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Autore: miatersicore23    15/12/2014    2 recensioni
Alternative Universe/ Tutti umani.
Damon ed Elena si conoscono da una vita. Sono cresciuti insieme, si sono amati e si sono fidanzati. Poi, come molte storie, tutto finisce, ma a sei mesi dalla loro rottura, un incidente cambierà completamente le loro vite.
Dal secondo capitolo:
Elena. Collego quel nome alla frase “è caduta tra le scale” e mi preoccupo terribilmente. Spintono circa una decina di ragazzi per ritrovarmi in prima fila nel semicerchio che circonda la fine della scale e che circonda il corpo privo di sensi di Elena. Caroline è accucciata e le accarezza preoccupata il volto. Dietro di lei, mio fratello è al telefono per chiamare il pronto soccorso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Isobel Flemming, Vicki Donovan | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola, piccolissima premessa: Non so com'è questo capitolo. Intendo che la scena madre non è descritta nei minimi particolari ma non so se mettere il raiting rosso o lasciarlo arancione. Ditemi voi dopo averlo letto. Grazie per la vostra pazienza.
 


"L'amore lo si patisce, ma più lo si patisce con dedizione, più ci rende forti"
Hermann Hesse
 
4
Dammi la tua mano, io ti tengo con me

 
-È difficile, non è vero? Fare finta di stare con lei. Cercare di non amarla. Come ci riesci, Damon? Come puoi ancora vivere accanto a lei? Come fai ad alzarti la mattina con il rimorso di ciò che hai fatto. Sei un mostro, Damon. Non importa quello che dice lei. Non importa quanto ti ama e per quanto tempo ti amerà. Sarai per sempre un mostro. E se una sera ritornassi a casa, come quella volta e…

-NO!

Urlo, sconvolto dal sogno che ho fatto. Più che un sogno, era una voce nel buio. La mia coscienza, credo. Sollevo il busto e la testa dal cuscino, ansimando. Sono ritornati. I sensi di colpa, le paure di farle ancora del male, l’impulso di scappare per non ferirla. È ancora tutto lì. Come temevo. Sono ancora imprigionato in questo limbo di disperazione. Bloccato tra la voglia infinita di amarla e quella angosciosa di lasciarla. Per il suo bene. Solo per il suo.

Una luce si accende alla mia destra ed è la lampada sul comodino accanto ad Elena. Si è svegliata anche lei, ovviamente. Sento una sua mano accarezzarmi la spalla, mentre tenta di parlare con la voce impastata a causa del sonno.

-Damon… cosa… stai bene?

Mi chiede mentre io mi volto verso di lei. Si stropiccia gli occhi, come se fosse una bambina, con l’altra mano, coperta dalla lunga manica della mia felpa nera. I morbidi e lunghi capelli lisci le ricadono avanti e si vanno ad appoggiare sulle curve dei seni. Non mi va di turbarla e di dirle che ripenso ancora a quel giorno. Resusciterebbero anche in lei dei cattivi ricordi e sinceramente non mi va di vederla giù.

-Nulla. Credo di aver fatto un incubo.

-Credi?

-Già, non me lo ricordo più! – Mento, cercando di alleggerire la situazione e mi avvicino a lei. Le bacio leggermente la spalla e la faccio sdraiare un’altra volta. – Continua a riposare e non ti preoccupare. Deve essere stata una cazzata.

-Mmh.

Mi guarda titubante e allo stesso tempo ancora assonnata. Rivolgo uno sguardo all’orologio e noto che sono le otto del mattino. Devo andare a lezione. Mi alzo dal letto e indosso un paio di jeans a caso, una maglietta a caso e delle scarpe a caso. Mi avvicino al letto per posare un bacio veloce sulla fronte di Elena e salutarla, dicendole di riposarsi ancora un altro po’.

-Tra un po’ arriverà tua madre.

Le sussurro, suscitandole un gemito di disapprovo.

Quando esco di casa, prendo la Camaro e mi dirigo verso la caffetteria dell’università dove mi ero dato appuntamento con Caroline e mio fratello.

Sono seduti ad uno di quei tavolini rotondi ed alti non troppo lontani dalla cassa e sorseggiano un caffè nei bicchieri di cartone. Passo a prendere anche io un po’ di caffè, amaro possibilmente e raggiungo i due che mi hanno appena notato. Quando mi siedo, il silenzio regna sovrano. Entrambi mi fissano interrogativi e credo anche curiosi. Sicuramente vogliono sapere come è andata la prima serata passata con Elena.

-Forza Barbie, tira fuori quello che hai dentro!

