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Autore: Padmini    16/12/2014    10 recensioni
Una cena di Natale, due persone che la preparano. Queste due, però, non sono persone qualunque, sono i fratelli Holmes, e quando Sherlock e Mycroft sono vicini può accadere di tutto, anche che vecchi sentimenti, ritenuti dimenticati, tornino a galla, silenziosamente, come germogli in mezzo alla neve.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buone feste a tutti!!

Questa storia partecipa al Contest del gruppo facebook “Sherlockians”

Ve la regalo per Natale e anche per Capodanno!

La dedico soprattutto a Benedetta, la meravigliosa player del mio Mycroft :D

Spero che vi piaccia ;)

Un beso

MINI

 

 


 

 

Perché sei mio fratello


 

Londra, Natale 1984

 

Il cielo era grigio e una pioggerella sottile, sospinta dal vento, picchiettava dolcemente sui vetri delle finestre accompagnata da qualche raro fiocco di neve. Uno spettacolo delizioso che chiunque avrebbe ammirato volentieri circondato dal tepore della propria abitazione, magari con una tazza di tè o di cioccolata cala ben stretta tra le mani, ma in quel momento Sherlock aveva ben altri pensieri.

Il risotto si stava attaccando alla pentola e il tacchino sembrava ben lungi dall'essere cotto; se ne stava placido in forno senza cambiare colore. Sherlock, che per arrivare ai fornelli aveva dovuto usare una sedia sulla quale stava inginocchiato, si affannava tra la pentola con il riso e quella nella quale stava tentando di preparare il Christmas Pudding. Il viso era rosso per il sudore e la fatica di mescolare, ma soprattutto per l'ansia e la paura che qualcosa andasse storto.

Stava giusto cercando di togliere l'impasto del Pudding dalla pentola quando sentì il rumore poco rassicurante del riso che si attacca al fondo. Si precipitò per controllare ma scivolò e, aggrappandosi alla pentola per non cadere, la fece rovesciare, spargendo risotto bollente ovunque, che solo per miracolo non gli andò addosso. I fornelli erano un disastro e il riso era sparso ovunque. La paura per il pericolo appena scampato e la frustrazione per tutto il lavoro perso lo fecero diventare ancora più rosso e, consapevole di essere solo in casa, si lasciò andare e scoppiò in un soddisfacente pianto liberatorio, tanto che non sentì la porta aprirsi. Cucinando non si era reso conto del tempo che passava e che, nel frattempo, era rientrato Mycroft. Il ragazzo, appena tornato da un pomeriggio di ripetizioni dell'ultima ora date ad un suo compagno di classe, voleva solo chiudersi in camera sua per rilassarsi, ma il pianto del fratellino lo attirò in cucina. Si sarebbe potuto aspettare di tutto da parte sua, ma quel che vide lo lasciò senza parole per diverso tempo, tanto che il piccolo nemmeno si accorse della sua presenza fino a quando non gli posò la mano sulla spalla e gli sussurrò all'orecchio.

Sherlock …”

Il bambino, preso alla sprovvista, sobbalzò e smise di piangere. Si voltò e, visto il fratello, sembrò calmarsi. Si strofinò le mani sul viso e si alzò, cercando di non calpestare il riso caduto a terra.

M-myc ...” mormorò, singhiozzando.

Cosa è successo? Cercavi di preparare la cena per tutti?”

Il bambino annuì timidamente e Mycroft non poté fare a meno di intenerirsi. Lui era stato via tutto il pomeriggio e anche i genitori avrebbero lavorato fino a tardi e Sherlock, che voleva festeggiare il Natale come al solito, si era impegnato per cucinare la cena in assenza dei suoi genitori. Stava per raccontare tutto al fratello, ma questo lo precedette e lo prese in braccio.

Non preoccuparti, va bene? Adesso sistemiamo questo disastro e poi prepariamo una cena come si deve, insieme. Che te ne pare?”

Sì!!” esclamò lui, abbracciandolo stretto “Ti voglio tanto bene!!”

 

 

 

25 anni dopo

 

“Hai preso le verdure?”

“Sì.”

“Hai preso il formaggio?”

“Sì!”

“Hai preso il lievito per il dolce?”

“Sì!!”

“Hai preso il vino che ti avevo chiesto?”

“Sì-ìììì!!”

“Hai preso …”
“Basta così, Mycroft! Ho preso tutto quello che c'era nella lista! I tovaglioli rossi, i festoni, il centrotavola che ti sei fatto preparare apposta … ho preso tutto! È inutile che continui a rileggere quel foglio! Ho preso tutt-”

“Hai preso anche lo spray della neve?”

