Fin
dall'alba dei tempi, il mondo era scosso dall'eterna lotta tra Bene e
Male, tra Luce e Ombra. Innumerevoli calamità si abbattevano
sulla
Terra, l'esercito del Male si faceva strada devastando Regni e
villaggi, seminando morte e distruzione ovunque. Il Caos regnava
sovrano e il popolo, ormai stremato, invocava l'intervento di un Eroe
che col suo coraggio scacciasse le tenebre e riportasse la pace.
Ma
se l'Eroe delle leggende non arrivasse?
Chi
potrebbe prendere il suo posto nella grande guerra contro il Signore
del Male?
“Zanshi...
Oboro... T-Talisssa... P-Palante? O era Falanto?! Accidenti, non mi
ricordo!” borbottò il giovane stregone Anthel,
scompigliandosi
nervosamente gli inusuali capelli color verde lime, souvenir
dell'ennesimo incidente con una pozione d'invincibilità.
Intanto,
nel pesante calderone che aveva di fronte, ribolliva uno strano,
quanto inquietante, liquido color ciliegia dalla consistenza ancora
più inconsueta: era inspiegabilmente viscoso, appiccicoso e
lontano
dal risultato che lo stregone si era prefissato. Sapeva doveva
risultare liscio e cristallino, doveva avere la consistenza
dell'acqua, eppure qualcosa in quella pozione non andava.
Non
capisco perché abbia questo aspetto... Non è la
prima volta che la
preparo...
Come
se non bastasse, la brodaglia aveva iniziato a gorgogliare come un
vecchio drago affamato e ad emanare curiosi fumi beige dall'aspetto
poco rassicurante degni dell'antro di qualche mago nero.
Il
giovane scattò come una gazzella verso il leggio alla sua
sinistra,
collocato accanto alla finestra del laboratorio, da cui si potevano
vedere i soldati prepararsi alla prossima battaglia contro l'Oscuro
nemico le cui fattezze erano ancora avvolte in un alone di mistero.
Anthel
si mise a sfogliare velocemente le pagine del pesante tomo, con le
dita che tremavano come foglie, in cerca dell'errore (particolarmente
grave) che aveva commesso. Si ammonì nuovamente,
rimproverando il
suo cervello per la sua cattiva memoria a breve termine, e riprese a
balbettare mentalmente la formula che aveva sbagliato, con la
speranza di riuscire a trovare velocemente il capitolo che la
conteneva.
“A-Accidenti!
-fece indietreggiando di pochi passi, mentre sul viso s'allargava
un'espressione di puro terrore- Ho di nuovo sbagliato le
parole!”
La
torre di Magia, nell'ala ovest del Castello, venne quindi invasa da
una brillante luce cremisi, seguita poi da un boato che fece tremare
il Palazzo di Mistral da cima a fondo.
Durò
pochi istanti, tanto da incuriosire i figli dei servitori, ma nessuno
ne sembrò veramente allarmato, in quanto l'imbranataggine
dell'apprendista stregone era ben nota a tutti. Non era di certo un
avvenimento straordinario, succedeva ogni tre per due, tutti
speravano solo che un giorno il giovane smettesse di combinare guai e
mettesse la testa apposto. In fondo, era lui a produrre le pozioni di
vita per i soldati dell'esercito ed era una grande
responsabilità
per il povero apprendista.
Qualcuno
alzò lo sguardo al cielo, azzurro come ogni estate,
incuriosito
dall'esplosione, qualcuno probabilmente insultò lo studente
del Mago
di Corte, magari qualcun altro rise addirittura, ma un avvenimento
nella norma come quello non avrebbe di certo turbato gli animi della
gente di Mistral, nazione su cui un'ombra malvagia aveva iniziato ad
allungarsi.
Intanto,
buttato gambe all'aria in un angolino, Anthel fissava stralunato il
prezioso Manuale di Stregoneria del Maestro venire divorato da
numerose fiammelle rosse, che danzavano come piccoli spiritelli dei
boschi, cibandosi delle preziose fibre di pergamena rilegata.
“C-Che
dolore...” bofonchiò tra gli ultimi cristalli in
caduta sul il
pavimento.
Rimase
in quella posizione per un paio di secondi, intontito dai vapori
dell'esplosione, senza realizzare la gravità del danno
fatto.
