YOU
KIDS NEED ANYTHING?
Si
erano
dati appuntamento per quel pomeriggio, come di consueto ormai da una
settimana,
con lo scopo di continuare il loro ripasso in vista
dell’esame di ammissione
all’università.
Meno
male
che la sua ragazza era una delle studentesse più brave di
tutta la scuola,
altrimenti uno zuccone come lui non sarebbe arrivato nemmeno ad essere
ammesso
alla terza liceo!
Si
chiedeva
come aveva fatto ad attirare la sua attenzione.
Insomma,
Nami poteva avere qualsiasi ragazzo volesse, perché oltre
che intelligente era
anche straordinariamente bella.
Dunque
perché non scegliere Sanji, il galante biondo che trattava
le donne con savoir
faire, oppure Law, il sexy aspirante chirurgo ricco da fare schifo?
Non
lo aveva
mai capito, eppure Nami aveva sempre e solo voluto lui, il ragazzo del
club di
kendo figlio di una famiglia normale.
Non
che gli
dispiacesse, al contrario era felice di poter avere una fidanzata del
genere.
Richiedeva
tante attenzioni, perché era una che voleva essere viziata
in tutto e per
tutto, ma sapeva anche dare in cambio quando il suo animo generoso
sbucava
fuori da tutto quell’egocentrismo.
Quando
aveva
saputo dei suoi pessimi voti che pregiudicavano l’ammissione
all’università, si
era infuriata come una belva.
Più
che per
la sua stessa istruzione personale, era evidente che fosse preoccupata
di
un’eventuale separazione.
Se
non fosse
andato all’università, il loro tempo per stare
insieme si sarebbe ridotto
drasticamente.
Onestamente,
a lui non importava molto di andarci o no, tanto ciò che
voleva fare nella vita
lo aveva ben chiaro da sempre: sarebbe diventato un maestro di kendo
come suo
padre.
Però
non se
la sentiva di deluderla così, la amava troppo quella
“mocciosa”.
Così
aveva
accettato la sua proposta di ripassare insieme per gli esami,
utilizzando il
loro tempo insieme per studiare.
Non
era di
certo allettante, ma le pause fra un ripasso e l’altro erano
molto piacevoli.
Lui
faceva
il bravo e mostrava impegno, e lei lo ricambiava con qualcosa di
più piccante.
Entrambi
i suoi
genitori lavoravano fino a tardo pomeriggio, quindi aveva la fortuna di
poter
disporre sempre di casa vuota, al contrario di Nami che invece si
ritrovava
sempre fra i piedi quell’impicciona di sua sorella maggiore e
suo padre, un
uomo che aveva il modo di fare tipico di un generale.
Se
lo avesse
scoperto mentre godeva delle grazie di sua figlia, il giorno dopo ci
sarebbe
stata una nuova tomba al cimitero.
Perciò
ogni
pomeriggio, finite le lezioni, andavano dritti a casa sua e si
chiudevano in
camera; studiavano un po’ e poi si concedevano una
“pausa”, il tutto cercando
di far combaciare gli orari di rientro dei suoi genitori.
Non
che
temesse di essere ripreso perché a diciotto anni aveva dei
bisogni ormonali, ma
sarebbe comunque stato imbarazzante vedersi piombare in camera sua
madre o suo
padre mentre era intento a “consumare” con la sua
ragazza.
Forse
suo
padre lo avrebbe liquidato con un “chiudi la porta se devi
fare certe cose”,
andandosene come se nulla fosse, ma sua madre si sarebbe subito
preoccupata di
non avere nipoti prima del previsto.
Quel
giorno
non era stato diverso dagli altri.
Usciti
da
scuola si erano recati subito da lui, avevano consumato un pasto veloce
e poi
si erano chiusi subito in camera.
Unica
pecca:
era sabato.
Il
sabato
era giorno di festa, perciò i suoi genitori, come tutti,
erano esenti dal
lavoro.
Ne
conseguiva che la casa non sarebbe stata vuota.
Se
si erano
trovati in imbarazzo a pranzare allo stesso tavolo, figuriamoci nel
sapere di
poter essere “controllati”.
Non
che
avesse timore di questo; conosceva bene i suoi genitori e sapeva che
non erano
tipi invadenti o troppo apprensivi.
