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Autore: Margo_Holden    23/12/2014    1 recensioni
Sheena è una pacifista, che nel giorno della scelta, deciderà di stare con gli intrepidi.
Quello che non sa, è che non ci sarà solo la lotta per rimanere nel suo nuovo mondo, ma la lotta più grande dovrà vincerla contro se stessa e i suoi sentimenti.
Dal Capitolo 17.
"Quando giunsi lì, mi sedetti sul muretto con i piedi a penzoloni. Chiusi gli occhi e allargai le braccia. E sognai di essere una bellissima aquila, che volava e spiegava le sue ali senza paura o timore, che padroneggiava alta su nel cielo, limpido e senza nubi. Andava dritta per la propria strada e non si guardava mai indietro, sapeva cacciare e badare a se stessa, mentre muoveva le ali su e giù senza badare agli altri uccelli che la guardavano intimoriti. Aprii gli occhi di scatto quando capii che avevo disegnato il profilo di Eric."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9.








Frustrata.
Eccome come mi sentivo. Maledettamente frustrata.
Non sapevo più dove sbattere la testa. Perché se da un lato c’era da pensare a superare l’iniziazione, dall’altra dovevo tenere segreto il vero essere di mio fratello.
Per l’iniziazione mancava poco, anzi due ore, per sapere se ero dentro o fuori. E quindi sapere se tutte le notti o quasi tutte, passate davanti ai sacchi da box erano servite a qualcosa, oppure rappresentavano, solo una perdita di tempo. Speravo con tutta me stessa di non essere cacciata, altrimenti voleva dire che non ero riuscita a vincere la mia battaglia contro la vecchia me, quella che non ce la faceva, quella che si arrendeva al primo ostacolo. 
Decisi così, di uscire dalla camerata perché l’aria si stava facendo piuttosto pesante e andare dall’unico ragazzo positivo esistente che avessi mai trovato: James. Quando arrivai in camera sua, lo trovai sdraiato sul letto a dormire e quale momento migliore per fare uno scherzo?  Così, in punta di piedi, gli arrivai vicino e gli urlai in un orecchio di alzarsi. Lui, come prevedibile, sbarrò gli occhi ma poi cadde rumorosamente per terra ed io cominciai a ridere.
-Maledetta di una Pacifica…- disse alzandosi faticosamente e facendo vedere a tutti la sua arcata dentale bianca scintillante. Io cominciai a ridere ancora di più, ma si spense non appena lui, cosciente della situazione, mi prese le gambe e come un sacco di patate, sgusciò fuori dalla camera.
-Lasciami! Dove mi stai portando uomo bradipo.- dissi.
-Sheena , sai che così facendo, peggiori solo la tua situazione?- mi rispose mentre raggiungevamo il pozzo.
-Forse è l’ultima volta che ci vediamo e quindi volevo che tu ti ricordassi chi è Sheena.-
-Di te, mia cara strafatta, non ci potremmo mai liberare.- mi rispose mentre ci fermammo davanti a Brian.
-Ciao Brian!- lo salutai mentre James  fece lo stesso.
-Hey James! Dove stai portando la mia ragazza?- chiese a James.
-A fare il giro di penitenza. Vuoi venire con noi?- gli chiese.
-Deve essere qualcosa di spassoso se centra Sheena.- rispose con un ghigno.  Di tutta risposta io cercai di tirargli un pugno ma senza riuscita, James era troppo alto e io, troppo bassa. 
Salimmo le scale che conducevano al palazzo di vetro e ci dirigemmo dritti, dritti in uno degli uffuìici.
Mi mise giù solo per prendere la chiave dell’ufficio sotto lo zerbino ed aprire la porta, per poi riprendermi e buttarmi sul pavimento. Così mentre ero accasciata in terra, notai alcune foto appese alla parete. C’era un James quindicenne insieme ad una ragazza e vicino a Matt…il capofazione.
