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Autore: were_all_dead_now    22/12/2014    1 recensioni
" [...] Nemmeno i pugni a stringere il cuscino riescono a soffocare questa sua voglia di diventare un corpo in caduta libera. Questo desiderio troppo pesante di non essere più nulla. "
Gerard, la dipendenza, e un'esistenza inesistente. (AU)
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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So che non è da me aggiornare così presto (a questo proposito mi vorrei scusare con tutti coloro che aspettano il nuovo capitolo dell'altra long), ma ne ho sentito il bisogno. Questo è il capitolo finale, prima dell'epilogo. Ringrazio chi ha letto quello precedente e chi ha seguito\preferito la storia. Mi farebbe tanto tanto piacere ricevere dei commenti. Spero di sentirvi. A presto -C. 
 



ZOLPIDEM
 
 
 

Gerard se la ride tutta. Tipo quando spolpi il pollo e arrivi dritto fino all’osso.
Gerard se la ride proprio fino allo svuotamento di ogni millimetro dei suoi polmoni anneriti.
 
Una fottuta vita. Gli sembra sia passata una cazzo di vita da quando è rimasto da solo.
Che se glielo chiedessero lui direbbe ‘beh, sono seduto in cucina da… saranno un paio di mesi?’
Sembrano decisamente un paio di mesi.
Un paio di mesi con lo stesso identico pigiama sudicio. Un paio di mesi che esce giusto quel minimo indispensabile sotto tortura. Un paio di mesi in cucina col dubbio che le mani non si siano mai scollate da quella tazza di caffè. Anche il caffè: un paio di mesi.
Se la ride proprio. Un paio di mesi che è morto, e continua ancora a chiedersi come e perché. Si può essere più palesemente idioti?
Ora gli viene proprio da pensare che grazie al cazzo che Frank se n’è andato via, appena ne ha avuto la possibilità. Chi è che vuole vivere accanto a uno che è così depresso da stare per morire da un giorno all’altro?
Insomma, è del tutto ovvio che non è proprio il top delle aspirazioni.
E a proposito di questo. Gerard ormai che è lì in procinto di-, se la prende questa ennesima pillola. È anche diventato maestro in queste piccole cose che non servono a un cazzo.
E la spedisce giù senza acqua.
 

 
Mikey a volte singhiozza nella sua camera e sta sempre attentissimo a non farsi sentire da Gerard. Per questo motivo Gerard non glielo chiede mai il perché lo sente ogni volta piangere dalla sua camera.
A dirla tutta fino in fondo, c’è anche da tenere in considerazione il fatto che Gerard poi sotto sotto lo sa perché Mikey piange.
Non è che bisogna pensarci molto.
Però è sempre una cosa bestiale sapere di avere fallito in modo così grandioso da aver trascinato nella merda anche le persone a cui vuoi bene. Che se potesse forse Gerard tornerebbe indietro e cambierebbe qualche piccola cosa solo per non dover più sentire quella specie di rantolo affannato nel pieno della notte. Perché onestamente è di un triste unico, e anche a lui viene da piangerci un poco su. Non lo sa troppo bene. È semplicemente una responsabilità enorme rovinare una vita che non è la sua.
Ma si è detto che le cose vanno fatte per bene oppure non fatte affatto.
 
Invece questo pomeriggio fa leggermente schifo, perché Gerard si sente più vuoto del solito. Se è possibile svuotare ulteriormente il vuoto.
E allora Mikey sta con lui sul suo letto e non fa alcun tipo di commento riguardo quanto gli faccia in realtà nausea starci sopra. Questo perché Mikey è davvero un fratello fantastico.
 
«Gee?»
«Uhm»
«Dimmi una cosa»
«Cosa?»
«Se tu avessi la possibilità di non nascere – non dico di morire, proprio la possibilità di tornare indietro e decidere se nascere di nuovo o no, nasceresti?»
«È una domanda del cazzo»
«Lo so»
«Però devo risponderti lo stesso, vero?»
«Sì…»
 
Sono sempre le domande del cazzo a buttarlo giù in modo grandioso.
 