-Cosa vuoi che ti dica. – Appoggia il bicchiere. – Posso immaginare cosa sia successo ieri notte tra te ed Elena, ma posso anche sbagliarmi completamente.

-Che cosa intendi dire? – Arriccio le sopracciglia.

-Intendo che… tu ed Elena siete imprevedibili. Quando al liceo eravate solo amici, nessuno di noi avrebbe mai immaginato che alla fine voi sareste finiti insieme. Tu cambiavi una ragazza ogni settimana e lei ha nascosto così bene la sua cotta per te. Poi un giorno lei cosa fa? Arriva a casa mia e mi dice che vuoi due state insieme. Passate tanto tempo insieme e tu, proprio tu, cambi. Passi da essere il playboy che spezzava il cuore ad ogni ragazza di Oakland al fidanzatino perfetto che rende Elena felice. Hai detto di amarla. La ami e questo mi ha stupito la prima volta. Questo lato di te ci ha sorpresi e ci siamo anche abituati a questo vostro “immenso” amore ecco perché sono rimasta sorpresa quando l’hai lasciata. Non so ancora cosa è successo tra voi due.

-E non sei tenuta a saperlo.

Bevo un sorso di caffè, ignorando bellamente tutto ciò che la bionda mi ha detto. Io ed Elena. Io ed Elena. Io ed Elena. In un modo o nell’altro siamo sempre stati io e lei. Prima i due inseparabili amici, che uscivano la sera e facevano cazzate, poi i due ragazzi innamorati che facevano l’amore ogni notte, in ogni posto appartato.

Caroline sembra voler protestare, ma rimane in silenzio. Non deve sapere nessuno quello che è successo con Elena. Perché mi vergogno, mi vergogno di quello che ho fatto e non riuscirei a sopportare gli sguardi delusi di mio fratello, quelli sgomentati di Caroline e quelli di disprezzo di Isobel. Anche quelli sguardi spaventati della mia Elena, che tremante si allontanerebbe da me, se solo ricordasse, come se fossi un mostro. E so com’è quel tipo di sguardo, so com’è lei quando, spaventata retrocede lentamente per allontanarsi da me, con gli occhi lucidi e pieni di lacrime e così vuoti. Se Elena ricordasse, mi allontanerebbe all’istante, mandando al diavolo i mesi scorsi, passati a rimpiangere di amarmi.

No, Elena, non devi amarmi. Non devi sentire la mia mancanza, non devi idealizzarmi. Sono un mostro. Non ti merito.

Sto guardando il fondo del bicchiere, quando sento delle dita affusolate circondare le mie e la mano della bionda avvolgere la mia. Mi sorride lievemente, come per volermi confortare. La stessa cosa tenta di fare Stefan dandomi una pacca sulla spalla. Abbasso lo sguardo, sentendomi un po’ rincuorato nel sapere che ci sono loro nella mia vita, ma non mi fa sentire meglio. Come non mi fa sentire meglio la consapevolezza di star a continuare a mentire ad Elena.

 Improvvisamente sento il mio cellulare vibrare. Guardo lo schermo ed il nome di Vicki lampeggia, mostrando una sua foto mentre sorride con un bicchiere di vodka in mano.

-Pronto.

-Ehi splendore. – mi risponde con voce maliziosa. Quella voce mi dice tutto. Riesce a dirmi com’è vestita, in che camera della casa si trova e riuscirei a capire persino in che posizione provocante è. La immagino con il suo completino di seta grigio perla, mentre mi parla al telefono, semi sdraiata sul suo letto con una gamba sull’altra. Diavolo tentatore. – Come te la stai passando. Scommetto che ti sei rotto le scatole per tutto il tempo. insomma, Elena non deve aver fatto altro se non essersi lamentata del mal di testa e ne avrà approfittato per starti appiccicata, non è vero?

-Già…

-Che ne dici di passare da me dopo le lezioni. Potrei farti distrarre un po’, magari stando tra le lenzuola e…

-Ok, ok. Ho afferrato il concetto, dolcezza. Fatti trovare pronta e oggi pomeriggio sarò lì da te.

Molto probabilmente non sto facendo la cosa giusta. Insomma, appena ieri notte sono stato combattuto tra la voglia di legare me ed Elena ad un letto per fare l’amore e l’impulso di gettarmi dal balcone per far in modo che lei sia lontana da me. Ho combattuto, ho fatto tutto il possibile per non ricascare, per non dirle quelle parole, ma alla fine l’ho fatto. L’ho stretta tra le mie braccia, ho sfiorato il suo naso con il mio e l’ho sentito, il suo dolce odore che mi ha sempre fatto impazzire.

