ora appariva solo lei,con quello sguardo fiero,di feroce dignità. E si sentì improvvisamente stanco. Il cielo sembrava farsi sempre più pesante,e vicino,troppo vicino,quasi lo soffocasse. Persino la corteccia di quell’albero graffiava con violenza impietosa le sue mani,troppe volte immerse nel sangue altrui senza che ve ne fosse alcun motivo. Assassino per una causa che non era la sua,per una volontà che non conosceva,per un obiettivo che non avrebbe mai raggiunto,e che in quel momento non aveva più alcuna importanza. Da lunghi anni reprimeva ogni istinto,che non fosse quello di accarezzare un corpo femminile sotto ad una tenda nelle ore notturne,per cercare di andare avanti e di non perdere la sua luce e la sua speranza. Ma quella luce si era offuscata da tempo ormai ed era giunto il momento di accettare la sconfitta. E la stanchezza non lo aveva ancora abbandonato. Sentì le gambe cedere e la terra franare sotto i suoi piedi,nonostante avesse represso quel gemito troppo simile ad un singhiozzo per regalarlo all’aria umida della notte,e fatto appello a tutte le sue forze per rimanere in piedi. Ma sembrava non essere sufficiente.

Voltò la testa in allerta,sentendo i suoi capelli cadere languidamente sulle sue spalle,e una ciocca sfuggevole velarle un occhio. C’era qualcuno,la terra l’aveva avvisata e il vento aveva cambiato direzione,soffiando verso est. Tese l’orecchio,le labbra appena dischiuse ad assaporare quel momento di tensione. Poteva sentire il respiro pesante degli uomini nei carri,e il tenue sospiro dei bambini stretti nelle loro coperte,e i passi lontani dei cavalieri di guardia. Niente sfuggiva mai al suo controllo,tranne quel singulto,durato un attimo,subito cancellato nell’aria,quasi come se l’autore avesse allungato repentinamente una mano e lo avesse catturato,riportandolo indietro. Ma sapeva che non si era ingannata. Il bosco e il suo istinto non la ingannavano mai. Tornò indietro di pochi passi,facendo attenzione a rendere trasparenti i suoi passi e muti i suoi respiri,sporgendosi dalla corteccia di un albero con fare guardingo. Sentiva una strana atmosfera nell’aria attorno a lei,qualcosa di irreale. L’aria era satura di malinconia,il vento ora le sferzava violento il viso un forte rancore e sentiva l’umidità farsi pesante,sentore di lacrime troppo a lungo represse,perché prima o poi non avrebbero reclamato la propria libertà. Si aggirò invano intorno ad una corteccia,ma non vi trovò nessuno,mentre un respiro giungeva al suo udito e la indirizzava poco più avanti. Sentiva la terra sotto i suoi piedi fremere,reclamare le sue necessità,assetata di lacrime che da lungo aspettava di poter accogliere in se. Volgendo per un attimo gli occhi scuri al terreno sotto di lei si sentì in dovere di assicurare la sua compagna terra che prima o poi quel momento sarebbe giunto.
Ecco. Poteva distinguere senza troppe complicazioni la figura solitaria di un uomo,appoggiato ad un albero,respirare a stento quasi fosse ferito. Si avvicinò lentamente,riconoscendo l’odore che quella mattina l’aveva abbracciata inconsapevolmente. Era quel fiero e arrogante cavaliere che tanto l’aveva colpita nel leggere i suoi occhi,negazioni di tutte le parole che le sue labbra portavano alla luce. Ed era stanco e ferito appoggiato contro un albero. Mano a mano che si avvicinava poteva sentire l’ardore di quella ferita,bruciarle il respiro,ormai consapevole che il suo corpo non avrebbe potuto nascondere meglio il taglio profondo che quindici anni avevano scavato nel suo animo.

“La notte fa questo effetto a molti,ma non credevo ad un cavaliere”.

Sussurrò lentamente,separando appena le labbra,facendosi vicina fino a raggiungerlo,potendo percepire ancora una volta l’odore della sua pelle,mischiato al profumo del bosco,in un binomio travolgente come raramente le era capitato di sentire.
Il cavaliere aveva alzato la testa di scatto incontrando i suoi occhi. Ma il buio non aveva alcun potere su di lei,e la luce di repressa disperazione e sconforto la colpì ugualmente dritta al cuore,che immancabilmente perse un battito.

“La vostra armatura sono gli occhi,Milady,la mia non è altro che un pezzo di bronzo”.

Le rispose tagliente il cavaliere,nonostante nei suoi occhi vibrasse un lampo di amara ironia. La speranza prima o poi avrebbe abbandonato tutti nel corso della loro vita,per poi tornare all’improvviso,con un caldo raggio di sole e con in omaggio una scarica di nuove energie. Ma i giorni bui erano duri da sopportare. Per chiunque.

