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Autore: Ariana_Silente    15/12/2014    0 recensioni
Storia scritta di mio pugno, che mi accompagna da qualche anno a questa parte. Versione nuova, rivista, corretta ed ampliata.
"Una rabbia autodistruttiva, pronta a esplodere e l'unico modo per gestirla è indirizzarla verso se stesso. Una perdita mai del tutto accettata e ancora senza un motivo valido.
Un uomo non del tutto fiorito, dibattuto tra passato e presente, tra morte e amore.
Una verità da scoprire ed accettare per poter tornare a vivere."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nota: "L'Ultima Margherita" è un testo su cui tutt'ora sto lavorando. Sta diventando molto diverso da com'è nato, quindi di seguito trovate una versione rivista, corretta ed ampliata. Buona lettura. 


§Prologo§
 
Doni

Quand'era piccolo, quella tomba con la sua croce gli sembravano tanto grandi da avvolgerlo. Si ricordava di quando sua madre doveva separarlo dalla semplice croce di legno, che portava all'incrocio dei due bracci la foto della bimba ridente che l'aveva accompagnato nel resto della sua vita.
Si ricordava di aver sognato più volte di incontrarla lì, che quel posto non fosse altro che un ingresso verso un mondo magico, più divertente, migliore, come l'armadio per Narnia o il treno per Hogwarts, in cui la sorella era andata in avanscoperta per poi tornare a prenderlo.
Nel tempo aveva avuto modo di capire però che era solo un luogo d'arrivo e non di transito, un po’ come ne “I Fratelli Cuor di Leone”: si poteva solo proseguire e non tornare indietro. Ciò nonostante ci tornava sempre perché stare lì, a parlare alla piccola foto, lo faceva sentire sereno, come se l'avesse ancora accanto a sé.
Aveva finito di sistemare il mazzolino di margherite nel loro posto e di togliere la polvere dal vetro.
Rimase immobile, le mani lungo i fianchi, gli occhi chiusi.
Un uomo non del tutto fiorito, dibattuto tra un passato che ancora gli dava incubi e un presente da ricreare, tra morte e amore.
Indossava un cappotto lungo e scuro, il bavero rialzato a ripararsi dalla fredda aria del pomeriggio.
“Ce l'abbiamo fatta.” pensò poi sospirando, esausto.
Scrutò l'orizzonte, una lunga banda frastagliata e infuocata di lingue rosse e arancio che si mescolavano, strozzando le nubi violacee.
Fece un respiro profondo.
Si sentiva svuotato, ma per la prima volta in vita sua in pace con sé stesso. Consapevole di aver fatto tutto quello che doveva.
Era una sensazione nuova. Non particolarmente piacevole, ma appagante.

