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Autore: yelle    01/02/2005    4 recensioni
"Cosa credi che faccia ogni domenica mentre ti guardo impegnarti per vincere ogni volta? Penso a quell’angelo e a quel diavolo che convivono in ogni circuito, e prego… prego che sia l’angelo a sorriderti, prego che tu possa tornare a casa sano e salvo, e che continui ad essere felice, senza dovertene mai pentire!"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime come perle le illuminavano il volto. Scendevano lentamente sulle sue gote soffermandosi un attimo agli angoli della bocca prima di cadere e morire sulle sue ginocchia nude. Il viso era chinato, ma conoscevo bene i suoi lineamenti morbidi e delicati che rendevano belli quei suoi sorrisi tristi che tanto amavo. Quando alzò la testa e vidi le sue guance bagnate, mi innamorai di lei per la seconda volta nella mia vita.
Mi avvicinai a lei, cauto…lei sentì i miei passi e si voltò, donandomi il suo sguardo triste.
- Rei… - sussurrò sommessamente – abbracciami…- il tono era supplichevole. - Oh, Rei… non mi lascerai mai sola, vero?-
- No, Kira. Non ci riuscirei, lo sai –
La sua mano arrivò ad accarezzarmi la schiena, mentre le mie le accarezzavano i capelli. Uno strano silenzio calò su di noi: qualcosa non andava.
- Kira…-la guardai – cosa c’è?- Un muro di silenzio si alzò tra di noi prima che lei mi rispondesse: - Sono incinta .-
Ancora il silenzio calò dopo questa rivelazione, ma questa volta era carico di tensione. Kira era incinta. Incinta. Mia moglie aspettava un bambino NOI aspettavamo un bambino! Avevo la mente svuotata, non riuscivo a pensare ad altro che al bambino di cui ero improvvisamente appena venuto a conoscenza. Era stato un colpo inaspettato che mi aveva stordito, mi aveva tolto lucidità. Continuai a guardarla con uno sguardo che, capii, la spaventava. Cercai di dire qualcosa per rompere quel silenzio, ma non ci riuscii. Ci pensò Kira ad annullare quella tensione che si era creata tra di noi. Mi prese una mano e la appoggiò sulla sua pancia. In quello stesso istante mi sentii pervaso da un’ondata di calma e serenità. Lei continuava a guardarmi, ansiosa e preoccupata, in attesa di una mia reazione che le fosse facile comprendere. Le sorrisi, semplicemente. La presi in braccio e insieme tornammo a casa.

Il turbamento iniziò quella sera, mentre Kira era fuori a far la spesa. Un figlio. Mia moglie aspettava un bambino… Era normale che marito e moglie desiderassero un’eredità genetica, ma questo figlio era arrivato inaspettatamente, ed io non ero pronto ad un tale passo. Quando tornò, Kira vide il mio sguardo perso che rifletteva i miei pensieri.
- Rei…a cosa stavi pensando?- chiese preoccupata.
- A noi…al bambino…alla nostra vita…-
Lo sguardo di mia moglie era sempre più preoccupato. – Cosa intendi dire?-
- E’ chiaro cosa intendo, no? Insomma, che vita faremo noi tre?- stavo dando sfogo alle mie preoccupazioni - Io sono appena maggiorenne, e il mio lavoro non garantisce molto…- - Garantisce la felicità! – Era la prima volta che vedevo Kira scaldarsi così tanto – Di cosa hai paura, Rei? -
Strinsi la testa tra le mani…non sapevo cosa pensare, cosa dire… - Non ho paura! – sbottai – Mi sto solo preoccupando -
- Ma non delle cose giuste! – mi interruppe, ormai preda di un attacco d’ira.
La guardai stralunato – Le cose giuste? Quali sarebbero? La felicità che provo mentre corro? Ma lo sai che ogni volta che provo quella felicità penso anche che non potrei provarla più? Che potrei non tornare più a casa? -
Lei mi si avvicinò e mi accarezzò la guancia con la mano, lo sguardo afflitto: - Cosa credi che faccia ogni domenica mentre ti guardo impegnarti per vincere ogni volta? Penso a quell’angelo e a quel diavolo che convivono in ogni circuito…e prego…prego che sia l’angelo a sorriderti, prego che tu possa tornare a casa sano e salvo, e che continui ad essere felice, senza dovertene mai pentire! Ma se questo bambino – e nel dirlo spostò la sua mano dalla mia guancia alla sua pancia – se questo bambino per te è solo un peso, allora ho pregato per niente – concluse delusa.
Lasciandomi amareggiato e contrito se ne andò sbattendo la porta. Era la prima volta che lo faceva da quando ci conoscevamo. Ormai era diventata la Kira adulta che tanto era stata repressa. Ancora timida e impacciata, tra noi due si dimostrava invece come la più forte.
Mi alzai dal divano con l’idea di farmi una doccia, ma quando vidi le chiavi della mia Ducati mi venne un’irrefrenabile voglia di fare un giro in moto.
Pochi minuti dopo ero in strada. La mia moto correva sotto di me a 120 Km/h, ma ero solo all’inizio. Sentivo l’aria sferzarmi la maglietta: volevo correre sempre più veloce, correre e lasciarmi dietro i pensieri che mi affollavano il cervello. La moto rispondeva ad ogni mio minimo tocco: ora ero a 160, poi 180, 200… correvo come impazzito per le strade buie, male illuminate dalla luce artificiale.
Passai diverse volte con il semaforo rosso e più di una volta schivai per pura fortuna qualche passante ubriaco che attraversava la strada senza riguardarsi degli altri. Cercai di calmarmi e continuai a vagare senza meta per ore. Alla fine presi la direzione di casa, triste e stanco. D’improvviso vidi una figura umana attraversare la strada, ma ormai la stanchezza aveva offuscato la mia lucidità. La mia mente non rispondeva all’impulso di evitare quella figura. Sterzai all’ultimo momento, ma ormai era troppo tardi: colpii in pieno il malcapitato. Mentre ero ancora steso a terra udii le ruote di una macchina avvicinarsi: voltandomi ne vidi i fari farsi sempre più vicini. Cercai di alzarmi, ma la botta mi aveva intontito e il mio corpo non ne volle sapere: pochi secondi prima dell’impatto ebbi la certezza assoluta che la vettura non avrebbe frenato.
   
 
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