ERA MIO PADRE
1
Trunks si svegliò di soprassalto: sempre lo
stesso incubo, che puntuale veniva a fargli visita nelle notti più buie, quelle
in cui perfino la luna si scordava di risplendere, inondando tutto con la sua
luce.
Il
giovane sayan si alzò a mezzo busto, si asciugò con
il dorso della mano il lieve sudore depositatosi sulla sua fronte.
Distrattamente,
dopo essere riuscito ad adattare gli occhi al buio pesto che circondava la
stanza, guardò l’ora sull’orologio digitale posato sul comodino accanto al
letto: le quattro.
Si
alzò stiracchiandosi ed in pochi passi si ritrovò davanti la finestra, il
paesaggio desolato che si stagliò dinnanzi ai suoi occhi -palazzi distrutti,
lampioni piegati a metà senza più riuscire ad illuminare la strada- non lo
colpì,non più.
Anche
alla desolazione, alla lunga ci si poteva adattare…gli
occhi azzurri di Truks non si sgranavo più per lo
stupore di tanta miseria, ormai erano solo colmi di tanta tristezza, una
tristezza che forse non se ne sarebbe andata mai più…lasciando
sulle sue iridi un velo.
Scosse
sconsolatamente il capo cercando di allontanare le scene raccapriccianti del
sogno, ma era così difficile: come poteva rimuovere la faccia straziata dal
dolore di sua madre?Aveva già perso tutti quelli che amava, non poteva
sopportare l’eventualità di poter continuare a vivere anche senza la figura
materna, l’unico faro della sua vita.
L’unico
appiglio che lo teneva legato ad un passato di cui non ricordava nulla, ma che
sapeva esistere…un passato che era stato più roseo
rispetto al presente, e che accoglieva la vita del genitore che non aveva mai conosciuto…un padre che viveva solo nel suo mondo fatto di
immaginazione e attraverso i racconti che sua madre era solita narrargli quando
era piccolo, seduta sul suo letto aspettando che il bimbo prendesse sonno.
Qualcosa
vibrò all’interno del suo cuore, era sempre la stessa sensazione; oramai la
conosceva bene…era un misto di rabbia, malinconia ma
soprattutto sconfitta.
Troppe
volte era sceso in strada, la sua fidata spada infilata nel fodero ben saldo
sulla schiena, con l’intento di studiare le mosse dei cyborg e coglierli alla
sprovvista: unico obbiettivo quello di eliminarli e riportare finalmente la
pace, in un mondo che aveva visto paura e sofferenza per troppo a lungo.
Ma
l’esito dei suoi piani era sempre lo stesso: veniva battuto; sanguinante
tornava a casa, lacerato dal dolore
delle profonde ferite riportate perdeva i sensi.
L’espressione
desolata e preoccupata di sua madre, che lo assisteva al suo capezzale, aspettando
speranzosa che il figlio si rimettesse in sesto, fu la sola cosa che riuscì a
tenerlo lontano dal riaffrontarli ancora e ancora una volta.
Non
poteva sopportare di essere lui la causa della frustrazione che sua madre
provava in certi momenti…ricordava bene cosa le
dicevano gli occhi che aveva ereditato da lei:
“per
favore, non lasciarmi anche tu”
La
perdita di Vegeta era una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata, non
poteva lasciare che il suo sangue sayan tremasse
all’idea di riscatto tanto da spingerlo a scendere in campo con il rischio di
finire all’altro mondo, abbandonando sua madre. Sapeva perfettamente che
l’unica cosa che tanti anni prima non la indusse a lasciarsi consumare dal
tormento era stata la gravidanza, il suo arrivo che Bulma
era pronta ad accogliere nonostante questo comportasse dei sacrifici…lui
doveva ricambiarle il favore, doveva restarle accanto e occuparsi di lei.
Se
lui fosse morto, ella se ne sarebbe andata con lui.
Eppure
doveva esserci una soluzione, indurì il braccio chiudendo a pugno la sua mano
che vibrò leggermente per via della tensione.
Proprio
in quel momento Bulma irruppe nella sua stanza:
<<
Trunks >> lo chiamò agitata.
Il
giovane si girò per accogliere la sua interlocutrice: i capelli in disordine
erano appiccicati al suo volto a causa del sudore.
<<
Mamma, stai bene? >> le chiese preoccupato.
<<
Benissimo! >> esultò l’altra.
Trunks la scrutò interdetto, non capiva
l’esuberanza che sua madre ostentava in quel momento.
Bulma sorrise dinnanzi lo sconcerto del
figlio, senza che le sue labbra si oscurassero gli andò vicino prendendogli le
mani.
<<
Forse c’è una speranza! >>
Gli
occhi della donna brillavano, sembravano essere ancora più azzurri, la sua
pelle candida risplendeva sotto la tenue luce rossastra del primo sole: Trunks non l’aveva
mai vista tanto bella.
<<
Di che parli? >> chiese il sayan con le
sopracciglia aggrottate, confuso.
<<
E se riuscissimo a costruire una macchina del tempo? >>
Trunks socchiuse le labbra per lo stupore…forse non era poi così folle come idea.
<<
Lo so è da pazzi… >>
<<
No!>> la interuppe Trunks
serio. << Potrebbe funzionare >>
Il
sorriso di Bulma si allargò sempre di più: era
raggiante, sembrava avere dieci anni di meno.
<<
Insieme potremmo farcela! >>
Una
madre ed un figlio, abbracciati alle prime ore del giorno, legati da uno scopo comune…questa era la speranza più grande, quella che
faticava a spegnersi: la determinazione nel vedere avverato un sogno.