«Forse io- uhm… Non lo so. Forse vorrei tipo nascere in un’altra vita. Nel senso che… in un altro posto, con altra gente. Non che voi non mi andiate bene, però- uhm. Decisamente. Vorrei solo ricominciare tutto dall’inizio e costruire tutto in modo diverso da come ho fatto quest’ultima volta…»
 
Mikey si limita a osservarlo e serrare le labbra che adesso sembrano ancora più sottili e chiare. E Gerard cosa deve dire quando gli altri non rispondono? Vorrebbe una specie di segno che gli indichi cosa fare.
 
Allora continua a parlare - «… io la vorrei una seconda possibilità»
«E chi l’ha detto che serve un’altra vita per avere una seconda possibilità?»
«Un’altra? Io non- nessuno. Insomma. Io questa ormai non ce la faccio più a viverla per bene. Basta. L’ho proprio sprecata-»
«Non dire cazzate»
«No sul serio. Non ci torno più a capo…»
 
E questo Mikey non lo regge, perché se non avesse le braccia magre avrebbe possibilmente sollevato Gerard dal letto e lo avrebbe trascinato via da quella pozza di disperazione attorno alla quale girava in continuazione.
Gli viene disperatamente da urlare che non è possibile che lui sia l’unico a vedere in Gerard tutto un fuoco di potenziale e di cose che potrebbero essere fottutamente fantastiche se solo lui non guardasse sempre in basso.
Gli viene da urlare che se proprio non vuole vivere per sé stesso, che almeno vivesse per qualsiasi altro motivo del cazzo.
E gli viene da urlare. Gli viene fortemente da supplicare. Gli viene da stringere la braccia ossute attorno al collo di quel cazzone di suo fratello e chiedergli per favore di tornare in vita.
Ché nessuno ce la dà una possibilità di tornare indietro e nascere di nuovo. La sua era solo una domanda del cazzo. E non per questo possiamo mollare la presa su tutto e lasciarci schiantare per terra.
E che anche se accade, chi l’ha detto che si deve per forza rimanere a pezzi sulla moquette?
 
Insomma. Gerard sa cavarsela a disegnare, ma a incollarsi da solo fa davvero uno schifo penoso. E Mikey gli vuole davvero bene.
Si tratta di una cosa sul serio così semplice.
Mikey gli vuole bene ma lo sa che da certe cose ne devi uscire da solo.
Gerard lo sa che nonostante tutto l’appoggio, lui ne deve uscire di sua volontà.
 
«Mikey…»
«Sì?»
«Posso dirti una cosa?»
«Sì»
«A volte quando prendo le medicine e poi mi addormento, desidero che quella sia proprio l’ultima volta in assoluto…»
 
. . .
 
Loro erano finiti in modo semplice.
Forse è questa la cosa che fa più male di tutte.
Perché quando qualcosa va male e tu litighi e stabilisci che l’hai finita lì allora è nettamente più chiaro.
È come avere questa specie di motivo a cui aggrapparti per una sorta di rassegnazione.
E invece Gerard ha qualcosa che non sa cosa sia, e però non ha più Frank.
Perché anche se non ha ben capito perché, Frank si è semplicemente allontanato e poi non si è più riavvicinato.
Nel senso che di allontanarsi tra loro era già capitato, però questa volta Gerard se l’era sentito già dal primo secondo senza Frank che era la volta buona che lui rimaneva definitivamente solo.
E difatti è solo.
Che tutto questo agire lentamente nel silenzio dovrebbe essere più facile. Frank ha sicuramente pensato così, quando ha deciso di agire. E invece no.
È come quando parli con qualcuno, poi ti giri e ti accorgi che se n’è proprio andato.
Gerard era amico di Frank ma senza saperlo Frank non era più suo amico da un pezzo.
Era tutto molto frustrante.
 
E a volte Gerard ha questo impulso di prendere il telefono e mandare un messaggio qualsiasi, giusto per vedere se è vero che le cose una volta andavano in modo diverso, e che non è lui a essere totalmente fuori di mente.
Avrebbe tantissima voglia di ricevere una risposta che gli dice che è stato solo un falso allarme e tutto può tornare come prima.
Ma Gerard queste cose non le dice a nessuno. Nemmeno a sé stesso.
 
