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Autore: ladyRahl    20/12/2014    0 recensioni
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e che forse porterà via Watson dalla vita di Holmes. Un fratello a cui è impossibile credere. La tempesta interiore di Sherlock che forse lo porterà di nuovo ad avvicinarsi al distruttivo mondo della droga.
Tratto dalla 2x21 della serie.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Joan Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Watson, non ho rispettato la tua privacy. Ti faccio le mie scuse. Per favore, sappi che io ti apprezzo non solo per i tanti benefici che hai portato nella mia vita: io ti apprezzo come persona"
"Sei gentile. Veramente. Ma le tue scuse arrivano sempre dopo che hai ottenuto quello che volevi"

Elementary - 2x21

Il fuoco scoppiettava nel caminetto vicino alla poltrona sui cui l'uomo sedeva. Era l'unico rumore che da ormai venti minuti interrompeva il pesante silenzio calato nella stanza dopo che Watson era uscita.
Sherlock era immobile, come se le ultime parole della donna gli avessero sferzato una coltellata al cuore. Lo sguardo fisso nel vuoto. Fuori la calma più assoluta, dentro di lui l'inferno.

Aveva esagerato? Forse, ma aveva le sue buone ragioni.
Conosceva troppo bene Mycroft. Per anni si erano parlati a malapena e, anche dopo la ricomparsa nella sua vita, dubitava fortemente che il suo atteggiamento pigro, superficiale e approfittatore fossero completamente scomparsi.
Watson sembrava così indifesa, così cieca di fronte all'uomo che aveva davanti. Stava per essere trascinata in un vortice d'inganni e non se ne rendeva conto. Non sapeva nulla di lui.
No, Sherlock non aveva pensato per un solo secondo che il fratello provasse davvero dei sentimenti per lei. Il suo intento era chiaro: voleva rovinargli la vita, voleva rompere quel delicato equilibrio che era riuscito a stabilire in due anni di convivenza con Joan. Il perché, purtroppo, non rientrava ancora nelle sue conoscenze. Era certo che ci fosse sotto qualcosa.

Eppure lei l'aveva presa male.
Già più volte avevano passato momenti grigi, soprattutto a causa delle incomprensioni che nascevano a causa dei loro diversi caratteri. Quella volta, però, quella maledettissima volta aveva un non so ché di definitivo. E questo lo spaventava a morte.
Vedere la porta chiudersi alle spalle di Watson era stato come vedere chiudersi anche il capitolo della sua vita con lei.
Qualcosa in lui gli suggeriva che presto si sarebbe allontanata da lui. Per sempre.

Le voci dentro di lui continuavano a torturalo.
Era colpa sua. In quei due anni era cambiato, ma non abbastanza.
Provò a convincersi che aveva fatto il possibile, che aveva fatto di tutto per diventare un po' più simile a quel mare di persone là fuori così diverse da lui.
In un certo senso non l'aveva fatto solo per se stesso. L'aveva fatto per Watson. Ogni volta che era vicino ad una ricaduta pensava a lei, a quanto ne sarebbe stata delusa, e questo riusciva a persuaderlo dal fare di nuovo un passo falso.
Era amore quello? Forse, non ne era sicuro. Ciò di cui era certo, però, era che quel manipolatore di Mycroft aveva in mente qualcosa che avrebbe rovinato la sua vita e, sicuramente, anche quella di Watson.

Watson…ormai aveva perso anche lei.
Gli venne improvvisamente in mente una canzone che aveva sentito tempo fa alla radio. Una canzone che aveva da subito giudicato banale, da teenager in crisi d'amore, ma le sue frasi, semplici e concise, erano l'unica cosa che effettivamente si avvicinava alla sua tempesta interiore. Le stranezze del destino.


