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Autore: Bliss Blake    06/12/2014    5 recensioni
- Guarda sorella, le cose straordinarie che possiamo fare! - afferma decisa, aprendo le mani e mostrandole una bellissima farfalla intrappolata nella pietra. - Possiamo donare l’eternità a tutto ciò che desideriamo. -
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Medusa

 

 

 

 

Una splendida e luminosa luna campeggia alta nel cielo. Il lontano frinire delle cicale e il lento sciabordare dell’acqua sono gli unici suoni che riempiono la notte. O forse no. Un debole clangore in lontananza, qualche luce sfocata.

- Procedete senza fare rumore. Riesco a vedere l’antro -

Tre uomini avanzano con cautela tra gli alberi. Il primo della fila regge in mano una fiaccola e rischiara il cammino. Sono armati di spade e l’ultimo, il più giovane, porta con sé uno scudo vecchio e scheggiato.

- Euthimios, bada a quello che fai lì dentro… - sussurra l’uomo al centro, sguainando la spada. Euthimios per un attimo trattiene il respiro. Il battito del suo cuore accelera bruscamente e le mani cominciano a sudargli.

- Georgos, non intimidire il ragazzo! - lo richiama il primo, voltandosi indietro. - Se riusciremo a compiere quest’impresa, potremo vivere nel lusso da qui alla fine dei nostri giorni! Scommetto che quel mostro nasconde inestimabili tesori in questo schifo di buco! -

Georgos sghignazza, sfregandosi le mani.

- Quell’oro è lì per noi. Dobbiamo solo andare a prendercelo! -

- E allora andiamo! - è la risposta di Marcurios, il più muscoloso dei tre, infilandosi all’interno della cavità rocciosa. Euthimios, titubante, rafforza la presa sullo scudo, sperando di trovare un po’ di coraggio.

L’ambiente è umido e scuro.  Procedendo a piccoli passi, gli uomini si addentrano nelle profondità della caverna. Fortunatamente la luce della torcia permette loro di distinguere i contorni delle cose. All’improvviso Marcurios scorge alcune statue al centro esatto del percorso e si blocca. Georgos lo supera senza titubanze, avvicinandosi.

- Georgos, potrebbe essere una trappola! -

- Ma quale trappola! Su, venite! - fa l’uomo, squadrando la statua da capo a piedi. Marcurios non si fida affatto, però raggiunge il compagno.

 - Se qui dentro ci sono statue del genere, devono esserci per forza anche oro e pietre preziose… Proseguiamo! -

Euthimios, sempre più spaventato, si sofferma sulla figura di pietra. Il viso sfigurato in una smorfia di puro terrore, le braccia come a volersi riparare da qualcosa. E quella non è di certo l’unica. Tutte le statue in cui si imbattono lungo il cammino hanno la medesima espressione terrorizzata e la stessa posa. Nel frattempo, il corridoio attraverso il quale si stanno addentrando comincia a diventare sempre più ampio, fino a creare una sorta di vasta sala scavata nella roccia. Come in precedenza, statue ovunque. Qui però alcune sono riverse al suolo, altre semidistrutte, altre ancora sono state sfigurate.

- Fate attenzione a dove mettete i piedi - avvisa Marcurios - Ci sono rocce appuntite e schegge ovunque! -

Un soffio di vento, più simile ad un sibilo che ad altro si diffonde improvvisamente nell’ambiente, facendo sobbalzare i tre. Euthimios, in preda al panico, indietreggia, urtando una statua già in precario equilibrio. Frammenti vari schizzano ovunque, provocando un fracasso infernale.

- Maledizione, ragazzo! - impreca Georgos, tirandolo al suo fianco. Il giovane cerca di dire qualcosa, balbetta, ma dalla bocca non esce alcun suono. Tutto quello che riesce a fare è alzare il braccio e indicare un punto preciso dietro le spalle dell’uomo.

- Cosa… - biascica Georgos voltandosi. La fiaccola che reggeva Marcurios, abbandonata a terra, illumina il corpo dell’uomo, ricoperto da centinaia di piccoli serpenti. La sorpresa è tale da fargli abbandonare la stretta sull’elsa della spada. Prova ad indietreggiare, ma ha le gambe immobilizzate e nel cercare di muoversi, finisce a terra, ritrovandosi faccia a faccia con un enorme pitone dalle squame bianche.

- Ragazzo, presto, vieni ad aiutarmi! - urla mentre la stretta del serpente si fa sempre più salda. Euthimios ingoia a vuoto, terrorizzato. La spada gli trema tra le mani e non sa cosa fare.

- Fossi in te non ci proverei nemmeno… - sussurra una voce al suo orecchio. Dita affusolate gli carezzano dolcemente il petto, mentre qualcosa di viscido e sibilante gli solletica il collo.

- Non guardarla! Per carità ragazzo, chiudi gli occhi e non guardarla! -

- Marcurios! -

- Chiudili! - ribadisce Georgos, eseguendo lui stesso l’ordine.

Il giovane non se lo fa ripetere due volte e serra immediatamente le palpebre, portandosi anche le mani al viso.

- Riesci ancora a parlare? - chiede stupita la voce.

- Maledetto mostro non ci avrai! -

Una risata cristallina e poi le urla disperate di Marcurios riecheggiano tra le pareti di roccia. Euthimios non riesce a trattenere un singhiozzo.

 Uccidilo! Sussurrano in coro centinaia di voci. 

Uccidilo ssssh-ubito!

- No, vi prego... Pietà! - implora il ragazzo tra le lacrime. - Pietà! -

Un’altra risata lo avvolge, mentre ad urlare è Georgos. Le sue grida gli riempiono le orecchie, unite ad un sinistro e raccapricciante scricchiolio di ossa.