Poi però un giorno Mikey gli dice chiaramente che così non si può mica. Che sarebbe anche il momento che Gerard togliesse quella sua testa di cazzo da sotto la sabbia e andasse a parlarci direttamente con Frank. Perché almeno uno ci prova. Mikey ha detto ‘Gerard. Almeno uno ci prova.’
Che potrebbe anche sembrare logicissimo, se non si considera il fatto che Mikey non ne sa proprio un cazzo di tutte le cose che Gerard ha detto a Frank e che Frank ha detto a Gerard quell’unica volta in cui ci hanno provato.
 
Infatti loro ci hanno anche provato, quando era arrivato il momento di doverlo fare assolutamente per forza. Insomma, quando ci dovevano proprio passare attraverso quella discussione, se volevano uscirne.
Gerard le parole le ricorda ancora con lo stesso esatto tono in cui Frank le aveva dette: piatto.
Di un piatto così assolutamente piatto da non esserci nemmeno una venatura sottile di qualsiasi emozione. Gerard si sarebbe pure accontentato di una qualsiasi emozione.
Invece Frank era un mucchio compatto di staticità. Sguardo fisso, tono fermo, quelle poche parole che sono necessarie per farti capire che Frank, con te, non vuole proprio più averci a che fare. E Gerard l’aveva capito così bene che non aveva nemmeno più così tanto da dire.
Che se un secondo prima avrebbe voluto far saltare a detonazioni il mondo, adesso si era addirittura quasi convinto da solo che – porca troia – Frank aveva chiaramente ragione.
Che anche Gerard, se non fosse stato Gerard, non avrebbe affatto voluto avere niente a che fare con sé stesso.
 
Ma Mikey questo non lo sa. Perché nessuno ha ritenuto necessario dirglielo.
Gerard a volte strizza fortissimo gli occhi quando gli tornano in mente il modo in cui lui e Frank sapevano ancora essere Gerard e Frank. Non sa mai se lo fa perché lui quei ricordi vuole solo mandarli via oppure perché ha troppa paura che loro possano andare via da lui.
E probabilmente è la seconda, perché Gerard adesso non lo sa più cosa voglia dire non aver paura di rimanere soli. Ché da lui vanno sempre tutti via. Proprio tutti.
E allora lui ci prova sempre ad aggrapparsi stretto ai ricordi di quando le cose non andavano così. E strizza forte gli occhi.
Ma non succede nulla.
 
. . .
 
«… Mikey»
«Se si tratta di farti un altro caffè oppure andare di nuovo in cucina, sappi che è un no»
«Fanculo, e comunque non è questo»
«Non ci credo che non vuoi un altro caffè»
«Infatti lo voglio, ma non è questo il punto…»
«Sono già le -» Mikey controlla l’orologio «-le undici di mattina, ed è un weekend, e tu hai preso solo du--»
«Tre»
«Mh, solo tre caffè. Signore e signori, Gerard Way si appresta a stabilire un nuovo record questa mattina»
«Mikey… lo sai che non servi ad un cazzo?»
«Giusto, ed essere così gentile con me è proprio un ottimo modo per ottenere ciò che vuoi»
Gerard si passa la mano sul viso in modo esasperato.
«Puoi per favore stare zitto e ascoltarmi per tre fottuti secondi?»
«Okay, stop. Parla»
«Okay…»
«Okay»
«Okay. Oggi vado da Frank»
«Che cazzo dici?»
«Perché, non-? Cioè… credevo fosse una buona idea. No?» Però non gli dà nemmeno il tempo di rispondere. «Oddio. No. Hai ragione. È proprio una tipica idea del cazzo. Non so cos--»
«Stai. Un secondo. Zitto.»
«Ma Mik--»
«Shhh»
«Okay»
«Okay. Allora… ricapitoliamo. Tu, oggi, vuoi davvero andare da Frank. Uhm… va bene. E come hai intenzione di farlo?»
«Volevo tipo, camminare? Camminare fino a casa sua… e poi suonare… e parlare?»
«Non-» Mikey porta una mano a grattare i capelli, poi prende un respiro profondissimo «Va bene Gee. Qualsiasi cosa tu voglia fare… ci sono per qualsiasi cosa tu voglia fare»
 
