Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: fireslight    15/12/2014    2 recensioni
«Ci ha riportato il teschio di Meraxes, ma non la nostra amata sorella.»
«Stai cercando di dire che è morta?»
Rhaenys era parte di lei, − di loro − e a Visenya già mancava la sua voce simile a campanellini d’argento, la sua giocosa allegria, ed anche il fatto che non la smettesse mai di circondarsi di cantori, di artisti e di bellezza.
[..]
Aegon sapeva che non sarebbe stato facile, che l’avrebbe ricordata per sempre − la sua Rhaenys, sorella, moglie, e madre, tutto ciò che aveva bramato per sé nella vita − e che il clima funesto di Roccia del Drago ed i suoi bui corridoi, un tempo colmi dell’eco delle risate della donna amata, lo avrebbero accompagnato sino alla sua morte, e per tutti gli anni a venire.

[Aegon/Rhaenys♥; Aegon/Visenya][Death of Rhaenys in Dorne][Pre-GameOfThrones]
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aegon, Targaryen, Altri, Rhaenys, Targaryen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Red comet would have shone of blood'
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           They loved their
     young, beautiful queen.


                                                             

 

Non un alito di vento muoveva i sottili tendaggi di seta bianca delle ampie finestre, né il sibilo di alcuna mosca-drago fendeva l’aria come lo schiocco di una frusta sul fianco di un cavallo. Tutto era immobile, controllato, quasi non volesse disturbare la precaria quiete che aleggiava nella grande sala.
«Vostra Maestà, una lettera della principessa Deria.»
L’uomo chino sulle mappe di un regno non ancora conquistato si era voltato, e nei suoi occhi dell’antica stirpe di Valyria, rabbia e tristezza erano in egual misura mescolate fra loro, un miscuglio venefico di sentimenti cupi, tragici da discernere.
Sedeva sul Trono di Spade quanto la missiva del principe di Dorne gli era stata consegnata, e ad Aegon, Primo del Suo Nome, sembrava che la sottile pergamena scottasse fra le dita.
Le parole erano vergate con un inchiostro scuro, − forse, una sostanza propria di un qualche scorpione del deserto − e da una calligrafia che non avrebbe potuto definirsi elegante.
Aegon l’aveva letta con assoluta tranquillità, eppure dentro di lui, la mancanza di notizie da Dorne si faceva più insistente − così come il desiderio di averne da Rhaenys, la quale non gli scriveva da settimane −; le ultime righe, tuttavia, erano state un colpo al cuore. Aveva stretto la carta sottile della pergamena fra le dita, con una tale forza che in breve il suo sangue aveva macchiato in maniera indelebile il pavimento in marmo della sala.
Sua sorella Visenya, qualche gradino in basso rispetto al Trono, lo aveva osservato con espressione contratta, finchè un suo ordine perentorio non era risuonato fra gli alti soffitti della sala, spandendo un eco quasi funereo.
«Fuori!» aveva detto la regina, − sua moglie, e sorella − eppure i membri del concilio ristretto e perfino il messaggero dal Sud erano ancora lì, sconcertati dall’espressione cristallizzata del re e dalla furia nascente della sua regina guerriera.
«FUORI!»
La sala si era rapidamente svuotata.
Aegon, − la missiva da Dorne ancora in mano − fissava un punto imprecisato alla sua sinistra, ove in lontananza si poteva scorgere un tratto del fiume delle Rapide Nere che terminava nell’omonima baia.
Visenya lo osservava da lontano, e solo quando l’uomo le si era avvicinato, porgendole la carta macchiata di sangue, si era potuta abbandonare all’ira. Per quanto non volesse ammetterlo, Aegon e Rhaenys erano la sua famiglia − e tutto ciò che le era rimasto − e l’idea di perderli realmente aveva il potere di farla sembrare debole, ed essere debole era qualcosa che lei aveva sempre odiato.
«Che significa, Aegon? Che significa che non tornerà?»
«Il principe di Dorne dice di aver rivoltato la città da cima a fondo.»
«Aegon, perché..»
L’uomo aveva sospirato, chiudendo gli occhi, forse volendo riordinare le idee. «Ci ha riportato il teschio di Meraxes, ma non la nostra amata sorella.»
Il volto della donna era diventato livido, le labbra ridotte ad una linea severa. «Stai cercando di dire che è morta?»
Suo fratello appariva distrutto, eppure lei aveva bisogno di quella conferma, per quanto dolorosa potesse essere. Aegon l’amava, certo, ma aveva adorato Rhaenys in tutto e per tutto − come un bambino avrebbe adorato sua madre − e questo non poteva essere cancellato. Per lei, meno incline dei suoi fratelli nel dimostrare affetto, Aegon aveva dato per scontata la sua presenza, eppure Visenya sapeva nel profondo quanto fosse Rhaenys a tenerli uniti, a farli andare avanti nonostante le loro frequenti discussioni.
Rhaenys era parte di lei, − di loro − e a Visenya già mancava la sua voce simile a campanellini d’argento, la sua giocosa allegria, ed anche il fatto che non la smettesse mai di circondarsi di cantori, di artisti e di bellezza.
«Vieni qui, sorella.»
La voce di Aegon era roca, e lei talmente sconcertata che si era lasciata stringere dalle braccia del fratello senza protestare, come se finalmente avesse bisogno di quel contatto almeno quanto lui, − e non come se dovesse stargli accanto ogni notte, perché l’aveva sempre visto come un fratello, non come suo marito −.
«Il teschio di Meraxes non canterà, Aegon.» − Rhaenys aveva sempre amato la musica, i balli, la poesia − «Né cercherà di farci andare d’accordo, o si circonderà di artisti come se non dovessero più essercene.»
La voce quasi le era venuta meno, eppure suo fratello non l’aveva derisa; Aegon si era limitato a sfiorarle i capelli argentei, baciandole delicatamente una tempia, continuando ad osservare il fiume in lontananza.
«Rivolterò la loro maledetta città, Vhagar la distruggerà più di quanto già non lo sia.»
«No, sorella. Devo firmare quella pace, e sai che non ho scelta.»
Visenya era indietreggiata, separandosi bruscamente dall’uomo che l’aveva lasciata andare con gli occhi colmi di tristezza.
«Come puoi dar loro ciò che vogliono, adesso che lei è morta?»
Aegon osservava i lineamenti della regina guerriera sfigurati dalla rabbia, ogni muscolo del suo corpo teso nello sforzo volto a mostrare il suo furore. Visenya non era mai stata di temperamento docile, o gentile; eppure come poteva assecondare la rabbia di entrambi, dopo aver letto quella missiva?
Dentro di sé, avrebbe voluto chiudersi nel suo dolore, lasciare che la donna che gli stava di fronte si occupasse di ogni cosa, scatenando i draghi su Dorne. Ma come aveva imparato, un buon re doveva anteporre i propri desideri in favore del suo popolo.
«Non hai letto quanto scritto dal principe di Dorne?»
«Non m’importa di quello che ha scritto, sta mentendo, Aegon. Lascia che Vhagar distrugga quanto rimasto di Lancia del Sole, confina quella sgualdrina della figlia in uno dei bordelli dei bassifondi, ma vendica la tua regina. Vendica nostra sorella, Aegon.»
Il re, tuttavia, presa in meno la pergamena proveniente da Dorne, l’aveva posta su una delle candele sul grande tavolo al centro della sala, osservando come le lingue del fuoco lambissero la carta, lasciandone infine poche ceneri scure.
«Non posso, sorella. Andrò a Roccia del Drago, firmerò la loro pace, e Dorne non ci darà più alcun problema.»
Visenya non aveva neanche fiatato, e quando Aegon aveva alzato gli occhi verso di lei − tentando di ricevere il suo perdono, ed anche la sua rabbia − non aveva udito altro che il rumore delle elaborate porte in legno della sala del Trono che venivano chiuse, portando con loro lo spettro adirato della sua regina guerriera.
 
