Autore (su EFP e sul forum): Kamy
su efp, Msp17 sul forum
Titolo storia: Anche gli eroi hanno diritto di sanguinare.
Fandom: Superman (DC)
Rating: Arancione
Genere: Apocalittico, triste, introspettivo
Avvertimenti: What if
Note autore (eventuali): Post-film
di
Superman. Un futuro apocalittico dominato da Lex Luthor e dai suoi
robot.
Disclaimer (in caso di utilizzo di citazioni, canzoni e quant'altro non
sia
frutto della vostra immaginazione): Il titolo della canzone
è un brano della
canzone Superman dei Five for Fighting
Anche
gli eroi hanno diritto di sanguinare
Clark
appoggiò la mano sullo specchio, osservando la
metà del suo viso totalmente fatta di metallo. Sentiva il
cigolare delle sue
giunture e dal suo occhio meccanico si dipartiva un raggio laser
che
creava l’effetto di un’iride rossa luminescente.
Dalle fessure sul soffitto
entrava del vento che gli faceva ondeggiare il ciuffo nero
facendoglielo
sbattere
ripetutamente contro la pelle abbronzata.
Si
voltò, mentre la porta metallica si apriva
con un cigolio seguito da dei passi.
“Signore,
sono qui per il rapporto” disse Freccia
Verde.
“Dimmi”
rispose Kal El con voce roca, avanzò di
qualche passo. Superò un tavolino su cui erano appoggiati
una radio impolverata
e una maschera di Batman in frantumi.
Arrow
si sollevò la fascia della faretra e si tolse
il cappuccio verde che gli copriva il viso.
“Le
comunicazioni continuano a essere disturbate. Ed
è andato perso l’ultimo supermercato di questa
zona. Non possiamo continuare a
tenere i civili qui. Dobbiamo spostarci nuovamente”. Fece il
punto della
situazione. Congiunse i talloni e rizzò la schiena,
socchiudendo gli occhi e
indurendo lo sguardo. Clark raggiunse la teca di vetro contenente la
sua tuta,
totalmente nera, ed il suo occhio umano osservò la s rosso
sangue stampata
all’altezza del petto. Oliver rabbrividì sentendo
il rumore proveniente dalle
giunture dell’alieno e quello prodotto dal suo occhio bionico.
“Mi
stai chiedendo di abbandonare i feriti o i
bambini? Molti non possono camminare, indeboliti come sono”
rispose Clark
alzando la voce.
“Io
dico solo che, continuando così, saranno uccisi
tutti. Ci sono solo due scelte: andarsene o morire”
ribatté Freccia Verde.
Kent
si tolse la maglietta nera con il simbolo
argentato della s e la lasciò cadere per terra. Oliver
indietreggiò vedendo i tentacoli di
metallo che partivano dalla pelle della sua schiena e
abbassò lo sguardo. La
luce candida della kriptonite bianca incastonata al posto del cuore nel
petto
di Kent si rifletteva sul vetro della teca. Clark finì di
spogliarsi, aprì la
teca e prese la propria tuta. La indossò, si
abbassò e mise anche gli
scarponcini rosso sangue. Si voltò facendo ondeggiare il
mantello nero e Arrow
rialzò lo sguardo.
“Quasi
tutti i membri della nostra squadra sono
morti, ma l’hanno fatto in nome di un ideale. Noi
rappresentavamo la giustizia”
ribatté. Arrow annuì, gli diede le spalle e si
avviò verso la porta. Si fermò
davanti all’uscio, estrasse una fiaschetta da sotto la maglia
e se la portò
alle labbra, la stappò con i denti e prese una sorsata del
liquido. Lo
sentì raschiare la
gola ed espirò, un rivolo di liquore gli colò
lungo il mento ricoperto da un
principio di barba incolta.
“Voglio
solo che lei si ricordi che tutto questo è
opera di un suo vecchio amico. Se lei avesse ucciso Luthor quando ne
aveva
avuto la possibilità…”
sussurrò con voce rauca.
“Fuori!”
gridò Clark.
“Sissignore”
borbottò Arrow. Si richiuse la porta
metallica alle spalle con un tonfo. Clark si mise a gridare,
tirò un
pugno alla teca di vetro e la mandò in pezzi. Alcuni
frammenti gli
si conficcarono nella mano, il sangue schizzò
tutt’intorno e grossi rivoli
caldi precipitarono sul pavimento creando una pozza scura. La vecchia
lampadina
sopra di lui lampeggiò e le falene appoggiate sopra di essa
spiccarono il volo,
girandole intorno e battendo furiosamente le ali. Il kriptoniano
gettò indietro
la testa facendo ondeggiare i capelli neri lunghi fino alle sue spalle
e con un
raggio laser dall’occhio normale le incenerì. Le
carcasse annerite caddero a
terra, da esse si alzavano dei rivoletti di fumo scuro.