 Le ho detto di amarla, mentre ogni nervo del mio corpo rispondeva in automatico alle mie stessa parole. Le ho detto di amarla solo perché ho voluto essere sincero. Con lei. Con me stesso. Perché sarebbe da veri idioti non ammettere di adorare una come Elena. Ho percepito il suo sguardo nei mie occhi e le sue labbra volere le mie.

Oggi, invece, sono al telefono con la mia presunta ragazza, non con la mia ex. E lei mi provoca, mi fa eccitare, dannazione, e cerca in tutti i modi di farmi tornare da lei. La amo?

Diavolo, non lo so. Non è lo stesso amore che provo per Elena, sempre se è amore. Non so se per lei resterei sveglio tutta la notte per poterla guardare tranquillamente, crogiolandomi nella solitudine, dicendomi da solo quanto possa una ragazza essere così bella, così maledettamente bella.

Chiudo per un attimo gli occhi e cerco di ragionare e di mettere ordine il casino che ho in testa, la confusione che mi provoca Elena e l’inebriamento causato da Vicki. Quando li riapro mi ricordo che Stefan e Caroline sono ancora qui con me e che mi guardano straniti. Lei è come mi stesse chiedendo a che gioco sto giocando ed è vero perché a questo punto è come essere come un pendolo ed oscillare da una parte all’altra.

Quando sono con Elena, la paura di farle ancora del male mi spinge verso Vicki, ma quando sono con Vicki è proprio l’amore per Elena a farmi ritornare da lei. L’amore per Elena ha tentato in tutti i modi in questi sei mesi a riportarmi da lei.

Senza dire una parola, prendo le mie cose me ne vado dal bar per andare a lezione e cercare in tutti i modi di dimenticare, almeno per qualche ora, della mia vita e di chi sono. Di chi conosco. Sembrerà una cattiveria, ma in questo momento vorrei essere io quello ad aver perso la memoria. Vorrei io dimenticarmi di tutte le cose brutte che sono accadute ultimamente e ricordarmi solo di ciò che mi fa star bene. Dimenticare di quella maledettissima volta in cui l’ho ferita. Le ho fatto del male e anche oggi mi sento tremendamente in colpa per l’enorme errore che ho fatto.

Giuro, non avrei mai pensato di fare qualcosa del genere. Sento rimontarmi la rabbia dentro in questo momento ed un fuoco si accende alimentato dal rimorso. C’è la voglia di spaccare tutto quello che trovo davanti. C’è il pensiero di scappare veramente, senza fermarmi in un bar per ubriacarmi, senza andare a letto con la prima ragazza che mi si para davanti agli occhi. Dovrei guardare dritto e camminare senza fermarmi.

C’è tutto questo, ancora una volta. Esattamente come la prima volta.

Le stesse ed identiche sensazioni. L’ossigeno che non arriva ai polmoni, le immagini che diventano ombre. No, non sto scherzando e non sto nemmeno esagerando. È esattamente così, quando fai del male alla donna della tua vita e sai che ogni buona azione successiva non sarà mai sufficiente per compensare quello che hai fatto. Ho toccato il fondo con lei, lo so e temo di non poter più risalire il baratro. Mi sento intrappolato in una prigione in fondo all’abisso e sono così stanco che non credo di avere la forza per combattere e risalire.
Non almeno per Elena. Ho paura che se mi perdonasse e se venissi respinto da lei, allora non ci sarebbe più una via d’uscita. Allora sto fermo e a volte lascio che gli eventi mi passino accanto e scivolino via. Li vorrei ignorare e allora lo faccio, facendo in modo che il dolore non mi faccia troppo male, ma che non venga nemmeno dimenticato.

È la mia punizione. Il doloroso ricordo di quella notte. È una tortura, ma io l’accetto perché devo ricordare quanto io sia stato orribile. E non lo faccia più. Mai più. Mi vergogno di me stesso.

Lei mi ha detto che non sono un mostro. Invece lo sono e non so se lei stia mentendo o meno, ma sta, di fatto, che nulla che io potrei mai fare sarà in grado di cancellare le sofferenze che io ho causato.

