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Autore: Zenya Shiroyume    23/12/2014    12 recensioni
Tutti abbiamo in mente l'immagine, o stereotipo, dell'Eroe, non è vero?
Di solito, si tratta di una persona coraggiosa, senza macchia e senza paura, abilissimo con la propria arma e capace di farsi in quattro, pur di salvare la propria Principessa e i propri cari.
Ma se una persona del genere non ci fosse, per sconfiggere il Male che incombe su Mistral?
Questa è la storia delle (dis)avventure del pomposo e codardo Principe Elorin e di Anthel, lo sfortunato apprendista stregone, impegnati in un'epica impresa di salvataggio assolutamente fuori dalla loro portata. Infatti si ritroveranno a sostituire l'Eroe delle Leggende, tra mostri, boss, armi da potenziare e alleati ben poco raccomandabili.
Spero di avervi incuriosito e buona lettura a tutti! ^^
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Genere: Comico, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fin dall'alba dei tempi, il mondo era scosso dall'eterna lotta tra Bene e Male, tra Luce e Ombra. Innumerevoli calamità si abbattevano sulla Terra, l'esercito del Male si faceva strada devastando Regni e villaggi, seminando morte e distruzione ovunque. Il Caos regnava sovrano e il popolo, ormai stremato, invocava l'intervento di un Eroe che col suo coraggio scacciasse le tenebre e riportasse la pace.
Ma se l'Eroe delle leggende non arrivasse?
Chi potrebbe prendere il suo posto nella grande guerra contro il Signore del Male?