 
Il mare, a Roccia del Drago, ribolliva furioso contro le sue alte scogliere, e di tanto in tanto, spruzzi salati arrivavano a sfiorare il suo viso. Aegon aveva sempre amato quel posto, volare in groppa a Balerion sulla fortezza, il vento tra i capelli, la libertà di non dover rendere conto di niente a nessuno.
Anche Rhaenys amava volare con Meraxes. Talmente tanto, che gli aveva fatto promettere − una volta terminata la conquista − di esplorare insieme le terre al di là del Mare del Tramonto così da vedere le meraviglie che esso celava.
Sedeva su uno degli strapiombi della fortezza, − la pace dei Martell ormai firmata − i pensieri rivolti alle parole criptiche del principe di Dorne. Senza che avesse potuto impedirlo, quella lettera lo aveva turbato; così come il pensiero della sua giovane, bellissima regina che non avrebbe potuto riposare ad Approdo del Re, il suo corpo sperduto fra le dune dei deserti del Sud.
Rhaenys era sempre stata parte di lui, in un modo o nell’altro.
Aveva sposato Visenya spinto dal dovere, dal rispetto che provava verso quella sorella testarda e determinata, − a suo agio fra le scaglie di pesanti armature che non fra sete e preziosi tessuti − ed aveva sposato Rhaenys spinto dal desiderio, dall’amore per la più piccola e intraprendente delle sue sorelle, l’unica famiglia che gli fosse rimasta.
 