MA cosa ci faceva James insieme al capofazione? Chiesi al mio subconscio o semplicemente  ame stessa. Un lampo si fece strada nella mia mente. Ma certo come non notarlo prima? Matt e James avevano gli stessi occhi azzurri e gli stessi capelli nero pece. Per non parlare del l’altezza. Ma la domanda fu anticipata da Brian che chiese al ragazzo, che si era allegramente accomodato sulla poltrona di pelle della scrivania accavallando i piedi su di essa, cosa ci facesse con Matt e Dylan (capo della sezione sicurezza al confine. Quando ero ancora tra i pacifici lo vedo spesso. In qualche modo tutti ci conoscevamo anche se non potevamo conversare perché appartenenti a due fazioni diverse) nella stessa foto.
-Rispettivamente mio padre e mio fratello maggiore. E se ve lo state chiedendo si, questo è l’ufficio di mio padre che è uno dei 5 capifazione.  Ora vi ho portato qui, perché un mio amico mi ha detto che questa sera ci sarà una festa in onore degli iniziati che hanno passato il secondo modulo. Voi ci siete?- tipico di James. Per lui, da vero Intrepido, le feste erano importanti, molto importanti.
-Si se passo.- risposi alzandomi dal pavimento e andando verso il divano in pelle nera per buttarmici a peso morto sopra.
-Quanto sei pessimista Sheena. Te invece Brian?- chiese a Brian senza alzare la testa dalle sue gambe.
-Ci sto. Tanto sono il primo della classifica.- disse rivolgendo uno sguardo divertito nella direzione di James mentre continuava ad esaminare la stanza. Tipico degli Eruditi, studiare qualsiasi cosa. Le sue parole però parvero attirare l’attenzione di James che alzò la testa. Mentre io alzavo gli occhi al cielo.
-Si, bello ti piacerebbe.- ma prima che iniziasse una discussione su chi era il primo della classifica, li zitii dicendo che sarei venuta alla festa solo se la smettevano di fare i bambini di tre anni in cerca di attenzioni.
-Bene, bene, bene. James quante volte ti ho detto che non puoi venire qui. Soprattutto adesso che sei un iniziato.- a parlare fu Matt, che entrò nella stanza seguito da Caroline ed…Eric. Non ne potevo più di lui. Ovunque andassi, ovunque mi girassi, lui era sempre lì, pronto a punzecchiarmi o ad accogliermi tra le sue braccia. Avvolte pensavo proprio che per lui ero una semplice stupida, la quale si era presa una cotta per l’istruttore di turno e quindi ero solo una tizia con cui giocare. Ma la verità, la pura verità, era che io mi ero innamorata di lui, ma non in dolcemente, no, era arrivato nella mia vita come un fulmine a cielo aperto e mi aveva colpito.  E faceva male sapere che lui non sarebbe potuto essere mai veramente mio.
Mentre guardavo la foto di James sulla parete notai anche il viso di una donna minuta. Aveva occhi verdi, capelli biondi ed un bellissimo sorriso. Quanto era bella, forse era proprio la mamma di James e Dylan. Sorrisi tra me e me, ma si spense non appena mi ricordai di una cosa.
Il panico che si faceva strada dentro di me, mi stava facendo smorzare il respiro e salire le lacrime agli occhi.
Come avevo potuto dimenticare l’anniversario della morte della mia adoratissima mamma. Così, schizzai in piedi e cominciai a singhiozzare.
-Matt, potresti rilasciarmi un permesso di uscita?- mi rivolsi all’uomo che stava parlando con James. Lui non appena mi sentì parlare si girò a guardarmi e da infastidito il suo sguardo, si fece poi curioso.
-Che succede tesoro?- si rivolse a me avvicinandosi come un padre affettuoso. Io tirai su il naso e lo guardai dritto in quei pozzi blu.
-Me lo può fare il permesso?- chiesi di nuovo aggirando, per quanto potessi, il discorso. Non ne volevo parlare, mi faceva male sapere che mia madre era morta per colpa mia, perché non ero stata in grado di salvarla. Mi ero maledetta per anni e la mia depressione era dovuta anche a questo. Così mi ero ritrovata tutti gli anni davanti a quella lapide a chiedere come una povera disperata, scusa.
-Non può fartelo perché sono io che devo farlo. Io sono il tuo istruttore e sei nelle mia mani.- rispose prontamente Eric mettendo in chiaro ancora una volta la sua supremazia su di me e il mio stato di subordinazione nei suoi confronti. Così feci di nuovo la domanda ma questa volta ad Eric.