Ciondolava la testa a destra e sinistra, mentre il suo cervello
riprendeva il controllo del resto del suo corpo e gli occhi mettevano
a fuoco quello che aveva davanti.
“A-Accidenti!”
ripeté ancora in preda al panico, fiondandosi poi su un vaso
d'acqua
per spegnere il piccolo falò. Cadde in ginocchio vicino alle
ceneri
del libro, di cui solo poche pagine si erano salvate e ne raccolse
delicatamente i resti con le dita tremolanti.
“Il
Maestro mi ucciderà quando torna! O peggio, mi
costringerà a pulire
le gabbie dei troll da esperimento!”
“Hihihi,
non vediamo l'ora di giocare con te, Carotina!” rise
malignamente
l'esserino verde rinchiuso accanto alla porte del laboratorio. La
bocca del troll era contratta in una smorfia divertita e mostrava due
file di denti giallognoli che il ragazzo non riusciva proprio a
sopportare tanto erano disgustosi. Si poteva dire che il giovane
avesse una certa fobia per quei dentini appuntiti e storti,
dall'aspetto malaticcio e quasi marcio. Non riusciva proprio a
guardarli e l'idea di doverli estrarre periodicamente per usarli come
ingredienti lo fece rabbrividire.
Anthel
evitò il contatto visivo con quel 'buco dentato', come lo
chiamava
lui, e mosse la testa all'indietro, confuso dal commento del piccolo
mostriciattolo, poi ricollegò la pozione ai suoi precedenti
disastri
e al loro risultato.
Di
nuovo si mosse come una pallina di gomma, rimbalzando da un capo
all'altro della stanza, verso uno specchio in frantumi.
Sette
anni di guai, come se non avessi già abbastanza problemi di
mio.
Nel frammento di vetro, si affacciò
il roseo viso di un quindicenne dai grandi occhi verdi simili a due
smeraldi (forse l'unica caratteristica del suo viso che gli dava un
qualche cosa di cui vantarsi, nonostante fosse un giovanotto nella
media dall'aspetto gradevole) e i capelli spettinati e bruciati sulle
punte, legati in un codino che pareva ormai la coda di un coniglio.
Ma al posto dei suoi già ridicoli capelli color lime, c'era
un
ammasso di ciuffi ribelli di un arancione acceso che cadevano
disordinati sul naso ricoperto di lentiggini chiarissime.
“D-Dannazione, di nuovo! -fece
trattenendo le parole, per poi arrendersi alla sua
incapacità (o
cattiva memoria, come spesso diceva il suo Maestro) e mettersi al
lavoro- E va bene, tanto vale mettere in ordine...”
Con le spalle ingobbite, il giovane
si mise all'opera, con la scopa in mano a raccogliere i frammenti
delle fiale distrutte, mentre fuori le spade dei soldati cozzavano
l'una contro l'altra.
“Mi piacerebbe tanto saperla
usare, una spada... Sarei davvero uno schianto...”
sospirò, con la
testa tra le nuvole. Eh già, Anthel aveva studiato per tutta
la vita
le arti magiche, ne era affascinato e guardava con ammirazione il suo
vecchio mentore e tutore, eppure la scherma lo attirava come una
fiamma con le falene. Avrebbe voluto imparare a brandire un'arma,
duellare e diventare un famoso spadaccino, ma purtroppo per lui, non
aveva la forza necessaria per usarla e combattere. Colpa del fisico
gracilino e poco atletico.
“Con quei capelli non credo
proprio! Hihihi!” fece il troll, distraendolo dai suoi
pensieri.
“Tappati quella boccaccia, prima
che ti faccia diventare un rospo!”
“Uhuhuh, con le tue abilità, il
rospo lo diventeresti tu...” rise il secondo mostro,
più piccolo
del suo compagno di gabbia e dal buco dentato ancora più
disgustoso.
“Bah! Andate al diavolo!”
Anthel abbandonò la stanza
demoralizzato, sbattendo rumorosamente la porta di legno,
accompagnato dai risolini delle sue piccole e terrificanti cavie.
“Anche loro mi prendono in giro...
Uh?”
Si guardò attorno per un istante,
ispezionando il corridoio che portava al resto del Castello e un
pensiero scattò fulmineo nella sua testa fresca di tinta.