“Zanshi... Oboro... T-Talisssa... P-Palante? O era Falanto?! Accidenti, non mi ricordo!” borbottò il giovane stregone Anthel, scompigliandosi nervosamente gli inusuali capelli color verde lime, souvenir dell'ennesimo incidente con una pozione d'invincibilità.
Intanto, nel pesante calderone che aveva di fronte, ribolliva uno strano, quanto inquietante, liquido color ciliegia dalla consistenza ancora più inconsueta: era inspiegabilmente viscoso, appiccicoso e lontano dal risultato che lo stregone si era prefissato. Sapeva doveva risultare liscio e cristallino, doveva avere la consistenza dell'acqua, eppure qualcosa in quella pozione non andava.
Non capisco perché abbia questo aspetto... Non è la prima volta che la preparo...
Come se non bastasse, la brodaglia aveva iniziato a gorgogliare come un vecchio drago affamato e ad emanare curiosi fumi beige dall'aspetto poco rassicurante degni dell'antro di qualche mago nero.
Il giovane scattò come una gazzella verso il leggio alla sua sinistra, collocato accanto alla finestra del laboratorio, da cui si potevano vedere i soldati prepararsi alla prossima battaglia contro l'Oscuro nemico le cui fattezze erano ancora avvolte in un alone di mistero.
Anthel si mise a sfogliare velocemente le pagine del pesante tomo, con le dita che tremavano come foglie, in cerca dell'errore (particolarmente grave) che aveva commesso. Si ammonì nuovamente, rimproverando il suo cervello per la sua cattiva memoria a breve termine, e riprese a balbettare mentalmente la formula che aveva sbagliato, con la speranza di riuscire a trovare velocemente il capitolo che la conteneva.
“A-Accidenti! -fece indietreggiando di pochi passi, mentre sul viso s'allargava un'espressione di puro terrore- Ho di nuovo sbagliato le parole!”
La torre di Magia, nell'ala ovest del Castello, venne quindi invasa da una brillante luce cremisi, seguita poi da un boato che fece tremare il Palazzo di Mistral da cima a fondo.
Durò pochi istanti, tanto da incuriosire i figli dei servitori, ma nessuno ne sembrò veramente allarmato, in quanto l'imbranataggine dell'apprendista stregone era ben nota a tutti. Non era di certo un avvenimento straordinario, succedeva ogni tre per due, tutti speravano solo che un giorno il giovane smettesse di combinare guai e mettesse la testa apposto. In fondo, era lui a produrre le pozioni di vita per i soldati dell'esercito ed era una grande responsabilità per il povero apprendista.
Qualcuno alzò lo sguardo al cielo, azzurro come ogni estate, incuriosito dall'esplosione, qualcuno probabilmente insultò lo studente del Mago di Corte, magari qualcun altro rise addirittura, ma un avvenimento nella norma come quello non avrebbe di certo turbato gli animi della gente di Mistral, nazione su cui un'ombra malvagia aveva iniziato ad allungarsi.
Intanto, buttato gambe all'aria in un angolino, Anthel fissava stralunato il prezioso Manuale di Stregoneria del Maestro venire divorato da numerose fiammelle rosse, che danzavano come piccoli spiritelli dei boschi, cibandosi delle preziose fibre di pergamena rilegata.
“C-Che dolore...” bofonchiò tra gli ultimi cristalli in caduta sul il pavimento.
Rimase in quella posizione per un paio di secondi, intontito dai vapori dell'esplosione, senza realizzare la gravità del danno fatto. Ciondolava la testa a destra e sinistra, mentre il suo cervello riprendeva il controllo del resto del suo corpo e gli occhi mettevano a fuoco quello che aveva davanti.
“A-Accidenti!” ripeté ancora in preda al panico, fiondandosi poi su un vaso d'acqua per spegnere il piccolo falò. Cadde in ginocchio vicino alle ceneri del libro, di cui solo poche pagine si erano salvate e ne raccolse delicatamente i resti con le dita tremolanti.
“Il Maestro mi ucciderà quando torna! O peggio, mi costringerà a pulire le gabbie dei troll da esperimento!”
“Hihihi, non vediamo l'ora di giocare con te, Carotina!” rise malignamente l'esserino verde rinchiuso accanto alla porte del laboratorio. La bocca del troll era contratta in una smorfia divertita e mostrava due file di denti giallognoli che il ragazzo non riusciva proprio a sopportare tanto erano disgustosi. Si poteva dire che il giovane avesse una certa fobia per quei dentini appuntiti e storti, dall'aspetto malaticcio e quasi marcio. Non riusciva proprio a guardarli e l'idea di doverli estrarre periodicamente per usarli come ingredienti lo fece rabbrividire.
Anthel evitò il contatto visivo con quel 'buco dentato', come lo chiamava lui, e mosse la testa all'indietro, confuso dal commento del piccolo mostriciattolo, poi ricollegò la pozione ai suoi precedenti disastri e al loro risultato.
Di nuovo si mosse come una pallina di gomma, rimbalzando da un capo all'altro della stanza, verso uno specchio in frantumi.
Sette anni di guai, come se non avessi già abbastanza problemi di mio.
Nel frammento di vetro, si affacciò il roseo viso di un quindicenne dai grandi occhi verdi simili a due smeraldi (forse l'unica caratteristica del suo viso che gli dava un qualche cosa di cui vantarsi, nonostante fosse un giovanotto nella media dall'aspetto gradevole) e i capelli spettinati e bruciati sulle punte, legati in un codino che pareva ormai la coda di un coniglio. Ma al posto dei suoi già ridicoli capelli color lime, c'era un ammasso di ciuffi ribelli di un arancione acceso che cadevano disordinati sul naso ricoperto di lentiggini chiarissime.
“D-Dannazione, di nuovo! -fece trattenendo le parole, per poi arrendersi alla sua incapacità (o cattiva memoria, come spesso diceva il suo Maestro) e mettersi al lavoro- E va bene, tanto vale mettere in ordine...”
Con le spalle ingobbite, il giovane si mise all'opera, con la scopa in mano a raccogliere i frammenti delle fiale distrutte, mentre fuori le spade dei soldati cozzavano l'una contro l'altra.
“Mi piacerebbe tanto saperla usare, una spada... Sarei davvero uno schianto...” sospirò, con la testa tra le nuvole. Eh già, Anthel aveva studiato per tutta la vita le arti magiche, ne era affascinato e guardava con ammirazione il suo vecchio mentore e tutore, eppure la scherma lo attirava come una fiamma con le falene. Avrebbe voluto imparare a brandire un'arma, duellare e diventare un famoso spadaccino, ma purtroppo per lui, non aveva la forza necessaria per usarla e combattere. Colpa del fisico gracilino e poco atletico.
“Con quei capelli non credo proprio! Hihihi!” fece il troll, distraendolo dai suoi pensieri.
“Tappati quella boccaccia, prima che ti faccia diventare un rospo!”
“Uhuhuh, con le tue abilità, il rospo lo diventeresti tu...” rise il secondo mostro, più piccolo del suo compagno di gabbia e dal buco dentato ancora più disgustoso.
“Bah! Andate al diavolo!”
Anthel abbandonò la stanza demoralizzato, sbattendo rumorosamente la porta di legno, accompagnato dai risolini delle sue piccole e terrificanti cavie.
“Anche loro mi prendono in giro... Uh?”
Si guardò attorno per un istante, ispezionando il corridoio che portava al resto del Castello e un pensiero scattò fulmineo nella sua testa fresca di tinta. Tutti sapevano delle sue scarse capacità e poco importava se faceva saltare per aria un pezzo del Palazzo Reale, ma c'era una persona sola che accorreva in ogni caso, la Principessa Sefia. Aspettò un altro paio di minuti in silenzio, con le orecchie in ascolto per captare il rumore delle scarpette di lei sui gradini di pietra, ma niente.
“Perché la Principessa non viene? Di solito accorre per sgridarmi, anche quando ha delle udienze... Che strano... Forse sarebbe il caso di andare a cercarla!”
“Con chi stai parlando, Carotina?” chiese il primo troll da dietro la porta, canzonandolo assieme al compare, che sicuramente lo aveva sentito parlare da solo a voce alta. Decise di ignorarli e, tra un'imprecazione e l'altra, si avviò ai piani inferiori per cercare la Principessa, nonché futura regina di Mistral.

