Caro Lorenzo,
scusa.
Ti chiedo enormemente scusa.
Anche se non mi conosci, anche se non sai nemmeno che esisto, anche se non sai di quanto ti voglio bene, ti chiedo scusa.
Scusa per essermi aggrappata a te come un disperso fa col salvagente mentre annega in quell’oceano profondo e scuro che temi tanto.
Scusa se seguo tutti i profili che hai sulle svariate piattaforme virtuali, se leggo – o guardo, se sono in video – tutte le tue interviste, se so quasi a memoria i tuoi video, anche quelli dell’epoca del TSG, se so disegnare il tuo viso senza nemmeno avere una foto affianco, se a Natale sarai l’unico a ricevere un regalo da me, se so anche l’indirizzo di casa tua (tranquillo, non lo dirò a nessuno, lo utilizzerò una sola volta per inviarti il suddetto regalo natalizio)...
Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, è così che si dice, in questi casi.
O forse la colpa è tua. Sì, è senz’altro tua.
Colpa tua, perché sei l’unico che sa tirarmi su il morale, perché adoro quando sembra che tu faccia di tutto per farmi sorridere, perché è da un anno e nove mesi che ti seguo ed è da allora che sei la ragione del mio sorriso, perché se non ti seguissi così tanto non potrei non pensare a quanto vorrei morire.
Colpa tua, che mi hai salvato la vita.
 Sì, hai capito bene.
È successo esattamente un anno fa, avevo finito i motivi per cui voler vivere, i fumetti e le serie tv a cui mi attacco per non pensare alla morte non bastavano più, ero a casa da sola per un paio di giorni, la vasca da bagno era piena d’acqua calda e avevo un paio di lamette da barba in mano. Ah, e i motivi per voler morire erano davvero molti.
Quali?
Sin dalla prima media sapevo di esser lesbica e avevo paura di dirlo, ero e sono una nerd verbalmente bullizzata, non avevo amici, mio padre era un maledetto alcolizzato e lo odiavo talmente tanto che un giorno lo pestai a sangue, nessuno in casa mi ascoltava, nemmeno quando piangevo, così imparai a piangere in silenzio, mi sentivo sola e abbandonata e la vita mi pareva solo una tortura.
E questi sono solo i motivi principali.
Mia madre venne a salutarmi mentre aprivo un tuo video da usare come “copertura”, aspettai che la macchina partisse e sospirai.
Bene, mi dissi, finiamo ‘sto video e la facciamo finita.
Nessuno sapeva nulla, non avevo lasciato indizi sparsi in giro sul mio intento. Il piano perfetto.
Però quel tuo video così divertente… oh, per l’occhio d’Odino, da quanto tempo non ridevo così? O meglio, da quanto tempo non ridevo?
Da tanto – troppo – tempo.
Da così tanto tempo che, grazie a te, stavo reimparando a farlo e la mia risata mi era oramai sconosciuta.
In quella risata, ritrovai la forza di vivere, imparai ad usare il mio dolore come arma. Con quella risata da te scatenata entrai nella vasca da bagno, le lamette da barba tornarono nel ripiano accanto allo specchio dove le avevo preparate da mesi e l’acqua rimase trasparente e schiumosa.
Una studente di psicologia mi disse che, quando una persona viene salvata da morte certa da qualcuno, quel qualcuno diviene un’ancora di salvataggio, un punto di riferimento, uno scoglio al quale aggrapparsi.
Forse è per questo che ti seguo così tanto – al limite dell’ossessione?
Scusa, ma è colpa tua.
O dovrei dire “scusa ma è grazie a te”?
Non lo so, non ne ho idea… o forse sì…
Scusa, ma sei il mio eroe, il mio SuperFavij.

Un bacione,
Shetani