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Autore: lallipumbaa    12/12/2014    0 recensioni
La sabbia del deserto egiziano scorre come in una clessidra, lenta e inesorabile, legando due epoche lontane.
Londra, 1935. La famiglia O'Connell riabbraccia un membro della famiglia finalmente a casa e Ardeth Bay arriva all'insaputa di tutti sulle tracce di un'antica minaccia.
Due anime legate da un'antica promessa: "Ci rivedremo, Kosey, te lo prometto. Ti aspetterò per l’eternità se necessario, ma staremo insieme nuovamente. Sarà un’altra vita, saranno altri tempi, ma ci ritroveremo. È una promessa."
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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−CAPITOLO 5−


Sognò di epoche lontane, di una vita che non era la sua. Sognò di fughe in cavallo, di promesse. Sognò una vita che doveva essere stata la sua… avventure, notti insonni in orfanotrofio, la felicità di una famiglia, il viso di un bambino che le assomigliava tanto. “Rick… Alex… Evie…” Sognò di un battello sul Nilo, di visioni, un uomo, vestito di nero, la proteggeva e doveva proteggerla… “Ardeth…” La febbre, il viaggio nel deserto, la tempesta di sabbia e un bacio. Il suo sorriso prima di chiudere gli occhi e smettere di lottare. Il panico, il dolore e quando sembrava dovesse essere la fine, due occhi azzurri. “ARDETH!!!!!!” urlò aprendo gli occhi di scatto e mettendosi a sedere. Una donna con un velo indaco sui capelli la calmò, pronunciando parole che non comprendeva. Si ritrovò nel fresco dell’ombra di una tenda di nomadi. Probabilmente quella era la zona adibita alle donne dato che oltre alla donna al suo fianco ce n’erano altre che la guardavano incuriosite. La donna, una signora molto anziana col viso solcato dalle rughe dell’età le sorrise con affetto e la fece sdraiare nuovamente sul giaciglio morbido formato da cuscini e coperte. Guardando le loro vesti colorate e alcuni accenni del loro modo di apparire capì di trovarsi in una tenda Tuareg. Una donna che se ne stava dietro con le altre, vedendo la sua espressione, avanzò sorridendole. Era meravigliosa. La pelle lievemente scura, il viso un ovale quasi perfetto, le labbra carnose e aveva un simbolo tribale disegnato sopra al naso con l’ocra rossa. Aveva un turbante sulla testa e i capelli sembravano acconciati in lunghe treccine. Ma quello che la colpì di più furono gli occhi: intensi, intelligenti, profondi e azzurri. “Mia madre dice che devi riposarti. Non parla inglese, parla solo arabo. Però io lo parlo un po’.” Le disse con una parlata fluente “Grazie… a tutte voi. Dove mi trovo?” le chiese puntellandosi sui gomiti, mentre la donna anziana continuava a farle gesti di star sdraiata “Sei all’oasi di Saf. Fortunatamente siamo riusciti a trovarvi e a portarvi in salvo prima che imperversasse la tempesta… e se vuoi un consiglio di conviene darle retta!” finì ridendo mentre Breanne si stendeva nuovamente sui cuscini. A quando sembrava le avevano tolto i vestiti che aveva indosso prima e ora indossava una tunica blu notte ricamata, a maniche lunghe e lunga fino ai piedi. “Il mio nome è Ijja e lei è mia madre Hennu.” “Piacere, Breanne. Cos’è successo? Mi ricordo la tempesta di sabbia, mi ricordo che ad un certo punto ho chiuso gli occhi e mi ricordo che mi sono sentita sollevare… e degli occhi azzurri.” Mentre parlava Hennu la stava esaminando. Le aveva tirato su il braccio, esaminandone la pelle, le aveva preso il viso tra le mani, guardandole gli occhi, le orecchie e ad un certo punto la vide spalancare la bocca e capì che doveva farlo anche lei. La fece sedere e dopo