 Guardaci!  Ripete il coro di voci.

- Lasciatemi andare. Giuro che non dirò niente a nessuno… -

- Perché non apri gli occhi invece? -

 Guardaci!

- N-no… -

- Oh, andiamo… Togli queste mani su! -

Euthimios cerca di indietreggiare, finendo con le spalle al muro. Ormai è in trappola, e senza opporre resistenza si lascia scoprire il viso.

- Così va molto meglio, non trovi? -

- Signora, vi scongiuro, se mi lasciate andare io vi sarò riconoscente per l’eternità! Cosa ve ne verrebbe uccidendomi? Io sono solo un umile pescatore che non ha mai fatto del male a nessuno… -

- Però sei venuto in casa mia, armato di spada per giunta. Volevi uccidermi. E portarti via i miei tesori… -

- No! Non è assolutamente come credete… Io non vi avrei mai fatto del male, lo giuro! -

Mente!

Uccidilo sssh-ubito!

- No! Non sto mentendo! -

Uccidilo!

- Ora basta! Fate silenzio voi! - ordina brusca la voce e tutto, come per incanto, tace. - Molto bene. - osserva poi, compiaciuta, mentre le sue mani tornano a prendere quelle del ragazzo. - Facciamo così, ti lascerò andare… -

- Dite davvero? Oh, vi ringrazio! - ribatte speranzoso Euthimios, riempiendo di baci le piccole mani che avvolgono le sue. - Grazie, grazie! -

- Ad una condizione però! -

- Tutto quello che desiderate! -

Un perfido sorriso di vittoria incrina le labbra della creatura: aveva vinto senza neanche sforzarsi troppo.

- Tutti quelli che vengono qui vogliono uccidermi. Mi minacciano con spade e bastoni, accusandomi di essere un mostro. Quello che devi fare è molto semplice: apri gli occhi e dimmi se lo sono davvero o sono ancora giovane e bella come un tempo… -

- Poi potrò andare via? -

- Certo che si. Io mantengo sempre la mia parola… -

- Va bene… - si arrende infine il giovane, ormai sicuro di essere in salvo. Con tutta calma si appresta a rilassare i muscoli e ad aprire lentamente gli occhi. All’inizio la figura gli appare sfocata, ma non appena riesce a metterla a fuoco, è come se il respiro gli morisse in gola. Ogni singola particella del suo corpo si fa fredda e pesante e, in pochi attimi, la tenera e fragile carne lascia il posto alla dura e gelida roccia.

- Sono talmente bella da averti tolto il respiro, vero? - urla la creatura, afferrando la statua e spingendola a terra. Schegge e frammenti volano in ogni direzione, facendo scappare tutti i serpenti. Tutti, tranne quelli che le ricoprono il capo.

- Stupidi, inutili esseri mortali! Vi odio! -

Odio!

- Vi odio tutti! - ripete ancora, facendo cozzare altre due statue lì accanto.

Vi odiamo tutti!

E mentre infierisce con furia cieca su quelli che un tempo erano stati esseri umani, un’altra figura si avvicina lentamente alle sue spalle.

- Medusa! -

La creatura si volta di scatto, mentre i serpenti sibilano più intensamente.

- Medusa, cosa ti turba? - Bastano quelle poche parole a placare la sua tremenda ira.

- Steno, sorella mia… - sussurra Medusa, gettandosi poi tra le sue braccia. Steno la stringe a sé, baciandole la fronte e i serpenti sul suo capo le strusciano la testa contro le guance, come a volerla carezzare. - È tutto a posto, sorella. È tutto a posto. -

- Perché non mi lasciano mai in pace? - domanda la gorgone, abbandonandosi ad un pianto liberatorio. Steno le carezza il viso, asciugandole poi le guance bagnate.

- Oh Medusa, sorella mia adorata! Sei ancora così legata al meschino mondo degli esseri umani… -

- Aiutami, sorella. Voglio tornare ad essere bella come un tempo! -

Steno scuote la testa, sorridendo.

- Sorella mia, ma tu sei bella. La più bella tra le belle.  E tutti se ne accorgeranno. -

Rincuorata da quelle parole, Medusa si riprende, liberandosi dall’abbraccio della sorella.

Fuori, i primi raggi del sole cominciano ad accarezzare la nuda terra e l’oscurità che permea ogni cosa, lascia lentamente il posto alla calda e splendida luce.

Afferrata la mano inerme della sorella, Steno si avvia verso l’uscita della caverna.

- Vieni sorella, Euriale ci attende -

Fiduciosa, Medusa si lascia condurre da Steno fuori da quell’antro buio nel quale ha vissuto per lungo tempo, pronta a cominciare una nuova vita. Per un attimo la vista le si appanna, poi tutto le appare splendido e perfetto: il cielo spruzzato dei colori dell’alba, l’aria limpida, il verde delle foglie. Tutto è esattamente come lo ricordava. Euriale la bacia sulla fronte, poi le porge le mani, chiuse a coppa.

- Guarda sorella, le cose straordinarie che possiamo fare! - afferma decisa, aprendo le mani e mostrandole una bellissima farfalla intrappolata nella pietra. - Possiamo donare l’eternità a tutto ciò che desideriamo. -

- Il nostro è un dono prezioso, non una maledizione - aggiunge Steno, posandole delicatamente la farfalla sul palmo della mano. Medusa osserva incredula quella creatura bellissima, immobile ed eterea, congelata per sempre nell’istante prima che le sue ali si tocchino. Sorride.

- Grazie sorelle. Ora so cosa devo fare. -

Poi stringe con tutte le sue forze. Stringe e stringe, fino a che della splendida farfalla non rimane altro che polvere, scura e sottile, che si sparge tutto intorno, trasportata dal vento.

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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