-Vieni nel mio ufficio, devi spiegarmi delle cose.- mi disse e si incamminò verso l’uscita. Disperata com’era gli andai incontro e così raggiungemmo il suo ufficio.
-Siediti!- mi ordinò non appena ebbi varcato la soglia della porta. Facei si con la testa e poi mi incamminai verso la sedia. Quando mi sedetti, lui mi raggiunse e si sedette di fronte incrociando le mani a preghiera.
-Il motivo urgente Sheena quale sarebbe?- mi chiese abbastanza spazientito.
-oggi è l’onomastico di mia madre e io devo andare a trovarla.- risposi ormai in preda alle lacrime.
-Perché dannazione stai piangendo allora?- mi chiese facendosi più vicino.
-È morta mia madre Eric. Devo solo portargli dei fiori sulla lapide.- sputai fuori con la voce spezzata dalle lacrime.
-Va bene. Ti do mezz’ora non un minuto di più, non uno di meno.- rispose.
Cosa?!? Di solito impiegavo mezz’ora per arrivare lì. “Maledetto bastardo di un cinico”, pensai.
-Scherzi?!- chiesi sgranando gli occhi.
-No, ti sembro il tipo da scherzi dementi?- mi rispose con non-calanche.
-Un ora. Dammi almeno un ora.- chiesi, o meglio lo implorai anche se sapevo che era una persona che non torna su suoi passi.
-Sheena più parli e più il tempo diminuisce.- mi rispose con un sorriso beffardo. Così senza ulteriori indugi, mi alzai e mi precipitai alla porta.
-Non pensare di andare da sola. Voglia che venga qualcuno con te.- mi disse.
-Okay Brian va bene?- chiesi mentre questa volta sul mio di viso si dipinse un sorriso mentre sul suo si spense.
-Se vuoi giocare con il fuoco accomodati pure.- mi rimproverò mentre allargava le sue possenti braccia tatuate.


Corsi a perdi fiato per trovare Brian e quando lo vidi al pozzo, mi precipitai e gli presi la mano senza spiegargli niente mentre correvamo insieme verso il treno. Con Brain, come succedeva spesso anche con James, non avevo bisogno di parole. Infatti aveva capito benissimo che Eric mi aveva concesso una liberatoria. Quando arrivammo al treno ci fermammo perché eravamo ormai sfiniti dalla corsa.
-Quanto tempo abbiamo?- mi chiese Brian.
-Mezz’ora andata e ritorno e “non un minuto di più, non uno di meno”- sbuffai sonoramente mentre Brian scoppiava a ridere per la mia brillante interpretazione di Eric. Le nostre chiacchiere si interruppero quando risuonò nell’arai il fischio del treno, segno che si stava avvicinando.
Il primo a saltare, una volta che il treno si avvicinò,  fu Brian poi fu il mio turno.
-Allora Sheena sembravi tanto spaventata oggi all’ufficio di Matt. Cosa ti era successo?-mi chiese Brian mentre si sedeva vicino a me. Presi un bel respiro e cominciai a raccontare a Brian perché stavo così male oggi.
-6 anni fa, diciamo 7 con oggi, mia madre fu assassinata da due persone, credono tutti che siano stati degli esclusi. Io ero li con lei e sono rimasta ferma a guardare quei due che la uccidevano.- dissi con le lacrime agli occhi tralasciando la parte della violenza. Non volevo che lo sapesse, che nessuno sapesse. Avevo scelto di entrare negli intrepidi anche per ricominciare una nuova vita lontano da tutti quelli che sapevano di quell’episodio tremendo.
-Non è stata colpa tua Sheena. Quelli erano dei pazzi assassini tu invece, solo una ragazzina di sei anni cosa potevi fare? Fermarli e rischiare così anche la tua vita? Con quella gente non si scherza.- mi disse mentre con una mano mi accarezzava la schiena.
-Si invece. Potevo prendere la sua vita in cambio della mia. Invece è stata lei a farlo. Io non ho nemmeno chiesto aiuto, ero lì, ferma a guardare mentre il suo viso e il suo corpo , se ne stavano andando.- risposi ricominciando a piangere con disperazione rivivendo quella notte infernale.