averle fatto segno di fare respiri profondi le appoggiò l’orecchio alla schiena. “Sta controllando che nulla abbia interferito coi tuoi polmoni nel deserto.” Le spiegò Ijja mentre prendeva un panno bagnato e glielo passava sugli occhi “Avete scampato la tempesta per poco, ma avete passato giorni nel Sahara. Avete schivato l’Ombra per poco.” La vecchia fulminò la più giovane, tirandole una sberla sul braccio e dicendole qualcosa in arabo “Comunque vi spiegheranno tutto non appena vi sarete ristabiliti.” “Ci? Significa che Ardeth non è morto?” chiese sollevata da un peso che la opprimeva. Hennu la guardò sorridente, commentando qualcosa che non capì, ma che Ijja non le tradusse. “Esatto. Ora sta bene, ma sta ancora riposando.” Breanne si alzò lentamente in piedi su tacito ordine della donna che, sempre seduta a terra, le alzò la veste toccandole i muscoli delle gambe. “E la ferita?” “Mia madre ha fatto del suo meglio e l’ha curata con ogni mezzo a sua disposizione. Ora è pulita e il tuo compagno non ha più la febbre da due giorni.” Arrossì di botto “N-Non è il mio compagno! O meglio, è il mio compagno di viaggio, ma non il mio… compagno compagno!” balbettò facendo ridere le donne presenti. “Non hanno mai visto una donna dalla pelle pallida arrossire.” le spiegò Ijja “Dicono che fa un effetto strano.” Breanne tossì per schiarirsi la gola, nascondendo un sorriso. Alla fine Hennu decretò che poteva mangiare cibo solido, ma che avrebbe dovuto mangiare tutto quello che le mettevano davanti per rimettersi in forze… nonostante lo stomaco chiuso non appena arrivò il piatto col cibo lo sentì brontolare. Pranzò in compagnia delle donne nella tenda, parlando con tutte attraverso la traduzione di Ijja. Attraverso i colori del velo che ricopriva loro la testa riconobbe che erano tutte all’incirca della stessa casta: indossavano tutte dei veli neri, tranne Hennu e Ijja, che li indossavano indaco. Le raccontarono aneddoti della loro famiglia, di come erano giunti oramai da qualche mese in quell’oasi. Di fatti buffi accaduti recentemente e vide addirittura Hennu ridere imbarazzata quando una ragazza raccontò di quanto fosse stata bella in gioventù e che durante l’agal, la corte d’amore, tutti gli uomini avrebbero voluto corteggiare lei, ma solo uno – il suo defunto marito – era riuscito ad avere la meglio.
La lasciarono riposare ancora, evitando che potesse uscire di sua spontanea volontà tenendola sempre sotto sorveglianza. Quando sentì che il sole cominciava a calare chiese se poteva lavarsi all’oasi. Ijja arrivò e l’accompagnò in un punto in cui nessun uomo potesse rischiare di vederla. Dall’altra parte del laghetto principale c’era una piccola cascata dove delle madri stavano disperatamente cercando di tener ferme delle bambine che si rincorrevano giocando. Mentre le teneva la veste colorata Breanne guardò la ragazza “Senti, quando riuscirò a vedere Ardeth?” “Devo chiedere a mia madre. È lei la matriarca della nostra tribù.” “L’avevo intuito. Ijja, posso farti una domanda?” “Certamente!” “Scusa l’indelicatezza… ma come fa Hennu ad essere tua madre?” La ragazza sorrise “Non è la mia madre naturale. La mia è morta dandomi alla luce, come molte delle donne del nostro popolo, e quando succede un’altra donna accoglie il neonato nella sua famiglia. A quanto mi racconta era molto affezionata a mia madre e quando morì decise di adottarmi nonostante non fosse più giovanissima. Ti stupirebbe sapere che non ha così tanti anni quanti gliene daresti!” le disse la ragazza ridendo “Quanti anni ha?” le chiese sconvolta “Chiediglielo tu stasera. Credo organizzeranno qualcosa!”.
