Anime & Manga > 07 Ghost
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Autore: Therru    11/12/2014    1 recensioni
...il resto della pena lo sconterai in un posto un po' più... confortevole-.
-L'inferno?-
Dan scosse la testa. -Stesso contesto, più o meno. Stasera verrà qualcuno a prenderti per portarti alla chiesa del settimo distretto, e resterai lì per il tempo che rimane della condanna-.
Incrociò le braccia, sorridendo soddisfatto.
Io, invece, soddisfatta non lo ero per niente.
(Ho voluto inventarmi una storia completamente diversa dalla trama di 07-ghost, proprio una cosa che non c'entra niente, inserendo un nuovo personaggio. Spero che riusciate ad immedesimarvi in esso, e che vi piaccia come storia insomma... Buona lettura! ^^)
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castor, Frau, Labrador, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appena aprii gli occhi, una luce intensissima me li fece richiudere all'istante.

Dov'era il vento? Dov'ero io?

Ah, giusto... mi ero addormentata in hawkzile.

Mi misi una mano davanti agli occhi per attenuare il bagliore che mi aveva quasi accecata e li riaprii.

Intorno a me non c'erano più il cielo e le nuvole; c'erano un soffitto bianco e quattro mura. Una stanza...? E come c'ero arrivata?

Che confusione... Dovevo ancora svegliarmi completamente.

Mi misi a sedere e mi stropicciai gli occhi, sbattei le palpebre un paio di volte e tornai a vedere le cose con più nitidezza.

Mi accorsi solo in quel momento di essere stesa in un letto, in una stanza piccola, con una sola finestra da cui entrava la luce del mattino.

Era appena il tramonto quando mi ero addormentata... per quanto avevo dormito?

Comunque, avevo capito che dovevo trovarmi già nella chiesa. E così il viaggio era finito senza che me ne accorgessi nemmeno.

Mentre mi guardavo intorno, sentii uno scricchiolio provenire dal fondo della stanza.

La porta si era aperta, e una figura vestita di bianco stava ferma sulla soglia.

-Oh, ti sei svegliata-.

Si avvicinò a me e potei vederlo meglio in volto: era un ragazzo giovane, non molto alto, con due grandi occhi viola e i capelli mossi e chiarissimi, quasi bianchi.

Capii dalla lunga tunica bianca e dal capello che portava che faceva sicuramente parte del clero. Non avevo mai visto un vero vescovo prima di allora (con "vero" intendo "serio"; Frau non contava, insomma).

-Come ti senti?- mi chiese sorridendo. Aveva un sorriso dolce, rassicurante, che ti faceva venire voglia di sorridere a tua volta.

-Io... Be... bene- balbettai, ancora un po' confusa, e senza sapere bene come comportarmi in una chiesa.

Il vescovo mi porse un bicchiere. -Tieni, bevilo. Ti farà sentire meglio-.

Guardai all'interno del recipiente: una bevanda calda, forse camomilla... mio fratello me l'aveva preparata una volta, quando ero malata.

Mi portai il bicchiere alle labbra e bevvi un sorso. No, non era camomilla... però era straordinariamente dolce.

Anche se scottava, lo bevvi tutto velocemente, e mi sembrò di sentirmi meglio fin da subito.

-Che buono...- sussurrai.

Il vescovo riprese il bicchiere e mi sorrise ancora.

-Tu sei Jirase, giusto?- chiese, diventando improvvisamente serio.

-Sì-.

-E vieni dal carcere del secondo distretto-.

Sentii una fitta al cuore. Non volevo che quella persona, che mi sembrava così gentile, mi considerasse una criminale... ma io venivo davvero da un carcere, e non potevo certo mettermi a spiegare questo, quello e quell'altro sul fatto che ero innocente... ormai andava così.

-Sì-.

In quel momento, la porta si aprì di nuovo.

E io desiderai non essermi mai svegliata.

-Heylà, mocciosa! Fatto bei sogni?-

Quel... quel...

Ah, vabbeh. Non mi sembrava il momento di mettermi a insultarlo mentalmente.

Mi limitai a rispondere -Sì, grazie- sottintendendo un "No, deficiente".

E mi accorsi che dietro Frau era comparso un altro vescovo, anche lui con la stessa tunica bianca di quello che era entrato prima. Solo che lui sembrava molto più austero: era alto e portava un paio di occhiali tondi.

Mentre si avvicinava a me, lo vidi tirare una gomitata a Frau: e dovetti trattenermi dal ridere, mentre lui gli lanciava un'occhiataccia.