"I know what I'm thinking
But the words won't come out"

Era maledettamente vero.
Non riusciva a dare voce a ciò che aveva dentro. Aveva sempre pensato che un silenzio significava più di mille parole, ma evidentemente per gli altri esseri umani non era così.
Loro avevano bisogno di parlare, parlare e parlare. Si stordivano a vicenda facendo a gara a chi diceva più banalità. Ridicoli.
Lui si era impegnato a fondo, aveva cercato di conformarsi almeno un poco a questi assurdi atteggiamenti, ma ci sono aspetti di una persona che non si possono cambiare. Era così e basta.
Non è che non volesse: non ci riusciva proprio.
Pensava che Joan avesse accettato quella parte di lui e invece era ancora vittima della mentalità della maggioranza.
Aveva provato a dirle quanto le volesse bene, quanto fosse importante per lei, quanto lei contasse per la sua vita, in ogni sua aspetto. Anche quella sera era stato difficile costringere il suo animo a scusarsi apertamente con lei, anche se lo voleva con tutto il cuore. Ogni volta, però, era una fatica immensa. Perché lei non lo capiva? Perché?

"And baby I would look into your eyes
And maybe you would finally realize
Words are just words anyway"

Oh no. Di nuovo quella sensazione.
Il groppo alla gola cominciò a salire fino a quasi farlo soffocare. Gli mancava l'aria. Il cuore cominciò a battere all'impazzata. La sua coscienza, il suo passato, i suoi errori cominciarono a prenderlo a pugni nello stomaco. La vista gli si annebbiò e quel grosso macigno che era la sua vita gli crollò con le sue enormi tonnellate sulle spalle per farlo inginocchiare davanti al destino, davanti alla realtà dei fatti.
Aveva fallito di nuovo. Ormai ne era sicuro, era colpa sua. Era riuscito di nuovo ad allontanare l'unica persona che aveva creduto in lui. L'aveva delusa.

Sapeva come fuggire da quella situazione. Sapeva benissimo come fare. La droga non l'aveva mai abbandonato, a differenza delle altre persone. Era sempre rimasta in disparte, aspettando il ritorno del figliol prodigo, pronta a perdonarlo nonostante la sua lunga assenza, il suo tradimento.
Tirò fuori dalla tasca quel mucchietto di piccoli biglietti da visita con uno strano viso stilizzato stampato sopra. Sul retro, una serie di numeri di telefono, i recapiti di coloro che gli avrebbero fornito l'aiuto necessario, il salvagente a cui si sarebbe di nuovo aggrappato, noncurante dei pericoli che avrebbe corso. Tanto che importava? 

Si alzò improvvisamente dalla poltrona e andò verso la libreria. Salì un paio di gradini della scaletta e prese da uno dei ripiani "A Library of Poetry and Songs" di un certo Bryant, un libro piuttosto datato ma ben tenuto, con una copertina di pelle a scritte oro. Lo aprì e al suo interno si rivelò un incavo nascosto, intagliato tra le pagine centrali. Vi pose dentro il mucchietto di bigliettini da visita e lo richiuse, rimanendo per alcuni, infiniti secondi come impietrito a fissare l'oblio davanti a lui che nessuno poteva comprendere, nessuno poteva capire.

Presto sarebbe riuscito a mettere a tacere quelle sensazioni ancora una volta, anche se solo temporaneamente.
La vita gli era sfuggita di mano un'altra volta, ma lui era fatto così.
Mi dispiace, Watson. Mi dispiace da morire.

"If eyes could speak,
I wouldn't have to talk"




Ciao a tutti!
Ho deciso di scrivere un'altra fan fiction incentrata sui sentimenti di Sherlock.
Il testo della canzone che cito è "If Eyes Could Speak" di Devon Werkheiser che tanto mi ha ricordato il rapporto tra Sherlock e Joan!
Come già annunciato nella descrizione ho preso spunto dalla 2x21, uscita una settimana fa, per cui questo racconto non tiene conto di quello che succederà nella prossima puntata, che andrà in onda per la prima volta in Italia proprio stasera.
Come sempre sono ben accette critiche e suggerimenti :)
Buona lettura!

  
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