Il giovane aveva ormai raggiunto il corridoio che portava alla stanza della ragazza, imbattendosi prima in un enorme dipinto appeso alla parete alla sua destra, che la ritraeva prima dell'incidente causato appunto dallo stesso maghetto.
“C-Certo che è più carina adesso...” mormorò, imbambolato a fissare la leggiadra donna dai lunghissimi capelli dorati e dai grandi occhi azzurri, che parevano gemme preziose.
La bellezza di Sefia era famosa in tutto il Regno e in quelli vicini, tanto che in molti si contendevano la sua mano, nonostante lei fosse più interessata al benessere della sua gente e del suo fratellino. Era il partito perfetto per qualche alleanza, molti Re l'avevano adocchiata per il loro viziatissimi figli, in quanto la ragazza presentava tutti i tratti tipici di un vero sovrano. Nelle nazioni attorno a Mistral non vi era nessuno di meglio e questo tutti lo sapevano.
“Sono fortunato che non si sia arrabbiata per quella pozioncina... I capelli argentati le stanno meglio!”
Anthel gettò poi un occhio alla porta vicina, che notò essere socchiusa. Si avvicinò incuriosito e cercò di darsi un minimo di contegno, nonostante i capelli arancioni non gli fossero di nessun aiuto. Decise quindi di sistemare la vecchia casacca di stoffa marrone che indossava e cercare di rendersi quanto meno presentabile.
“P-Principessa, sono Anthel! Non è arrabbiata per l'esplosione?”
Nessuna risposta.
“P-Principessa Sefia...” chiamò ancora il giovane mago, facendo entrare timidamente la testa color carota nella stanza.
La lussuosa camera era deserta, sul tavolino della specchiera, numerose boccette di profumo erano rovesciate e molte altre erano a terra in frantumi. Le lenzuola di seta bianca erano stropicciate e buttate parzialmente sul pavimento, mentre i vetri infranti della finestra rilucevano al sole d'estate.
“Che diamine è successo qui?!”
Il ragazzo fece irruzione nella stanza da letto e iniziò a cercare la Principessa ovunque, poi notò tra le coperte un foglietto di carta bruciacchiata, che raccolse e lesse immediatamente a voce alta.

Ahahahahaha! Salute a voi, poveri mortali!
Ahahahaha!
Sono il potentissimo Signore dell'Oscurità, il
vostro futuro sovrano!


“C-Che diavolo è questo?! P-perché dovrebbe scrivere la p-propria risata?!” fece indispettito al foglietto che teneva tra le dita. Riprese la lettura, faticando a distinguere i caratteri di quella terribile grafia.

Sotto al vostro stupido naso da esseri inferiori,
ho rapito la Principessa Sefia per farne la mia Regina!
L'ho portata in un luogo sconosciuto e inaccessibile
a voi comuni mortali!
Ora si trova nelle segrete del mio Palazzo, sulle pendici
Ovest della Montagna della Morte!