“Lex!
Eri il mio migliore amico! Dicevi che ero io
ad averti voltato le spalle!” gridò Kal El.
Strinse i pugni con forza e cadde
in ginocchio con le gambe aperte. Il tonfo fece tremare le pareti e,
nei punti
in cui aveva colpito con le ginocchia, si crearono delle ragnatele di
crepe
nelle mattonelle. Boccheggiò, il sudore gli colò
sul viso fino al suo mento
prominente e spigoloso. Abbassò lo sguardo fino a guardare
diritta la maschera
distrutta.
“Tu
cosa avresti fatto al mio posto?! Eh?!” gridò.
Abbassò il capo ed espirò rumorosamente dalle
narici, sentì l’occhio umano
pizzicare e una lacrima gli rigò il viso mischiandosi al
sudore.
“Che
cosa avresti fatto, Bruce?” domandò.
Il
corpo del Cavaliere Oscuro era per metà immerso nella
pozzanghera, la pioggia
continuava a cadere sul suo cadavere scivolando sulla sua tuta nera. I
suoi
occhi vitrei erano bianchi e sgranati, la testa ricadeva di lato con il
collo
spezzato. Un robot teneva stretto il mantello strappato di Batman con
una mano.
La pioggia ticchettava sul suo corpo metallico, scivolando tra i denti
quadrangolari della bocca socchiusa e tra i buchi delle sue giunture,
scendendo
velocemente sul suo capo ovale. Un’altra trentina di robot
uguali apparvero
dietro di lui. La luce di kriptonite verde emanata dai loro occhi
illuminava
tutt’intorno.
Clark
sentì vibrare il tavolo, si rizzò e
avanzò
ondeggiando fino ad esso. Si sporse e vide la ricetrasmittente
appoggiata
dietro la radio tremare. La afferrò delicatamente,
attivò il volume e premette
un pulsante portandosela alle labbra.
“Sì?”
domandò. Smise di premere il pulsante e si
portò l’apparecchio all’orecchio.
“Una
trentina di metallo
in arrivo, signore. Che cosa dobbiamo fare?”
domandò dall’altra parte
Lanterna Verde con voce tremante. Clark premette nuovamente il pulsante
e
spostò la ricetrasmittente.
“Iniziate
a trasferire i sopravvissuti. Vi raggiungo
subito” ribatté secco.
Tolse il dito
dall’apparecchio e se lo sistemò alla cintura in
vita. Premette un pulsante
sulla spallina dell’armatura kriptoniana, che gli teneva
fermo il mantello e la
tuta fu rivestita da uno strato di piombo alto un dito. Clark si
voltò,
raggiunse la porta a passo cadenzato e la aprì spingendola
con un colpo secco.
“Lex,
cosa hai fatto?!” gridò Clark, atterrando dinanzi
a lui.
“Proteggere
il presidente. Proteggere il presidente degli Stati Uniti
d’America.
Proteggere” ripeté meccanicamente Metallo. Il suo
arto di metallo era dentro il
corpo della donna, fuoriusciva dalla sua schiena ed era sporco di
sangue
gocciolante.
“Lei
quindi era la famigerata Wonder Woman? Una delusione”
domandò Lex Luthor. Aprì
la mano coperta da un guanto nero e la avvicinò ad alcuni
girasoli. Questi si
annerirono, marcendo, e crollarono su loro stessi. Il fenomeno si
allargò a
tutti i girasoli del campo, le foglie dei loro steli
s’ingiallirono e divennero
polvere. Clark sentì il battito cardiaco decelerare, gli
occhi gli divennero
liquidi. Il robot lasciò cadere a terra la super-eroina e si
voltò verso
Superman.
“Tranquillo.
Gli ho detto di non uccidere anche te questa volta, è un
monito” spiegò Lex.
L’abito bianco che indossava brillava, illuminando
l’ambiente circostante.
Clark
raggiunse un buco nel soffitto, si acquattò a
terra e spiccò il volo. Mise il pugno chiuso davanti a
sé e accelerò la velocità,
il mantello sventolava dietro di lui.