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Autore: M4RT1    07/12/2014    2 recensioni
Thomas&Minho | Guild!AU | Participante al Contest: "AU Contest - Wherever we are" indetto da EmmaStarr
Thomas rise.
― Credi davvero che sia così facile? ― domandò, scettico. ― Credi davvero che io abbia scelta? Ho creato io quegli accordi, ma l’ho fatto mesi fa, quando le Gilde sarebbero crollate se il re non avesse avuto ciò che voleva ― continuò. Sembrava sincero, ma Minho non sapeva più cosa credere.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Minho, Thomas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'To another time, to another place, to another us.'
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But innocence is gone

And what was right is wrong

[“Bleeding out” – Imagine Dragons]


 
― E così, eccoci qua.

Minho fece tre passi avanti, mantenendo l’equilibrio sul tetto dell’edificio. Odiava le missioni complicate e certamente quella lo era. Oh, se lo era.

― Già. Sapevamo che sarebbe successo, prima o poi.

Il suo avversario lo scrutava con finta freddezza, il dubbio come un’ombra dietro le iridi scure. Si muoveva cauto, il pugnale stretto tra le dita della mano destra e il mantello ondeggiante.

― Non essere stupido, non l’avremmo mai detto ― ribatté Minho, avanzando ancora. ― Eravamo alleati, una volta.

La notte era scura intorno a loro, gli edifici solo macchie più nere tra le stelle; doveva essere l’una, eppure sotto di loro c’era ancora qualche passante che si affrettava verso casa – uomini sbronzi, per lo più, o gente appartenente a Gilde come le loro. La notte era il momento migliore per gli affari loschi, dopotutto, perché perfino le guardie tornavano a casa a dormire.

― Già, prima che tu ti schierassi dalla parte sbagliata ― sussurrò il suo nemico. Thomas non era mai stato un gran combattente – non che gli mancasse l’abilità, ma aveva un cuore troppo grande per uccidere su commissione come facevano gli altri. Era per quello che era stato venduto, un tributo per la pace tra le loro due Gilde – pace durata poco, ma comunque utile per una ripresa interna.

― Forse non ti è ben chiaro quale sia la tua parte ― sbottò Minho, digrignando i denti. Non poteva credere che Thomas – Tommy, per dirla come Newt – alla fine avesse ceduto, si fosse schierato con coloro che erano d’accordo a vendere tutti quei soldati al re pur di mantenere il potere delle Gilde. ― Non ti è chiaro con chi ti sei schierato, quindi te lo spiegherò di nuovo: sei con gli assassini. Con quelli che, pur di
mantenere il loro potere, sono disposti a vendere uomini di fiducia al re e vederli morire in quelle guerre inutili che combatte ― si fermò per
riprendere fiato, i capelli scuri che gli cadevano sulla fronte. ― Perciò te lo chiederò una volta soltanto, prima di tirarti il mio pugnale dritto in gola: da che parte stai? ― lo disse scandendo bene le parole, quasi sillabandole.

Thomas rise.

― Credi davvero che sia così facile? ― domandò, scettico. ― Credi davvero che io abbia scelta? Ho creato io quegli accordi, ma l’ho fatto mesi fa, quando le Gilde sarebbero crollate se il re non avesse avuto ciò che voleva ― continuò. Sembrava sincero, ma Minho non sapeva più cosa credere.

― Allora torna da noi, il Capo ti accoglierà ― mormorò. Una piccola parte di lui voleva davvero che tornasse, che abbassasse quel pugnale e lo seguisse alla Base. Ma, proprio come aveva detto Thomas, non era così facile.

 
***
SETTE GIORNI PRIMA
 
Who knows how long

I’ve been awake now?

The shadows on my wall don’t sleep

They keep calling me

Beckoning
 

Il quartier generale della Gilda delle Fenici si trovava al confine della città, vicino al fiume che ne segnava la fine. Un enorme palazzo scavato nella roccia dell’unica montagna del luogo, protetto da tonnellate di pietra e ferro rinforzante.

Minho era cresciuto tra quelle mura. Fin da bambino, quando suo padre era stato ucciso in una colluttazione e lui era stato adottato dall’unico amico che i suoi genitori avessero, aveva passeggiato tra i corridoi di pietra, annusando l’odore di umido e udendo lo sgocciolio dell’acqua che scivolava sulla pietra viva. Quel posto era casa, per lui.

Quel giorno, però, era diverso: aveva diciotto anni e sapeva di dover essere sottoposto alla prova di passaggio, come tutti. Newt l’avrebbe sostenuta a breve, ma Alby, di un anno più grande, gli aveva già spiegato che era sempre qualcosa di terribile: non fisicamente, aveva detto, almeno non sempre; quello che la prova faceva era valutare le debolezze del ragazzo. E, se lui ne aveva una, allora era la lealtà.