Tutti
sapevano delle sue scarse capacità e poco importava se
faceva
saltare per aria un pezzo del Palazzo Reale, ma c'era una persona
sola che accorreva in ogni caso, la Principessa Sefia.
Aspettò un
altro paio di minuti in silenzio, con le orecchie in ascolto per
captare il rumore delle scarpette di lei sui gradini di pietra, ma
niente.
“Perché la Principessa non viene?
Di solito accorre per sgridarmi, anche quando ha delle udienze... Che
strano... Forse sarebbe il caso di andare a cercarla!”
“Con chi stai parlando, Carotina?”
chiese il primo troll da dietro la porta, canzonandolo assieme al
compare, che sicuramente lo aveva sentito parlare da solo a voce
alta. Decise di ignorarli e, tra un'imprecazione e l'altra, si
avviò
ai piani inferiori per cercare la Principessa, nonché futura
regina
di Mistral.
Il giovane aveva ormai raggiunto il
corridoio che portava alla stanza della ragazza, imbattendosi prima
in un enorme dipinto appeso alla parete alla sua destra, che la
ritraeva prima dell'incidente causato appunto dallo stesso maghetto.
“C-Certo che è più carina
adesso...” mormorò, imbambolato a fissare la
leggiadra donna dai
lunghissimi capelli dorati e dai grandi occhi azzurri, che parevano
gemme preziose.
La bellezza di Sefia era famosa in
tutto il Regno e in quelli vicini, tanto che in molti si contendevano
la sua mano, nonostante lei fosse più interessata al
benessere della
sua gente e del suo fratellino. Era il partito perfetto per qualche
alleanza, molti Re l'avevano adocchiata per il loro viziatissimi
figli, in quanto la ragazza presentava tutti i tratti tipici di un
vero sovrano. Nelle nazioni attorno a Mistral non vi era nessuno di
meglio e questo tutti lo sapevano.
“Sono fortunato che non si sia
arrabbiata per quella pozioncina... I capelli argentati le stanno
meglio!”
Anthel gettò poi un occhio alla
porta vicina, che notò essere socchiusa. Si
avvicinò incuriosito e
cercò di darsi un minimo di contegno, nonostante i capelli
arancioni
non gli fossero di nessun aiuto. Decise quindi di sistemare la
vecchia casacca di stoffa marrone che indossava e cercare di rendersi
quanto meno presentabile.
“P-Principessa, sono Anthel! Non è
arrabbiata per l'esplosione?”
Nessuna risposta.
“P-Principessa Sefia...” chiamò
ancora il giovane mago, facendo entrare timidamente la testa color
carota nella stanza.
La lussuosa camera era deserta, sul
tavolino della specchiera, numerose boccette di profumo erano
rovesciate e molte altre erano a terra in frantumi. Le lenzuola di
seta bianca erano stropicciate e buttate parzialmente sul pavimento,
mentre i vetri infranti della finestra rilucevano al sole d'estate.
“Che diamine è successo qui?!”
Il ragazzo fece irruzione nella
stanza da letto e iniziò a cercare la Principessa ovunque,
poi notò
tra le coperte un foglietto di carta bruciacchiata, che raccolse e
lesse immediatamente a voce alta.
Ahahahahaha! Salute a voi, poveri
mortali!
Ahahahaha!
Sono il potentissimo Signore
dell'Oscurità, il
vostro futuro sovrano!
“C-Che diavolo è questo?!
P-perché dovrebbe scrivere la p-propria risata?!”
fece
indispettito al foglietto che teneva tra le dita. Riprese la lettura,
faticando a distinguere i caratteri di quella terribile grafia.
Sotto al vostro stupido naso da
esseri inferiori,
ho rapito la Principessa Sefia
per farne la mia Regina!
L'ho portata in un luogo
sconosciuto e inaccessibile
a voi comuni mortali!
Ora si trova nelle segrete del
mio Palazzo, sulle pendici
Ovest della Montagna della Morte!
Dannazione,
questo non avrei dovuto scriverlo!!!
Comunque non avete
possibilità di salvarla!
Ahahahaha!
“E-EEEEEHHH?! E
adesso cosa faccio?!” fece Pel di Carota, tremando e girando
per la
stanza come fosse una volpe braccata.