Era
Nami
quella a non sentirsi tranquilla, nonostante avessero fatto di tutto
per
metterla a suo agio.
Per
tutto il
pomeriggio non aveva fatto altro che rimanere seria e concentrata sui
libri,
come una vera maestrina, e ogni volta che lui tentava di avere un
approccio per
farle capire che era arrivato il momento di una
“pausa”, lei si discostava
subito e lo ammoniva.
-
Zoro! Siamo qui per studiare, vedi di
concentrarti!- continuava a ripetergli.
Dopo
un’ora
e mezza di rifiuti, sospiri e continui tentativi di persuasione, era
finalmente
riuscito a farla cedere.
Non
che si
fosse convinta, probabilmente l’aveva esasperata a tal punto
da costringerla ad
assecondarlo.
E
ora si
trovavano sul suo letto, con solo la biancheria a coprire le ultime
parti dei
loro corpi che non esponevano all’aria la pelle nuda,
baciandosi e toccandosi
in posti troppo intimi.
Ansimavano,
attorcigliando le loro lingue in una danza peccaminosa dai poteri
antichi,
capace di risvegliare la passione che solo l’amore
è in grado di generare.
Le
passò le
mani lungo tutto il corpo, dalle spalle ai fianchi, passando per le
cosce,
godendosi la morbidezza di quelle pelle diafana scalfita solo
dall’inchiostro
blu di un tatuaggio che spiccava sulla sua spalla sinistra.
Ne
conosceva
bene l’importanza, per questo non tralasciava mai di passarci
sopra più e più
volte con carezze e baci, desideroso di trasmetterle tutto il suo
rispetto.
Rispetto
per
quel padre che l’aveva cresciuta come se fosse davvero sua,
rispetto per quella
madre (anch’essa adottiva) che ormai non c’era
più.
L’attirò
maggiormente a sé, facendola sedere a cavalcioni su di lui e
strusciando la
patta dei boxer contro le sue mutandine già umide dei primi
umori.
-Fa piano, Zoro…-
ansimò, accarezzandogli
la testa scompigliata - Non voglio che i
tuoi ci sentano…-
-
Tranquilla, saranno occupati a fare altro al
piano di sotto- cercò di rassicurarla.
-
E se venissero di sopra? Non sarebbe meglio
chiudere a chiave?-
-
Se chiudiamo poi si insospettiranno sul
serio. Te l’ho detto, non c’è da
preoccuparsi-
Tornò
a
concentrarsi sul suo corpo perfetto, succhiandole la parte di seno che
usciva
dalla coppa dell’intimo.
Sentì
la sua
piccola mano posarsi sul suo membro gonfio, accarezzandolo da sopra la
stoffa.
Si
stava
finalmente rilassando, e questo era un ottimo segno.
Audacemente,
le infilò due dita all’interno
dell’elastico delle mutandine, iniziando a
torturarla in quello che era il punto più sensibile.
Piccoli
gemiti, malamente soffocati, iniziarono poco a poco a riempire la
stanza, che
di per sé non era di notevoli dimensioni.
L’eco
risuonava nelle pareti, sempre più forte man mano che la
loro intensità
aumentava.
Fu
un altro suono
a coprire quelli.
Il
rumore
metallico di una maniglia che scattava veloce, come altrettanto veloce
era la
porta stessa che andava aprendosi.
La
figura
statuaria di Mihawk comparve sulla soglia, imponente come un Dio che
arriva per
dare il suo ultimo giudizio.
Non
era
cattivo, ma il suo aspetto fisico forgiato da anni di kendo non
rispecchiava
esattamente la sua parte loquace.
Restò
immobile con ancora la maniglia stretta nella mano, fissando la scena
con quei
suoi occhi dalla forma allungata e dall’insolito colore
giallastro che
avrebbero messo paura anche al più coraggioso degli uomini.
-
Papà!-
esclamò, sgranando gli occhi per
lo stupore e arrossendo per l’imbarazzo.
Nami
si
staccò velocemente da lui, afferrando il lenzuolo e
tirandoselo su fino a
coprire alla bene e meglio il seno.
Non
che
servisse a sistemare la situazione, ma un po’ di
dignità non guastava.
Entrambi
lo
fissavano rossi in volto con gli occhi sgranati, sudando freddo e
deglutendo
sonoramente.
Si
aspettavano una lavata di capo, che però non
arrivò.