Era buio pesto quando Minho raggiunse la stanza del Capo, che lo attendeva seduto alla solita scrivania: grossi baffi, barba curata, un mantello blu notte che lo ricopriva, sfoggiava il suo solito sorriso bonario che spesso rivolgeva ai suoi pupilli.

― Minho, è un piacere averti qui ― lo accolse, alzandosi. Non lo faceva con nessun’altro dei giovani e per Minho era sempre fonte d’orgoglio vedere quanto lo rispettasse. ― Accomodati pure, ragazzo.

― Newt ha detto che voleva vedermi subito ― disse lui, prendendo posto. Andava sempre al sodo, quando qualcosa lo preoccupava. ― E’ per la Prova, vero?

― Temo di sì, giovanotto. Hai quasi diciannove anni, ormai, è giunto il tuo momento.

Al solo pensiero, un brivido scosse il corpo del ragazzo. La Prova era un rito importante per la loro Gilda, eppure non ci aveva mai pensato troppo fino al giorno del suo diciottesimo compleanno, quando gli era stato regalato il suo primo pugnale.

― Mi dica cosa devo fare.

 
Mezz’ora dopo, Minho giaceva sveglio sul suo letto, le ombre che proiettavano strane immagini sulla parete. Aveva spento la candela da un pezzo, ma la luce della luna continuava a trapelare dalle fessure della tenda spessa. Si chiese se avrebbe mai più dormito.

Non poteva uccidere Thomas. Non poteva.

Ci doveva essere senz’altro un errore, perché tutti sapevano quanto fossero stati amici in passato. Gli sembrava quasi di rivederlo, il ragazzino dinoccolato che si allenava con lui nel cortile interno, spada contro spada, sempre in coppia negli esercizi. Ricordava ancora la sua risata, l’allegria che accompagnava le loro giornate insieme. Gli sembrava quasi di rivedere il suo viso tra quelle ombre, come se lo stesse fissando in attesa del verdetto.

Non poteva ucciderlo, eppure doveva farlo.

 
***
Who knows what’s right?

The lines keep getting thinner

My age has never made me wise
 

Thomas era seduto accanto al muro della sua stanza, la più piccola del corridoio dei Novellini. La Gilda delle Lontre non ammetteva molti giovani e, nonostante fossero passati anni dallo scambio, lui restava l’ultimo arrivato.

Respirava forte, cercando di calmarsi.

Chuck doveva avergli detto il falso, era sicuro. Minho non poteva davvero provare ad ucciderlo, non dopo tutti quegli anni di amicizia. Non poteva, semplicemente. Il figlio del panettiere doveva essersi sbagliato, come sempre: d’altronde, c’era un motivo se nessuna Gilda l’aveva voluto tra le sue fila.

Si rilassò un po’, fissando gli strani giochi di luci e ombre che la candela creava sul legno della porta. Era chiuso lì dentro da quel pomeriggio, quando passeggiando si era reso conto che tutti gli appartenenti alle Fenici lo fissavano in maniera strana. E allora si era ricordato del rito, quello che tutti i giovani appartenenti alle Fenici compivano prima dei diciannove anni e su cui tutti i ragazzini fantasticavano almeno una volta.

Da piccolo, si era trovato spesso a immaginare la sua prova, a pensare a come l’avrebbe superata e agli onori che avrebbe avuto. Più di Minho, più di chiunque altro. Perfino più di Alby, che era bravissimo in tutto. E, invece, a poco prima di un anno dal rito, era stato venduto come offerta di pace.

― Non mi ucciderai, amico ― mormorò nel silenzio. Voleva scongiurare il pericolo, renderlo tanto sciocco da impedirgli di spaventarlo:
Minho non l’avrebbe ucciso perché era come lui, troppo leale per fare una cosa del genere al suo migliore amico.

Eppure, il pensiero che potessero non essere più amici continuava a bussargli prepotentemente nel cervello, martellandoglielo. Erano passati anni, dopotutto. Erano cambiati, cresciuti. O, almeno, Minho lo aveva fatto. Thomas era rimasto più o meno lo stesso: buono, intelligente, a volte un po’ troppo silenzioso e inopportuno in altre occasioni. Ma se il suo amico fosse diventato diverso?

In effetti, con la questione degli accordi con il re era diventato freddo, le lettere che si inviavano regolarmente erano quasi sparite. Ormai si sentivano solo in occasione delle festività, quando si incontravano in piazza oppure Thomas gli scriveva una breve missiva. Ma mai spontaneamente, senza che qualche obbligo morale li costringesse a farlo.

Non erano più amici, dunque?

Thomas sperò di sbagliarsi.

 
***

 
E poi si erano ritrovati faccia a faccia su quel tetto, l’uno di fronte all’altro come ai vecchi tempi.

― E così hai già un coltello ― commentò Minho, ridacchiando. ― Lo danno anche ai poppanti, adesso?

Thomas strinse spasmodicamente le dita sull’arma: non avrebbe tremato, doveva essere sicuro.