Quando tornò vestita e coi capelli sciolti ancora un po’ bagnati nel mezzo dell’agglomerato di tende colorate stava scherzando con Ijja “Davvero?” le chiese la ragazza ridendo della grossa, mentre lei giocando con la stoffa indaco che le aveva dato, le raccontava qualche aneddoto di avventure con l’universo maschile “Giuro!! Come se una donna solo perché le vai davanti dicendole ‘Ehy, piccola, sono io quello che cerchi!’ te la possa dare via a caso! Fidati, stai bene in mezzo ai tuareg! Certi uomini è meglio perderli che trova-” si bloccò. Voltando il viso verso la direzione in cui stavano andando vide la persona che a quanto raccontavano aveva sognato di più in tutti i giorni che era stata senza conoscenza. Ardeth era in piedi, vestito anche lui con degli abiti puliti ma neri per sottolineare il suo stato di Medjai, che parlava con un uomo dal viso coperto da un velo indaco. Anche lui la notò e si bloccò mentre parlava. “Ijja, senti, posso usare questa stoffa come oggetto contundente o offendo qualcuno?” le chiese sentendo montare la rabbia dopo che il sollievo di vederlo sveglio e in piedi per poco non le fece venire un ennesimo groppo in gola “Facciamo che questo lo prendo in mano io e te lo ridò stasera, ok?” le rispose capendone le intenzioni, prendendole la stoffa che sarebbe servita a coprirsi la testa dalle mani “Ok. Ora perdonami, ma devo far fuori qualcuno.” Ardeth la vide camminare verso di sé e le sorrise, per poi vederla bloccarsi, assumere un’aria alquanto adirata, girare sui tacchi e allontanarsi a passo sostenuto. La seguì fino al laghetto dell’oasi, lontano dagli occhi di tutti. “Breanne…” la chiamò con il suo tono caldo e calmo. Si voltò verso di lui, gli occhi che se solo avessero potuto avrebbero lanciato fiamme. “Tu. Dannato. Ardeth. Bay!” esclamò lanciandogli contro la sabbia ad ogni parola che diceva “Ehy, ma che ti succede?” le chiese facendola bloccare “Che mi succede? CHE MI SUCCEDE? Dio quanto mi fai arrabbiare!!!” esclamò fulminandolo gettando le braccia al cielo in un moto di stizza facendogli trattenere un sorriso “Ma cosa ho fatto??” “Bah, per esempio mi hai convinta ad estrarti una pallottola in condizioni di igiene nulle e senza disinfettante!” “Se tu non l’avessi fatto sarebbe stato peggio.” Le disse tornando serio “Ma forse la ferita non si sarebbe infettata, tu non ti saresti preso quella dannata febbre, quel povero cavallo non avrebbe dovuto vagare a vuoto per giorni e tu non saresti arrivato sul punto di- ARGH! Ti prenderei a schiaffi!” elencando tutto si era avvicinata a lui puntandogli l’indice sul petto per poi allontanarsi nuovamente. Ardeth la seguì vedendola bloccarsi e voltarsi di scatto tentando di tirargli un manrovescio. La bloccò afferrandole il polso e bloccandole anche l’altro quando tentò una seconda volta poi tirandola a sé, fermandola per le spalle “Non sentirti in colpa per quello che è successo, Breanne… ora è tutto a posto, la gamba è guarita, io mi reggo in piedi…” si schiarì la voce tradendo un filo d’emozione in quello che stava per dire “… e tu sei ancora più bella del primo giorno che ti ho vista.” “Ardeth, la prima volta che mi hai vista ero nuda come un neonato.” Gli ricordò incrociando le braccia, tentando di non cedere a quegli occhi profondi che la stavano guardando con intensità. “E poi non puoi pensare di baciare una donna prima di morire! Dannazione, hai idea del panico che mi è salito quando hai chiuso gli occhi?!” tentò di divincolarsi dalla presa di lui ma lei sue mani arrivarono fino al suo viso “Mi dispiace.” “Mi stai chiedendo scusa per avermi baciata?” tentò di tenere a bada le farfalle nello stomaco “Sarebbe la prima volta che mi capita, normalmente spariscono e basta ma solo dopo avermi portata a letto.” Ardeth le sorrise, abbassando lo sguardo mentre ridacchiava, facendo ridere pure lei che sciolse le braccia raggiungendo la tunica, stringendogliela tra i pugni “Non azzardarti più a fare una cosa simile, ci siamo capiti? Altrimenti recupero davvero il Libro di Anubi e poi sono fattacci tuoi.” Gli ribadì la minaccia alzando lo sguardo, sentendo le guance arrossarsi senza che potesse far qualcosa. La guardò e sorrise “Breanne O’Connell, non puoi avere certe reazioni ogni volta che mi vedi, o potrei cominciare a pensare di farti un certo effetto.” “Sta’ zitto e baciami, medjai.” Gli disse prima che lui abbassasse definitivamente il viso su di lei, dandole un bacio che si sarebbe dimenticata molto difficilmente.