Per l’ennesima volta questa settimana, Elena mi ha buttato fuori dal letto. Per l’ennesima volta sono costretto a dormire sul divano. È diventato così ormai, il nostro modo di vivere. Dopo quella sera, quella del nostro anniversario, si è venuto a creare un clima di tensione e ogni volta che uno fa qualcosa che irrita l’altro, ci mettiamo a litigare, inevitabilmente.
Ed è diventato un circolo vizioso. Perché faccio di male qualcosa io e poi lo fa lei, un po’ perché non se ne accorge e un po’ per dispetto. Poi io non le parlo per qualche ora e orgogliosa e testarda non lo fa nemmeno lei. Questo accade sempre di sera, quando tutti e due siamo stanchi e non sopportiamo nulla, nessun rumore, non sopporto più nemmeno il silenzio.

Allora lei prende il mio cuscino – perché ovviamente accade sempre a letto – e me lo sbatte sul petto, io sbuffo spazientito e Elena ignorandomi si gira dall’altra parte sussurrando un “puoi andartene da questa casa, se ti va.”

Il punto è che davvero non capisce che io da lei non me ne andrei mai e poi mai. Fosse la lite più brutta del secolo, ogni volta io ritornerei dai lei, in ginocchio, implorandola o rivendicando il fatto che ormai siamo solo io e lei, un noi, e non possiamo più stare da soli. Ma questo è un ragionamento che faccio quando sono solo a mente lucida. Quando sbollisco la rabbia e la voglia di ritornare da lei cresce sempre di più. Quando mi rendo conto che anche se abbiamo sbagliato entrambi, o se ha sbagliato solo lei, io mi prenderei benissimo la colpa per tutti e due  e al diavolo il resto. Io sono qui per lei. Vivo per lei.

Adesso no. Adesso io sono infuriato e non ho preso solo il cuscino ed una coperta ho preso tutti i miei vestiti e sono uscito di casa, seguendo il suo consiglio, ovviamente non in modo permanente. Ovviamente non me ne vado per sempre, almeno che quel per sempre non significhi il bar che c’è qui vicino dove offrono un Bourbon scadente. Ma chi se ne frega: la sfacciataggine del barista, Kai, che ci prova spudoratamente con ogni ragazza mi fa dimenticare per un po’ i miei problemi.

Assorbo il liquido come una spugna, contando del fatto che sarà proprio lui a riaccompagnarmi a casa. Sono ubriaco fradicio e sono serio, ci vedo doppio. A stento riesco ad infilare la chiave nella serratura e infatti prima che io ci riesca del tutto Elena viene ad aprirmi la porta. Non ne sono sicuro ma credo che abbia pianto. Sono ancora arrabbiato con lei, ma Dio, quanto può essere bella questa ragazza.

-Dove… dove sei stato?

Mi chiede tremante, mentre mi viene ad abbracciare, stringendomi forte e liberando un sospiro di sollievo quando affonda il volto nell’incavo del mio collo.

-Quando te ne sei andato di casa e non ti ho visto tornare, mi sono spaventata. Ho pensato che tu mi avessi lasciata per davvero. Che te ne fossi andato senza dirmi addio.
Scoppia a piangere davanti ai miei occhi, ma perché cazzo non ricambio il suo abbraccio? Oh, giusto, perché sono ancora arrabbiato, perché oggi Elena mi avrà fatto sentire sicuramente uno stupido, anche se non ricordo bene il motivo e la rabbia torna prepotentemente dentro di me. Quel suo scusa, poi, sussurrato nel mio orecchio mi scattare e allontanare da lei. Mi sentirei un perfetto idiota se la perdonassi in questo stesso istante. Sarei uno scemo.

La allontano afferrandola per le braccia e facendole fare qualche passo indietro.

Siamo ancora sulla soglia della porta quando la sbatto forte, lei emette un verso di spavento. Lo ignoro e mi vado a stendere sul divano del soggiorno, dove ho lasciato il cuscino.
Lei è testarda. Si avvicina a me e si inginocchia facendo scontrare i nostri occhi. Distanti solo ad un palmo. Sono due occhi di cucciolo, indifesi, ma questa volta io non mi faccio fregare. Nonostante potrei benissimo perdonarla e vedere quegli occhi che provano piacere. Solo adesso mi rendo conto che indossa solo una felpa che le va troppo grande e che le arriva a malapena a metà coscia. Qualcos’altro dentro di me si risveglia. E non è la rabbia, ma è qualcosa allo stesso modo potente e forte.

-Scusa se mi sono arrabbia e scusa se ti ho fatto arrabbiare.

-Hai ragione.

Lei aggrotta le sopracciglia confusa.

-Hai ragione. Non facciamo l’amore da tanto tempo. E hai anche ragione per stasera: mi hai fatto davvero arrabbiare, cattiva!