Gerard lo sapeva che era un po’ una cazzata. Perché c’erano alcuni pensieri che ogni tanto gli incasinavano la mente e che Mikey si sarebbe incazzato anche solo a sentirseli dire.
Però il senso era davvero chiaro. E Gerard si sente capace di respirare adesso che sa che c’è qualcuno che ha davvero intenzione di esserci per lui.
Pensa che farcela non è mai sembrato così probabile quanto adesso.
Però in una parte remotissima di sé, Gerard se lo aspetta in modo sicuro che questa sarà la volta buona che cade e non si rialza più.
 
. . .
 
Che comunque forse sarà colpa del fatto che negli ultimi sei mesi Gerard aveva pressappoco fatto guerra al suo corpo, con quel suo inesistente proposito di fare qualsiasi sforzo fisico, però deve ammettere di non essersi mai sentito tanto sfiancato per una camminata di un pugno di metri.
Gli sembra una cosa così strana da avere addirittura la malsana idea di tagliare un po’ la quantità di sigarette al giorno, però questo è nettamente più assurdo che andare a casa di Frank. E comunque sicuramente non accadrà in un futuro prossimo.
 
Questo lo fa anche sorridere. Perché Gerard non se lo immagina per niente un futuro prossimo. Nel senso che non è una cosa che gli appartiene. E in ogni caso Gerard non è per niente uno che appartiene a un futuro. Perché nessuna delle persone che lo conoscono lo hanno mai incluso in una delle loro fantasie sul futuro. Non per male.
È solo che Gerard, a vedersi, ha proprio la faccia di uno senza futuro.
Nemmeno quello prossimo.
 
E non arrivare al minuto successivo sarebbe anche un’ipotesi altamente plausibile, ora come ora. Perché i suoi polmoni si sono proprio fermati e si rifiutano di funzionare ancora in modo corretto. E Gerard sta lì, immobile sul marciapiede, a supplicarli di fare almeno un ultimo sforzo, solo per questa volta.
Poi del ritorno non gliene frega proprio un cazzo. A collassare sul marciapiede mentre va a casa nemmeno ci pensa.
Forse è la prima volta in questi sei mesi in cui si sente abbastanza soddisfatto di sé, per il semplice fatto che ha davvero un obbiettivo a cui tendere.
E insomma, ci vuole anche un certo coraggio nel non averne paura.
 
Però deve dire che questo coraggio non serve a molto per far ripartire il respiro.
Gerard se la prende anche un po’, perché se alza leggermente il collo riesce a vedere la finestra di camera di Frank, e non gli va per niente di rimanere bloccato in quel punto insignificante del tragitto.
È proprio tipico di Gerard fermarsi nel bel mezzo delle cose. Esattamente in questo momento lui sta esistendo in un modo troppo sbiadito per poter dire di vivere, ma anche troppo reale per poter affermare di essere morto.
Che in pratica si ferma sempre a metà di ogni marciapiede.
 
Poi però è stato fermo abbastanza da poter ripartire, e riparte in modo esatto.
Pensa anche che vorrebbe che qualcuno lo vedesse, perché uno spettacolo del genere è troppo raro per poter passare inosservato.
Ma chi vuoi che ci sia per le strade di un buco sperduto dell’America?
Vuol dire che è un ricordo che terrà tutto per il suo vanto personale. Per sentirsi sempre uno che una volta è stato addirittura quasi coraggioso. Che poi magari farà pena in tutto il resto, però ‘c’è stato quel pomeriggio in cui…’.
E allora si sente un po’ come se stesse scrivendo una pagina di storia mondiale.
 
Comunque adesso che ha praticamente quasi invaso il portico di Frank si sente sul serio un grande condottiero o un generale romano.
Poi c’è quella frazione di secondo, dopo aver suonato il campanello, in cui riesce a pensare a così tante cose che anche a lui stesso sembra davvero impossibile aver pensato tutte quelle cose in così poco tempo.
Ma la frazione di secondo non conta nulla in confronto agli sforzi di tutti i minuti prima.
No?
 