-Non dirlo nemmeno per sogno. Tua madre non avrebbe mai voluto sentire questa parole. Non rendere il suo sacrificio vano solo perché sei così piena di rabbia e dolore.-
Per una volta aveva ragione. Ed aveva ragione anche Eric quando diceva che io ero piena di rabbia non controllata. Dio! La mia frustrazione aumentava di giorno in giorno. E il non essere andata all’appuntamento con mio fratello non aiutava proprio. Feci un profondo respiro pronta a controbattere, ma non potemmo continuare il discorso, perché dovemmo scendere dal treno.
Fummo costretti ad attraversare tutta la fazione e gli sguardi dei Pacifici, per arrivare al cimitero. Chiesi ad un addetto la mappa e poco dopo riuscii a trovare la tomba. Brian non era voluto entrare perché era una cosa che dovevo fare solo io. quando arrivai alla sua tomba un profondo senso di debolezza si impadronì del mio corpo, ma solo guardando gli occhi vispi e sorridenti di mia madre, i miei ricominciarono a lacrimare. Mi inginocchiai di fronte alla lapide e cominciai a parlare.
-Ciao mamma, sono passati sette anni da quel maledetto giorno. Dal giorno in cui tu perdesti la vita e noi, un pezzo di cuore. Perché se non te ne sei accorta, tu ci hai portato via un pezzo bello grande di cuore, mentre a papà, la sua anima. Ti amava così tanto che le domeniche non riusciva a non apparecchiare la tavola anche per te. Quanto dolore avrai provato quella sera, cara mamma. E quanto dolore starai provando nel guardare tua figlia che vive e non ti ha mai ringraziato per quello che hai fatto per noi in questi anni, per tutti i sacrifici. Perciò, anche a nome di quello sventurato di Trav, ti dico grazie, per ogni singola volta che mi abbracciavi a raccoglievi le mie lacrime, per tutte le volte che mi hai detto di non mollare mai e per il tuo sacrificio. Il dolore mi ha lasciato ma la rabbia no, quella è difficile da lasciare andare.  Ma oggi sono venuta per dirti che ti lascio andare, mamma. Ti ho perdonato per esserti sacrificata e penso che anche tu mi hai perdonato per non essere stata all’altezza delle tue aspettative. Che la tua memoria, possa vivere per sempre.- mi alzai, mi asciugai le lacrime e lasciai delle rose bianche sulla lapide.
-Non l’hai delusa affatto. Sapeva fin dall’inizio chi era Sheena.- mi voltai e trovai gli occhi di mio fratello che mi scrutavano. Corsi e lo abbracciai di slancio. Il suo profumo di vaniglia e biscotti sbriciolai era la cosa che più mi mancava.
-Ascolta Trav, non abbiamo molto tempo. Tra due minuti devo tornare tra gli Intrepidi. Cosa volevi dirmi ieri?- chiesi staccandomi di malavoglia da lui.
-Sta succedendo qualcosa di molto grosso e pericoloso, Sheena. Gli Eruditi stanno complottando qualcosa e ovviamente, sono accompagnati dali Intrepidi. Ti chiedo solo di scoprire di cosa si tratta.- mi disse tutto d’un fiato. Feci si con la testa lasciandogli un bacio sulla guancia, poi mi allontanai e di corsa recuperai Brian che nel  frattempo si era seduto su una panchina.
-Andiamo. Siamo già in ritardo. Eric ci ammazzerà.- gli dissi mentre ripresi a correre verso il treno.
Quando scendemmo dal treno, corremmo di nuovo a per di fiato verso l’entrata del palazzo di vetro. Ma quando aprimmo la porta ad attenderci fu proprio l’ultima persona che avevo voglia di vedere. Eric era lì più arrabbiato che mai. 



Spazio Autrice.
Allora la vostra autrice preferita è tornata *lo so sono un' idiota* con un nuovo capitolo.
Scusatemi se ci sono errori e come sempre ringrazio tutte quelle persone che leggono la storia. Davvero grazie di cuore,
Alloa prossima e ancora Auguri <3

 
   
 
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