Le dico ironico, con la voce macchiata dall’alcol. È ironica, dispregiativa e derisoria. Afferro la sua mano destra che si era posata sulla pelle nera del divano e la costringo a stendersi con me.

-Che ne dici di farmi divertire, stasera? Mi stai facendo eccitare con queste tue gambe scoperte. Sei troppo bella.

Ghigno divertito nel suo orecchio mentre le mordicchio un lobo. Subito noto che c’è qualcosa che non va. Elena è rimasta rigida e non si muove, ma io la ignoro.

-Damon, non voglio farlo. Voglio parlare e chiarire con te.

Parlare, parlare, parlare. Credo che io ed Elena abbiamo parlato fin troppo e visto che parlando, finiamo sempre con il litigare, la cosa più ovvia adesso è fare la pace con i fatti e non con le parole.

Una mano scende sulla sua coscia e risale sotto la felpa per stringere il fianco e costringerla ad avvicinarsi di più a me, giusto per farle capire quanto io possa essere eccitato in questo momento. La mia bocca corre subito sul suo collo e per un attimo sento la sua tensione allentarsi e la pelle e i muscoli rilassarsi sotto i miei tocchi esperti. Questo mi dà il tempo di sbottonare i pantaloni e toglierli insieme ai boxer.

Sfortunatamente la festa viene rovinata dalla stessa Elena che ritorna in se stessa e si rialza, aggiustandosi l’orlo della felpa.

-No Damon. Questo non è il momento.

-E quando sarà il momento? Hai detto tu stesso che non lo facciamo da settimane. Perché diavolo ti tiri indietro? Questa è la volta buona, Elena. Facciamo pace definitivamente. Ti prometto che non ritornerò più sul fatto che sono troppo stanco…

-Come faccio a fidarmi di te in questo momento? Sei ubriaco.

-Grazie tante per la fiducia.

-Dio, Damon. Io non sto dicendo che io non mi fidi per niente di te, ma che adesso non riesci a ragionare lucidamente. Non sei in te e la voglia di farlo offusca la ragione.

-Oppure potremmo fare il miglior sesso riparatore che sia mai stato fatto nella storia!

Urlo un po’ spazientito, un po’ divertito. Purtroppo lei sembra irritarsi difronte questo divertimento. Evidentemente non è del mio stesso umore stanotte. Un’altra lacrima scorre lungo la sua guancia, seguita da tante altre. Davvero, non capisco quale sia il suo problema.

-Va bene. – sussurra più a se stessa che a me – Vuoi il mio corpo? Eccolo!

In pochi secondi si toglie la felpa e l’intimo, rimanendo nuda davanti ai miei occhi. Sì, è bella. E la mia eccitazione è ancora nuda e si fa notare.

-Sì, voglio il tuo corpo.

Gli dico con voce roca, avvicinandomi a lei e lambendole i fianchi con le braccia.

-Voglio fare l’amore con te…

-Ho detto che ti darò il mio corpo, Damon, ma non farò l’amore con te. Tu stanotte vuoi soltanto un corpo su cui sfogare la tua rabbia, non una donna da amare. Io stanotte non sarò la tua Elena.

Ignoro le sue parole e continuo il mio lavoro, impossessandomi di un suo seno tra le mie labbra. Lei non risponde, non geme, non fa nulla, si limita a subire passiva. A me non importa, davvero. Voglio solo lei. Lei è mia.

La conduco di nuovo sul divano e mi stendo su di lei senza pesarle troppo. Le entro dentro, all’improvviso, e in quello stesso istante lei chiude gli occhi per cercare di non sentire nulla. Lei non sente nulla. Anche io non sento nulla. Solo un leggero piacere, ma non sto bene. La guardo, cercando di capire cos’è diverso dalle altre volte. Forse sono io, forse lo è lei. siamo diversi entrambi. Non lo so. Sono furioso.

Aumento la velocità delle spinte e altre lacrime bagnano il volto di Elena. Perché sta piangendo? Non capisco. Avvicino le labbra alle sue guance per asciugarle, ma lei scatta e allontana il suo viso dal mio.

-No, non farmi questo. Almeno questo.

Mi continuo a chiedere perché. Perché lei fa così? Perché io non riesco a raggiungere l’apice? Cosa sta andando storto? Sento di sapere la risposta, ma non riesco a capire qual è.
Stanco, esco da lei, senza aver combinato nulla. Forse ho solo allontanato la donna che amo da me, per sempre.