Quella sera tutta la grande famiglia si era riunita attorno al fuoco, dividendosi il cibo, raccontandosi storie. Le donne avevano portato un regalo per Breanne: due doni d’argento – il metallo che rappresentava la luce della luna - che le dissero di non togliere mai. Il primo era la croce di Agadéz, che le spiegarono essere una reminiscenza dell’ankh, e il grigri, un amuleto portafortuna di pelle e argento. Ijja le si sedette di fianco, sistemandole poi il velo sui capelli “Hai un’espressione diversa da stamattina. L’abbiamo notato tutte. Anche Hennu. Tra te e Ardeth è successo qualcosa?” le chiese sorridendo porgendole un dattero, mentre il suono di più imzad riempiva l’aria. Ringraziò che era calata la notte e che la luce emanata dal fuoco era calda di suo perché arrossì al ricordo del pomeriggio. “C’è stato solo un bacio, nulla di scandaloso… a parte il modo in cui l’ha fatto. E meno male che è un medjai.” Commentò guardando al di là della fiamma dove l’uomo parlava con la stessa persona del pomeriggio. “Bè, non hanno doveri strani come astinenza e celibato… sono solo la discendenza delle antiche guardie del faraone. E lui è davvero un grand’uomo. Sei una donna molto fortunata.” Commentò per poi alzarsi lasciandola sola coi suoi pensieri. Era vero, Ijja aveva ragione. Ardeth Bay era il capo dei Medjai, un uomo valoroso e, anche se non era mai corsa dietro quel tipo di uomo, anche un bell’uomo. Era sicura che lui fosse la reincarnazione di Kosey, oramai l’aveva capito, ma non voleva che i sentimenti di Amunet controllassero i suoi. Lei era Breanne Juliet O’Connell. Non l’involucro  contenente l’anima di una principessa egiziana vissuta quasi 5000 anni prima.
Prima che se ne andasse a dormire la persona a cui stava pensando da tutta la sera le si avvicinò “Mi stanno guardando tutte come se mi volessero incastrare. C’entri qualcosa tu per caso?” “Ho solo detto a Ijja che sei davvero bravo in quello che mi hai dimostrato questo pomeriggio. Ma a quanto pare anche le targhie spettegolano!” gli disse facendo spallucce prima che la prendesse per mano portandola verso le piante di datteri. “Mi sento tornare adolescente quando per far sì che un ragazzino potesse darmi un bacio dovevamo nasconderci da tutti! E soprattutto da Rick.” commentò facendolo ridere prima che tornasse serio “Domani sarà una giornata importante. Avremo un incontro con gli anziani… e ti spiegheranno tutto.” “Con tutto intendi di quello che sta succedendo?” “Esatto.” Appoggiò la fronte al suo petto inspirando profondamente “Ti prego, dimmi che finirà tutto bene.” Ardeth le abbassò il velo, facendoglielo scivolare sulla schiena così da liberarle la testa “Non posso promettertelo, ma farò il possibile per far sì che finisca bene. Te lo giuro.” Le disse baciandole i capelli, stringendola a sé. “È Kosey o è Ardeth che sta parlando?” “Non credo sia lui, ma sono abbastanza sicuro di quello che sento.” Breanne ricambiò l’abbraccio. “Non voglio che la mia vita sia governata da un fantasma del passato. Ho paura che se questa fosse Amunet invece che me alla fine di tutto non potrebbe rimanere nulla.” “Non permetterglielo e ragiona con la tua testa.” “Lo sto facendo da una vita.”
 


("microfono" in mano - in realtà è un barattolo di Vinavil - in piedi sulla scrivania) "CAAAAAAN YOU FEEEEEEEL THE LOOOOOOVE TONIIIIIGHT!" *pssss!! Hai ospiti! Ti stanno leggendo!* "Ah. Ehm..." (tenta di ricomporsi e darsi un contegno - mai avuto).
Saaaaaaalve a tutti :) mi scuso per questa scena pessima ma Elton John non lo si può rifiutare. E soprattutto la pazzia che contraddistingue gli ultimi giorni lavorativi prima delle vacanze natalizie sta cominciando seriamente a farsi sentire... A.I.U.T.O.
COOOOOOOOOOMUNQUE!! Ecco a voi il 5^ capitolo della storia! La storia comincia effettivamente ad entrare nel vivo anche se lo posso definire un capitolo di transizione...
Sono curiosa di sapere che ne pensiate... spero vi piaccia :) al prossimo capitolo e come al solito un enorme bacione a tutti voi! <3
Lalli :3
   
 
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