Preso dal panico (e da
fastidiosi tic all'occhio destro, tipici nei suoi momenti di
agitazione), Anthel inciampò sui cuscini e, di nuovo, si
ritrovò
gambe all'aria.
Nella caduta, un
secondo foglietto si staccò da quello scritto dal Signore
dell'Oscurità, che svolazzò leggiadro sopra al
naso dello stregone.
“E questo?” fece
aprendo il pezzetto di carta, le cui parole erano tracciate con
femminile eleganza.
P.S.
Sono la Principessa e sono stata effettivamente
rapita,
ma non preoccupatevi!
Sto
bene e aspetterò pazientemente
l'arrivo
dei soccorsi. A presto!
<3
“N-Non sembra nemmeno
preoccupata... Mi chiedo come faccia...”
Si mise a esaminare per
un paio di secondi il post scriptum, che non presentava nessun tratto
tremolante e neppure una singola sbavatura. Non sembrava affatto
scritto da qualcuno che sembrava essere stato rapito.
“Ah, continua sul
retro!”
P.P.S.
Ah, Anthel! Di' a Elorin di stare alla larga dal
mio
trono! E tu tieni giù le tue manacce
dalla
mia biancheria intima!
Fate
i bravi e non combinate guai!
Vi
voglio bene! A presto! <3
Anthel si sentì
avvampare, tanto che le sue guance assunsero lo stesso colore dei
suoi capelli, e stracciò il secondo post scriptum in preda
all'imbarazzo.
“CHE COSA LE VIENE IN
MENTE?! CHE VERGOGNAAA!”
Con le mani tra i
capelli, cercò di darsi una calmata, poi si decise
finalmente ad
andare a incontrare Sua Altezza il Principe Elorin.
*****
Il Principe Elorin
sedeva sul suo trono, accanto a quello della sorella, più
grande e
bello del suo, e lo fissava con desiderio e bramosia.
Il giovane nobile, di
soli quindici anni, era stravaccato con le gambe poggiate sul
bracciolo destro, dondolandole pigramente, mentre sul suo viso la
noia la faceva da padrone. Intanto, il suo scettro dorato, decorato
da una sfera di velluto rosso, roteava pericolosamente accanto alla
testa dell'araldo, al ritmo di una vecchia canzone folkloristica.
“M-Maestà... -si
azzardò appena l'uomo filiforme accanto al Principe- L-La
prego,
s-si dia un contegno. L'udienza s-sta per cominciare...”
Elorin gli cacciò
un'occhiata piena d'arroganza e un sorrisetto di soddisfazione
apparve sulle sue labbra, poi si alzò sbuffando.
“Fatelo entrare!”
Il giovane Principe dai
capelli color del grano si spostò quindi sul trono di Sefia,
per
assumere un aspetto ancor più autoritario, mentre un
contadino
faceva il suo timido ingresso sotto lo sguardo beffardo del 'non'
futuro re, in un'enorme sala rettangolare, le cui pareti erano
tappezzate di arazzi e dipinti.
“Che cosa sei venuto
a chiedere?”
L'uomo si irrigidì:
”S-Speravo ci fosse la Principessa Sefia...”
“C-Ci sono io!
-replicò Elorin, quasi sul punto di prendere il proprio
suddito a
pugni, cosa molto poco degna di un nobile del suo rango e troppo
insita nel carattere del biondino- Fa' la tua richiesta a me!”
“E-Ehm, v-vede...
I-Io e...”
“Parla! Sto perdendo
la pazienza!”
“Sua M-Maestà...
Cerchi di non spaventarlo troppo...” fece sottovoce l'araldo,
che
come il ricevuto, tremava di fronte al capriccioso Principe.
Quest'ultimo alzò la mano, come per interromperlo, poi con
gesto di
superbia arroganza, invitò l'uomo a continuare. Questo si
sentiva
incredibilmente a disagio e sentirsi gli occhietti azzurri del
quindicenne addosso non faceva altro che aumentare quella brutta
sensazione. Sicuramente Elorin godeva del fatto che la gente lo
temesse, voleva essere un Re forte e rispettato da tutti e riuscire a
provocare quel tipo di reazione era già una gran cosa...
Sbagliata,
ma era pur sempre sinonimo di autorità.