E invece Frank apre la porta e gli si presenta davanti con un’espressione che Gerard avrebbe davvero preferito non conoscere alla perfezione.
Ma la conosce così bene che ormai tutto il tragitto sembra davvero distante millenni, e rimane solo la frazione di secondo che all’improvviso gli sembra l’unico momento realmente sensato di tutta la sua vita.
Gli verrebbe da fracassarsi la testa al muro e ripetersi che faceva proprio benissimo ad avere una paura tremenda di ciò che lo avrebbe aspettato.
 
«Gerard.»
 
Che oltretutto non era per niente una domanda. Era proprio un ‘Gerard’ affermativo.
 
«Frank…»
Ma Gerard è sempre il solito, ed è insicuro anche nelle affermazioni.
«… posso entrare? Vo-- io vorrei parlarti»
«Gerard…» E anche Frank sembra stanchissimo adesso.
«Frank, io- ti prego Frank…» La sua voce trema in modo pazzesco su quel ‘ti prego’.
«Cazzo… va bene. Va bene» - Frank si guarda un attimo dietro, poi si richiude la porta alle spalle – «Però non qui… non dentro. Andiamo sul retro»
 
Casa di Frank aveva un portico anche sul retro. Uno di quelli con il divanetto a dondolo e la struttura in legno scuro.
Gerard era sempre andato matto per il portico sul retro. Gli ricorda tutte le volte in cui ci erano passati per entrare di nascosto in casa nel bel mezzo della notte.
Oppure per scapparci, da casa.
 
Gli ricorda anche quella volta in cui lui e Frank avevano passato lì praticamente tutta la serata, con la scusa di andarsi a fumare una sigaretta, perché nessuno dei due reggeva più la cena di famiglia per il Ringraziamento.
E queste cose le ricorda tutte in modo dolorosissimamente piacevole.
 
«Dimmi.»
 
E, cazzo, Gerard in effetti non era pronto per dire qualcosa.
 
«Mi sei mancato e-» E Gerard deve assistere al modo in cui Frank sospira in modo pesante e rotea gli occhi in maniera impercettibile. Come se fosse davvero stanchissimo di sentire sempre le stesse parole «… mi manchi ancor-»

«Gerard, per favore. Non di nuovo…»

«Io- io lo so. Ti giuro che me lo ripeto ogni giorno: ‘non ancora’, ‘non di nuovo’. Ci provo con tutto me stesso ma n-»

«Oh, per f-»

«- ma non ce la faccio» Prova a prendere un respiro reale «Non ce la faccio a fare finta di non pensarci ancora, o non volerci provare di nuovo.»

«Gerard, sul serio… a questo punto non so più cosa dirti. Ho tentato di fartelo capire nel miglior modo possibile… Semplicemente… noi, questo» - Frank agita la mano nell’aria tra di loro - «Non è più quello che voglio e-»

«Ma a me non frega niente di quello che vuoi! Io-»

«Dio, Gerard! Nemmeno a me! Nemmeno a me importa più nulla di quello che vuoi tu e—cazzo, lo so che suona malissimo, ma ho preso una scelta che non ha niente a che fare con te. Okay? Adesso ho bisogno di altro, ho bisogno di impegnarmi per entrare al college, ho bisogno di passare del tempo con mio padre in Florida… lì ho incontrato gente nuova, e per una volta le cose con mio padre sembrano andare nel modo giusto. Ho bisogno di qualcosa che non sia quello che avevo… perché non ce la faccio più a sopportare il modo in cui mi lasciavo cadere sempre più in basso, giorno dopo giorno. E- sì, lo so. Mi dispiace averti messo in mezzo. Ma credo sia meglio così… se tutto va come vorrei che andasse, vivrò qui ancora per poche settimane. E intanto ho bisogno di- di qualcosa che non sei tu. - Gee.. mi dispiace se le cose sono andate così »

«Non- non chiamarmi Gee. È già abbastanza difficile accettare tutto il resto. Non fare finta che siano i vecchi tempi »

«Questo non vuol dire un cazzo. Lo sai anche tu. I vecchi tempi ci sono stati e rimangono lì dov’erano. Io non ho intenzione di lasciare che si perdano e non ti permetterò di farlo »