“Tornerà mio cavaliere,tornerà. E porterà con se un nuovo scopo,un a nuova forza e una nuova luce”.

Gli assicurò in un sussurro tenue,cullato dal canto del vento. Quelle parole raggiunsero il suo cuore con una violenza addolcita dal vento e velata dal caldo tessuto della dolcezza. Ma non era suo compito scaldarsi con quel mantello di parole amiche. Non sarebbe dovuto servirgli,era sempre stato in grado di affrontare il freddo inverno nella sua mente e l’aridità del suo cuore per tutti quegli anni. Quel momento di sconforto presto sarebbe passato,anche senza l’aiuto di quelle parole e quell’improvviso calore che si stava diffondendo nel suo corpo,bruciandogli nell’animo e pizzicandogli occhi. Allora perché non ci credeva neanche un po’?

“ Fingerò di crederci. Da tempo non ho più né sogni né desideri,se non quello di fare ritorno alla mia terra. Ma non ho più una terra. E quello che vorrei non posso averlo,perché tutti mi chiamano cavaliere,persino voi,Milady”.

Rispose serrando le labbra nel tentativo di non dare a vedere quanto i sentimenti di quel momento fossero forti e difficili da domare. Artù non avrebbe mai immaginato che il suo fedele compagno Lancillotto fosse in grado di cadere in terra,affranto anche lui per una volta nella sua vita. E non avrebbe dovuto saperlo. Eppure le sue parole erano risultate taglienti e amare così come le sentiva premere nella gola un attimo prima che le sue labbra gli regalassero la libertà. Il gelo della Britannia si stava infiltrando prepotente tra i suoi abiti e le sue ossa,gelandogli le vene. Ma era abituato anche a quello ormai.

“Siete voi che lo chiedete. Potrei chiamarvi Lancillotto,ma voi stesso vi siete presentato come cavaliere,e io vi ho creduto. Vi siete chiesto come mai chiamate il vostro amico Artù? Non è forse un cavaliere anche lui? Non è forse addirittura il vostro re? Eppure mi ha svelato il suo nome,e ha detto che è Artù. Perché voi non dite che il vostro è Lancillotto,cavaliere?”.

Quelle parole erano state pronunciate con una severità quasi insostenibile. Sentiva gli occhi di Ginevra affondare nei suoi,infrangere tutte le sue difese. Avrebbe voluto dire qualcosa,aveva delle parole nella sua gola,troppo gelate per venire alla luce. E lui a quanto pareva non era in grado di scioglierle. Ed era in terra,le mani affondate nella terra stringevano rabbiose il terreno sotto di lui. Aveva perso tutto dannazione. Persino il suo controllo. Non era più neanche un cavaliere in quel momento che si sentiva così fragile.

“Avanti Lancillotto. Qual è il vostro desiderio?”.

Era accanto a lui,le ginocchia poggiate sulla terra,la veste bianca macchiata di fango,gli occhi fissi in quelli di lui. Di lui,che non era più un sarmata da quindici anni,ma che da poche ore non era più un cavaliere.
Ecco,non era niente. Ma non era facile essere un cavaliere. Essere imbattibile,forte e vigoroso. No,era tutt’altro che semplice. Qual’era il suo desiderio?
Già,qual’era.

Wish that I could cry
Fall upon my knees
Find a way to lie
About a home I'll never see


Ancora non aveva parlato,eppure una mano si era protesa verso di lui,a sfiorare tremante il suo volto e il suo corpo,con una voglia febbrile,repressa dal pensiero dell’errore. Ma quella era la notte dei suoi desideri e qualsiasi fossero stati,lei da padrona di quella casa notturna che era il bosco,lo avrebbe soddisfatto. Così si impegnò a leggere nei suoi occhi,impedendogli di parlare. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Lei aveva già capito.

“Questa sera non sarai più cavaliere. Stanotte sei solo Lancillotto. E in quanto uomo avrai il diritto di esprimere i tuoi desideri e le tue speranze,e di liberare le emozioni. Solo perché è notte,e perché voi siete solo Lancillotto”.

Sentì la mano della donna sfiorare i suoi occhi e un gemito sfuggirgli dalle labbra,mentre qualcosa si faceva largo nel suo petto,il cuore iniziava a battere e il respiro a farsi intenso.

“ Avrai il diritto di piangere,di cadere in terra stanco e di trovare un modo per ricordare quello che eri,di mentire su una casa che non vedrai mai. Anche se sembrerà così assurdo,questa notte potrai farlo”.