Un suono catturò la sua attenzione.
Per un attimo ebbe paura potesse trattarsi della madre o del patrigno, ma di certo nessuno dei due gli avrebbe usato la gentilezza di mantenere le distanze. Poi si disse che decisamente poteva trattarsi di un qualsiasi altro parente di uno dei numerosi defunti attorno a lui.
Eppure si sentiva osservato, non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione.
Cercò di guardarsi intorno senza attirare l'attenzione e con la coda dell'occhio notò una figura esile, femminile, più bassa di lui.
Si sentì invadere da una piacevole sensazione di sorpresa perché tanto gli era bastato per capire di chi si trattasse. E per la prima volta i suoi pensieri non furono rivolti alla piccola tomba, nonostante vi si trovasse davanti. Annuì in modo che potesse capire che l'aveva notata.
Un attimo dopo poté percepire il suo profumo, ma era rimasta dietro, a un passo da lui.
‹‹Sono sorpreso di vederti qui. Pensavo non volessi più saperne di me.›› le sussurrò.
Lei non disse niente, ma lui percepì il contatto tra i loro cappotti.
‹‹Mi dispiace per come sono andate le cose tra di noi, davvero. Non sono stato abbastanza bravo a gestire tutto. Forse se mi fossi aperto di più non ti avrei persa, ma dal mio punto di vista lasciarti all'oscuro era il modo più facile per proteggerti, anche se ora mi rendo conto che mi sbagliavo.›› proseguì con tono stanco, senza aspettarsi una risposta, a dir la verità. Che lei fosse lì era già più di quanto potesse desiderare.
‹‹Sono riuscita a capirlo, alla fine. La signora Abis e io abbiamo parlato a lungo.›› anche la sua voce era un sussurro. Lui girò la testa e riuscì a vedere uno spicchio del suo viso arrossato per il freddo.
‹‹Avete parlato di me?››  
‹‹Egocentrico.›› era tremendamente fuori luogo, ma non riuscì a trattenersi e si lasciò scappare una breve risata. Le labbra di lei si piegarono all'insù. 
D'improvviso fece meno freddo per entrambi.
‹‹Abbiamo parlato anche di te. Sono andata a trovarla qualche tempo fa. Era tanto che non la vedevo.›› lui annuì e tornò a guardare la foto della bambina.
Finalmente lei gli passò davanti per inchinarsi vicino alla tomba e accarezzare il viso sulla fotografia. Lo guardò dal basso e lui notò i suoi occhi pieni di commozione.
‹‹Vi assomigliate moltissimo.›› lui si chinò a sua volta.
‹‹Lo dicevano sempre a mamma.›› le spiegò.
‹‹Arianna.›› mormorò lei, lui annuì.
‹‹Una volta a tuo fratello ho detto che sareste andate d'accordo.›› ricordò all'improvviso.
‹‹Sì, me l'aveva detto. E scommetto che è vero.›› gli sorrise. Lui rimase imbambolato a fissarla per qualche attimo, era da tanto tempo che non gli riusciva di farla sorridere.
‹‹Mi dispiace.›› era tornata seria, scura in volto. Lui aggrottò le sopracciglia e scosse la testa.
‹‹Per favore, torna a sorridere.›› lei lo fissò intensamente.
‹‹Ho detto che non volevo più sapere nulla di te, è vero. – lui scosse la testa, ma lei non gli permise di parlare – Ho detto cose terribili, ma ero arrabbiata e delusa e stanca, ma soprattutto, ignoravo la storia di Diego e di tua sorella, di quello che vi ha fatto. Ora capisco che tutti i tuoi comportamenti, le tue scelte, erano condizionati da quell’uomo.
Ma adesso non fa più parte della tua vita, giusto?››
L'espressione del ragazzo era diventata di ghiaccio, ma null'altro dava ad intendere quanto odio fosse corso tra loro.
‹‹Sì.›› lei deglutì e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
‹‹So che non servirà chiederti scusa e che sei arrabbiato con me...›› lui l'afferrò, la fece alzare e le prese il viso tra le mani.
‹‹Arrabbiato con te?›› le chiese incredulo. Alcune lacrime rotolarono sulle sue dita.
‹‹N-non lo sei?›› le tremò la voce. Lui sbuffò e l'avvolse tra le braccia, lei ricambiò la stretta.
‹‹Sono tante cose... ma “arrabbiato” non rientra nemmeno lontanamente nella lista.›› si scostarono e lui le accarezzò la guancia.
‹‹Ho pensato tanto a come fare per parlarti, ho pensato di scriverti... ma non mi convinceva, non riuscivo a trovare il coraggio. Poi la signora Abis mi ha detto che eri qua per qualche giorno e che sicuramente saresti venuto a trovare tua sorella. Allora sono venuta anch'io. Avevo paura di non trovarti e invece ho avuto fortuna. Al terzo tentativo.›› aggiunse dopo un attimo, suscitando un piccolo sorriso sulle labbra di lui; lei si asciugò le lacrime. Si guardarono e lui sentì nascere nel petto una profonda gratitudine per la vecchia, cara signora Abis, per la ragazza che stringeva tra le braccia e per la bambina che li aveva riuniti.
‹‹Io non osavo... non sapevo nemmeno da che parte iniziare, invece.›› ammise lui, sentendo un groppo salirgli in gola. Prese un respiro e dopo un attimo proseguì. ‹‹Grazie per essere qui. Non so come tu ci sia riuscita. Ma grazie.›› gli sorrise ancora, poi posò la guancia sul suo petto. Lui la riparò dal vento freddo.
‹‹Ho provato ad immaginare se fosse successo qualcosa del genere a me e a Mattia. Ci ho pensato tanto. Io... io credo sarei impazzita.›› le posò la guancia sulla testa per un po', poi le sollevò il mento con la punta dell'indice per osservarne il viso congestionato.
Le baciò la fronte e scosse la testa.
‹‹Non credo. Credo invece che ti saresti rimboccata le maniche e avresti combattuto. Come fai ogni volta che serve.›› si sorrisero, occhi negli occhi respirando all’unisono. Si strinsero forte. Dopo tutto quello che era successo, era la promessa più bella che potessero farsi.





 
  
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