 
«Aegon!»
Il ragazzo dai capelli biondi si allenava nei cortili della rocca, quando la voce melodiosa della più piccola delle sorelle lo aveva indotto ad alzare lo sguardo d’ametista verso i portici in pietra scura, adorno di sculture di draghi ed altri animali mitologici.
«Rhaenys, cosa ci fai qui?»
Il viso di Aegon Targaryen si era illuminato di gioia alla vista dell’amata sorella, splendida in un abito chiaro che più metteva in risalto gli occhi ed i capelli propri della stirpe di Valyria. Lei sorrideva, così serena e gaia, mentre il fratello l’aveva stretta a sé, prendendola in braccio e facendola volteggiare nel cortile, davanti ai maestri d’armi.
A entrambi non era mai importato di mostrare il loro affetto reciproco alla vista di estranei; Aegon sapeva che un giorno l’avrebbe sposata, che sua sorella gli sarebbe appartenuta tanto quanto lui sentiva di appartenere a lei e l’ostentare la felicità di un simile pensiero non lo turbava minimamente.
«Volevo vederti,» il suo volto era talmente bello da mozzare il fiato − gli occhi così chiari, la labbra rosse ed i capelli spettinati dalla corsa fra i bui corridoi − eppure Aegon aveva provato il desiderio di baciarla, di poter reclamare quella donna finalmente sua, proteggerla dalle insidie del mondo, «Mi sei mancato, fratello.»
«Anche tu, sorella mia, mi sei mancata così tanto.»
«Com’è andata a Vecchia Città?»
Lui aveva riso, sfiorandole il viso accaldato, saggiando la morbidezza della sua pelle. «Vuoi davvero parlare di questo?»
Si era chinato quasi a sfiorarle le labbra, − il cortile degli addestramenti ormai deserto − ma, all’ultimo minuto, lei si era ritirata, un sorriso malizioso ad increspare le labbra sottili.
«Prendimi, se ci riesci.»
Era scattata indietro, in direzione della scalinata che dava accesso alla fortezza, attendendolo con occhi colmi di dolcezza ed insieme, di affetto e gioia. Aveva osservato suo fratello gettare la spada da allenamento a terra, togliersi parte dell’armatura e lanciarsi al suo inseguimento, mentre lei alzandosi il vestito e cominciando a correre per i corridoi, metteva in mostra una porzione scandalosa di gambe per una lady del suo lignaggio.
«Comincia a correre.»
Rhaenys adorava sentire gli ammonimenti divertiti di suo fratello e presto o tardi, accettava sempre di farsi prendere.
Allora si nascondevano nella buie caverne della fortezza, tra le nicchie di pietra tenute all’oscuro dalla luce fioca delle torce, sfiorandosi quasi timidamente, sussurrandosi promesse, amandosi di nascosto.
Né Aegon né Rhaenys avrebbero sostituito quei momenti per nulla al mondo.
 
 
Non era un bene che ricordasse quanto avvenuto in quei cortili, specialmente con la donna che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo. Era rimasto turbato dal comportamento scostante di Visenya − sempre così restia ad ammettere i propri sentimenti −, dalla sua tristezza e dalla rabbia cocente mescolata al dolore per la perdita della sorella che, ne era più che sicuro, aveva amato come pochi nella sua vita.
Aegon osservava ancora il Mare Stretto dal medesimo strapiombo sul quale Balerion era solito crogiolare il proprio corpo ricoperto di lucide scaglie scure al sole estivo, tuttavia, nonostante la presenza dell’enorme drago al suo fianco, non riusciva a sentirsi meglio. La perdita di Rhaenys lo avrebbe segnato per sempre, eppure era sicuro del fatto che la sua dolce, splendida sorella non avrebbe voluto vederlo così.
«Te ne sei andata adesso, quando avevo più bisogno di te.» aveva sussurrato al vento − a sé stesso, − o forse, addirittura al drago nero al suo fianco, la lunga coda sospesa pigramente nel vuoto delle rocce sottostanti e le grandi ali accovacciate vicino al corpo. Aegon sapeva che non sarebbe stato facile, che l’avrebbe ricordata per sempre − la sua Rhaenys, sorella, moglie, madre, tutto ciò che aveva bramato per sé nella vita − e che il clima funesto di Roccia del Drago ed i suoi bui corridoi, un tempo colmi dell’eco delle risate della sua donna, lo avrebbero accompagnato sino alla sua morte, e per tutti gli anni a venire. L’aveva amata ed onorata come nessun’altro, eppure non riusciva a capacitarsi del fatto che lei l’avesse lasciato su quella terra da solo, che gli Dei li avessero separati così bruscamente.
 
Non avrebbe avuto neppure un corpo su cui piangere le proprie lacrime, solo il ricordo funesto − dal retrogusto amaro − di coloro che avevano tanto amato la loro giovane, bellissima regina dai capelli argentei come la luna.
 
 
 







Note dell'autrice.
Buon pomeriggio, gente. Ebbene, direi che una shot su Aegon e le sue sorelle mi mancava, e di conseguenza, volevo analizzare e rendere così come l'ho visto io, il suo rapporto con Visenya e Rhaenys, prendendo come spunto la morte di quest'ultima a Dorne. Penso e sono sicura del fatto che Aegon le amasse entrambe, ma che provasse per la minore delle sorelle, qualcosa che più si avvicinasse all'amore. E credo che la morte della persona amata possa averlo cambiato notevolmente, così come penso abbia cambiato Visenya, sebbene non fosse solita a mostrare i suoi sentimenti, per come conosciamo la regina guerriera.
Enniente, spero possa esservi piaciuta e mi farebbe piacere se voleste lasciarmi un parere.
Alla prossima,
fireslight.

 

 

 

  
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