Sherlock sbuffò rumorosamente e si voltò verso di lu.

“No, quello non l'ho preso!”

“Ecco, hai visto? Sapevo che ti saresti dimenticato di qualcosa ...”

“Non me ne sono dimenticato, non l'ho preso volontariamente. Mi spieghi a cosa serve?”

“Per fare le decorazioni sui vetri delle finestre, cos'altro?”

Il detective guardò il fratello come se gli fossero spuntate due corna da renna.

“Puoi ripetere, per favore?”

Mycroft ricambiò il suo sguardo con la massima tranquillità e sorrise.

“Hai capito bene. Faremo dei disegni sulle finestre. Alberi di Natale, fiocchi di neve. Hai presente?”

“Sì, ho capito, ma … perché. Dammi una sola buona motivazione. Tu odi il Natale. Odi la cena di Natale. Odi tutto ciò che riguarda questa festa. Perché quest'anno hai deciso di organizzare questa … messinscena? Sono sicuro che nemmeno tu vuoi tutto ciò!”

“Non credo sia necessario ricordarti cosa è successo l'anno scorso, Sherlock … per colpa tua.”

Un silenzio imbarazzante scese nella stanza, ma solo Sherlock si sentiva a disagio.

 

Ricordava bene ciò che era accaduto, l'eccitazione della caccia, gli stratagemmi utilizzati per raggiungere la casa di Magnussen con il portatile di Mycroft e, soprattutto, senza farsi scoprire da lui e ancor di più dalla madre. Nelle rare occasioni in cui Violet riusciva a riunire la famiglia, diventava peggio di una guardia carceraria ed era più difficile evadere da casa sua che da Alcatraz.

Quella volta aveva rischiato davvero tanto ma non lo aveva fatto, come tanti avevano probabilmente pensato, per ego. Tutto ciò lo aveva fatto per l'esatto opposto. Non poteva salvare Mary, e di conseguenza John, se non rischiando tutto. Non aveva previsto di uccidere Magnussen, era stato qualcosa che aveva dovuto improvvisare al momento, l'azione di un uomo impaurito che teme non tanto per se stesso ma per la persona che ama di più al mondo. Lo aveva ucciso, sapendo di poter perdere la sua vita, per proteggere quella del suo migliore amico. Mycroft sapeva tutto ciò, lo aveva compreso e per questo gli era stato vicino e lo aveva aiutato. Tra tutte le persone coinvolte, solo loro due sapevano la realtà. John, ancora confuso tra i sentimenti per Mary e la prospettiva di diventare padre, non aveva capito fino in fondo il gesto del suo amico, ciò che aveva fatto realmente. Non era andato oltre le apparenze, come non lo aveva fatto quando aveva scoperto che aveva finto il suicidio per proteggerlo dagli uomini di Moriarty.

Si era sempre sentito dire di essere un sociopatico, un insensibile, un uomo senza sentimenti. Tutti erano convinti di dire una cosa vera, ma non si erano resi conto che la realtà era l'opposto.

Sherlock soffriva e aveva sempre sofferto di una profonda sensibilità e il fatto che avesse deciso di non provare più sentimenti era la prova che invece lo facevano soffrire moltissimo. Persone che, come John, sapevano essere empatiche di fronte ad un uomo tradito dalla moglie, ma non era capace di vedere il significato profondo delle sue azioni.

Era trascorso un anno da quegli eventi e, nonostante tutto fosse tornato alla normalità, per quanto la loro vita potesse essere definita 'normale', ma tutto sommato non era accaduto nulla di grave.

Erano invece successe molte cose positive, tra cui la nascita della piccola Sophie Sherlock Watson e la promozione dell'Ispettore Lestrade, che aveva permesso l'evolversi di un'altra situazione che, per ovvie ragioni, era sempre rimasta segreta. Tutto era bello e positivo, ma a Sherlock non bastava per giustificare la richiesta da parte del fratello di aiutarlo a preparare una cena natalizia, alla quale aveva invitato i genitori, la famiglia Watson, la signora Hudson, Anthea, Bill e, dulcis in fundo, il suo fidanzato Gregory Lestrade che, vista la sua promozione, non aveva più ritenuto di dover nascondere la sua relazione con il signor governo inglese.

Mycroft, che solitamente evitava quelle riunioni di famiglia come la peste, sembrava allegro e gioioso all'idea di dover cucinare e accogliere gli invitati nella sua casa di Pall Mall. Tra tutti aveva chiesto proprio a Sherlock di aiutarlo e lui non sapeva spiegarsene il perché.