It may sound absurd:but don't be naive
Even Heroes have the right to bleed
I may be disturbed:but won't you conceed
Even Heroes have the right to dream but
It's not easy to be me


Quella concessione suonava incredibilmente illusoria. Si aspettava che da un momento all’altro gli venisse tolta quella possibilità,rimangiata quella promessa,ricordato che in realtà era un cavaliere al servizio di altri e che era sbagliato. Un errore pagabile con la morte forse. Ma era notte e il tocco delle dita di Ginevra sulla sua pelle lo fece tremare di passione. Posò la sua mano su quella della donna,stringendola forte nella sua,chiudendo gli occhi cercando di non sentirsi così dannatamente colpevole. Quella non era la sua casa,non era la sua battaglia,quella sensazione di disperata vulnerabilità non si addiceva a lui,e…lei non era la sua donna. Artù lo sapeva bene,così come lo sapeva lui e come ne era consapevole Ginevra. Ma erano le loro mani ad essere legate e quella notte non erano né lui un cavaliere,né lei una woad.
Erano solo Lancillotto e Ginevra.
E quella notte aveva il diritto di sanguinare,di perdere,di sognare e di sperare. Sentì il respiro di Ginevra unirsi al suo in un unico sussurro,e la stretta delle mani farsi più intensa,mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo,cancellata con un bacio inaspettato di Ginevra. Aprì gli occhi incontrando i suoi. Non esisteva più alcuna distinzione al momento,tra i loro occhi scuri,e i loro respiri accordati e la gara che i loro cuori avevano intrapreso,non sapendo resistere neanche in quell’occasione ad entrare in competizione,a chi batteva più forte nel petto di entrambi. E un sorriso incurvò le labbra della donna nel sentirsi finalmente desiderata e felice di esserlo.

“E potrò anche ringraziarvi,di tutto questo Milady?”.

“Non lo state già facendo?”.

Un attimo dopo assaporavano uno le labbra dell’altra,in un bacio ricercato,sognato e sospirato. Poteva sentire il sapore di mirtillo selvatico delle labbra di Ginevra premute contro le sue,in una passionale ricerca di benessere,non tardata a trovare.
Quella terra e quel bosco accolsero i loro corpi legati da qualcosa di ben diverso dal semplice desiderio di attività motoria dopo lunghe ore di guardia e cammino.
Sentivano il bisogno di riscaldarsi a vicenda,di trovare sospiri e sussurri che il bosco avrebbe nascosto agli occhi e alle orecchie di tutti,complici di quell’amore e di quella passione dannatamente reale per dover essere clandestino.

“Domattina lo considererete un errore?”

gli domandò leggermente affannata per l’intenso scambio di emozioni appena vissuto Ginevra,sentendo le mani dell’uomo accarezzarle le spalle,presto sostituite dalle labbra.
Una sciocca emozione dentro la sua testa la condusse a pregare che le parole che avrebbe ricevuto in risposta non fossero “no”.

“Il più grande errore della mia vita lo ho già commesso,Milady ed è troppo grande per ripararlo. Negare con lui la mia attrazione per voi…e poi amarvi con dolcezza”.

Sentì la mano della donna farsi serrata tra i suoi capelli e le sue labbra sfiorare il suo petto. Attese pochi istanti dopo quella grande verità. Poi…

“E voi lo considererete un peccato?”.

Ginevra lo baciò di nuovo,e ancora e ancora,come se fosse ogni volta la prima,con sempre maggiore passione e sentimento,quasi non fosse possibile rivivere quel momento. Eppure in tutto quel che facevano una tenera dolcezza governava i loro gesti,nello strusciare i corpi l’uno su quello dell’altra,nel cogliere le labbra di Ginevra tra le sue,e nel sentire le mani di Lancillotto carezzarle la pelle.

“Io ho già commesso il mio peccato,cavaliere,e non vi è più modo per rimarginare l’errore. Addormentarmi accanto a lui,e svegliarmi il mattino,dopo aver sognato voi”.

Non c’era altro che amore e triste consapevolezza che quella dedica aveva messo alla luce la loro passione,la loro profonda alchimia e il destino incerto del loro amore. Non era possibile recuperare ai propri sbagli,ma commetterne uno nuovo non era ormai più possibile. Non avrebbero lasciato l’uno le braccia dell’altra fino a quando il sole dell’alba non li avesse ridestati il mattino seguente.
E allora sarebbero tornati il cavaliere e la woad,ma fino a quel momento la notte era ancora loro. Ed entrambi sapevano che non era facile essere Lancillotto e Ginevra.

Disclaimer : i personaggi non sono i miei e appartengono ai "rispettivi" autori,così come la canzone utilizzata,da cui ho preso qualche strofa,appartiene ai Five for fighting.

Detto questo...che dire? Se vi va sapete dove cliccare per recensire,insomma. ^^. Fine.
  
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