 

 
Sono appena riornato a casa di Elena. Ho visto Vicki prima. No, non abbiamo fatto niente. Ho deciso di respingerla perché non mi sembra giusto andare a letto con lei. Non quando sto con Elena, almeno in teoria.  Mento già con lei perché sto con lei solo in un certo senso, tradirla anche quell’unico senso non avrebbe proprio senso. E mi sentirei veramente una merda.

-Ciao Damon.

Dio, quella voce mi fa rizzare i peli ogni dannata volta e ogni dannata volta sospiro esasperato perché so che il resto della giornata andrà veramente male.

-Salve Isobel, che piacere rivederla.

-Il piacere non è tutto mio.

-Potrebbe essere gentile con me almeno una volta?

La donna emette un ghigno divertito e incrocia le braccia, alzando gli occhi al cielo.

-Come potrei, quando l’altro giorno Caroline mi ha detto che state mentendo a mia figlia.

Mi guardo spaventato attorno. L’ha detto ad altra voce ed Elena potrebbe ascoltare la nostra conversazione.

-Sta tranquillo, aveva mal di testa e sta riposando nella vostra camera. Farei meglio a dire nella sua. Non mi piace quello che state facendo e lo so che è per questioni mediche, ma non mi piace che lei viva nella menzogna con un ragazzo che l’ha abbandonata sei mesi fa chissà per che cosa. Che cosa le hai fatto, Damon? Perché hai fatto soffrire in questo modo la mia bambina? Che cosa è successo mesi fa? Perché non mi ha detto cosa è successo?

-Ora basta, mamma! – Elena entra nella stanza. È ancora in pigiama, con i pugni stretti lungo i fianchi e lo sguardo fiero, pronta per difendermi. – Questa è la mia vita e decido io chi perdonare e chi no. Tu sei mia madre e ti vorrò sempre bene, ma non puoi venire qui e litigare con il mio ragazzo.

-Elena non ti preoccupa…

Cerco di intervenire, ma lei mi ferma.

-Mamma ti prego. Me la vedo io con Damon.

-D’accordo.

Prende la sua borsa e dà un bacio a sua figlia mentre mi saluta con un cenno del capo. Verrò sempre odiato da quella donna.

Quando si chiude la porta alle spalle, Elena si avvicina a me e mi abbraccia affondando la testa sul mio petto. Io ricambio l’abbraccio, accarezzandole i capelli.

-Non dovevi trattarla il quel modo. Infondo me lo meritavo.

-Per favore, Damon. Quello che è accaduto mesi fa a me non fa più male.

-Ma te lo ha fatto. Elena io quel giorno ti ho violentato.

Faccio un passo indietro e cerco di guardarla negli occhi, ma lei stringe le palpebre e agita la testa, negando.

-Se tu mi avessi violentato, a quest’ ora non ti permetterei di avvicinarti a me. Come te lo devo far capire che quella è stata una brutta notte, ma l’abbiamo superata, insieme.

No, non l’abbiamo superata insieme. Non l’abbiamo mai superata. Questa è tutta un’illusione, ma come faccio a svegliarti, Elena? Mi sembra impossibile. Tu, continui a vedermi sotto questa luce, continui ad idealizzarmi, senza capire e renderti conto di che razza di bestia sono.

-Come puoi averla superata?

-Grazie all’amore che provo per te. – si avvicina a me e mi prende il volto – Quando te lo ficcherai in testa?

-Credo che non basti.

-Cosa vuoi dire?

-L’amore, Elena. Cosa ti fa pensare che l’amore possa risolvere tutti i nostri problemi?

Lei mi guarda stupita e apre la bocca. Ne è rimasta stupita e io che pensavo fosse così scontato che io avessi il dovere di essere esiliato, cacciato dalla sua vita. Invece, lei la fa facile. Per lei io posso essere perdonato e redento. Per lei io sono un angelo. Me è lei un angelo, io sono solo un dannato demone intrappolato.

-Ehi, te la ricordi quella notte, in cui è accaduto…

-Quando io ti ho violentato? Sì me la ricordo.

-Quella notte io ti dissi che non avrei fatto l’amore con te, ma solo quella notte. Io ho spento i sentimenti solo per qualche ora e credimi ci serviva. Eravamo in un periodo di crisi, pieno di tensione, e quella notte è stata decisiva. Io l’ho superata perché ti amo, è vero. E io vorrei che tu capissi quanto possa essere forte l’amore. Io per amore ho dovuto ignorare la tua sbronza, ho dovuto lasciarti usare il mio corpo, ma ehi… sono ancora qui ad amarti incondizionatamente. Quella volta sono stata io a fare un sacrificio, per il bene di entrambi. La prossima volta sarai tu. Sacrificherai qualcosa per tutti e due.