Il poveretto annuì,
poi riprese, sempre tremando: “E-Ebbene, Sua A-Altezza,
vorrei
c-chiedere se p-potesse concedere alla mia f...”
“MAESTà! AIUTOO!”
L'urlo rimbombò per la
sala, poi seguì un tonfo e dei gemiti di dolore. Alla
sinistra del
trono, ai piedi della scalinata che portava all'ala Ovest del
castello, era appallottolato un giovane dai capelli arancioni che si
contorse prima dal dolore, poi dal terrore che lo assaliva.
Elorin lo fissò
perplesso, chiedendosi chi diavolo fosse quel tizio. Non era sicuro
di averlo mai visto in giro, nessuno aveva dei capelli così
strani
all'interno della sua dimora.
Beh, a quanto pare
sta per succedere qualcosa di interessante,
fece tra sé e sé.
“MAESTà!” ripeté
il ragazzo rialzandosi scompostamente.
“A-Anthel? Che cosa
ti è successo ai capelli?” chiese invece Elorin,
come se fosse
quella la cosa più preoccupante e non il terrore sulla
faccia
dell'apprendista.
“N-Non è questo il
problema! Aspetti, che cosa sta facendo sul trono di sua
sorella?”
Si fissarono per un
istante, entrambi con qualcosa di cui vergognarsi. Elorin sorrise
imbarazzato, come se cercasse di nascondere il suo gesto. Dopotutto
anche Sefia era solita sgridarlo per i suoi eccessi di esuberanza.
Non era lui il prossimo sulla linea di successione e doveva tenere un
profilo basso, fino a quando probabilmente non sarebbe stato in grado
di guidare l'esercito come aveva fatto in precedenza suo padre.
Questi tossicchiò e
rispose: “N-Niente! G-glielo stavo solo t-tenendo al
caldo...”
Anthel scosse la testa,
si piazzò davanti al contadino facendolo scomparire alla
vista del
principe, e riprese a boccheggiare in cerca d'aria. Era ancora tutto
sporco a causa dell'esplosione, sudava e aveva uno strano colorito
arancione, forse dovuto alla corsa, forse alla pozione uscita male.
“Che succede,
quindi?” chiese il secondogenito del re, con le sopracciglia
inarcate in segno di finta curiosità.
“E-Ehm, Maestà...
C'ero p-prima io, però...” mormorò
l'uomo venuto in cerca
dell'aiuto di Sefia.
“NON ADESSO! Principe
Elorin, la Principessa è stata rapita!”
Sul viso di Elorin,
nonché su quello dei presenti, si fece largo un'espressione
di
terrore e sconvolgimento, alimentato dai bigliettini lasciati
dall'Oscuro nemico e dalla futura regina come inconfutabile prova. Il
biondino afferrò i due messaggi e li analizzò
attentamente, mentre
l'araldo cercava di sbirciare da sopra la spalla del ragazzino.
“E l'Eroe?” chiese
ingenuamente il principino, gettando i pezzetti di carta
all'indietro, per poi assumere un'espressione indecifrabile che di
solito metteva in allerta Anthel. Fin da piccoli, aveva imparato che
quella faccia poteva significare solo una cosa: Elorin aveva un'idea
e non era per niente buona.
“Non c'è...?” si
azzardò a rispondere, abbastanza intimorito.
“Ok, quindi l'Eroe
sarai tu! Qualcuno gli porti una spada e uno scudo!”
Da una porta laterale,
accorse immediatamente un ragazzino di circa dodici anni (un
apprendista stalliere) con in mano un grosso cuscino di velluto
viola, su cui poggiavano una raffinatissima spada larga, la cui elsa
era riccamente incisa, e uno scudo recante lo stemma della Famiglia
Reale.
“A-Allora queste sono
mie?”
“Ti piacciono, eh?”
replicò Elorin soddisfatto e raggiante.
“Da morir... ASPETTI!
IO SAREI COSAAAA?”
Il principe scattò in
piedi, dopo essersi appena poggiato sul trono, e fissò
l'amico
d'infanzia con un misto di perplessità e sconcerto.
“Sì, sarai l'Eroe!
Ma smettila di urlare!”
“COME FACCIO A
SMETTERE DI URLARE! NON POSSO ESSERE L'EROE!”