 

“Te lo devo spiegare davvero?” gli domandò, andando in cucina dove le borse della spesa occupavano ogni centimetro libero del tavolo.

“Se te l'ho chiesto ...” commentò lui, seguendolo come un condannato all'ergastolo.

“Pensavo che fossi più intuitivo, mio caro fratellino. Prova ad arrivarci da solo.”

Sherlock sospirò e scosse la testa. Il dover ammettere i propri errori e la visione di tutto quel lavoro da fare lo avevano abbattutto.

“So perché … ciò che non mi spiego è … perché!”

“Ciò che hai detto non ha nessun senso, te ne rendi conto?”

“Lo ha. So che vuoi fare questa assurda cena di famiglia per ristabilire l'equilibrio che era andato perduto l'anno scorso e che non si era ancora stabilizzato dopo il mio ritorno. So che vuoi dichiarare apertamente la tua relazione con Lestrade e farlo entrare in famiglia. So che vuoi farmi incontrare John, Mary e Sophie perché, almeno secondo te, mi sono chiuso in me stesso, ma … perché?! Cosa ci guadagni tu? Devi addirittura fare un lavoro di gambe! Voglio dire, quando mai hai cucinato? Stasera saremo in dieci persone, senza contare Sophie, e tu hai organizzato tutto questo ...”

“Solo per te, fratellino.” mormorò lui in risposta.

Il silenzio che seguì fu diverso da quello precedente. Era un silenzio imbarazzato, dove nuove domande si sovrapponevano a quelle vecchie. Durò meno e fu ancora una volta Mycroft a spezzarlo.

“Non credere che abbia dimenticato chi sei veramente. Forse nemmeno io conosco fino in fondo il tuo animo, ma credo di essere quello che ci sia andato più vicino. So che sai fingere e recitare bene con chiunque. Hai fatto credere a Janine di essere innamorato di lei, hai convinto John di essere felice del suo matrimonio, ma sappiamo entrambi che non era vero. Tu non amavi Janine così come soffri per il matrimonio di John, ma nonostante tutto hai dimenticato i tuoi sentimenti per il suo bene. So che ti senti solo, ma voglio dimostrarti che non è vero. Anche se John non ha capito fino in fondo il tuo gesto, non vuol dire che non ti ammiri e non ti voglia bene. Sei circondato da persone che ti amano, solo devi permetterti di vederlo.”

Sherlock ascoltò il discorso del fratello in silenzio, pesando ogni parola e valutandola da più punti di vista. Infine, quasi facendo violenza su se stesso, mormorò.

“Perché? Mycroft … perché fai tutto questo … per me?”

Faticava a credere che suo fratello, dopo tutti i guai che gli aveva procurato, volesse davvero fare tutto ciò che per lui.

Di nuovo il silenzio, stavolta però pieno di parole inespresse, di sentimenti che aleggiavano nell'aria come i fiocchi di neve che lentamente avevano cominciato a scendere in giardino, leggeri e candidi contro il cielo grigio di Londra.

Mycroft chiuse gli occhi e sogghignò, come se la risposta fosse ovvia.

Perché sei mio fratello, perché ti voglio bene e ti proteggerò sempre, qualsiasi cosa accada, contro chiunque, anche contro me stesso; perché abbiamo condiviso così tanto e perché non sarei chi sono se non fosse stato per te, che in questi anni mi hai spronato a dare il massimo, anche e soprattutto senza rendertene conto; perché sono tuo fratello e so che anche tu mi vuoi bene, anche se non lo dimostri mai apertamente, perché vuoi attirare la mia attenzione nei modi più stupidi, come mandare a monte un'operazione governativa, e anche questo ti rende speciale; perché sei Sherlock, sei il mio fratellino e voglio solo essere felice, con te, come un tempo, come quando eravamo piccoli e ti raccontavo le storie di pirati per farti addormentare, quando giocavamo fuori in giardino fino al buio, quando tornavi a casa in lacrime perché il bullo di turno ti aveva spinto sulla ghiaia, quando mi consolavi perché mi chiamavano ciccione e mi dicevi che erano loro che avevano il grasso nel cervello, quando mangiavamo di nascosto i biscotti che compravo solo per noi al supermercato, tornando a casa da scuola, quando facevamo insieme le cose, come una squadra, complici, uniti contro il resto del mondo.

“Perché non vorrei che facessi bruciare il risotto.”

   
 
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