Ma si sente? Sembra volermi giustificare. Non voglio che lo faccia. Sembrerei troppo buono, in confronto a quello che veramente ho fatto.

Mi allontano di nuovo da lei e apro una birra che sta in frigo. Il liquido freddo che ingoio rinfresca la mia mente confusa, ma non cambia nulla: continuo a non capire le sue ragioni. Non capisco perché la paura di averle fatto male quel giorno sembra non essere rimasta. È come andata via, svanita. Allora perché non svanisce anche il ricordo di quella notte? Dio, come lo vorrei veramente. Vorrei dimenticarmi. Vorrei ritornare indietro e non ubriacarmi e non litigare con lei. Perché diavolo abbiamo litigato? Non lo ricordo nemmeno più.

Percepisco i passi di Elena dietro di me.

-Damon, voltati. Ti prego.

Mi supplica e quando mi volto, vedo il suo volto sconvolto.

-Che c’è? Cosa ti è successo?

Le chiedo preoccupato.

-Ti prego. Cerca… cerca di capire. Dimentica quella notte. – si avvicina e mi prende le mani. – Ti prego, ti prego, ti prego…  - poi, fa l’unica cosa che non doveva fare: s’inginocchia, lasciandomi senza fiato, stupito. Sono un pezzo di ghiaccio di fronte al suo gesto. – Ti amo e lo so che lo sai. Te l’ho ripetuto così tante volte che adesso non ci sarà più bisogno, perché questa cosa l’hai capita. Tu non sai perché io ti amo. Ti amo perché non sei l’uomo perfetto, come non sono io perfetta e nelle nostre imperfezioni, noi due ci completiamo.
Ti amo perché non sei l’uomo della mia vita, sei la mia vita. Ti amo perché sei indispensabile, perché sei la mia anima e se tu te ne andassi, sentirei il mio cuore strapparsi via. Sai, ho provato ad immaginare una vita senza di te, una vita dove te ne sei andato via e mi hai abbandonata. Non ci riesco, perché mi manca il respiro al solo pensiero.

E per un po’ non la vedo veramente respirare. La pelle diventa diafana e le occhiaie viola si accentuano. Si sta indebolendo di nuovo e non le fanno bene queste maledette discussioni. Quella che mi ha appena fatto è una delle dichiarazioni d’amore più belle di sempre. Si è anche inginocchiata e rendermi conto di cosa ha effettivamente provato quando non siamo stati insieme, ma sta facendo un male cane e sento un grosso groppo in gola e un altro senso di colpa di aggiunge a quelli vecchi.

-Alzati.

Non deve essere così devota. Non devo però essere la sua vita, la sua anima, il suo cuore. Ho capito che mi ama, ho capito perché mi ama. Non ho capito perché mi ha perdonato, perché ha accettato di essere un semplice oggetto quella notte e perché ha superato tutto con così tanta facilità.

-Alzati, amore mio.

Esplodo, alla fine. Perché dopo quello che mi ha detto, mi rendo conto che Elena Gilbert è il mio amore e non capirò mai cosa è accaduto quella notte e come è accaduto, non posso continuare a negare che quello che sento per lei è il sentimento più grande che io abbia mai provato. Nulla di più vero.

E Vicki è l’ultimo dei miei pensieri, in questo momento.

Lei solleva lo sguardo e finalmente mi rendo conto cosa c’è dentro quei occhi. C’è quello che sente per me, l’amore che finalmente è ritornata a vivere dopo un lungo periodo di sofferenze. Sofferenze che le ho causato, andandomene. Che cosa ho fatto?

Le ho causato più dolore, andandomene. Se fossi rimasto, avremmo potuto chiarire. Se fossi rimasto, staremmo ancora insieme e lei magari non sarebbe caduta dalle scale e io non sarei costretto a mentire, quando vengo preso da una voglia di raccontarle la verità, di dirle che questi mesi sono stati i più brutti della mia vita senza di lei.

-Non voglio stare senza di te, Damon.

-Neanche io. Voglio che tu sia la donna che mi faccia rinsavire ogni volta che sbaglio, voglio che tu stia al mio fianco, ma voglio che tu capisca che la prossima volta che mi comporterò da mostro, voglio che tu ne prenda atto e che scappi via, capito? Perché non potrei mai costringerti a vivere e ad amare uno come me.

-Damon, ma io voglio amare uno come te. Uno che mi protegga, uno che mi faccia sentire al sicuro.

