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Autore: Sapientona    23/12/2014    3 recensioni
«Promettimi di non lasciarmi mai solo coi miei incubi» le sussurrò Nico.
«Te lo prometto, fratellino; ma adesso dormi, o diventerò io il tuo incubo. Sogni d’oro» sbuffò lei, sorridendo appena.
«Sogni d’oro, sorellona» le augurò con un sorriso beato Nico, finalmente incurante della tempesta che imperversava fuori dalla finestra.
***
Solo una shot di fluff fraterno Nico/Bianca, che non fa mai male. :3 Diciamo che è uno spin-off della long Right here in my arms, away from all harm.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bianca di Angelo, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Premettendo che volevo usare il prompt ‘temporale’ da una miriade di tempo per una Percy/Nico, posso dirmi fiera dell’idea di utilizzarla per una shot piena di fluff fraterno tra Bianca e suo fratello. Questa shot è direttamente collegata con la Long Right here in my arms, away from all harm.: nel capitolo dieci Bianca accenna agli incubi che Nico faceva da bambino. Devo dire che sono abbastanza soddisfatta da ciò che ne è uscito fuori, dato che c’è anche un accenno all’allontanamento da parte di Jason. Come vi avevo promesso e anticipato, quindi, durante le vacanze cercherò di riempire gli spazi vuoti dovuti all'interruzione degli aggiornamenti con delle shot riempitive per la long, e mi porterò avanti con il lavoro in generale. ^^
 


«Pensate che ci sarà un temporale?»
Nico era in salone, con le manine paffute ed il naso premuti contro il vetro della finestra; la domanda era stata posta con malcelata ansia, ma nella sua ingenuità da bambino di sei anni, era abbastanza convinto di aver fatto un buon lavoro nel camuffarla a suo padre.
«Non credo proprio» rispose Maria prontamente, con un sorriso materno sul volto. Si alzò dal divano e lo prese in braccio, facendolo scostare dalla finestra e chiudendo le tende cosicché evitasse di preoccuparsi inutilmente.
Nel frattempo, Ade guardava il figlio con un misto di tenerezza e disperazione: per quanto abbia sempre amato il figlioletto oltre ogni misura (forse perché gli ricordava tanto sé stesso, e voleva regalargli la famiglia felice e la vita dolcemente spensierata che lui non aveva avuto), cominciava a trovare oltremodo snervante come ogni sera, quando si avvicinava l’ora di andare a dormire, suo figlio chiedesse puntualmente se ci sarebbe stato brutto tempo.
«Non ci sarà nessun temporale, stasera» lo rassicurò, arruffandogli i capelli «e poi, gli ometti come te non hanno paura di qualche fulmine».
Ade ignorò l’occhiataccia che gli lanciò Maria, consapevole che lei fosse contraria a quel suo atteggiamento un po’ duro nei confronti del figlioletto; lui, comunque, non lo faceva che per il suo bene. Voleva che crescesse forte e pronto ad affrontare il mondo già da quella tenera età.
«Va’ a dormire ora, tesoro» gli consigliò sua madre, sorridendogli teneramente e posandogli un bacio sulla fronte «domani andremo tutti al mare, così ti potrai divertire con i tuoi amichetti».
«Ci sarà anche Jason?» domandò il bambino a metà rampa di scale, voltando la testa verso i genitori con un sorriso speranzoso: non vedeva il suo amichetto da oltre quindici giorni, ormai, e cominciava a chiedersi dove fosse finito.
Maria ed Ade si scambiarono un’occhiata dispiaciuta, quindi toccò a lui rispondere di no. L’espressione contenta di Nico si attenuò un poco, rendendo il viso decisamente più scuro. Borbottò una buonanotte e se ne andò.
«Come faremo a dirgli che Jason è partito con suo padre?» chiese Maria, visibilmente amareggiata: odiava dover arrecare delusioni a suo figlio
«Troveremo un modo…» scrollò le spalle Ade, anche lui un poco dispiaciuto  «non ci possiamo far nulla».
 