― La danno a sedici anni, da noi ― rispose solo, come se si trattasse di una normale chiacchierata tra amici. ― Si vede che siamo più svegli.

Minho ghignò di nuovo, scoprendo i denti. Le sue sopracciglia folte si inarcarono, gli occhi luccicarono di follia per un attimo. Poi tornò quello di prima e sembrò rimpicciolirsi di qualche centimetro.

― Devo ucciderti, Thomas ― disse solo. ― Se non cambierai idea. È la mia Prova, ricordi?

Thomas non poté evitare di sorridere.

― Ricordo quando ne parlavamo insieme, Minho, ma nessuno credeva sarebbe stata l’uccidersi a vicenda.

― Nessuno credeva che ti saresti schierato con il re ― ribatté l’altro. Camminarono in cerchio, le lame in posizione di difesa. ― Usi ancora le vecchie mosse, Tom?

― Non chiamarmi Tom.

Ancora una volta, il ragazzo più grande rise.

― Perché no? Ti ricorda esperienze sgradevoli?

Il ricordo di Teresa era ancora troppo fresco nella mentre del ragazzo: era morta solo tre mesi prima, uccisa dalla stessa Gilda che aveva accolto Thomas come pegno di pace. Forse per ripicca, perché le Fenici avevano rotto l’accordo. Forse solo per sbaglio. Comunque, Minho temé di averlo ferito e fu tentato di scusarsi, poi scosse la testa a ricordarsi che quello che aveva davanti non era Thomas, bensì una vittima.

― Solo una vittima ― mormorò a se stesso.

― Cosa? ― domandò l’altro. Aveva alzato un po’ il pugnale, ma non sembrava voler attaccare. ― Cosa hai detto?

― Ho detto che per me non sei altro che una vittima, ormai. Thomas non esiste più ― gridò. Ora sentiva di crollare, come se il ragazzo
baldanzoso che quella sera aveva lucidato e affilato il suo pugnale fosse scomparso tra le ombre dei viandanti, fosse tornato a casa con uno di loro. ― Lui non avrebbe-

― Taci ― lo interruppe l’altro. ― Sta’ zitto. Tu non sai quello che succede, vero? No che non lo sai, il pupillo del Capo viene tenuto all’oscuro di quello che accade fuori dalla città.

Minho per un secondo trasalì, poi si ricompose subito.

― Non arriverò a scoprirlo, se tornerò fallendo ― disse, secco. ― Lo sai come funziona.

Thomas lo sapeva, lo sapeva bene. L’avrebbero ucciso. E poi avrebbero ucciso lui, scovandolo anche in capo al mondo.

― Allora vattene, no? ― gli disse. ― Andiamocene entrambi. So che può sembrare folle, ma non abbiamo nulla per cui restare!

Minho non riuscì a nascondere la sorpresa.

― Andarcene? Andare dove?

― Non lo so, che importa? Via da questo covo di pazzi.

Lo sguardo di Thomas era così sincero che per un attimo Minho fu tentato dal correre ad abbracciarlo. Era tornato il suo amico, finalmente.

― Io non so se ce la faccio ― mormorò invece, lo sguardo altrove. ― E’ un lungo passo.

Thomas annuì serio, poi si voltò di spalle. Dal suo punto di vista, Minho non riusciva a scorgere la sua espressione, ma capì che stava valutando il salto che avrebbe dovuto fare per raggiungere un altro tetto. Rimase immobile per qualche istante, poi si girò di nuovo.

― Facciamo così, continua a inseguirmi ― propose, indietreggiando. ― Hai tutta la notte per farlo, tanto. E quando mi troverai – e lo farai, l’hai sempre fatto, potrai uccidermi. O abbassare l’arma e seguirmi ai confini di questo posto. Che ne pensi?

Minho sorrise, per la prima volta da mesi, e accettò.

La notte era ancora lunga e lui e Thomas avrebbero trovato una soluzione, in qualche modo. Insieme, come ai vecchi tempi.


N.d.A.: okay, questa è decisamente una strana storia.
La consegna del Contest era la seguente: 

# Assassini
1) I protagonisti sono membri di due “gilde” di assassini opposte, e ricevono ciascuno l'ordine di uccidere l'altro. Ma le cose non sono così semplici...
2) Obbligo di un lieto fine (non significa che non deve morire nessuno, ma voglio almeno un fioco barlume di speranza). Ah, ma ciò non toglie che
ovviamente qui 
necessito di Angst a vagonate!

3) Nothing left to say – Imagine Dragons


Nonostante tutto, ho voluto cercare di mantenere la trama vagamente simile all'originale: le amicizie, le alleanze, il fatto che Thomas abbia lavorato con i "cattivi" (è proprio il caso di dirlo xD). Ovviamente, ho cambiato le cose per far sì che fossero coerenti con la storia.
Spero vi sia piaciuta!
Casomai, fatemi sapere U_U

  
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