Dannazione, questo non avrei dovuto scriverlo!!!
Comunque non avete possibilità di salvarla!
Ahahahaha!

“E-EEEEEHHH?! E adesso cosa faccio?!” fece Pel di Carota, tremando e girando per la stanza come fosse una volpe braccata.
Preso dal panico (e da fastidiosi tic all'occhio destro, tipici nei suoi momenti di agitazione), Anthel inciampò sui cuscini e, di nuovo, si ritrovò gambe all'aria.
Nella caduta, un secondo foglietto si staccò da quello scritto dal Signore dell'Oscurità, che svolazzò leggiadro sopra al naso dello stregone.
“E questo?” fece aprendo il pezzetto di carta, le cui parole erano tracciate con femminile eleganza.

P.S. Sono la Principessa e sono stata effettivamente
rapita, ma non preoccupatevi!
Sto bene e aspetterò pazientemente
l'arrivo dei soccorsi. A presto!
<3

“N-Non sembra nemmeno preoccupata... Mi chiedo come faccia...”
Si mise a esaminare per un paio di secondi il post scriptum, che non presentava nessun tratto tremolante e neppure una singola sbavatura. Non sembrava affatto scritto da qualcuno che sembrava essere stato rapito.
“Ah, continua sul retro!”

P.P.S. Ah, Anthel! Di' a Elorin di stare alla larga dal
mio trono! E tu tieni giù le tue manacce
dalla mia biancheria intima!
Fate i bravi e non combinate guai!
Vi voglio bene! A presto! <3


Anthel si sentì avvampare, tanto che le sue guance assunsero lo stesso colore dei suoi capelli, e stracciò il secondo post scriptum in preda all'imbarazzo.
“CHE COSA LE VIENE IN MENTE?! CHE VERGOGNAAA!”
Con le mani tra i capelli, cercò di darsi una calmata, poi si decise finalmente ad andare a incontrare Sua Altezza il Principe Elorin.