Mihawk
continuava a fissarli impassibile, quasi come se non si rendesse
nemmeno conto
di ciò che stava accadendo.
Poi,
improvvisamente, il suo volto si rilassò in un sorriso
appena abbozzato.
-
Avete bisogno di qualcosa, ragazzi? Qualche
stuzzichino? O magari un preservativo?- chiese con molta
naturalezza, anche
se le ultime parole le pronunciò con il labbro tremolante,
segno che stava
cercando di trattenere una risatina maliziosa.
Nessuno
dei
due fu in grado di rispondere: Nami si sprofondò lentamente
nel materasso,
cercando di scomparire da quel luogo che era diventato un incubo,
mentre lui si
limitò a spalmarsi con forza una mano sul volto.
L’imbarazzo
aveva raggiunto livelli storici, e prima che quella storia fosse stata
dimenticata da tutti sarebbero passati secoli.
Come
era
venuto, suo padre se ne andò, chiudendosi la porta alle
spalle e lasciando
dietro di sé solo silenzio.
-
Merda…- riuscì
solo a dire, dopo istanti
che sembravano interminabili.
Anche
se gli
costava ammetterlo, Nami aveva ragione: non era il caso di farlo mentre
i suoi
erano in casa.
Certo
che
anche loro, però, potevano bussare?!
Suo
padre
soprattutto, che era sempre stato meno invadente di sua madre!
Incrociò
lo
sguardo con quello di Nami, ma i suoi occhi erano nascosti dalla
frangia che le
ricadeva davanti creando un’ombra sinistra.
Stringeva
spasmodicamente il lenzuolo con il quale si era coperta, le mani
leggermente
tremanti.
-
Tutto ok? Vedrai che domani se ne
sarà già
scordato!- cercò di consolarla, anche se nemmeno
lui credeva troppo alle
sue stesse parole.
Non
ricevette risposta.
Solo
allora
si accorse che anche la sua mascella stava tremando proprio come le
mani.
E
quello non
era per niente un buon segno.
Aveva
imparato a capire ogni suo sguardo e ogni sua reazione in quei tre anni
insieme, e sapeva esattamente cosa aspettarsi.
Indietreggiò
leggermente con il busto, nel vano tentativo di allontanarsi.
Se
non fosse
uscito da quella stanza in due nanosecondi, l’indomani non
avrebbe visto il
sole sorgere.
Suo
padre, a
confronto, era meno inquietante.
-
N-Nami…- cercò
di parlare, ma non
trovava scuse per giustificarsi.
-
Zoro…- la
sentì borbottare, quasi in un
ringhio soffocato, con tono apatico ma tagliente.
In
quel
momento desiderò con tutto se stesso che suo padre tornasse
a chiedergli se
avevano bisogno di qualcosa.
Perché
adesso aveva davvero bisogno di qualcosa.
Ma
di certo
nessuno li avrebbe più disturbati, sapendo che si stavano
dedicando ad
“attività intense”.
Se
al piano
di sotto fossero giunti rumori molesti di un letto che sbatteva, si
sarebbero
limitati a pensare che ci stavano dando dentro alla grande come due
ragazzi
della loro età in piena escandescenza ormonale.
La
sua vita
era in pericolo, ma nessuno sarebbe accorso.
Sì,
aveva
decisamente bisogno di qualcosa adesso.
Di
un
miracolo.
ANGOLO DELL’AUTORE
E
dopo
questa cavolata scomparirò come sono ricomparsa! Non ho
resistito alla
tentazione di fare una shot ironica dopo aver visto
l’immagine che ho allegato!
Una shot che solo la destinataria poteva apprezzare più di
chiunque altro!
Questa dunque è tutta per te bella donna, oltre alla Boa x
Mihawk ci voleva una
bella Zonami e per di più AU, genere del quale tu sei la
regina indiscussa del
fandom! Spero ti piaccia, visto che sei stata tu a farmi vedere Mihawk
come
padre di Zoro! Grazie di cuore e ancora
AUGURONI
per il tuo compleanno!
E ricordati
sempre che…FOTTESEGA AMICO! ;)
Per tutti
gli altri, spero che vi sia piaciuta e vi auguro BUONE FESTE dal
momento che
non credo aggiornerò prima dell’anno prossimo!
Bacioni
Place