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Autore: Sakura Hikari    24/12/2014    2 recensioni
Raccolta di flashfiction, scritte in occasione di vari Drabble Event organizzati nel gruppo "We are out of prompt".
1)Incomprensibile
2)Di come Misaki divenne una ladra e salvò Usui da un’eternità di prigionia
3)Metodi per combattere la noia
4)Regalo di compleanno
Genere: Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Takumi Usui
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incomprensibile
 
 
Prompt di Rem_Lupin: Usui vede Misaki parlare con i ragazzi del trio ebete e si ingelosisce, l’aspetta fuori dal negozio la sera (562 parole), scritta in occasione della Drabble Event su faccialibro.
 
 
“Presidente, dobbiamo parlare.”
Misaki s’irrigidì, come ogni volta quando sentiva quella voce irritante. Eppure sembrava che quel giorno Usui avesse deciso di concederle la grazia di non importunarla con la sua presenza, dal momento che, come aveva potuto notare con piacere, non l’aveva seguita né a scuola né al Maid Latte: e invece il ragazzo era lì, appoggiato contro il muretto nel cortile sul retro del locale, con un espressione seria in viso.
Misaki trasse un profondo respiro prima di affrontarlo: “Di che si tratta?”, domandò.
“Stamattina sei stata trattenuta più a lungo del solito durante la riunione con gli altri membri del corpo studentesco.”, cominciò Usui.
“Esatto. E allora?”, chiese Misaki, incrociando le braccia.
“Ho visto che stavi parlando con quei tre ebeti. Di cosa si trattava?”
Misaki aggrottò le sopracciglia. “Perché mai dovrebbe interessarti? Dopotutto, sei solo un alieno pervertito che pensa solo a se stesso.”
“Può darsi.”, disse Usui facendo una smorfia, staccandosi dal muro. “Ma forse avrai notato che a questo alieno pervertito piace tenersi informato su quello che ti accade.”
“Il che è decisamente inquietante.”, rispose disgustata Misaki. “Come ti ho già detto, non ti riguarda. Adesso levati ti torno.”, fece per proseguire, ma il ragazzo le si parò davanti.
“Per favore.”, insisté. “Odio non sapere qualcosa. Forse questo ti convincerà”, e si esibì in una strana espressione, a metà tra il supplichevole e il patetico. Misaki non sapeva bene se arrabbiarsi o scoppiare a ridere; di sicuro voleva liberarsi di quello scocciatore il più presto possibile e tornare a casa.
“Usui, sei impossibile.”, disse, contenendosi a stento. “Mi prometti che se ti dico la verità mi lascerai andare?”
“Lo prometto.”, rispose Usui prontamente.
“D’accordo. Questo è quanto”, cominciò Misaki. “Alcuni studenti erano venuti a conoscenza della passione segreta di Ikuto –se ricordi, è un otaku non dichiarato- e lui e i suoi amici sono venuti da me a frignare chiedendo di mettere a tacere la cosa. In cambio, ho preteso che i loro voti migliorassero prima della verifica di metà semestre, e in più la promessa che, nel caso avessi avuto bisogno di aiuto avrei potuto contare su di loro, e loro naturalmente hanno accettato.”
“Ecco spiegato perché ti stavano abbracciando tutti insieme.”, disse Usui soprappensiero. “Vista dall’esterno la cosa sembrava più seria di quanto non fosse.”, aggiunse a mo’ di spiegazione.
Misaki scrollò le spalle. “In ogni caso, quello che importa è che mi sono guadagnata dei servigi extra da parte di quei tre. Sono sicura che entro la fine dell'anno riuscirò a trasformarli in studenti modello.”, disse, agitando il pugno in segno di trionfo.
“Presidente, quando fai così mi spaventi.”, rise Usui, continuando a camminarle accanto.
“Non avevi detto che, una volta saputo ciò che ti interessava, mi avresti lasciato perdere?”, chiese Misaki, inarcando un sopracciglio.
“Lasciarti perdere? Temo che questo sia impossibile.”, disse Usui, scuotendo la testa con fare grave. “E lasciarti ora e in questo posto sarebbe davvero irresponsabile da parte mia, con tutti questi delinquenti in giro. Non voglio che domani si venga a sapere che sei stata rapita da un maniaco per colpa mia.”
“L’unico maniaco che vedo sei tu.”, sibilò Misaki. Usui fece un sorriso sornione e le diede una pacca sulla spalla. “Andiamo, Presidente.”, la incitò. “Eppure, credevo che ti fossi abituata alla mia presenza.”
“Sarebbe più corretto dire che me ne sono fatta una ragione.”, sospirò Misaki.




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