-Elena, io faccio tantissimi errori, ma sappi che qualche volta, ti faccio soffrire solo per il tuo bene, ricordatelo sempre… anche se quella volta ha fatto male ad entrambi.

Lei ritorna ad abbracciarmi e a nascondere il volto sul mio petto. Quando ricambio l’abbraccio mi rendo conto di sentirmi a posto, che Elena è la mia donna. Se la perdessi, non so come mi accadrebbe.

Se la perdessi ne morirei.

 

Note finali: Salve sono ritornata dopo tanto tempo e dovete perdonarmi per questo, ma sto affrontando un periodo davvero difficile della mia vita e più che non avere tempo, a volte perdo la voglia di scrivere perché ho poche idee per la testa. Un po' è la scuola e l'ultimo anno di liceo è davvero impegnativo, un po' sono i problemi che ho in famiglia. Ovviamente non starò qui a torturavi con i miei problemi perciò passiamo subito al capitolo. Vorrei cercare di analizzarlo per ogni scena, ma allo stesso tempo non vorrei annoiarvi troppo, perciò... fate ancora in tempo per scappare.
Prima di tutto vorrei parlare della scena iniziale. Damon sogna, più che altro sono i rimorsi che gli fanno visita durante la notte, quella del capitolo precedente, giusto per intenderci. Credo che l'inizio sia solo una brevissima introduzione del ricordo che avete letto successivamente.
Poi c'è la scena nel bar con Stefan e Caroline (e la fastidiosa partecipazione di Vicki) dove, in particolar modo la bionda, non può far a meno di esprimere la sua, sul rapporto di Damon e di Elena ed è qui che ritorna nuovamente il mistero di quello che è accaduto nei mesi precedenti ai fatti attuali. Vorrei tralasciare la chiamata con Vicki, perché se devo esser sincera è un personaggio antagonista che ho dovuto creare per dare un po' di equilibrio alla storia, ma in realtà spero di riuscire a sbarazzarmene al più presto.
Vorrei anche tralasciare tutti discorsi che si fa Damon, perché, sinceramente, credo che a volte ho paura che siano troppo ripetitivi, ma a volte penso che sia necessario al fine di capire molte cose.
Adesso passiamo a quella che io credo sia la scena madre del capitolo. Questa scena per me è tutto, è strana, è triste è disperata. C'è Elena e Damon che litigano e non vogliono fare pace, ci sono i pensieri di Damon, anzi, di due Damon. Quello che prova a ragionare ad essere lucido e quello ubriaco che non vuole sentire ragioni perché è troppo preso da tutto il resto, invece di fare la pace con Elena. E allora Damon non si lascia andare, ma entra in un mondo surreale dove l'unica cosa a cui pensa è il sesso. E guarda Elena e si rende conto quanto sia bella, ma il meravigliarsi si trasforma in qualcosa di oscuro, perdendosi in un luogo di perdizione. Elena fa lo stesso, più o meno. Lei all'inizio non vuole e non vuole nemmeno dopo, ma lascia fare. Durante questa scena, si può pensare che lei lo faccia solo perché non ha la forza per affrontare Damon, fisicamente, poi è lei stessa a spiegare che lo ha fatto per il bene di entrambi. Lo so che può sembrare molto contorto come ragionamento, ma ho provato ad immedesimarmi in questa Elena e in questo Damon e non volevo rendere la scena troppo forte, perché altrimenti l'unica opzione sarebbe stata Damon che violentava veramente Elena. Con ciò non voglio giustificare qui Damon. Lui qui ha ragione a sentirsi terribilmente in colpa, perché non è bello ciò che ha fatto. Come allo stesso tempo non giustifico Elena. Neanche lei fa bene a perdonare Damon così facilmente in questo modo, eppure l'amore l'ha resa così. Non sono personaggi perfetti, ma spero che siano belli proprio a causa della loro imperfezione. Spero che a voi piacciano in questo modo. Personaggi che fanno continuamente errori e che sbaglieranno sempre. Continueranno a sbagliare pure dopo la fine delle mie storie, ma che raggiungono almeno un piccolo obiettivo.
Il resto del capitolo credo invece che sia ancora più bello, perché ho tentato di spiegare, attraverso l'amore di Elena, il motivo per cui l'ha perdonato.
Elena ha perdonato Damon. Damon non ha ancora perdonato se stesso, ma non può fare a meno di stare lontano da lei e allora prova ad accettarsi per quello che ha fatto, consapevole di star mentendo ancora a lei, ma sa che lo fa per il suo bene.

La vostra perennemente in ritardo,
Mia.
   
 
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