-Ciao, Jirase- mi disse. -Benvenuta nella nostra chiesa-.

-Ehm... grazie- gli risposi timidamente.

-Allora...- proseguì lui -tu resterai qui... 6 anni, dico bene?-

-Sì, mi è stato detto così...-

-Mhm. Cominciamo subito con l'illustrarti le tue mansioni, allora. Chi alloggia nella chiesa è tenuto a fare la sua parte, e nel frattempo può scontare i suoi errori-. Sorrideva mentre mi parlava. Ma se mi consideravano una criminale, perché erano così... gentili, con me?

-Comunque, ti spiegherà tutto Labrador-. Si voltò verso il vescovo dagli occhi viola, che mi sorrise di nuovo.

-Ti farò vedere la chiesa, e poi vedrai come passerai gli anni che resterai qui-.

-D'accordo- dissi. Ma non potei fare a meno di sentirmi triste.

Per quelle persone così gentili, io ero una peccatrice. Io avevo commesso degli errori gravissimi e dovevo rimediare ad essi stando lì e lavorando.

Non dico di non aver mai commesso errori, anzi... ma quell'errore che mi costringeva a stare lì 6 anni non era stato mio. Io non c'entravo nulla.

Non mi ero accorta di essermi ammutolita, tutto d'un tratto.

-Ti senti bene?- mi chiese il vescovo con gli occhiali.

-Eh? Sì... sì-. Mi sforzai di sorridere. Non dovevo essere molto convincente, perché vidi Frau ridacchiare.

Se mai fossi uscita viva da quella chiesa, l'avrei ucciso.

-Beh- disse lui, aprendo la porta -buona permanenza, ragazzina-.

Lo incenerii con lo sguardo, ma lui aveva già richiuso la porta dietro di sé.

Vidi il vescovo con gli occhiali sospirare. Ah, come lo capivo...

-Comunque- si schiarì la voce -spero ti troverai bene qui. Avremo modo di riparlare dei dettagli della tua pena, più tardi-. Mi sorrise, si girò ed uscì.

Pochi secondi dopo, qualcuno bussò alla porta. Ma che razza di viavai c'era, in quel posto?

-Avanti- disse Labrador.

La porta si aprì piano, e una figuretta vestita di nero si fece avanti timidamente.

-Buongiorno, eccellenza Labrador... ho portato le cose che mi avete chiesto...-

-Grazie, Rosalie-.

Era una suora con dei lunghi capelli biondi, che portava una pila di vestiti tra le braccia.

Li appoggiò su una sedia e indietreggiò con un inchino.

-Jirase, lei è sorella Rosalie. Si occuperà di te ora, noi ci rivedremo più tardi-.

Annuii e guardai la suora, che mi ricambiò sorridendo.

Labrador si alzò ed uscì.

E... adesso? Che dovevo fare io?

-Questi- mi disse la suora -sono i tuoi vestiti. Avrai anche dei ricambi per quelli normali, ma la tunica devi portarla sempre-.

Mi alzai ed esaminai gli abiti che aveva appoggiato sul letto. Erano praticamente uguali ai miei, semplici vestiti grigi, fatta eccezione per una tunica semilogora che sembrava essere il triplo della mia taglia.

-Prendili e seguimi. Ti porto a lavarti-.

Aveva una voce gentilissima, e un sorriso sereno.

-Grazie...- dissi.

La seguii fuori dalla stanza, e sbucammo in un lungo corridoio in cui entrava poca luce.

-Questi sono i piani più bassi della chiesa- mi spiegò Rosalie. -Tu alloggerai in quella stanza; c'è un bagno proprio qui vicino. Invece, le scale per accedere ai piani superiori sono da quella parte- disse, indicando una rampa di scale a chiocciola in fondo al corridoio.

-Oh!- esclamò all'improvviso, come se si fosse improvvisamente ricordata di qualcosa. -Non ti ho nemmeno chiesto il tuo nome!-

Sciolsi il nodo che avevo in gola: avevo cominciato a pensare a come sarebbe stata la mia vita lì, e i miei pensieri erano tutt'altro che piacevoli...

-Jirase-risposi, sussurrando.

-Jirase- ripeté lei -E' davvero un bel nome-.

-G... grazie- risposi, e tornai ai miei pensieri.

Ma stavolta, pensai che forse non sarebbe poi stato così male rimanere lì... si trattava solo di ambientarsi.

E quelle persone così gentili... anche se fossi stata davvero una criminale, mi avrebbero comunque perdonata?

Cominciavo a credere di sì, adesso.

 

 

  
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