Quando il primo tuono squarciò l’aria, Ade dovette trattenersi dall’urlare a pieni polmoni.
Quante possibilità c’erano che scoppiasse un temporale nel bel mezzo dell’estate? Poche, pochissime…eppure, era successo.
Proprio nel periodo in cui Nico cominciava a sviluppare le prime irrazionali paure.
«Accidenti» borbottò infastidito, alzandosi dal letto controvoglia, attento a non disturbare il sonno di sua moglie.
Si diresse in corridoio, bloccandosi quindi quando notò una figura bassa in piedi, nella camera di suo figlio. La porta era aperta, quindi aveva una visione completa della stanza, illuminata soltanto dalla luce della luna ed a tratti da quella dei lampi. Nico si trovava accanto al suo letto, probabilmente appena sgusciatovi fuori con chissà quale coraggio. I capelli neri erano tutti in disordine, e gli occhioni erano sgranati e ricoperti da uno strato lucido.
«Bianca?» sussurrò il piccolo, non abbastanza forte da farsi sentire da sua sorella; le loro stanze erano comunicanti – caratteristica che sarebbe sparita col tempo, con Nico sempre più scorbutico e Bianca bisognosa dei suoi spazi – quindi la sorella maggiore sarebbe dovuta essere in grado di sentirlo abbastanza facilmente.
«Bianca?» chiamò un po’ più forte.
Ade sentì un lamento provenire dalla camera della figlia, poi un frusciare di coperte che vengono spostate e dei passi. Una bambina di otto anni dai lunghi capelli corvini fece capolino nella stanza di Nico, sbadigliando assonnatamente, ma sorridendo al fratellino.
«Paura del brutto tempo?» domandò con tono materno, prendendolo fra le sue braccia e sedendosi sul bordo del letto; era buffo guardare una bambina di nove anni che ne prende in braccio uno di sei, visto che c’era poca differenza d’altezza fra i due.
«Sì» mormorò Nico, nascondendo il viso nell’incavo del collo della sorella maggiore, stringendosi a lei «non dire niente a papà, non voglio che si arrabbi con me».
Ade si trattenne dall’andare in camera ed abbracciarlo, un po’ provato da quelle parole. Non voleva che i suoi figli si facessero un’idea sbagliata di lui: amava la sua famiglia, era forse l’unica certezza della sua vita.
«Va bene, non dirò nulla» acconsentì Bianca sebbene il mattino dopo lo avrebbe raccontato alla madre, con la quale aveva sempre avuto un rapporto speciale. E, ovviamente, Maria avrebbe spifferato tutto al marito.
«Su, mettiti nelle coperte, così ti racconto una storia» comandò la ragazzina, avvicinandosi alla finestra ed alzandosi in punta di piedi per tirare le tende, oscurando la stanza. Pochi secondi dopo, venne illuminata dalla lampadina vicino al letto.
Nico intanto aveva obbedito, nascondendo il viso nelle coperte e facendo cenno alla sorella di mettersi accanto a lui.
«C’era una volta, un bambino un po’ scemo di nome Nicholas» incominciò, ridacchiando all’espressione truce di suo fratello minore.
«Non è che se cambi il nome non mi accorgo che parli di me» mugugnò, incrociando le braccia al petto. A quel punto Ade dichiarò il problema risolto, e se ne tornò a letto.

«…ed il piccolo Nicholas aveva sempre al suo fianco il suo angioletto custode, di nome Bianca».
«Doveva essere un bell’angioletto» sorrise Nico, per poi sbadigliare.
«E sai cosa diceva sempre, alla sera, l’angioletto a Nico?» fece Bianca, chiudendo la lucina e sistemandogli le coperte.
«Che cosa?»
«Che se il piccolo Nicholas non la lasciava dormire in pace, lo avrebbe ucciso di solletico!» esclamò Bianca, solleticandogli i fianchi e facendolo ridacchiare. Quindi fece per andarsene, augurandogli buona notte, ma Nico la trattenne per un braccio «Nicholas diceva sempre all’angioletto di dormire assieme a lui».
«È una nuova versione della storia?» la bambina alzò un sopracciglio.
«Sì» sorrise malandrino il seienne.
Bianca fece finta di crederci e si infilò nelle coperte assieme a lui, abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla guancia.
«Promettimi di non lasciarmi mai solo coi miei incubi» le sussurrò Nico.
«Te lo prometto, fratellino; ma adesso dormi, o diventerò io il tuo incubo. Sogni d’oro» sbuffò lei, sorridendo appena.
«Sogni d’oro, sorellona» le augurò con un sorriso beato Nico, finalmente incurante della tempesta che imperversava fuori dalla finestra.
 
  
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