*****

Il Principe Elorin sedeva sul suo trono, accanto a quello della sorella, più grande e bello del suo, e lo fissava con desiderio e bramosia.
Il giovane nobile, di soli quindici anni, era stravaccato con le gambe poggiate sul bracciolo destro, dondolandole pigramente, mentre sul suo viso la noia la faceva da padrone. Intanto, il suo scettro dorato, decorato da una sfera di velluto rosso, roteava pericolosamente accanto alla testa dell'araldo, al ritmo di una vecchia canzone folkloristica.
“M-Maestà... -si azzardò appena l'uomo filiforme accanto al Principe- L-La prego, s-si dia un contegno. L'udienza s-sta per cominciare...”
Elorin gli cacciò un'occhiata piena d'arroganza e un sorrisetto di soddisfazione apparve sulle sue labbra, poi si alzò sbuffando.
“Fatelo entrare!”
Il giovane Principe dai capelli color del grano si spostò quindi sul trono di Sefia, per assumere un aspetto ancor più autoritario, mentre un contadino faceva il suo timido ingresso sotto lo sguardo beffardo del 'non' futuro re, in un'enorme sala rettangolare, le cui pareti erano tappezzate di arazzi e dipinti.
“Che cosa sei venuto a chiedere?”
L'uomo si irrigidì: ”S-Speravo ci fosse la Principessa Sefia...”
“C-Ci sono io! -replicò Elorin, quasi sul punto di prendere il proprio suddito a pugni, cosa molto poco degna di un nobile del suo rango e troppo insita nel carattere del biondino- Fa' la tua richiesta a me!”
“E-Ehm, v-vede... I-Io e...”
“Parla! Sto perdendo la pazienza!”
“Sua M-Maestà... Cerchi di non spaventarlo troppo...” fece sottovoce l'araldo, che come il ricevuto, tremava di fronte al capriccioso Principe. Quest'ultimo alzò la mano, come per interromperlo, poi con gesto di superbia arroganza, invitò l'uomo a continuare. Questo si sentiva incredibilmente a disagio e sentirsi gli occhietti azzurri del quindicenne addosso non faceva altro che aumentare quella brutta sensazione. Sicuramente Elorin godeva del fatto che la gente lo temesse, voleva essere un Re forte e rispettato da tutti e riuscire a provocare quel tipo di reazione era già una gran cosa... Sbagliata, ma era pur sempre sinonimo di autorità.
Il poveretto annuì, poi riprese, sempre tremando: “E-Ebbene, Sua A-Altezza, vorrei c-chiedere se p-potesse concedere alla mia f...”
“MAESTà! AIUTOO!”
L'urlo rimbombò per la sala, poi seguì un tonfo e dei gemiti di dolore. Alla sinistra del trono, ai piedi della scalinata che portava all'ala Ovest del castello, era appallottolato un giovane dai capelli arancioni che si contorse prima dal dolore, poi dal terrore che lo assaliva.
Elorin lo fissò perplesso, chiedendosi chi diavolo fosse quel tizio. Non era sicuro di averlo mai visto in giro, nessuno aveva dei capelli così strani all'interno della sua dimora.
Beh, a quanto pare sta per succedere qualcosa di interessante, fece tra sé e sé.
“MAESTà!” ripeté il ragazzo rialzandosi scompostamente.
“A-Anthel? Che cosa ti è successo ai capelli?” chiese invece Elorin, come se fosse quella la cosa più preoccupante e non il terrore sulla faccia dell'apprendista.
“N-Non è questo il problema! Aspetti, che cosa sta facendo sul trono di sua sorella?”
Si fissarono per un istante, entrambi con qualcosa di cui vergognarsi. Elorin sorrise imbarazzato, come se cercasse di nascondere il suo gesto. Dopotutto anche Sefia era solita sgridarlo per i suoi eccessi di esuberanza. Non era lui il prossimo sulla linea di successione e doveva tenere un profilo basso, fino a quando probabilmente non sarebbe stato in grado di guidare l'esercito come aveva fatto in precedenza suo padre.
Questi tossicchiò e rispose: “N-Niente! G-glielo stavo solo t-tenendo al caldo...”
Anthel scosse la testa, si piazzò davanti al contadino facendolo scomparire alla vista del principe, e riprese a boccheggiare in cerca d'aria. Era ancora tutto sporco a causa dell'esplosione, sudava e aveva uno strano colorito arancione, forse dovuto alla corsa, forse alla pozione uscita male.
“Che succede, quindi?” chiese il secondogenito del re, con le sopracciglia inarcate in segno di finta curiosità.
“E-Ehm, Maestà... C'ero p-prima io, però...” mormorò l'uomo venuto in cerca dell'aiuto di Sefia.
“NON ADESSO! Principe Elorin, la Principessa è stata rapita!”
Sul viso di Elorin, nonché su quello dei presenti, si fece largo un'espressione di terrore e sconvolgimento, alimentato dai bigliettini lasciati dall'Oscuro nemico e dalla futura regina come inconfutabile prova. Il biondino afferrò i due messaggi e li analizzò attentamente, mentre l'araldo cercava di sbirciare da sopra la spalla del ragazzino.
“E l'Eroe?” chiese ingenuamente il principino, gettando i pezzetti di carta all'indietro, per poi assumere un'espressione indecifrabile che di solito metteva in allerta Anthel. Fin da piccoli, aveva imparato che quella faccia poteva significare solo una cosa: Elorin aveva un'idea e non era per niente buona.
“Non c'è...?” si azzardò a rispondere, abbastanza intimorito.
“Ok, quindi l'Eroe sarai tu! Qualcuno gli porti una spada e uno scudo!”
Da una porta laterale, accorse immediatamente un ragazzino di circa dodici anni (un apprendista stalliere) con in mano un grosso cuscino di velluto viola, su cui poggiavano una raffinatissima spada larga, la cui elsa era riccamente incisa, e uno scudo recante lo stemma della Famiglia Reale.
“A-Allora queste sono mie?”
“Ti piacciono, eh?” replicò Elorin soddisfatto e raggiante.
“Da morir... ASPETTI! IO SAREI COSAAAA?”
Il principe scattò in piedi, dopo essersi appena poggiato sul trono, e fissò l'amico d'infanzia con un misto di perplessità e sconcerto.
“Sì, sarai l'Eroe! Ma smettila di urlare!”
“COME FACCIO A SMETTERE DI URLARE! NON POSSO ESSERE L'EROE!”

   
 
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