«Ah! Certo, giusto! Perché tu puoi chiuderla qui così, senza nemmeno un cazzo di motivo reale. Perché vaffanculo, i tuoi bisogni per me non sono un motivo sufficiente, Frank. E invece io non posso nemmeno provare a dimenticare tutte quelle cose che adesso fanno un male spaventoso. Ché a me non importa proprio un cazzo della tua vita che va a gonfie vele se poi il coglione che ci rimane sotto sono solo e unicamente io.
A me non-- Cristo Frank. Tu non hai idea di quanto sia difficile sentirsi dire che avevi bisogno di smetterla di cadere sempre più in basso, e sapere che a spingerti giù alla fine ero sempre io…»
 
A questo punto nessuno dei due riesce bene a vedere quel portico su cui sono cresciuti, perché hanno gli occhi pieni di quello che è loro addio.
Perché l’hanno capito entrambi che questo è davvero il loro addio.
 
«Ti prego, basta…»

«Lo so che sono uno stupido, però certe cose le so capire. L’ho capito che eri stanco di sollevarmi dalla moquette della mia camera ogni pomeriggio e di nascondermi i barattoli nuovi di pillole. Lo so che- che…»
 
E a Gerard dispiace davvero moltissimo, ma non ci riesce a dirsi che si è lasciato tutto alle spalle. Lui vorrebbe provarci sul serio. Vorrebbe esattamente guadare in faccia Frank e dirgli ‘va bene. Non ti preoccupare. Che certe cose capitano. Io starò meglio’.
E invece no. Come lo convinci qualcun altro che poi starai meglio se tu lo sai che non è così? Gerard lo sa che non ce la può per niente fare.
 
Eppure c’è quella frase che sta per scivolargli di bocca e a lui non sembra nemmeno di averla elaborata in quel cervello pieno di fumo che si ritrova.
Sono quelle parole che ha sempre bloccato prima che gli balenassero in testa. Ma adesso è lì con Frank davanti, e si è reso conto che ormai non si può andare più via.
Forse è così stanco che nemmeno ci pensa ad andare via.
 
Così sente come una strana cosa dentro il petto, e lo capisce subito di cosa si tratta.
Non deve nemmeno rifletterci su.
Lo sa subito che è il frantumarsi dell’ultima cosa intatta che gli era rimasta dentro.
E inevitabilmente ha a che fare con Frank.
È anche un po’ ironico. Perché Frank, per Gerard, è stato il primo ad allontanarsi ma l’unico a non essersene mai andato veramente. È l’ultima cosa che gli resta.
Ora però sente questa cosa al petto, e cambia idea. Frank era l’ultima cosa che gli resta.
 
E a quel punto le parole vanno giù da sole. E Gerard sa che è davvero arrivata la fine.
Che forse avrebbe solo voluto capirlo prima.
 
«Frank… io lo so che è meglio che le cose siano andate così.»
 
In realtà vorrebbe aggiungere un ‘per te’. Dire ‘io lo so che è meglio per te se le cose sono andate così’.
Però non lo fa. Perché probabilmente voler bene ed essere egoisti sono due cose che non possono coesistere.
E perché sotto sotto Gerard vuole convincere sé stesso che quel ‘per te’ in realtà è un ‘per noi’. Che anche se quel ‘noi’ non esiste più, forse è più giusto così.
Che forse le cose speciali sono destinate a non appartenerci per molto tempo perché poi non sapremmo come prendercene cura in modo corretto, e allora smetterebbero di essere speciali.
 
E Gerard questo non lo vuole. Non vuole che arrivi un futuro in cui guarderà Frank e lo vedrà distrutto e saprà che è colpa sua.
 
Gerard osserva Frank abbassare il viso e capisce che anche per lui è arrivato il momento di andare via. Che devono entrambi uscire da quel ‘noi’ e lasciare che d’ora in poi rappresenti solo il ricordo di ciò che sono stati.
 
Che forse ci sono cose che un futuro prossimo è meglio che non ce l’abbiano. 


- - - - - - 

Mi scuso per l'eccessiva lunghezza. Fatemi sapere cosa ne pensate, magari? Grazie a tutti. Un salutone -Claud.
  
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